Lights Of Dawn: Episodio 6 | Atto 2
"Dovevi venire a prendermi dieci ore fa, bastardo di un pagliaccio!" strillò Delfino, ghermendo il walkie-talkie con le mani nodose come se volesse stritolarlo. L'apparecchio gracchiò e soffiò prima di rispondere con la voce atona ed irritante di Larry.
"Drake ti ha già spiegato i problemi che abbiamo avuto. Avevamo altre priorità. Datti una calmata, amico..."
"Una calmata?" Delfino sterzò bruscamente per affrontare un tornante senza dover rallentare "Tu non hai idea di quello che ho passato stanotte! Con tutti quei cazzo di Infetti che il sole li scheggiava appena!".
Sherry sussultò, stringendo Charlie con le braccia sudate, ed implorò con il vacuo sguardo l'uomo di andare più piano per quelle strade tortuose.
"Tu pensa ad arrivare alla diga. Ne riparliamo lì. Adesso ho altre questioni di cui occuparmi. Passo e chiudo." rispose sbrigativamente l'altro. Il click emesso dall'apparecchio fece sbuffare nervosamente Delfino, che serrò gli occhi ed inspirò profondamente.
"Stai andando troppo veloce. Rallenta." esclamò Harold, bussando sul vetro del parabrezza posteriore per attirare l'attenzione del guidatore.
"Adesso rallento!" mugugnò il vecchio, frenando con goffa dolcezza mentre Sherry tirava un timido sospiro di sollievo. La donna iniziò a cullare il piccolo, aprendo le labbra screpolate solo per scoprire che non riusciva ad emettere alcun suono.
Il pick-up sobbalzò dopo aver urtato un lungo ramo che ostruiva la carreggiata, e Harold perse l'equilibrio, cozzando contro una delle casse di legno disposte sopra il cassone. Drake volse gli occhi al cielo e porse la mano all'uomo per aiutarlo a rialzarsi, mentre Delfino imprecava sottovoce, forse ancora intento a ripensare al compare che lo aveva lasciato solo senza mantenere la promessa.
"Grazie." biascicò Harold, rimettendosi a sedere con la schiena poggiata al parabrezza incrostato di foglie morte. Drake non rispose, e si limitò a riportare il braccio nella posizione precedente, in modo che tenesse ferme le due salme avvolte nel telone grigio.
Una volta sterminati gli Infetti, il ragazzo aveva aiutato Delfino a far scendere Harold e Sherry dalla tettoia, e li aveva accompagnati dal veicolo parcheggiato, ignorando le frasi di ringraziamento. Le orecchie gli fischiavano dopo la sparatoria, e la turba di vaghi pensieri continuava a mallearsi come un grumo di melassa informe. Delfino si era seduto sul posto del guidatore. Era nervoso e stremato, probabilmente spossato dal tempo passato a tentare di trovare una soluzione a quella mandria di Infetti, e certamente distrutto dai lamenti e dalle preghiere dei due coniugi del rifugio. Sherry, invece, era tornata debole e pallida come Drake la ricordava nel momento in cui si era nascosta sotto il bancone del fast food a Norville. Non aveva aperto bocca nemmeno per ringraziarlo, ed il suo sguardo era terrificante: un ibrido di paura irrazionale, morboso amore materno per lo scosso Charlie, e depressione traumatica senza un minimo di rassicurazione.
Harold era montato nel cassone insieme al ragazzo, e lo aveva aiutato a spostare le casse di legno per ottenere abbastanza spazio per trasportare due uomini vivi e due cadaveri morti da poche ore. Ora i cinque erano in viaggio da poco, e ancora qualche altro chilometro di asfalto avrebbe dovuto scorrere sotto i quattro pneumatici prima che fossero abbastanza vicini alla diga da parcheggiare.
Drake sospirò, muovendo la mascella per stapparsi le orecchie, ed afferrò il fucile che poco fa aveva utilizzato per compiere il suo massacro. Aprì quindi lo zaino, e frugò tra le varie cianfrusaglie fino a sfiorare con il dito la torcia che più volte lo aveva salvato. Iniziò a fissarla sotto la canna del fucile, avvolgendo l'attrezzo con il nastro adesivo grigiastro che portava sempre attaccato al moschettone.
