17
-Grazie- mormorò Ryan stringendo forte Keith tra le braccia e, nel trovarsi così vicino all'amico, provò di nuovo un pizzico di panico all'idea di sciogliere il loro abbraccio, di perderlo. Serrò la presa, forse troppo, ma Keith non se ne lamentò, mentre lui nascondeva il viso contro una sua spalla.
Gli piacevano gli abbracci ed era una cosa che Ryan non aveva mai compreso appieno finché non aveva conosciuto Keith e gli altri, anzi, per lungo tempo aveva guardato al contatto fisico con un certo disgusto, che si era accentuato a dismisura nel periodo in cui era stato con Max.
Scacciò dalla mente quel pensiero, scuotendo la testa e strusciando la fronte contro la maglietta indossata da Keith, ricordando la prima volta che aveva ricevuto un abbraccio – proprio da Keith – senza che quel gesto gli suscitasse nel petto il familiare desiderio di fuga.
"È successo la sera in cui mi ha salvato da Max" pensò, inspirando a pieni polmoni il profumo dell'amico, "Basta pensare a quel mostro" si disse e si impose anche di sciogliere l'abbraccio con Keith, rivolgendo uno sguardo imbarazzato in direzione di Evan che, tuttavia, si limitò a sorridergli con dolcezza.
-Sei sicuro che possiamo andare?- gli chiese l'amico e Ryan annuì. -Se vuoi restiamo un altro po', possiamo anche passare la notte insieme e...-
-Keith- lo interruppe e l'altro arrossì.
-Ce la fai benissimo da solo e io devo farti respirare- disse il giovane tutto d'un fiato.
-Ecco, bravo-
-Ma se...-
-Se sto di nuovo male, ti chiamo subito- gli assicurò Ryan.
Keith gli sorrise e gli baciò una guancia, mentre anche Evan lo salutava e uscivano entrambi nel corridoio del pianerottolo. Ryan percepì un guizzo al petto e sgranò gli occhi: "Se lo dicessi a loro? Se dicessi loro delle rose?" si domandò e tornò a cercarli con gli occhi, trovandoli fermi davanti l'ascensore. Deglutì e mise un piede fuori casa, ma in quel momento ricevette un messaggio e si distrasse quell'infinitesimale frazione di secondo che lo portò a perdere l'occasione: le porte dell'ascensore si aprirono, i due lo salutarono di nuovo, da lontano, e andarono via.
Ryan imprecò e recuperò il cellulare, stupendosi nel trovare un messaggio di Claud.
Ho bisogno di vedervi. Domani, alle 9 a.m.? Facciamo colazione insieme?
•
La caffetteria in cui Jade si era dato appuntamento con Titty si trovava a Hollywood. Aveva ricevuto un messaggio dalla ragazza il giorno prima e non aveva nemmeno avuto il coraggio di domandarle come avesse fatto a ottenere il suo numero di telefono, sicuro che la possibile spiegazione avrebbe potuto farlo infuriare di nuovo.
Se Jade riportava alla mente quanto accaduto due giorni prima si sentiva travolgere da una vergogna cocente. Si era comportato come un ragazzino, fomentando la rabbia e il mal contento che lo circondava, dimostrandosi una persona meno matura di quella che pensava di essere.
Non si addossava le colpe dell'accaduto – credeva che per quello fosse più opportuno guardare a Jeffrey Major, per esempio – eppure non poteva fare a meno di domandarsi come sarebbe andata a finire se, quella sera, avesse posto in primo piano gli interessi di Ryan e Claud anziché i propri.
"Ti sei arrabbiato e hai fatto casino. Invece di chiuderla lì... sei quasi arrivato alle mani, complimenti!" si disse e sbuffò, scuotendo la testa.
-Hayes!- si sentì chiamare e vide Titty entrare nella caffetteria, i capelli vaporosi e neri a incorniciarle il bel viso come una soffice nuvoletta e un sorriso birichino stampato sulle labbra. La giovane si mosse tra i tavolini e gli altri avventori, ignorando gli sguardi che aveva calamitato su di sé dopo avere urlato dalla soglia dell'ingresso per richiamare l'attenzione dell'altro, seduto a un tavolino che si trovava in fondo la grande stanza.
Jade si alzò per accoglierla, la salutò e le indicò la sedia davanti a lui con il cenno di una mano e la giovane reclinò il capo da un lato, assumendo un'espressione compiaciuta.
-Uh, uh, che ragazzo educato- disse e sedette.
-Prendi qualcosa?- le chiese Jade, sentendosi un po' a disagio nello scoprire l'altra tanto tranquilla, mentre lui percepiva i nervi a fior di pelle.
-Tu che hai preso?-
-Un caffè con latte di soia-
-Oh mio Dio! Stiamo per diventare migliori amici per sempre!- esclamò la giovane, entusiasta. -Prendo lo stesso!- e iniziò a frugare dentro la sua borsa, praticamente scomparendoci dentro.
