THE RABBIT HOLE'S (T-BAG)
Caldo.
In quarantasei anni di vita non ho mai sofferto così tanto caldo.
Per qualche ragione sconosciuta la ventola si è rotta; l'aria all'interno di Fox River è semplicemente irrespirabile ed i secondini non vogliono farci uscire nel cortile perché siamo ancora tutti in punizione a causa di un regolamento di conti che è costato la vita di qualche detenuto.
C'è chi cerca di distrarsi o chi cerca ristoro in qualunque modo, magari sventolando il cuscino davanti al proprio viso, ma la verità è questa: abbiamo tutti i vestiti letteralmente incollati al corpo, i capelli bagnati e siamo al limite della sopportazione.
"Fateci uscire da qui" urlo all'improvviso, ottenendo un coro di approvazione "non potete lasciarci in queste condizioni disumane! Voglio parlare con il direttore!"
"Smettila di fare il bambino, T-Bag, non fa così caldo" risponde, seccato, uno dei secondini; si avvicina a me con un bicchiere in mano ed io lo guardo incredulo, con le sopracciglia corrucciate.
"Non fa così caldo?" grido, utilizzando le sue stesse parole, ed indico uno degli uomini di C-Note "questo tizio era bianco quando si è svegliato".
Sento ancora un coro di approvazione alle mie spalle, ma le voci si spengono rapidamente nello stesso momento in cui il secondino rovescia il contenuto del bicchiere contro il mio viso.
"Te la sei cercata" dice semplicemente; lascia cadere a terra il bicchiere accartocciato e poi esce dalla zona delle celle con passo tranquillo: attorno a me c'è il silenzio più assoluto e questo perché tutti stanno aspettando una reazione da parte mia che non tarda ad arrivare.
Le guardie utilizzano una porta di ferro dotata di sbarre per accedere alla sezione delle celle: questa conduce direttamente alla loro sezione e ad un corridoio collegato all'infermeria; corro in direzione della porta ed afferro le sbarre senza avere la minima intenzione di lasciarle andare.
La maggior parte dei detenuti segue il mio esempio ed in pochi secondi mi trovo letteralmente schiacciato contro il ferro ma questo non ha alcuna importanza.
Urlo ancora una volta e finalmente compare Bellick, che mi affronta a muso duro, con il suo solito sorriso strafottente.
Inizia a blaterare alcune cose e nomina la mia famiglia: parla dell'uomo che mi ha messo al mondo e dei suoi gusti particolari; parla di come un giorno si è divertito con la sorella affetta da un grave deficit mentale e parla di come, da quell'incesto, sono nato io.
Lo so che lo fa apposta, lo so che non devo reagire, ma le sue parole mi mandano letteralmente fuori di testa ed inizio a colpire sempre più forte la porta, con l'intento di sfondarla; non so se è merito dei miei calci o della pressione che esercitano tutti gli altri detenuti, ma finalmente si spalanca sotto lo sguardo, ora terrorizzato, di quel grasso maiale e della sua squadra di luridi bastardi.
In un attimo si scatena il caos.
I detenuti si riversano nel corridoio e nella stanza delle guardie per vendicarsi di anni ed anni di soprusi; io stesso ho qualche sassolino che voglio togliermi dalle scarpe, ma prima mi dirigo verso l'infermeria perché ho urgente bisogno di parlare con Nicole e di sistemare questa faccenda.
Quando arrivo mi trovo davanti alla porta spalancata ed infatti dei detenuti stanno cercando di entrare nello Studio della dottoressa Tancredi: qualcuno ha trovato rifugio lì dentro e dalle voci terrorizzate e supplicanti capisco che si tratta proprio di Sara e dell'infermiera dai capelli rossi.
Sorrido.
Le avevo detto che non si deve mai giocare con il fuoco.
Lo Studio di Nicole è vuoto, eppure so che ha fatto ritorno a Fox River proprio oggi.
Sento dei rumori provenire da un'altra stanza, uno sgabuzzino, mi dirigo là e mi trovo davanti ad una scena che mi fa perdere quel poco controllo che è rimasto nel mio corpo: un altro degli uomini di C-Note è in procinto di divertirsi proprio con la nuova dottoressa.
Prendo il punteruolo che tengo in una tasca dei pantaloni e senza che abbia il tempo di rendersene conto gli taglio la gola, lasciando poi scivolare a terra il corpo.
Dio, quanto mi è mancata questa sensazione.
Nicole è completamente terrorizzata; di sicuro pensa che io voglia farle del male ed infatti mi supplica.
"Ti prego..." mormora con un filo di voce ed io leggo qualcosa nei suoi occhi che mi fa tornare indietro con la mente, a quando ero solo un bambino di otto anni; la prendo per mano, l'aiuto ad alzarsi e la costringo ad entrare nell'armadietto metallico che c'è all'interno dello sgabuzzino.
