BEAUTIFUL CREATURES (T-BAG)


Le donne sono creature stupende, ma terribilmente complesse.

Basta una sola parola per farle piangere di gioia o per spezzare loro il cuore.

E comunque, in ogni caso, è praticamente impossibile sapere che cosa passa nella loro testa.

Sto riflettendo proprio su questo argomento quando la porta della mia cella si apre ed entra Bellick, che porta con sé una notizia che mi sorprende.

"Hai una visita, Bagwell, alzati" mi ordina con un tono che non ammette né repliche né proteste; lo accontento senza pronunciare una sola parola, spinto dalla curiosità.

I detenuti possono ricevere solo una visita a settimana, durante un giorno prestabilito, e questi incontri si svolgono in due modi: i detenuti che non sono considerati pericolosi incontrano i loro familiari o amici davanti ad un semplice tavolo; quelli che, invece, sono considerati pericolosi devono stare all'interno di una gabbia e c'è uno spesso vetro che li separa dall'altra persona.

A quanto pare, io faccio parte della metà pericolosa perché Bellick mi spinge all'interno della gabbia; ma non è questo a sconvolgermi.

Dall'altra parte del vetro c'è una donna con i capelli neri, che fatica a guardarmi negli occhi.

È Susan, la mia ex compagna.

La stessa persona che mi ha denunciato alle autorità e che mi ha fatto finire qui dentro.

Non la vedo da cinque anni, non so per quale motivo è qui e proprio per questo me ne resto in silenzio, perché voglio che sia lei la prima a parlare.

"La mia terapista ha detto che mi avrebbe fatto bene venire qui... A parlare con te..." inizia con un filo di voce, fermandosi più volte per non cedere alle lacrime "ti ho fatto entrare nella mia casa. Ti ho fatto entrare nella chiesa che frequento ogni domenica... Per l'amor di Dio, ti ho fatto conoscere i miei figli"

"Susan, non li ho mai toccati"

"Non dire una sola parola" m'interrompe lei, ma io continuo perché ci sono cose che voglio dirle da cinque anni.

"Susan, io ti amavo. Ti amavo con la stessa intensità che solo un amore vero può avere. Con te a mio fianco ero rinato, ero un uomo nuovo" questa volta le lacrime che rigano le mie guance sono vere, insieme al tremore nella mia voce "ma tu non hai esitato un solo istante a sbattermi fuori da casa tua come se fossi un cane rabbioso. Io ero cambiato per te, ero pronto ad iniziare una nuova vita"

"No, Teddy, una persona che fa cose così orribili non può cambiare e merita solo di passare il resto della sua vita dietro le sbarre".

Ascolto le sue ultime parole in silenzio, limitandomi ad annuire con la testa ed a mordermi leggermente la punta della lingua con i denti; poi mi avvicino di più al vetro, in modo che possa sentire meglio le mie parole.

"Forse hai ragione, Susie, perché nello stesso istante in cui mi hai sbattuto fuori di casa, quel bastardo che ha fatto quelle cose orribili è tornato. Io uscirò da questo posto molto presto. Te lo prometto. E quando accadrà, ti giuro che non avrò ancora dimenticato come sono fatti i scalini di casa tua".

Finalmente solleva il viso per guardarmi negli occhi, anche se è terrorizzata dalla mia minaccia il disprezzo che prova nei miei confronti è più forte: sputa contro il vetro, si alza e si allontana velocemente.

Io resto immobile, con la mano destra appoggiata sulla superficie liscia e trasparente, fino a quando Bellick mi ordina di alzarmi ed uscire perché è arrivato il momento di tornare nella mia cella.



La mattina seguente sono ancora di pessimo umore e non pronuncio una sola parola per tutto il giorno; anche i membri della squadra si accorgono che qualcosa non va e C-Note ne approfitta per lanciarmi qualche battutina mentre continuo a scavare la buca.

"Che ti prende, T-Bag? Oggi non hai voglia di parlare? Sei triste perché non hai più un compagno di cella con cui fare il bucato?"

"Lascialo stare, Benjamin" interviene Westmoreland "oggi è uno di quei rari giorni in cui Theodore si degna di usare la testa. Non provocarlo, goditi il silenzio finché durerà".

Ignoro la conversazione tra i due e continuo a scavare, almeno fino a quando lancio un urlo perché il cemento sotto i miei piedi cede ed io cado all'interno di quello che sembra essere un condotto che porta a due tunnel opposti.

"Hai qualcosa di rotto?" mi domanda Scofield, affacciandosi insieme a tutti gli altri.

"No, sto bene" rispondo a denti stretti, prima di afferrare la mano di Burrows "che cos'è?"

"Proprio quello che stavamo cercando. Voi restate qui, io torno subito"

"Ehi! Dove stai andando? Non puoi infilarti lì dentro! Se qualcuno dei secondini entra mentre tu sei ancora nel condotto siamo tutti fottuti!" protesto mentre Michael si cala all'interno del condotto e la sua risposta non tarda ad arrivare.

"Vuoi uscire da Fox River, T-Bag? Allora devi limitarti ad eseguire i miei ordini senza protestare" dice prima di sparire chissà dove.

Nessuno di noi pronuncia una sola parola fino al suo ritorno, siamo troppo tesi per tentare d'iniziare una conversazione.

