WE'RE NOT GETTING OUT OF HERE (T-BAG)


Sono agitato.

Questo non dovrebbe mai accadere in una situazione delicata come solo un'evasione può essere, ma è successo un casino ed adesso Lincoln si trova in una delle celle d'isolamento.

"Non m'importa se tuo fratello è nei guai" dico a Scofield, fronteggiandolo in cortile "tu hai promesso a me ed al resto del gruppo di evadere e lo faremo"

"Non ti preoccupare, T-Bag" risponde lui, con il suo solito sorriso enigmatico "ho già pensato a tutto. Lincoln verrà con noi. Limitati a fare la tua parte"

"Cerca di fare lo stesso con la tua" ribatto a denti stretti, in un sussurro minaccioso.

Mi allontano da lui, prendo posto sulla mia tribuna e resto lì per tutto il tempo, fino a quando termina la nostra ora all'aria aperta ed inizia il turno di lavoro per me e la squadra.

"Forza, abbiamo ancora molto da fare prima del grande momento" ordina Michael, porgendo una pala a ciascuno di noi; sta per dire altro, ma lo interrompo con una risata nervosa.

"Forse il nostro piccolo Michelangelo ha dimenticato un particolare poco rilevante nel suo geniale piano di fuga. Hai detto che scapperemo durante la notte, peccato che Bellick non ci lascerà mai organizzare il nostro allegro pigiama party... Allora, hai pensato anche a questo?"

"Si, ho pensato anche a questo" dice prontamente, senza la minima traccia di esitazione nella voce.

Si avvicina ad uno dei tubi dell'acqua ed inizia a colpirlo, con forza, con una pala; sto per protestare perché qualcuno dei secondini potrebbe sentire il rumore, ma un getto mi colpisce in faccia.



Siamo tutti seduti sul pavimento a gambe incrociate, con i vestiti completamente zuppi d'acqua, quando Bellick entra nel capannone per fare una delle sue sfuriate.

"Che cosa avete fatto, branco d'idioti?" domanda, con gli occhi spalancati, osservando il pavimento e le pareti bagnati "avete cinque secondi per rispondere prima che vi sbatto tutti nelle celle d'isolamento per un mese intero"

"La colpa è mia" interviene Scofield, assumendosi ogni responsabilità del bagno fuoriprogramma "ho rotto una delle tubature dell'acqua, ma non è un danno grave, lo ripareremo subito. Mi auguro solo che gli operai arriveranno presto domani, per ripulire ogni cosa"

"Per quale motivo?"

"Perché le pareti potrebbero ricoprirsi di muffa, ed a quel punto sarebbe tutto da buttare".

Bellick osserva Scofield in silenzio, con gli occhi socchiusi, prima di ricominciare ad urlare per la seconda volta, sottolineando di nuovo la nostra totale incapacità.

"Siete un branco d'idioti! Non siete neppure in grado di svolgere un compito così semplice. Non m'importa se impiegherete tutta la notte a ripulire l'intera stanza, voi non vi muovete da qui finché avrete asciugato ogni singola cosa. Anche a costo di farlo con la lingua, sono stato abbastanza chiaro?".

Non attende una risposta da parte nostra ed esce dal capannone, sbattendo con forza la porta; quando i suoi passi sono ormai lontani scoppiamo tutti a ridere.

Una vera risata genuina.

Mi avvolgo lo stomaco con le braccia mentre le lacrime mi rigano le guance.

"Se l'è bevuta. Se l'è bevuta tutta quel grasso maiale!"

"Forza, ripuliamo questo casino" ordina Michael, alzandosi per primo dal pavimento.



Eseguiamo il suo ordine senza pronunciare una sola parola ed impieghiamo l'intero pomeriggio per asciugare ogni singola goccia d'acqua presente nella stanza delle guardie; quando arriva sera ci sediamo nuovamente a terra a gambe incrociate ed attendiamo il momento perfetto per mettere in atto il nostro piano.

Non so esattamente che cosa stiamo aspettando, forse che il buio cali del tutto per facilitare la nostra fuga al di là delle mura di Fox River.

"Che cosa farete una volta fuori?" chiede Sucre, rompendo il silenzio, per far passare il tempo più velocemente "io andrò dalla mia ragazza. Maricruz. Aspetta un bambino"

"Io e Lincoln cercheremo di risolvere questa faccenda... E se qualcosa andrà storto o la verità non verrà fuori, andremo molto lontano" risponde Scofield, senza mai staccare gli occhi dall'orologio che porta al polso sinistro.

"Io andrò da mia figlia in ospedale" dice a sua volta Westmoreland, seguito poi da C-Note.

"Anche io tornerò dalla mia famiglia e cercheremo un posto sicuro, molto lontano dall'America"

"Io invece..." intervengo con un sospiro "andrò in un bar, ordinerò un'intera bottiglia di whiskey e me la scolerò da solo, assaporando ogni singolo sorso. E poi andrò ad occuparmi di un paio di faccende personali"

"E queste faccende personali includono, per caso, la nuova dottoressa?" mi chiede C-Note.