So che qui è al sicuro e glielo dico per tranquillizzarla, appoggiandole le mani sulle guance.
"Resta qui finché non sarà tutto finito. Non ti accadrà nulla".
Ho ancora l'mp3 in tasca; lo prendo, lo accendo e le infilo le cuffie nelle orecchie prima di chiudere le ante ed uscire dalla stanza.
Passo nuovamente davanti allo Studio della dottoressa Tancredi e mi rendo conto che ormai manca davvero poco al piccolo gruppo di detenuti per entrare.
Esco senza alzare un solo dito in soccorso di Sara e Karla.
Dopotutto loro non sono affar mio.
A Fox River sono arrivati da poco dei nuovi secondini, uno di loro si chiama Robert Hudson, soprannominato Bob, ed è proprio lui che trovo mentre mi dirigo nella stanza delle guardie: qualcuno lo ha picchiato violentemente perché ha il volto tumefatto ed il labbro inferiore spaccato; prova a nascondersi in una stanza ma io lo afferro per il colletto della divisa e lo trascino nella zona delle celle.
Voglio tagliargli la gola, proprio come ho fatto con il porco in infermeria, ma prima voglio togliermi qualche sfizio nella mia cella.
Gli ordino di camminare e lo colpisco con un calcio in corrispondenza della parte bassa della colonna vertebrale; lui barcolla in avanti e poi cade contro l'asciugamano che qualcuno ha appeso davanti la propria cella, scomparendo dall'altra parte.
Quando un detenuto appende un asciugamano significa che è impegnato con un 'amichetto' e non vuole essere assolutamente disturbato, ma in questo caso me ne frego e passo a mia volta sotto il panno.
Ciò che vedo mi lascia senza fiato.
In ogni cella è presente un lavandino, ma quello di Scofield e Sucre è spostato e nella parete c'è un buco grande abbastanza da permettere ad una persona di passarci.
Non ho le prove, ma so che questo è collegato con il lavoro nella stanza delle guardie.
Adesso, finalmente, capisco ogni cosa.
Questi figli di puttana si stanno organizzando per evadere, ed a quanto pare lo vogliono fare a breve.
Sto per urlare a tutti quello che ho appena scoperto quando una mano mi copre la bocca, impedendomi di pronunciare una sola parola: mi trovo faccia a faccia con Abruzzi che si preme l'indice destro contro le labbra, facendomi capire che non devo fiatare.
"Se inizi a urlare giuro che ti taglio la gola" mi minaccia prima di togliere la mano.
Mi passo la lingua sulle labbra e poi sorrido.
"In effetti quell'asciugamano sembrava sospetto" dico con una breve risata; Scofield sbuca dalla galleria e Sucre gli comunica che hanno un grosso problema, anzi, due considerando Bob.
"Perché sei qui?" mi domanda Michael, senza scomporsi minimamente.
"Per puro caso. Volevo andare a divertirmi con il mio nuovo amichetto ma lui ha pensato di cadere dolcemente all'interno della vostra cella" rispondo, sorridendo di nuovo "ahh, Scofield, se la cosa può interessarti sono stato da poco in infermeria e la dottoressa Tancredi non sembrava essere in una situazione molto piacevole".
Finalmente la sua espressione vacilla ed io so il perché: a Fox River non sono l'unico detenuto a frequentare assiduamente l'infermeria perché ha un debole per una dottoressa.
Resta in silenzio per qualche minuto, ma quando riprende a parlare la sua voce è calma e non tradisce la minima traccia di ansia o paura.
"Io torno tra poco. Fate in modo che nessun altro entri in questa cella, gli altri detenuti non devono scoprire il buco"
"E riguardo a lui?" domando, indicando Bob.
"Non deve accadergli niente" risponde Scofield, categorico, prima di scomparire all'interno del tunnel.
All'interno della cella restiamo io, Abruzzi e Sucre e decido di divertirmi un po' con il secondino, che per tutto il tempo della nostra discussione non ha fatto altro che tremare e singhiozzare, rannicchiato in un angolo.
Frugo all'interno delle tasche dei suoi pantaloni e trovo un portafoglio di pelle scura, molto elegante; non sono i soldi ad interessarmi ma qualcos'altro di più prezioso per lui, con cui minacciarlo.
Finalmente trovo una piccola foto che ritrae una ragazzina appena diciottenne: ha lunghi capelli castani, un sorriso luminoso ed indossa un abito rosso, con la gonna che sfiora appena le ginocchia.
