STILL ALIVE? (T-BAG)


Indosso un cappello blu a visiera e poi raggiungo Nicole, che sta facendo lo stesso.

Sono sicuro che la goccia di sudore che le riga la guancia destra non è causata dal caldo, ma dall'agitazione e dalla paura.

"Non temere" sussurro, in modo che solo lei possa sentire le mie parole "ti ho detto che finché ci sarò io a tuo fianco nessuno ti farà del male"

"Quando ho acconsentito a venire con te nello Utah credevo di dover scavare in un ranch abbandonato, non di mentire ad una donna per entrare nella sua abitazione e cercare cinque milioni di dollari nel suo scantinato".

Sento del risentimento nella sua voce e così le accarezzo una guancia ed una ciocca di capelli biondi che spunta da sotto il cappello a visiera; Nicole chiude gli occhi, rilassa le spalle e deglutisce a vuoto.

"Sei arrabbiata con me?"

"No, ma ho paura di avere un attacco di panico... Io sono stanca di mentire, Teddy... Sento di essere vicina a un altro crollo nervoso"

"Cerca di resistere ancora un po'. Pensa alla nuova vita che ci costruiremo quando avremo tra le mani la nostra parte di denaro" mormoro ancora, prima di posarle un bacio casto sulle labbra; Nicole si limita ad annuire in silenzio ed io mi allontano, lasciandole il tempo necessario per riprendersi.

Tweener ci sta fissando, ma quando i suoi occhi incrociano i miei li abbassa velocemente, concentrandosi sulla cartellina che ha in mano; lo raggiungo e chiedo spiegazioni che arrivano sottoforma di un balbettio impacciato.

"Io non... Io non stavo facendo nulla di male, T-Bag"

"No, ho visto il modo in cui la guardavi. Non lo devi fare mai più, hai capito? Lei non è tua, non appartiene a te. È mia"

"Potete smetterla?" interviene Lincoln, interponendosi tra noi due "non mi sembra il momento migliore per iniziare una zuffa"

"Soprattutto ora che la fortuna è dalla nostra parte" commenta Michael con un sorriso, raggiungendoci "sono riuscito a convincere la padrona, Jeanette, che siamo qui per riparare una tubatura difettosa. Ha detto che il marito è via per un pranzo di lavoro, quindi dobbiamo andarcene nel primo pomeriggio. Fate come vi dico io e nessuno si farà male, d'accordo?"

"Ai suoi ordini, capo" rispondo io, mimando un saluto militare.



Jeanette Owens, la proprietaria della villa, è una di quelle classiche donne che non vogliono arrendersi al tempo che passa: capelli ossigenati, viso pesantemente truccato, vestitino striminzito e tacchi vertiginosi.

Vuole essere una Barbie, ma assomiglia di più alla matrigna di Cenerentola.

"Ragazzi, siete sicuri che non volete qualcosa da bere? Magari un bel bicchiere di limonata ghiacciata? Oggi è una giornata particolarmente calda" domanda, accompagnandoci fino allo scantinato: dentro, fortunatamente, c'è una porta secondaria che conduce al giardino posteriore della villa, in caso di una fuga improvvisa.

"Non si preoccupi, signora Owens, siamo abituati a lavorare al caldo" rispondo con un sorrisetto.

"Mi auguro che la temperatura non si alzi troppo allora" commenta lei, con un sorriso altrettanto furbo "io sono nel salotto. Per qualunque cosa potete venire lì".

Quando esce dalla stanza emetto un lungo fischio di ammirazione.

"Quella donna aspetta solo che qualcuno di noi le spalanchi le gambe"

"Chiudi la bocca e aiutaci"

"Non posso farlo, Michelangelo, desolato" rispondo, indicandogli la mia mano sinistra.

Mi siedo sul pavimento mentre Michael, Lincoln e Tweener usano dei martelli per spaccare il cemento; Nicole, invece, fa da palo fuori dalla porta secondaria.

Dopo circa mezz'ora dall'inizio degli scavi torna da noi, con il volto pallido, per avvisarci che abbiamo visite.

Con mia grande sorpresa Sucre e C-Note entrano nello scantinato.

"Ho ricevuto il tuo messaggio" dice il primo a Scofield, abbracciandolo, ed io corruccio le sopracciglia perché non capisco a che cosa si stia riferendo "per puro caso ho incontrato Benjamin per strada e gli ho dato un passaggio. Sbaglio o avete bisogno di un paio di braccia in più?"

"Un paio di braccia in più equivale ad una fetta meno sostanziosa di denaro per ciascuno" commento irritato, per nulla contento dell'arrivo di altri due membri nella nuova squadra.

C-Note si accorge finalmente della mia presenza e si avvicina a me con un'espressione di totale sorpresa stampata sul volto.

"Amico... Sei ancora vivo? L'ultima volta che ti ho visto stavi piangendo come una femminuccia perché Abruzzi aveva appena finito di giocare al macellaio... Ti sei fatto riattaccare la mano? Ecco da dove proviene questa puzza"

"Forse ti stai confondendo con l'odore che emana la tua pelle, Benjamin"

"Quanto mi sei mancato, Theodore"

"Ragazzi, tutto questo è molto commovente, ma dobbiamo continuare a scavare se vogliamo davvero trovare i cinque milioni di dollari che Westmoreland ha nascosto qui sotto".

Le parole di Michael ci riportano alla realtà: Benjamin si allontana da me, prendo nuovamente posto sul pavimento ed osservo in silenzio gli altri che riprendono a scavare.