Jade si recò al bancone e prese un caffè per la ragazza, poi tornò indietro e la trovò intenta a rigirarsi una fotografia tra le mani. Lui sedette e spinse verso di lei il bicchiere di cartone contente il suo caffè.
-Mi spieghi perché hai voluto vedermi?- le domandò e Titty fece scivolare la fotografia sulla superficie del tavolino, picchietandola con un dito. Jade abbassò lo sguardo e aggrottò subito la fronte: nell'immagine era immortalato Claud, una foto a mezzo busto. Indossava un abito bianco, elegante, e una maglietta color pastello. Sorrideva, eppure a Jade vennero i brividi nel guardarlo.
-Mi hai fatto venire qui per farmi vedere questo?- le chiese e l'altra tornò a picchiettare la foto, mentre beveva un sorso di caffè.
-Vedi che sorriso da stronzo? È una delle foto dei book del Seraphim, me l'ha fatta avere Amber-
-Perché volevate che la vedessi?-
-Ecco. Questo è il Claud che conoscevamo noi...-
-Titty...- disse Jade, poggiando le spalle contro lo schienale della sedia. Sbuffò infastidito e distolse gli occhi dalla foto, volgendo il suo sguardo in un punto imprecisato all'interno della sala.
-Ho sbagliato l'altra sera- disse la sua ospite e il tono che usò per pronunciare quelle poche parole misero in allerta Jade, che tornò a fissarla, scoprendola fattasi improvvisamente seria. -Non hai idea di quello che ha passato Evan con Keith, proprio per colpa di Claud. Ha rischiato di uscire fuori di testa, l'anno scorso, a causa della gelosia, e Claud ci marciava a meraviglia nel tentativo di farli lasciare. Non so se lo sai, ma ha coinvolto anche Ryan, mettendolo contro i suoi stessi amici-
-Una persona orribile, ho capito- sbottò Jade, ma Titty lo interruppe e scosse la testa.
-Una persona sola- lo corresse e bevve un altro sorso di caffè, prima di riprendere a parlare.
-Abbiamo commesso tutti degli errori. Quello che ti ho detto l'altra sera lo penso davvero: la perfezione non esiste. Io sono qui per questo, per fare ammenda e per dirti che... come si dice in questi casi?- domandò, abbandonando di colpo la sua espressione seriosa. Jade sollevò un sopracciglio e la invitò a proseguire con il cenno di una mano. -Quello che siete voi! Non siete una coppia, siete un trio, un terzetto... un ter! Comunque, quello che siete, siete, e Claud non è più questo qui- concluse, picchiettando ancora la foto.
-Ci lascerete in pace?- domandò Jade, sempre più allibito e l'altra rise con troppa enfasi, attirando gli sguardi di coloro che sedevano al tavolino di fianco al loro.
-Ma non esiste! Scherzi? Mi stai troppo simpatico, Hayes, sei un caso clinico come tutti noi e a me i casi clinici mi fanno impazzire. Se avessi pure due belle tette potrei anche perdere la testa per te!- esclamò e Jade si strozzò con il caffè. Tossicchiò, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. -Educato, simpatico, caso clinico: la combo ideale!- continuò imperterrita, godendo dell'espressione dell'altro.
-E ti piace particolarmente prendermi in giro- disse Jade, schiarendosi la gola.
-Ops! Quello no! Quello lo faccio con tutti... Non faccio favoritismi quando devo prendere per il culo qualcuno- ribatté e l'altro scosse la testa, percependo la tensione abbandonarlo. -E!- esclamò Titty, battendo una mano sul tavolino, facendolo sussultare, e poi lasciandosi andare a una fragorosa risata. -Troppo divertente!-
-Guarda che io sono un ex agente dell'F.B.I.!-
-Ex! Quindi non puoi più arrestarmi con l'accusa di oltraggio a un rappresentante della giustizia!- ribatté Titty, facendogli una linguaccia. -Piuttosto, Zavorra di Nessuno...-
-Ricordo di avere rivolto queste parole a...-
-Isaac, sì- confermò Titty, accompagnandosi con il gesto annoiato di una mano.
-C'è niente che rimanga segreto tra di voi?-
-Anche fin troppo- disse la giovane e il suo tono di voce mutò di nuovo. -Tutti hanno dei segreti e, di solito, quelli che rimangono nascosti in fondo al pozzo sono i più brutti. Un po' com'è capitato con Ryan- poi scrollò le spalle e abbandonò di nuovo quell'aria cupa che era tornata a spegnere la luce dei suoi occhi scuri per la frazione di qualche secondo. -Allora, Hayes. Dato che non sei la Zavorra di Nessuno...-
-Continuerai a chiamarmi così a vita?-
-Sì, è troppo bello. Dicevo... Zavorra di Nessuno, lo vuoi un lavoro?-
•
Titty era appena andata via e Jade si sentiva frastornato, come se fosse stato colpito in pieno da un uragano. Nonostante la confusione era consapevole che, il lunedì della settimana successiva, si sarebbe dovuto recare su un set cinematografico. Iniziavano le riprese di un nuovo film poliziesco e il regista aveva contattato Titty come armaiola e lei aveva proposto a Jade di affiancarla, ripetendogli più volte: -"Non vantarti perché sei un ex agente. Stai certo che in fatto di armi da cinema ne so più io di te"-
"Perché ho accettato?" si domandò Jade, "Ma poi... ho davvero accettato? Mi ha rimbambito di chiacchiere. È una grande manipolatrice" scosse la testa e si avvicinò alla sua auto. "Però è simpatica".