"Questa è tua figlia, vero?" gli chiedo, mostrandogli la foto, lui non risponde ma la sua espressione dice già tutto "è molto carina. È davvero molto, molto, molto carina. È un fiore quello che ha al polso destro? Allora questa è una foto del Ballo della scuola, giusto? E tu lo sai, Bob, che cosa si dice della notte del Ballo, vero? Tua figlia è molto carina e quella sera, di sicuro, non è rientrata a casa. No. Lo ha fatto solo il giorno seguente. Il suo vestito era macchiato e per questo motivo lo ha subito nascosto all'interno della lavatrice di casa vostra. Si... Deve essere andata esattamente così..."
"Smettila" ordina Abruzzi, scostandomi con rabbia, occupandosi poi della guardia terrorizzata.
Gli urla in faccia le classiche minacce che solo un mafioso come lui può fare ed io alzo gli occhi al soffitto della cella.
È questa la principale differenza tra me e lui: io uso la testa, Abruzzi solo la forza bruta.
Ecco perché non andiamo d'accordo.
Scofield torna quasi dopo un'ora e le notizie che porta con sé sono a dir poco allarmanti.
"Il governatore Tancredi è qui e sono appena arrivate delle unità speciali per sedare la rivolta"
"E tu come fai a saperlo?" gli chiedo, poi spalanco gli occhi "sei stato sul tetto?"
"Di questo ne parliamo in un altro momento. Ognuno deve tornare nella propria cella, è questione solo di pochi secondi prima che facciano irruzione"
"E di lui che cosa ne facciamo?".
Michael guarda Bob in silenzio prima di rispondere con assoluta tranquillità.
"Lo lasciamo andare. Sono sicuro che non dirà una sola parola".
Lo guardo ancora una volta stupefatto, non posso credere che sia così stupido da commettere un errore simile e così mi oppongo.
"No, non possiamo lasciarlo andare assolutamente. Ha visto il buco, potrebbe spifferare tutto a qualcuno. Magari proprio a Bellick!"
"Se dovessimo seguire il tuo ragionamento, Theodore, dovremo uccidere anche te. Ma sfortunatamente dovremo dividere la stessa aria ancora per molto tempo" commenta Abruzzi, preparandosi a togliere l'asciugamano mentre Michael e Sucre sistemano nuovamente il lavandino al suo posto "hai sentito quello che ha detto Scofield: il secondino non si tocca. Adesso se ne andrà sulle sue gambe e tu faresti meglio a tornare nella tua cella prima che qualcuno di noi possa cambiare idea".
Non rispondo e mi limito ad indirizzare un'occhiata poco amichevole a John.
Bob esce dalla cella illeso e poco dopo faccio lo stesso anche io, ma non torno nella mia.
Mi nascondo per qualche secondo in un'altra, il tempo necessario per far passare un gruppo di detenuti; ormai tutti sanno delle unità speciali e nessuno vuole essere trovato fuori dalla propria piccola abitazione.
Approfitto di un momento di caos generale e riesco a raggiungere il secondino; lo chiamo per nome e nello stesso momento in cui si gira lo pugnalo ripetutamente con il mio punteruolo.
Lui mi guarda per qualche istante stupefatto, con il sangue che gli esce copiosamente dal petto e dalla bocca; lo pugnalo ancora una volta all'altezza del cuore e poi, dal momento che le celle sono suddivise in due piani, lascio cadere il suo corpo ormai senza vita al di là del parapetto.
Mi pulisco il sangue dal viso, Westmoreland è poco lontano da me ed ha visto ogni cosa ma non m'importa, perché adesso sono io ad avere il coltello dalla parte del manico.
Torno da Scofield, che mi sta guardando con un'espressione indecifrabile.
"Hai visto?" gli ringhio contro "è così che si risolve un problema. Un punto per me".
Il giorno seguente, mentre siamo nelle docce, affronto Abruzzi.
"Che cosa vuoi?" mi chiede lui, seccato, senza degnarsi di guardarmi in faccia.
"O mi fai entrare nel tuo gruppo di lavoro e passo attraverso quel buco insieme a voi o giuro che inizio a cantare come Johnny Cash" dico semplicemente, indossando la maglietta bianca della divisa; finalmente riesco ad ottenere la sua attenzione.
Mi rivolge uno sguardo sprezzante, ma poi è costretto ad arrendersi alla realtà.
"D'accordo, ma occupati tu della faccenda della guardia dal momento che hai avuto la brillante idea di ucciderla"
"Non ti preoccupare, John, ho già in mente un piano" rispondo con un sorriso.
Ho tenuto con me la foto della figlia di Bob e quando rientro in cella la nascondo sotto il cuscino del mio 'coinquilino'; nel pomeriggio, grazie ad una soffiata anonima da parte mia, lo stesso Bellick trova il piccolo oggetto ed il presunto colpevole viene trascinato fuori per essere interrogato.
Un po' mi dispiace per lui, ma la posta in gioco è troppo alta.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top