Grazie al cielo nello scantinato c'è una piccola TV che decido di accendere per combattere la noia: nello schermo compare subito l'edizione speciale di un telegiornale.

John Abruzzi è stato ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia perché non ha voluto arrendersi e posare la pistola che aveva in mano.

Sorrido soddisfatto perché quel figlio di puttana ha avuto esattamente ciò che meritava.

"Amen, pace all'anima sua!" esclamo, congiungendo le mani; corruccio le sopracciglia e socchiudo le labbra quando trasmettono le nostre foto segnaletiche "perché le foto mi fanno sempre sembrare uno psicopatico? Se lo avessi saputo prima mi sarei messo in posa"

"Sai, T-Bag" commenta C-Note, continuando a scavare con una pala da giardino "i tuoi genitori devono essere davvero orgogliosi di te. In un colpo solo hanno cresciuto un razzista, un pedofilo ed uno stupido"

"Almeno il mio scopo nella vita non è arrampicarmi sugli alberi alla ricerca di banane".

Benjamin sta per ribattere alla mia battuta, ma non ha il tempo di farlo perché la porta si apre ed entra Jeanette, che reagisce con sorpresa ed irritazione quando vede Sucre e C-Note.

"E loro due chi sono?" domanda, infatti, inarcando un sopracciglio.

"Abbiamo dovuto chiamare dei rinforzi, signora Owens, purtroppo il problema è più grave di quello che avevano previsto" risponde Michael, senza esitare; la donna, però non sembra essere del tutto convinta.

"Quanto tempo impiegherete prima di sistemare tutto? Mio marito sarà a casa tra poche ore..."

"Non si preoccupi, sarà tutto sistemato entro il primo pomeriggio".

Jeanette esce nuovamente dalla stanza ed io mi lascio scappare un verso frustato, gettando a terra il cappello che indosso.

"Non possiamo andare avanti in questo modo. Se la vacca continua ed entrare prima o poi capirà che non siamo degli idraulici. Qualcuno deve distrarla. E dal momento che non posso scavare mi sacrificherò io" dico, alzandomi dal pavimento, mi avvicino alla porta che conduce al resto dell'abitazione e Scofield mi afferra prontamente per il braccio sinistro.

"Non farle del male. Non voglio avere le tue vittime sulla mia coscienza"

"Michael, ti puoi fidare di me, non sono un principiante. So quando è necessario versare del sangue e quando non è affatto saggio farlo. Lasciami andare, stiamo perdendo tempo prezioso" rispondo in un sussurro, guardandolo negli occhi; non è convinto, ma mi lascia ugualmente andare perché è consapevole del fatto di non avere altra scelta.

Esco dalla porta, percorro un breve corridoio ed entro in quello che è un salotto decorato in modo eccessivo, forse perfino pacchiano.

La signora Owens è seduta su un divano color porpora: sta guardando una telenovela e, di tanto in tanto, si porta alle labbra un bicchiere di limonata con ghiaccio.

Quando si accorge della mia presenza mi rivolge un sorriso compiaciuto.

"È stanco di stare con i suoi amici?"

"Non posso essere molto d'aiuto a causa di un brutto incidente sul lavoro" rispondo, mostrandole la mano parzialmente fasciata "mi domandavo se l'invito per quel bicchiere di limonata è ancora valido, signora Owens".

Lei sorride ancora una volta.

"Può chiamarmi semplicemente Jeanette. La preferisce liscia o corretta con della tequila?"

"Io amo il Messico".

La seguo in cucina e mi accomodo su una delle sedie disposte attorno ad un tavolo di legno chiaro, dalla forma circolare, mentre prepara il mio drink ne approfitto per osservarle il fondoschiena, nascosto a fatica da una minigonna bianca.

Non è male, ma non è roba naturale.

"Ecco qua!" esclama soddisfatta qualche minuto più tardi, porgendomi un bicchiere alto, su cui ha posato uno spicchio di lime appena tagliato.

Lo prendo in mano, lo avvicino alle mie labbra e mi gusto qualche sorso prima di riprendere a parlare.

Ormai sono quasi sei anni che non assaporo qualcosa di alcolico.

"Jeanette, lei è una formidabile donna di casa. Suo marito è un uomo davvero molto fortunato... Non ho potuto non sentire il profumo che indossa... Posso..."

"Naturalmente" risponde lei, ed allunga il braccio destro.

Mi prodigo in un elegante baciamano e chiudo gli occhi, respirando il profumo dolce e costoso di fiori e liquirizia.

Un brivido mi percorre la spina dorsale.

"Questo profumo... Si chiama Angel?"

"Si, esatto... Come ha fatto ad indovinare?" mi chiede, per poi rivolgermi uno sguardo comprensivo "mi lasci indovinare... Lo indossava sempre una sua ex di cui è ancora innamorato"

"Ormai è una storia che appartiene al passato" sussurro, mordendomi la punta della lingua, mentre mi sforzo di non ripensare a Susan.

La mano sinistra di Jeanette che si posa sulla mia coscia destra mi riporta piacevolmente alla realtà.

"Lei è una persona discreta?"

"Nessuno è più discreto di me" rispondo, con un sorriso.

La signora Owens avvicina il viso al mio e sento le sue labbra sfiorarmi l'orecchio destro.

"Sa quel tipo grosso che è con voi? Quel tipo forte... Che non parla molto..." mormora, ed io capisco subito che si sta riferendo a Linc "potrebbe andare da lui e chiedergli se vuole bere qualcosa insieme a me quando il vostro turno sarà terminato?".

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