Lights Of Dawn: Episodio 6 | Atto 3

Locke era seduto sulla panca di legno fuori dalla tenda dell'infermeria, il volto affogato tra le mani sporche di sangue. Singhiozzava sommessamente, contorcendo i piedi e facendo ballare il diaframma tra i singulti. Gli uomini di Larry gli passavano davanti senza dire una parola, inutilmente sfiorati dai sospiri del medico senza il coraggio di iniziare una conversazione. D'altronde vedere un uomo adulto e muscoloso zampillare lacrime così cristalline avrebbe messo a disagio chiunque. Consolare era l'ultima priorità dopo l'improvviso casino successo quella notte. Gli sarebbe passato prima o poi.
Candace si sedette sulla panca, incrociando le mani a fissare quella massa fradicia di lacrime, e scrutò il suo sguardo fisso nel vuoto, riflettendo sulla presenza di quei singhiozzi allucinati a pochi centimetri da lei.
"Come sta Hawk?" domandò quindi la donna con tono titubante. Locke grattò via il muco dalle labbra ed inspirò profondamente. La sua faccia gonfia di pianto riemerse dai palmi delle mani, ansimando con la bocca spalancata per ricacciare dentro i singulti.
"Come vuoi che stia?" balbettò il medico tutto d'un fiato. Strizzò gli occhi più volte e tirò su col naso, poi prese un profondo respiro per placare le convulsioni vertebrali. Candace contorse le pupille per scrutare il ragazzo con la coda dell'occhio, e corrugò la fronte.
"Almeno ha delle possibilità di sopravvivere?" la donna voltò il capo ed aspettò che lui la guardasse negli occhi.
"Ora che è senza il braccio sì." rispose Locke con voce rauca "Ma col casino che ci avevo combinato sopra avrebbe potuto... Stupido! Stupido che sono!".
"Hai fatto del tuo meglio, William." lo interruppe Candace. Tentò di usare un tono consolatorio e deciso, ma tutto ciò che gli uscì dalle labbra fu una specie di lamentoso conato di empatia ingenua.
"No. Se fossi stato più attento il braccio non si sarebbe infettato. Sono stato un idiota." ribatté il medico.
Il fatto che una persona stesse finalmente cercando di consolarlo lo aveva un po' rassicurato, ma egli era ancora lontanissimo dall'essere calmo. Le lacrime ancora lo flagellavano, torchiando il derma per sanguinare da tutti i pori della pelle.
Candace si morse le labbra, pensando ad una buona risposta. In effetti il braccio del fattore aveva iniziato a ribollire di pus solo nei minuti successivi allo sbrigativo rattoppo del medico. Si sentiva un incapace, ed il peso della responsabilità aveva fallito nel rilascio delle endorfine, scoordinandolo inevitabilmente. Sarebbe stata dura consolarlo, denso com'era di scismi sentimentali e apprensioni autodistruttive.
Candace alzò il capo. L'asfalto della diga era incrostato di cupe pennellate sanguigne. Strascichi di visceri e liquidi putrescenti erano sparpagliati disordinatamente. I suoi compagni si erano già abituati al puzzo, nonostante più di qualcuno avesse vomitato, ma lei ancora non riusciva a sopportare il fetido miasma di carne marcia e sventrata. Ora ci sarebbero voluti giorni per rendere il rifugio nuovamente accogliente.
Larry irruppe nella visuale della donna, intento a trascinare una flaccida carcassa, e la salutò spensieratamente col guanto giallo di pus infetto. La sua espressione si fece più cupa quando vide il medico con le palpebre tumide ed il camice mauculato di uno scarlatto fresco; l'uomo abbandonò il cadavere della creatura e si diresse verso di loro stropicciandosi le mani con noncuranza.
"Che succede? È morto qualcuno?" domandò, puntellandosi sulle gambe stanche ed approfittando del momento di riposo per inspirare profondamente.
"C'è mancato molto poco." Locke aveva ormai smesso di sgorgare la sua paura in lacrime, ed ora fissava la scabrosità dell'asfalto con dolorosa rassegnazione.
"Jordan ha amputato Hawk." mormorò Candace con tono più delicato possibile.
Larry annuì cupamente "Tu stai bene?" domandò, aggrottando la fronte e ansimando con la bocca semiaperta a mostrare i denti candidi.
