Capitolo 3: Sanji Shibusawa


Se si possono usare degli articoli per descrivere il giovane con i capelli lunghi marroni e col tatuaggio di una testa di cavallo sul petto questi sarebbero: Bello, simpatico, carismatico, testa calda, donnaiolo, resiliente, impaziente, sarcastico. Aveva soltanto 24 anni e già era un combattente eccezionale. La sua resistenza fisica e alla fatica era gigantesca, la sua felssibilità era sconvolgente, conosceva numerose arti marziali e le sapeva padroneggiare. la sua velocità nello schivare e nel correre era sbalorditiva, poteva cavarsela contro dozzine di nemici. Più che un giovane ventenne era una macchina da guerra.

Bruce Lee una volta disse: "Io non temo un uomo che conosce mille calci, ma un uomo che conosce un calcio che ha provato mille volte." Se Bruce Lee avesse conosciuto Sanji avrebbe sudato freddo, perché di calci ne conosceva mille e li aveva provati tutti mille volte. Ed era questa la specialità di Sanji: i calci. Erano veloci, potenti, precisi, quasi invisibili.

Nonostante tecnicamente era il figlio del capo della famiglia Shibusawa, lui non viveva nel lusso. Viveva a Kabukicho in un piccolo appartamento appartamento. Pagava l'affitto con i soldi delle scommesse dall'arena.

Il giorno prima mentre stava passeggiando per strada senza nulla da fare un tizio vestito con un orribile camicia viola shock con righe bianche e pantaloni di ugual colore che si guardava in giro. Fece una smorfia disgustata vedendo quel completo orribile, -probabilmente sarà un soldato di una famiglia mafiosa- pensò. Poi il tizio quando vide lui fece la tipica espressione di chi finalmente trova qualcuno che stava cercando da un sacco di tempo e lo raggiunge. "E tu chi sei?" Chiese Sanji un po' vigile. Spesso mentre camminava per strada alcuni teppisti, affiliati di altri clan Yakuza o persone ubriache provavano ad aggredirlo vista la sua fama. Ovviamente li metteva tutti K.O., ma per Sanji erano come le mosche: fastidiose. Pensava che questo qua lo volesse sfidare, e invece si presentò dicendo, "Mi chiamo Nishitani Ozeki, sono degli Shibusawa" allarga la camicia e mostra la spilletta del suo clan, "Il patriarca la vuole vedere a pranzo."

Sanji stette zitto per un attimo, con un espressione indecifrabile, poi senza dire niente si allontanò. Guardò l'orario sul suo telefono, erano le 11:30. –Meglio che vada a casa a vestirmi meglio- pensò mentre passeggiava. In mezz'ora raggiunse il condominio dove viveva lui (lo stesso condominio dove sotto stava l'arena). Salì nel suo appartamento al 4 piano, ed entrò. Era una stanza in cui camera da letto, cucina, sala da pranzo e salotto erano unite, con un piccolo bagno alla destra e una finestra che mostrava il panorama di kabukicho. Sanji non si mise molto a cambiarsi. Prima indossava soltanto una felpa e un pantalone comodo, ora si era messo una camicia hawaiana a maniche corte e un jeans lungo, ovviamente dopo essersi lavato.

Quando uscì dal condominio, trovò d'avanti a sé una macchina nera. Vicino alla macchina vi c'era Ozeki a braccia conserte. Quando vide Sanji, aprì la portiera e fece un gesto con la mano di entrare. Sanji fece un mezzo sorriso sarcastico, "che lusso. Mio padre a finalmente deciso di trattarmi con un occhio di riguardo?" Disse sarcasticamente a Nishitani una volta accomodatosi in macchina. Lui non disse niente, restò impassibile. Sanji ridacchiò, "mi sa che sarà una sorpresa."

La dimora di Shibusawa si trovava a Tokyo, era l'ex quartier generale di una grande famiglia Yakuza con al suo interno tante altre famiglie, crollata oramai da anni. Questo ex quartier generale era un enorme e labirintico palazzo che sembrava un antico castello Giapponese immerso sia in un'architettura tradizionale Giapponese sia in quella moderna occidentale. Era anche circondato da un giardino così grande che sembrava un parco, con tanto di laghetti e ponti.

