I DESERVE TO KNOW (NICOLE)


Trascorre più di una settimana in cui non vedo mai il mio primo paziente, ma tutto cambia nel pomeriggio dell'undicesimo giorno, quando delle guardie lo conducono nel mio Studio a causa di un taglio che ha sulla guancia destra; appena se ne vanno gli domando subito che cosa gli è successo perché, nonostante abbiamo parlato solo quattro volte per pochi minuti, ho sentito la sua mancanza.

"Il nostro piccolo incontro mattiniero mi ha procurato dieci giorni in isolamento"

"Mi dispiace, non era mia intenzione..."

"Non si preoccupi, dottoressa, almeno ho riavuto indietro il mio cappello. Lei ha avuto qualche ripercussione personale?"

"No" rispondo subito; esito per qualche istante mentre gli sto disinfettando il taglio e poi decido di raccontargli della minaccia velata di Bellick: non so esattamente perché lo faccio, ma c'è qualcosa che mi spinge a confidarmi.

Bagwell risponde con uno sbuffo e solleva il sopracciglio sinistro.

"E così anche lei ha conosciuto il nostro valido Capitano. Non si deve preoccupare, è solo un pallone gonfiato. Parla, parla, parla ma poi non da mai seguito alle sue minacce"

"Lo spero. Non ho intenzione di perdere il lavoro" copro il taglio con un cerotto e poi vado a lavarmi le mani, lasciando scorrere l'acqua forse per un po' troppo tempo e poi trovo finalmente il coraggio di rivolgergli una domanda che occupa la mia mente da undici giorni "signor Bagwell, le posso fare una domanda?"

"Lei può chiedermi tutto quello che vuole, dottoressa" risponde lui con un sorriso.

"Quella mattina mi ha chiamata per nome. Come faceva a conoscerlo?"

"Ohh, le notizie passano velocemente di bocca in bocca in un carcere. Anche noi detenuti abbiamo orecchie per ascoltare ciò che i secondini dicono mentre camminano davanti alle nostre celle. Tutta Fox River sa che lei è la nuova dottoressa e che si chiama Nicole Baker. Non è un segreto per nessuno. A differenza della sua età..."

"Non ho nulla da nascondere" dico sforzandomi di sorridere, ma sento il mio cuore iniziare a battere più velocemente e la gola diventare improvvisamente secca "ho ventisette anni"

"Ne è sicura?"

"Perché mi fa questa domanda?"

"La dottoressa Tancredi ha quasi quell'età mentre lei sembra essere molto più giovane, ma può essere solo una mia impressione... Si... Deve essere così... Altrimenti non potrebbe neppure ricoprire il ruolo di dottoressa"

"Le sue insinuazioni sono del tutto infondate e fuori luogo" rispondo in modo secco, perché si è spinto troppo in là; ignoro le sue scuse e chiamo delle guardie, che lo riportano nella sua cella.

Nello stesso momento in cui la porta si chiude afferro il mio mp3, infilo le cuffie nelle orecchie e con le mani che tremano seleziono la prima canzone che compare nella playlist; chiudo gli occhi, appoggio la mano destra al petto ed inizio quasi subito a sentirmi meglio, mentre il battito torna lentamente regolare.

Evito appena in tempo un attacco di panico sul posto di lavoro.

Quando la canzone finisce mi tolgo le cuffie e ripongo il piccolo apparecchio tecnologico nella borsa; sento un rumore improvviso, mi volto di scatto in direzione della porta e vedo Adam che mi fissa con uno sguardo imbarazzato: non ho idea da quanto tempo è lì e che cosa ha visto.

"Nicole, stai bene?" mi chiede quando ritrova la voce; io annuisco e riesco perfino a sorridere, in modo da rassicurarlo.

"Ho avuto solo un piccolo mancamento, adesso mi sento già meglio"

"Ne sei sicura?"

"Si"

"D'accordo, ma se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiedere"

"Adam!" lo richiamo prima che se ne vada; mi avvicino e mi ritrovo sovrastata dalla sua altezza: questa è la prima volta dopo diverso tempo che mi ritrovo faccia a faccia con lui e devo approfittarne per chiarire la questione del corteggiamento e dei regali, anche se può essere dolorosa "sei stato tu a farmi trovare quelle cose sopra la scrivania?".

Adam arrossisce violentemente e già questa è una conferma delle mie ipotesi.