"Sì. Io sto bene. Ora torniamo dentro con i pazienti..." la ragazza ammiccò con titubanza. Larry la fissava con un'espressione corrucciata, come se fosse preoccupato per qualcosa. Probabilmente era solo in pensiero per la possibilità di perdere altri uomini abbastanza forti da lavorare. Gettò un ultimo sguardo a Locke con un misto di impotenza e rassegnazione, e se ne andò senza aggiungere altro, armeggiando con le maniche per rimboccarle sulle braccia nere e muscolose. Era difficile capire cosa passasse per la testa di quell'individuo, che quasi sempre sfoggiava un sorriso troppo simile ad un ghigno e parlava in maniera sciolta con velature ciniche. Candace lo conosceva da qualche settimana, eppure le pareva di non conoscerlo affatto. Di certo non le stava simpatico con i suoi atteggiamenti troppo sopra le righe, specialmente dopo l'imbarazzante figura che le aveva fatto fare su al rifugio il giorno prima. Nonostante lo mascherasse bene, Candace aveva intuito che Larry non amava trascorrere il tempo con la comunità della diga e sgobbare per loro, e non per niente la persona con cui aveva legato di più era quello stronzo di Dave.
Locke smise di sussultare, e si schiaffeggiò le cosce per riprendere consapevolezza del mondo circostante.
"Forza. Torniamo dentro..." biascicò con la gola secca dopo essere stata aspersa dalle lacrime. Si alzò dalla panca strascicando il camice color bianco sporco, e si diresse barcollando verso l'ampia tenda dell'Infermeria. Candace sorrise amaramente. Alla fine aveva scacciato i pensieri oppressivi dalla debole mente del medico, in un modo o nell'altro. Lo sfogo l'aveva gettata in una situazione differente dal monotono stato d'animo in cui lei era quotidianamente immersa. Dopo tutto l'empatia era l'unico implicito ingrediente per una consolazione facile e di breve durata, come le aveva insegnato la Superiora. La perenne condizione di inferiorità era troppo comoda perché la donna non ci si crogiolasse fino allo sfinimento autoconsapevole della sua psiche. Erano tutte endorfine, tutte invisibili stringhe di ormoni e schegge di dopamina che viaggiavano nei capillari come briciole in un mare insipido. Esattamente come ciò che la sua testa riceveva quando parlava con Ryan. Molecole complesse ed incontrollabili. Stimoli fisici spiegabili con la più banale scienza. Chissà come stava ora Ryan. A lui era toccato il compito più fangoso, partendo in auto con Dave.
Candace si alzò dalla panca, barcollando sull'asfalto umidiccio di sangue, e seguì Locke sotto il telone bianco dell'Infermeria.
"È tornato il ragazzo!" una voce nevrotica rieccheggiò cupamente nell'aria appestata della diga. Larry tese le orecchie e corrugò la fronte, arrestandosi mentre trascinava un altro cadavere per gettarlo nel lago.
"È tornato il ragazzo!"

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Ryan e Dave rotolarono sulle sudicie piastrelle del corridoio per alcuni metri, avvinghiati l'uno all'altro come due fratelli intenti nel più aspro tra i litigi. Iniziarono subito a lottare, agitando sconnessamente le membra ossute nel tentativo di ferire l'altro con la sola forza delle ginocchia e dei gomiti. Il poeta strinse le dita in una morsa d'acciaio attorno al braccio del rivale, affondando le unghie nella carne con la furia dell'istinto di sopravvivenza, e sentì la schiuma ribollirgli tra i denti scoperti. Era successo tutto troppo in fretta, ma egli era in allerta da più di un paio di minuti, avendo fiutato l'imminente sfogo fisico di Dave, e perciò l'improvviso attacco del ragazzo non lo aveva sorpreso.
Ryan represse ogni pensiero razionale come aveva fatto durante l'attacco alla diga, svuotando la mente per concentrarsi sul suo corpo. Doveva agire in modo perfetto e selvaggio. Difendersi e contrattaccare fino a far sanguinare dalla fatica il suo avversario. Alla componente violenta della sua concentrazione nel lottare si aggiungeva anche l'odio per Dave, al quale aveva finora dedicato poco respiro. Ora avrebbe potuto finalmente far esplodere tutta la frustrazione e la giustizia che sentiva profondamente dover infliggere nella carne di quel bastardo drogato.