Ogni volta che Sanji vedeva quella gigantesca e bellissima casa gli veniva naturale fare un espressione di meraviglia, ma dentro aveva una grande invidia dato che quella casa era anche sua tecnicamente. Dopo che l'autista aveva parcheggiato la macchina, Sanji e Nishitani uscirono. L'uomo con l'orribile vestito addosso disse con tono freddo: "seguimi. Ti porterò alla sala pranzo." Mentre si dirigevano lì, Sanii chiese sarcastico: "davvero sai dove si trova la sala pranzo? Questo posto è così grande che mi sa che neanche mio padre sa dove andare o meno." Ozeki stette zitto.

Dopo qualche minuto di camminata fra corridoi e scale, finalmente giusero alla sala pranzo. Appena Nishitani aprì il portone della stanza si mise al lato della porta, come di rispetto si doveva fare con i propri superiori. Era una gigantesca sala da pranzo, con tanto di tavolo lunghissimo apparecchiato egregiamente. Dall'altra parte del tavolo vi c'era lui... Il patriarca degli Shibusawa, l'uomo che dava le leggi sia nella sua famiglia, sia a Kabukicho, colui che aveva grandi sogni per la Yakuza. Keiji Shibusawa. [quello della foto sopra ndr.]

Sanji lo osservava dall'altra parte con lo sguardo di chi era invidioso, di chi si sentiva al di sotto di qualcuno che era potente ma che alla fine era come te. Il patriarca, invece, con uno sguardo impenetrabile, di chi non voleva mostrare niente di sé agli altri. Ci fu un minuto di silenzio così teso che sembrava un ora. Poi Keiji disse freddamente: "Ciao... Figliolo." E Sanji rispose "Ciao... Padre."

"Bene" disse poi il patriarca sedendosi sulla sedia, "dato che sei arrivato, possiamo anche iniziare." Appena fini di dire l'ultima parola da due porte ai lato della stanza uscirono fuori i due luogoenenti della famiglia, coloro che avevano in un certo senso il potere esecutivo. Uno era un uomo alto, col fisico assai pompato, con una barba non troppo lunga castana e i capelli dello stesso colore della barba e gli occhi blu. Indossava uno smoking color blu scuro con una camicia sotto di esso, pantaloni eleganti dello stesso colore dello smoking e scarpe nere eleganti. Il suo nome era Enji Todoroki. L'altro invece era alto la metà di Enji e col fisico meno pompato, più atletico, la sua faccia non aveva la barba, i suoi capelli erano neri e i suoi occhi erano come i capelli. Anche lui indossava le stesse cose di Enji, con la differenza che era tutto nero tranne la camicia di sotto. Il suo nome era Hisashi Midoriya. I due patriarchi si sedettero a metà del tavolo. "Perché non ti accomodi pure tu, Sanji?" Invitò Shibusawa facendo un piccolo gesto con la mano. Sanji non disse e fece niente per i primi dieci secondi, in cui Enji, Hisashi, Shibusawa e pure Nishitani lo fissarono. Shibusawa era indecifrabile, Enji con un impazienza, Hisashi con noia e Nishitani preoccupato (non che gli importasse di lui, ma del fatto che non abbia obbedito subito). Sanji invece fissava suo padre con una vena di minacciosità. Poi, senza distogliere lo sguardo si accomodò, e subito vennero i camerieri a portare il cibo.

Sanji nel mentre che stava aspettando il suo turno nell'arena stava gironzolando nello spogliatoio con le mani in tasca, ripensando a quello che era successo ieri a pranzo. Di solito era un tipo molto spensierato, ma quando si trattava di suo padre si incupiva sempre, diventava una persona completamente diversa da quella che era quasi. Non lo aveva mai trattato come un figlio, ma neanche lo aveva abusato. La loro relazione era come quella di un capo di un'azienda e il suo dipendente. Non gli aveva mai dato niente come regalo, se non qualche yen per l'affitto. L'unica cosa che Sanji voleva era surclassarlo, spodestare il suo posto di patriarca che sentiva di meritarselo e diventare lui il nuovo patriarca degli Shibusawa.