"Si, sono stato io. Mi hai beccato"

"Ti ringrazio per la colazione e per la rosa, sei stato molto gentile, non voglio ferire i tuoi sentimenti ma in questo momento non sono intenzionata a frequentare qualcuno ed avere una relazione sul posto di lavoro non è mai una buona idea e non credo neppure che sia permesso a Fox River. Mi dispiace, scusami" dico imbarazzata, perché non sono abituata a fare questi discorsi: lui incassa bene il colpo, ma i muscoli tesi della mascella mi fanno capire che lo sto pugnalando al cuore; quando parla, però, la sua voce è calma e non lascia tradire alcun tremore.

"Non ti devi preoccupare, capisco perfettamente il tuo punto di vista. Ho fatto una cazzata tremenda..."

"No... Non devi farti colpe che non hai"

"Però non capisco una cosa. Di quale rosa stai parlando?".



"A lavoro è successa una cosa strana" confesso alla mia psicologa, giocherellando con la stoffa della maglietta che indosso; lei, ovviamente, mi incoraggia a proseguire ed a raccontarle cosa mi turba così tanto "una delle guardie più giovani mi ha corteggiata per qualche giorno e sopra la scrivania del mio Studio ho trovato per due volte la colazione ed anche una rosa. La rosa era dentro un vaso di vetro ed aveva un bigliettino attaccato al gambo su cui c'era scritto 'all'unico raggio di sole in questo mare buio di disperazione'. Ho parlato con lui, gli ho detto che non sono intenzionata ad avere una relazione in questo momento e lui mi ha risposto che rispetta la mia scelta ma non c'entrava nulla con la rosa"

"Pensi che ti abbia mentito?"

"No, credo sia stato sincero. Ha ammesso di essere stato lui a farmi trovare la colazione, perché non avrebbe dovuto fare lo stesso anche con quel fiore?"

"Hai idea di chi possa essere stato, Nicole?" mi domanda, allora, Megan ed io mi limito a scuotere la testa.

Le uniche persone con cui parlo sono Karla ed Adam, con le altre guardie o infermiere non scambio una sola parola e lo stesso vale per la dottoressa Tancredi.

Proprio per questi motivi non capisco chi è il mio secondo 'ammiratore segreto'.

Quando arrivo in infermeria trattengo il respiro alla vista di un pacchetto colorato posizionato sopra alcune cartelle cliniche; la mia reazione esagerata attira l'attenzione di Karla, che nota a sua volta il regalo.

"E quello?" mi domanda, infatti "da parte di Adam? Non è intenzionato ad arrendersi?"

"Non lo so" sussurro io; prendo in mano il pacchetto e mi accorgo che c'è anche una piccola busta: prendo il biglietto che c'è all'interno e lo leggo velocemente, muovendo appena le labbra.


'Perdonami, raggio di sole'.


Il mio cuore inizia a battere più velocemente mentre nella mia mente s'insinua un terribile sospetto; apro il regalo con le mani che tremano e quando vedo il suo contenuto per poco non lo lascio cadere a terra con un grido: è una copia di un CD di Madonna, Like A Prayer.

Ogni dubbio scivola via e mi aggrappo con entrambe le mani alla scrivania per non cadere a terra; Karla vede che sono improvvisamente pallida e mi presta soccorso, spaventandosi esattamente come Adam il giorno precedente.

"Nicole? Stai bene? Che cosa ti succede?"

"Nulla. Nulla. Sto bene. È stato solo un momento di debolezza" rispondo deglutendo a vuoto; va a prendermi una bottiglietta d'acqua da una delle macchinette che si trovano nel corridoio ed io mando giù un breve sorso, che mi da una sensazione momentanea di sollievo.

Mi domanda ancora una volta come sto e che cosa mi è successo ma io la rassicuro con un sorriso e la prego di non proferire parola con nessuno del regalo, che nascondo dentro uno dei cassetti della scrivania.

C'è solo una persona che può essere responsabile di questo regalo, perché solo ad una persona ho detto che io adoro particolarmente quella canzone e così non mi resta che attendere il suo arrivo nel pomeriggio, cercando di non far vedere a nessuno il mio nervosismo: so che verrà ed oggi più che mai ha un motivo per farlo.

Quando le guardie lo portano nel mio Studio con l'ennesimo taglio superficiale da disinfettare mi trattengo dall'aggredirlo a parole, ma quando rimaniamo soli esplodo.

"Che cosa significa questo?".

Gli mostro il CD, ma lui finge di non saperne nulla.

"Non lo so, dottoressa. Che cosa dovrebbe significare?"

"Perché me lo ha mandato? Come ha fatto?"

"Io non le ho mandato nulla"

"Non le credo. Lei è l'unica persona a cui ho detto che adoro questa canzone e nel bigliettino c'era scritto 'perdonami'"

"Ammetto che è una curiosa coincidenza ma dimentica una cosa fondamentale: io vivo dietro le sbarre di una cella, come avrei fatto a comprare quel CD ed a farglielo trovare sopra la scrivania?"