Anche l'odio del ragazzo verso di lui, però, era potente, e Dave tirò un rude calcio al ventre del poeta dopo aver contorso la gamba fino all'inverosimile. Ryan venne sbalzato lontano dal rivale, atterrando di schiena sul pavimento ricoperto di calcinacci, e subito si rialzò con un colpo di reni per contrattaccare, ma venne preceduto. Dave lo inchiodò al suolo con le mani artigliate, e si infilò tra le gambe del poeta affinché questo non lo scalciasse via. Maledicendo la sua goffaggine, Ryan tentò di districarsi agitando in modo spasmodico il torso e le braccia, ma l'avversario lo bloccò, affondando le sue ginocchia sull'inguine. Un dolore lancinante pervase il corpo del poeta, ed una potente scarica di adrenalina fluì nelle vene ad alimentare le fiamme d'odio del lottatore inesperto.
Dave staccò improvvisamente le mani tremanti dalle braccia del poeta, e le avvolse con furia attorno al suo collo, comprimendo la carotide e la trachea in una morsa d'acciaio. I suoi occhi luccicavano di follia mentre i nervi sporgenti sulle braccia venivano colti da spasmi d'ira incontrollata, le mani serrate sulla gola dell'avversario impotente. Ryan si sbracciò inutilmente, annaspando con le membra percorse da gelidi brividi. I bulbi oculari si gonfiarono mentre il volto diventava violaceo dallo sforzo. Dave lo stava strangolando dopo averlo abilmente bloccato, e il poeta si era fatto mettere a terra senza nemmeno lottare con abbastanza foga.
Stringendo i denti finché non si straziarono alla radice, Ryan allungò il braccio scarlatto dal dolore in cerca dei molli occhi sul volto contratto di Dave. La vista iniziava ad offuscarsi, ma il poeta riuscì a scorgere il rivale che scuoteva la testa a destra e manca per evitare di essere sfiorato dalle sue affilate unghie. Non sarebbe bastato così poco per ucciderlo.
Ryan affondò il pollice nella materia molle dell'occhio di Dave, e sentì l'umida palpebra del ragazzo scattare come inutile protezione mentre egli strillava dal dolore, lasciando la presa. Si liberò dalla morsa con un calcio, contraendo la gamba pulsante e rilasciandola come una molla per lanciare via la strillante carcassa dell'avversario. Dave irrigidì il volto in un'espressione di puro dolore, la cavità orale spalancata a tendere la pelle vermiglia attorno alla mandibola come se la carne dovesse strapparsi a breve. Proteggeva la palpebra tumida e nerastra con una mano, e con l'altra ghermiva il vuoto con odio, raggrumato a terra come una bestia ferita.
Ryan si rialzò in piedi, boccheggiando dopo lo scampato strangolamento, ed aspettò un paio di secondi prima di riprendere la concentrazione necessaria. Sferrò quindi un potente calcio contro l'avversario, e la punta della suola colpì la rigida guancia con forza, ribaltando il ragazzo sul lato sinistro del corpo. La testa ancora gli girava un po', ma le sue membra erano tese come molle, e ardevano dall'interno pronte a massacrare quel bastardo di botte. L'odio divampava sotto ogni centimetro di pelle del poeta mentre si preparava al prossimo calcio, quando Dave rotolò di lato, sempre premendosi la palpebra gonfia, e si rialzò a fatica. Ryan scalciò goffamente in avanti, mancando il ragazzo, che arretrò di qualche passo barcollato prima di chiudere entrambi i pugni e prepararsi al contrattacco. Ora che non si reggeva più l'occhio ferito, il poeta poteva vedere il gonfiore carnoso e infiammato che gli raggrumava l'orbita come un carcinoma, racchiuso dalla nera palpebra afflosciata come fosse morta sopra all'occhio vermiglio. Non lo aveva accecato, ma gli aveva provocato abbastanza dolore da liberarsi dalla sua presa, e in ogni caso quell'occhio avrebbe impiegato parecchi giorni a tornare come prima.
Dave emise uno strillo selvaggio prima di tornare ad avventarsi sul rivale, e menò un fendente alla cieca con il pugno violaceo dalla rabbia. Il poeta schivò il colpo arretrando goffamente, ed aspettò che il ragazzo si sbilanciasse in avanti per appioppargli una ginocchiata sul ventre. Nonostante la furia del colpo, Dave resistette senza problemi, e rispose spazzando l'area davanti a sé con il lato della scarpa. Polvere e calcinacci si sollevarono da terra mentre il poeta barcollava all'indietro, agitando le braccia per restare in equilibrio dopo lo sgambetto dell'avversario. Entrambi si fissarono negli occhi con odio. Era ormai impossibile tirarsi indietro. Quello scontro era destinato a terminare solo quando uno dei due fosse ceduto. Un drogato iperattivo con le viene colme di cocaina contro un poeta robusto ma goffo e poco allenato.