La prima cosa che vide appena si trovò a pochi passi dalla sua macchina fu la donna che, con nonchalance, stava appoggiata contro la carrozzeria; le braccia conserte, un'espressione imperscrutabile in viso, accentuata dal fatto che indossava enormi occhiali da sole dalle lenti nere. Tentava i lunghi capelli biondi stretti in una cosa alta e indossava abiti semplici – una camicetta bianca e un jeans scuro – ma dal taglio austero.
-Mi rovini la vernice- borbottò Jade, avvicinandosi a lei e Sue sorrise, tolse gli occhiali da sole, puntando su di lui i suoi glaciali occhi celesti.
-Sempre attaccato a questa stupida automobile- lo rimproverò e il giovane sbuffò.
-Sai perché ci tengo tanto- disse lui e l'altra annuì.
-La prima cosa che hai comprato da solo, mettendo da parte lo stipendio per mesi... che cosa stupida e da maschi!-
Jade la ignorò e disinserì le sicure dell'auto.
-Fa caldo. Entri dentro?- le chiese e lei annuì, prendendo posto sul sedile anteriore riservato al passeggero.
Jade azionò l'aria condizionata, reclinò il capo sul poggiatesta e chiuse gli occhi, cercando di riordinare le idee.
-Stai bene?- domandò Sue e l'altro annuì. -Non si direbbe-
-Sto bene- assicurò Jade, incrociando le braccia sul petto e riaprendo gli occhi, per puntarli su di lei. -Perché sei qui? Nelle ultime settimane non hai nemmeno risposto ai miei messaggi-
-Stavo in missione- rispose criptica la donna, rivolgendogli un sorriso ammiccante.
-Credevo che ti avessero confinato dietro una scrivania-
-Infatti-
-Uhm- fece Jade. -Non è che hai in ballo qualcosa per conto tuo?-
-Anche se fosse, sarebbe per conto mio- ribatté Sue e il suo sorriso si spense, mentre la sua espressione si faceva di nuovo imperscrutabile.
Jade percepì un brivido corrergli lungo la schiena, sicuro che l'altra gli stesse nascondendo qualcosa di scottante.
-C'entra niente Dervinshi?- le domandò e la donna si limitò a stringersi nelle spalle.
-A New York hanno ripreso con l'indagine. Sono contenta, hanno messo a capo l'agente speciale Wong-
-Fay?- domandò allibito il giovane e l'altra annuì. -Non mi ha detto nulla, che stronzetta!-
-L'hai sentita di recente?- e, alla domanda di Sue, Jade sollevò un sopracciglio, assumendo un'espressione tra lo scettico e lo stupito.
-Ti ricordo ch'è mia cognata- disse. -Ci sentiamo spesso...-
-Immagino che Timmy senta la tua mancanza- lo interruppe Sue, tirando volutamente in ballo il nipotino del suo ex collega. La donna stava cercando di capire quanto Jade le stava nascondendo e quanto, effettivamente, non sapeva. Tuttavia, quel breve scambio di battute pose fine alla maggior parte dei suoi dubbi e, senza rendersene conto, si trovò a scuotere la testa. -Dovresti tornatene a New York- disse all'improvviso e Jade sgranò gli occhi.
-Perché mai? Sto bene qui-
Sue scosse di nuovo la testa.
-Faresti meglio ad andartene-
Jade si sporse sul sedile occupato dall'altra, avvicinando il viso al suo.
-C'è qualcosa che mi stai tenendo nascosto?- le chiese e la donna gli rivolse quel suo solito sorriso - lampadina che, di solito, tirava fuori soltanto durante gli interrogatori che conduceva.
-Sei un ex agente, adesso, Jade. Non mi è concesso condividere informazioni con te riguardo un'indagine in corso-
-Me lo perdonerai mai di avere lasciato l'agenzia?- le chiese con un pizzico di rabbia e l'altra scosse la testa.
-Tuo padre o no, eri un valido agente. Un vero spreco vederti impiegare il tempo in stronzate-
-Vedermi. Mi stai pedinando, Turner?- le domandò con voce sibillina e l'altra si rifugiò in un crepitante silenzio. Jade tornò a chiudere gli occhi e si passò entrambe le mani sul viso, poggiando i gomiti contro lo sterzo, su cui si abbandonò pochi istanti dopo, di colpo sfinito. -L'avete trovato- disse e no, quella non fu una domanda.
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