"E come fa a sapere che il pacchetto era sopra la mia scrivania? Io non l'ho mai detto".

A questo punto sorride, fa una breve risata e si passa la mano destra tra i capelli castani.

"Lo confesso, sono io il colpevole. Può arrestarmi".

So che dovrei incalzarlo a dirmi come ha fatto per poi riferire ogni cosa al direttore Pope, ma la domanda che esce dalla mia bocca è un'altra.

"Perché lo ha fatto?"

"Volevo farmi perdonare per il piccolo incidente di ieri pomeriggio"

"D'accordo" mormoro, deglutendo a vuoto, sentendomi leggermente a disagio di fronte a quegli occhi scuri "e perché... Perché mi ha mandato quella rosa?"

"Per ringraziarla di essersi presa cura di me, dottoressa. E perché lei è davvero l'unico raggio di sole qui dentro".

Sento le guance cambiare rapidamente colore e prima che lui se ne accorga chiamo le guardie; mi avvicino al lavandino, mi bagno più volte il viso con dell'acqua fredda per riprendermi e per avere un aspetto nuovamente presentabile.

Non capisco per quale motivo le sue parole mi procurano uno sconvolgimento così profondo, non capisco perché la sua sola presenza mi fa tremare, ma allo stesso tempo so che sto prendendo una strada senza ritorno.

"Dottoressa Baker?".

Una voce maschile mi distoglie dai miei pensieri e mi accorgo che il Capitano Bellick è sulla soglia del mio Studio.

"Si?" domando cercando di apparire disinvolta, nascondendo i miei turbamenti dietro una maschera di normalità; appoggio l'asciugamano vicino al lavandino "che cosa posso fare per lei? Si sente male?"

"No, voglio solo parlarle. Non le ruberò molto, solo pochi minuti"

"Le dico subito che non ho nulla da nascondere e non ho più parlato con qualcuno attraverso la recinzione"

"No, no, no... Non si tratta di questo, ma ha a che fare con un detenuto che ha iniziato a frequentare molto spesso l'infermeria e penso che lei sappia a chi mi sto riferendo"

"Sta parlando del signor Bagwell? Si, in effetti lo vedo quasi ogni giorno perché ha sempre dei tagli sul viso o sulle braccia che si procura lavorando all'interno di uno dei capannoni"

"Ahh, davvero? Le ha raccontato questo? Peccato che T-Bag non faccia parte del gruppo di lavoro. Sa che cosa ho notato? Ho notato che lui ha bisogno di cure mediche sempre durante il suo turno e mai durante quello della dottoressa Tancredi. Ed è sempre lei, dottoressa Baker, ad occuparsi di T-Bag. Mai qualcuna delle infermiere"

"Non capisco che cosa sta insinuando" rispondo a denti stretti, con la speranza di non arrossire.

"Le consiglio di informarsi sulle persone di cui si occupa ogni giorno prima d'instaurare uno stretto rapporto confidenziale con loro"

"A me non importa sapere il motivo per cui i miei pazienti sono qui, Capitano, tutto quello che m'interessa è nella loro cartella clinica"

"Come vuole lei, dottoressa" risponde Bellick, sistemandosi il berretto l'ordinanza "ma ascolti il mio consiglio: quando tornerà a casa si metta davanti al suo computer e digiti su internet il nome 'Theodore Bagwell'. Non se ne pentirà. Le auguro una buona giornata".

Non rispondo al suo saluto e quando esce dal mio Studio mi preoccupo di sbattere con forza la porta.

Stringo le mani a pugno così forte che le unghie si conficcano nella pelle: lo so che Bellick ha detto quelle parole solo per provocarmi, perché io non ho voluto raccontare subito la storia del cappello, ma per tutto il resto del giorno continuo a pensare al suo consiglio e sono così nervosa che arrivo a maltrattare la povera Karla, le altre infermiere e perfino Adam.

Quando arrivo a casa mi tolgo la giacca, appendo la borsa all'attaccapanni ed accendo subito il mio portatile, sedendomi a gambe incrociate sul divano; mentre aspetto che si connette ad internet mi tormento il labbro inferiore con i denti: una parte di me continua a ripetermi che non devo farlo, che non devo dare la soddisfazione a Bellick, che mi pentirò nel momento stesso in cui digiterò il nome ed il cognome del mio primo paziente.

L'altra parte, però, mi dice che devo farlo perché, dopotutto, è un mio diritto sapere.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top