Dopo lo scontro di Phobe, Koichi tornò di nuovo nello spogliatoio a richiamare i prossimi. "Congratulazioni a Phoebe per lo scontro" Phobe da un angolo fece un piccolo inchino e disse sarcasticamente: "prego." "Bene" fece Koichi guardando i vari lottatori, "il prossimo scontro sarà fra Sanji e..." Puntò il dito verso Soga, "tu." Kugisaki si indicò per chiedere se intendeva lui, Koichi ribadì di si, "come ti chiami?" Chiese il giovane prendendo il suo telefono. "Ehm... Soga Kugisaki" rispose. Koichi scrisse alle ragazze, "bene, vuoi dire anche dire il tuo soprannome se ce l'hai uno?" "Ehm... S-Spiker" disse lui. "Okay, adesso andate nell'arena, il pubblico non aspetta."

Una volta entrati nell'arena, Tamao e Kazuho presentarono al pubblico i due lottatori. "Al terzo scontro di questa sera, signore e signori, abbiamo convocato uno dei campioni di questo posto, il santo dei calci, Sanji Shibusawa!" E il pubblico esultò, fece cori e sventolò fazzoletti. "Dall'altra parte invece abbiamo un nuovo lottatore, che sicuramente non avrà speranze contro questo campione, Ossia Spiker!" Soga ci rimase un po' male per quello che aveva detto Queen. –Neanche una speranza mi vuole dare questa qui-" Pensò sconsolato. Mentre Sanji dall'altra parte pensò: -Ho scommesso ho scommesso che lo avrei messo K.O. in meno di tre colpi. Questo qui ha l'aria dei teppistelli di strada." Fece un espressione annoiata, "beh, per stasera farò un po' di soldi" disse fra se e se. Non si mise neanche in posizione difensiva. Soga invece era turbato. Non sapeva chi era quel tizio d'avanti a lui, ma per come le arbitre l'avevano descritto lui doveva essere uno dei più forti in quel posto. Lui era semplicemente un nullafacente che non sa niente di risse. Voleva soltanto provare una sola volta a fare a botte per vedere com'era. Aveva sentito parlare di questo posto tramite i suoi amici, che lo descrivevano la santa mecca delle lotte. Sperava che il suo avversario sarebbe stato uno che non ne sapeva niente come quel Tokage.

"Ma adesso basta con le presentazione! COMBATTETE!" Gridarono le arbitre all'unisono nei loro microfoni. Per un attimo Sanji e Soga stettero fermi, come se stessero aspettando qualcosa. Poi Sanji si incamminò verso Spiker come se stesse camminando al parco con le mani in tasca. –Perché fa questo? Lo fa per intimorirmi? Scatterà all'improvviso?" Pensò Soga sudando freddo dalle tempie. Poi deglutì e fece la prima cosa che gli venne in mente: attaccare. –La miglior difesa è l'attacco- aveva pensato. Scattò gridando manco fosse un soldato che carica la trincea avversaria, pronto a sferrargli un pugno.

"Il nostro nuovo lottatore prova un assalto frontale verso il campione!"

Sanji, vedendo quel tizio che correva verso lui , pensò: "-questo lo posso mettere K.O. in solo un colpo." Appena Sanji notò che Soga era alla giusta distanza, colpì con un calcio frontale dritto in faccia, che fece ancora più male per via della corsa di Spiker.

Ci sta un punto particolare nel mezzo del naso e del labbro superiore. Un intero fascio di nervi che, se colpito con la giusta forza, può mandare in black out il cervello di una persona. Il modo migliore per colpirlo è usare il classico colpo con una nocca sola del Karate. Sanji in questo caso aveva utilizzato il pollicione. Soga a quel colpo svenne immediatamente, cadendo a terra con un tonfo udibile da tutti, dato che con quel colpo si ammutolirono tutti, presentatrici comprese. Poi dopo qualche secondo tutti esultarono.

"Ehm... Il vincitore è (come avevo detto all'inizio io) Sanji!" Disse Tamao

Sanji osservò il colpo svenuto di Spiker per qualche secondo, poi con una nonchalance e una strafottenza immensa se ne andò con le mani in tasca. "Non serviva neanche che mi toglievo la camicia" si disse.

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