Ryan ringhiò mentre si chinava fulmineo ad arraffare uno dei calcinacci smossi dal ragazzo, e subito lanciò all'avversario un'affilata amigdala di cemento armato. Dave non si aspettava una mossa simile, e tentò di portare le mani a proteggere il volto il più velocemente possibile, coprendo l'occhio tumefatto e i denti schiumanti furia, ma non riuscì a predirre la traiettoria del proiettile. Il calcinaccio, lanciato con tutta la forza della furia e della frustrazione, lo colpì sulla spalla, abradendo la carne rossastra e spellando il derma innevato da scaglie biancastre. Il ragazzo ruggì mentre un altro pezzo di piastrella lo colpiva appena sotto il collo, e si voltò a cercare un riparo in quel corridoio cosparso di cianfrusaglie ospedaliere e squame d'intonaco scrostato. Si gettò a capofitto dietro alla rientranza scalfita di un muro, premendo il petto pulsante contro la fredda parete, e palpò l'occhio tumefatto con mano titubante. Ryan scagliò un altro frammento roccioso verso il rivale, ed inspirò profondamente, percependo l'odore dolciastro del sangue che affluiva dal naso alla gola. Dave era conciato parecchio male, e, sebbene avesse iniziato il combattimento in modo più selvaggio, il suo patetico tentativo di nascondersi dai detriti volanti lo aveva posto in posizione svantaggiata. Una decina di metri di corridoio separava i due uomini, entrambi saldi sulle loro gambe vacillanti ed annaspanti per riempire di ossigeno ogni lembo di carne scarlatta dallo sforzo. Nessuno dei due sembrava volersi scagliare sull'altro, ed entrambi non si sentivano preparati per sfiorarsi di nuovo. Ryan contrasse il braccio viscido di sudore, preparandosi per tirare un'altra pietra, ma si bloccò nella posizione che più sottintendeva la sua improvvisa indecisione. Fissò con odio e spossatezza il rivale, ancora pressato contro il muro in un goffo tentativo di ricevere meno colpi, ed aggrottò le sopracciglia mentre il suo cervello iniziava a riflettere, tracciando una mappa mentale dell'ambiente ed un filo conduttore tra i pensieri violenti e confusi. Nessuno dei due aveva le forze per continuare a sostenere la lite. La testa ed il collo gli dolevano dopo il tentato strangolamento, così come l'inguine. Era da un po' che la vescica lanciava allarmanti segnali di contusione, spandendo lancinanti fitte tutt'intorno al bacino, e l'occhio di Dave si gonfiava di minuto in minuto, assumendo un colorito sempre più cadaverico e violaceo. Si erano scannati abbastanza. Avevano lasciato che i loro istinti scimmieschi prevalessero sulla ragione, e si erano fatti male. Avevano entrambi pensato di poter vincere, come se quello fosse stato un film d'azione. Come se avessero potuto picchiarsi fino all'estremo per poi tornare come nuovi nella scena successiva.
Rimasero entrambi immobili, squadrandosi mentre le gambe smettevano piano di tremare e le facce scioglievano i lineamenti contratti. Ryan lasciò cadere a terra la pietra, che ancora stringeva morbosamente tra le mani rachitiche, ed arretrò di qualche passo con cautela. Dave espirò, gonfiando il ventre livido, e seguì con l'occhio tumido la sagoma del poeta mentre questo si allontanava da lui, attraversando prudentemente il corridoio lercio di odio e sudore. Restò fermo a riposare. Non avrebbe retto un altro colpo di quel bastardo. Un'implicita tregua si era improvvisamente delineata, sancita dagli ematomi e dalla spossatezza. Non c'era problema. Avrebbe ucciso Ryan dopo essersi ripreso con l'aiuto di Anton. Lo stesso valeva per il rivale.
Il poeta sbuffò, lanciando un'ultima occhiata minacciosa a Dave prima di voltarsi ed iniziare a correre verso l'ultima scalinata prima della saracinesca. Tese le orecchie per controllare che il ragazzo non lo prendesse di sorpresa alle spalle, ma sapeva che non lo avrebbe fatto. Ora doveva fuggire prima che lo trovassero. Si era appena cacciato in una situazione davvero di merda. Decise che avrebbe riflettuto più tardi, quando sarebbe stato al sicuro. Nel frattempo doveva trovare riparo e contattare gli altri alla diga. E Drake. Chissà come stava Drake...

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