Riesco a tirare un sospiro di sollievo solo quando la testa di Michael compare dal bordo della buca per chiedere al fratello maggiore di aiutarlo ad uscire.

"Allora?" domando, impaziente, appoggiandomi al tavolino che c'è alle mie spalle.

"Allora?" ripete Scofield, con il suo solito sorrisetto enigmatico "siamo pronti ad evadere. Lo faremo venerdì notte".



La porta scorrevole della mia cella si apre per l'ennesima volta ma non appare quel grasso maiale di Bellick, bensì una guardia che non ho mai visto prima.

È giovane, deve avere al massimo una ventina d'anni, ed ha un viso molto, molto, molto carino.

Lo studio in silenzio e lui fa lo stesso, continuando a rigirarsi un piccolo flacone di plastica arancione tra le mani: è teso, probabilmente questa è la prima volta che si trova faccia a faccia con un detenuto e deve aver sentito parlare di me.

"Solitamente è vietato fare una cosa simile, ma la dottoressa Baker mi ha detto che si tratta di un'emergenza. Ecco... Le tue medicine per l'epilessia"

"Le mie... Medicine per l'epilessia?" ripeto, sbattendo le palpebre.

Non ho mai sofferto di epilessia in tutta la mia vita, ma lui annuisce convinto.

"Nicole mi ha detto così. È meglio se lo prendi prima che qualcuno mi scopra".

Mi porge il piccolo tubicino facendo attenzione a non sfiorare la mia mano e poi da subito l'ordine di richiudere la porta scorrevole.

Mi lascio cadere sul materasso della mia brandina ed osservo con attenzione l'oggetto: mi sembra di scorgere qualcosa in mezzo alle pastiglie e così svito il tappo bianco e rovescio il contenuto sulla mia mano destra.

In realtà non sono pastiglie, ma semplici mentine che servono a nascondere un foglietto di carta ripiegato più volte con cura.

Lo apro, lo leggo e sorriso.

Nicole vuole che torni in infermeria, ma io lascio trascorrere due giorni prima di assecondare il suo desiderio.

Non voglio che mi consideri un disperato.

"Volevi parlarmi?" le domando, impassibile.

Lei si morde il labbro inferiore prima di rispondere, lo fa sempre quando è agitata ed è un gesto che, se possibile, la rende ancora più bella.

"L'altro giorno ho sbagliato ad aggredirti in quel modo, Teddy. Ho sbagliato a tradire la tua fiducia. Hai ragione. Tu mi hai salvato la vita ed in questo modo hai dimostrato che non hai intenzione di farmi del male. Ti ho mandato quel biglietto rischiando di essere scoperta solo per dirti che mi dispiace quindi, per favore, dimmi che cosa è successo qualche giorno fa dentro quel capannone. Adesso penso di avere il diritto di sapere"

"Sto per evadere" confesso, guardando Nicole negli occhi.

Lei impallidisce vistosamente, ma non abbassa lo sguardo per un solo istante.

"Che... Che cosa?" mi chiede poi, con la voce ridotta ad un sussurro appena percepibile.

"Sto per evadere insieme ad altri cinque detenuti, Nicole. È stato Michael Scofield ad organizzare tutto perché ritiene che suo fratello sia innocente e non vuole vederlo sulla sedia elettrica. Io non sapevo nulla fino al giorno della rivolta. Per puro caso sono entrato nella sua cella ed ho visto il lavandino spostato ed un buco nella parete" inizio a raccontare, senza esitare per un solo istante "qualche giorno fa Scofield ha detto che eravamo un gruppo troppo numeroso per riuscire in poco tempo a scavalcare le mura di Fox River e di conseguenza qualcuno doveva abbandonare l'impresa. Volevano spingere me a farlo e così ho chiamato mio cugino James per dirgli ogni cosa, per avere una garanzia, ma quando l'ho comunicato agli altri, Abruzzi ha deciso di uccidere sia lui che mio nipote. Poi ha ordinato ai suoi uomini di trascinarmi dentro un capannone per fare lo stesso. Nicole, sono stato costretto a tagliargli la gola... Mi ha minacciato con un pugnale..."

"Io non... Io non capisco... Come pensate di scappare?"

"Di questo non ti devi preoccupare"

"Teddy... Io... Questo..." balbetta scuotendo la testa "non avresti dovuto dirmi queste parole... Non avresti dovuto rendermi partecipe di questa cosa... Lo sai che dovrei informare il direttore..."

"Lo so, ma so anche che non lo farai. Nicole... Nicole, io devo trascorrere tutto il resto della mia vita all'interno di un carcere. Prova ad immaginare quanto tutto sarebbe più facile... Per noi due... Se fossi libero... Non hai mai pensato a questo? Neppure una volta?" le chiedo, sapendo di colpire il punto giusto.

Nicole si tormenta ancora una volta il labbro inferiore e poi prende posto a mio fianco sul lettino; i nostri visi sono così vicini che quasi si sfiorano.

"Ti prego, cerca di uscire vivo da Fox River" mormora; chiude gli occhi ed avvicina ancora di più il viso al mio ma io la blocco, appoggiando l'indice destro sulle sue labbra, e lotto contro l'impulso naturale di baciarla e possederla sopra questo stesso lettino.

"No" dico, passandomi la punta della lingua sul labbro superiore "voglio darti il nostro primo bacio da uomo libero".

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