"Benjamin... Benjamin... Benjamin... A cosa devo queste illazioni?"

"Tutta Fox River è a conoscenza delle tue continue incursioni in infermeria. E poi non c'è un solo detenuto che non abbia assistito alla sfuriata della dottoressa"

"È arrivato il momento".

La voce di Michael interrompe la nostra conversazione ed all'interno del capannone cala il silenzio.

È arrivato il momento.

Stiamo per uscire da Fox River.

Spostiamo il tavolo ed il tappeto senza fare alcun rumore ed entriamo a turno nel condotto: il piccolo Michelangelo è il primo della fila, perché è l'unico a conoscere il percorso da fare, mentre io sono l'ultimo.

"Non giocarmi qualche brutto scherzo" mi avvisa C-Note, voltandosi a guardarmi per qualche istante, e gli rispondo con un sorriso.

"Tranquillo, posso vivere anche senza il tuo culo".

Attraversiamo tutto il condotto fino ad arrivare ad una deviazione che funge da scivolo, dato che porta verso il basso; tramite questa giungiamo in una stanza alta e stretta, con le pareti di cemento, sprovvista di finestre dal momento che ci troviamo a diversi metri sottoterra.

C'è una lunga corda che penzola da un buco rettangolare nel soffitto.

Scofield, ovviamente, è il primo ad arrampicarsi e noi lo imitiamo velocemente perché non possiamo sprecare un solo istante dato il tempo limitato che abbiamo a nostra disposizione: in qualunque momento una guardia potrebbe scoprire il buco all'interno del capannone.

Sbuchiamo in quello che sembra essere un piccolo ripostiglio, usciamo nel corridoio e ci spostiamo in una stanza simile cercando di non fare il minimo rumore; per non rischiare di essere scoperti evitiamo di accendere la luce e ci muoviamo nell'oscurità quasi totale.

Michael sale sopra al ripiano di uno dei scaffali metallici che ci sono nella stanza, allunga le braccia ed afferra un tubo largo, collegato ad un buco nel soffitto; prova a tirarlo un paio di volte e poi mormora qualcosa, scuotendo la testa.

"No... No... Non può essere...".

Un brivido mi percorre la schiena perché per la prima volta sento una cosa nella sua voce che mi fa pensare al peggio: panico.

È nel panico.

"Papi, che cosa succede?" bisbiglia Sucre, raggiungendo quello che ormai è il suo migliore amico.

"Ogni settimana, da quando sono a Fox River, ho versato nel lavandino della nostra cella dell'acido perché corrodesse questo tubo, in modo da poterlo spostare facilmente. Qualcuno... Qualcuno deve averlo sostituito"

"Dovrà pur esserci un altro modo per raggiungere l'infermeria"

"No, Sucre, questo è l'unico. Lincoln ci sta aspettando lì dentro, non abbiamo molto tempo a nostra disposizione, dobbiamo trovare un modo per spostare questo maledetto tubo".

Scofield afferra una sbarra di metallo e prova a fare leva con quella, ma non ottiene nulla, tranne di rompere l'oggetto.

Dall'altra parte Burrows capisce che c'è qualcosa che non va, ma può fare ben poco per aiutarci.

Commetto a mia volta un grave errore, perché lascio che il panico aggredisca anche me.

Afferro il punteruolo che ho nascosto in una tasca della tuta e lo punto contro l'artefice del piano.

"Scofield, giuro che se non mi fai uscire da questo posto ti taglio la gola come ad un maiale. Avevi promesso a tutti noi la libertà! Avevi detto che non dovevamo preoccuparci di nulla".

Sto per scagliarmi contro di lui, ma qualcuno mi attacca alle spalle e mi sbatte a terra.

La vista mi si annebbia e riprendo conoscenza solo quando qualcuno mi scuote per le spalle e mi copre la bocca con una mano; sto per protestare quando un rumore improvviso mi fa capire che cosa sta succedendo.

C'è una guardia all'interno dello sgabuzzino.

Restiamo tutti in silenzio, nascosti dietro gli scaffali metallici, quasi senza avere il coraggio di respirare per timore di essere scoperti; riusciamo a rilassarci solo in parte quando l'uomo esce, ma ormai tutta l'intera operazione è compromessa e l'unica cosa che ci resta da fare è tornare nel capannone il prima possibile.

Sistemiamo il tappeto ed il tavolo appena qualche minuto prima dell'arrivo di Bellick e di altre due guardie.

Quando torniamo nelle nostre celle nessuno ha la forza di pronunciare una sola parola e tutti abbiamo lo sguardo rivolto al pavimento.

Non appena la porta scorrevole si chiude mi lascio cadere sulla brandina.

Mi copro il viso con le mani e scoppio in lacrime, lasciandomi andare alla disperazione più totale.

Non li posso vedere, ma so che anche il resto della squadra sta facendo lo stesso.

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