"Che stai facendo?" domandò Harold con voce rauca. Emise un vago rumore gutturale, deglutendo con titubanza e perplessità, mentre la cantilena melanconica di Sherry accompagnava il cullante fruscìo del vento.
"Non possiamo parcheggiare davanti alla diga. L'autostrada è bloccata. Dobbiamo andare a piedi per un chilometro..." rispose Drake, alzando gli occhi stanchi verso l'uomo corpulento "Meglio prendere precauzioni...".
"E Sherry?" Harold strabuzzò gli occhi bovini nel buio, raspando fiati asmatici con la bocca semiaperta.
"Non c'è altro modo. Dovrà camminare. Terremo il bambino cinque minuti ognuno."
Drake affondò i denti nel rotolo di scotch, e diede un forte strattone con la mandibola per strappare il nastro. Provò ad accendere e spegnere la torcia fissando Harold con la coda dell'occhio. Non aveva mai fatto caso al puzzo nauseabondo che l'uomo emanava, probabilmente coperto dal proprio miasma, ma ora l'odore dei feromoni saturava la sua sagoma come un'aura fetida. Aveva passato dei pessimi momenti rinchiuso tra quelle quattro pareti con decine di Infetti latranti sotto di lui, ed ancora l'aria vibrava del galoppare frenetico del suo cuore.
Improvvisamente il piccolo Charlie boccheggiò, ed una bolla di muco gli scoppiò sulla narice, scombussolandogli il sonno. Il neonato si voltolò tra le braccia della rigida madre, e schioccò le labbra delicate per poi riassopirsi dopo pochi secondi.
Delfino si accorse del movimento del piccolo, e rallentò frenando dolcemente. Le rughe sulla sua fronte erano ancora marcate, ma i severi lineamenti del vecchio si stavano distendendo man mano che il tempo passava, mutando da rabbiosi a malinconici di minuto in minuto. Il suo tono di voce da quando Drake aveva discorso con lui tramite il walkie-talkie era sempre stato nervoso e ansiogeno, ma si percepiva chiaramente che ciò che lo infastidiva di più era l'essere stato considerato un mulo espiatorio dal compare. Il ragazzo lo fissò mentre tornava a calmarsi, afflosciando le rigide nocche sul volante di plastica nera e sistemando la schiena sul sedile zuppo di sangue secco.
"E questi due?" Harold indicò le due salme avviluppate nel telone verde.
Drake mugugnò. Non ci aveva pensato.
"Le getteremo nel fiume... Se le lasciamo all'aria marciranno o attireranno gli Infetti..." rispose infine "Non ho la forza di portarli fino alla diga".
Harold annuì severamente, tirando su col naso per poi tornare a fissare il vuoto con gli occhi rigati dai capillari.
"Ci conviene. Pace alla loro anima." fece eco Delfino, sbuffando dal posto del guidatore. Sherry lo fissò con sguardo perso, la bocca semiaperta e la barriera dei pensieri salda nel suo bastione mentre l'uomo sistemava lo specchietto retrovisore senza degnarla d'attenzione.
"Pace all'anima loro..." mormorò Drake.
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"Ti avevo detto di non parlare. Di non parlare! Era così difficile, cazzo?".
Dave scalpitò violentemente, percuotendo il pavimento piastrellato dell'ospedale con le suole delle scarpe. Agitò le braccia rossastre, contorcendo le dita in spastici movimenti incontrollati, e boccheggiò rauco con i polmoni traboccanti furia.
"C'è gente che sta morendo alla diga! Pensavo che almeno avresti preso le medicine! Sono venuto qui per questo!" rispose Ryan. Il poeta cercava di mantenere un tono calmo, conscio di essere impegnato in un dibattito con un pazzo dalle vene ricolme di cocaina, ma la frustrazione glielo impediva. Ora che Anton li aveva congedati un po' del suo coraggio era tornato a scorrergli nelle vene, ed aveva permesso al poeta di affrontare lucidamente il furioso Dave. Non si trattava, però, dello stereotipato coraggio dell'eroe. Era la consapevolezza del non poter più perdonare. La severità del maestro mentre si rende conto della follia dell'allievo. Dave aveva davvero sacrificato le armi della comunità per della droga. Non c'era narcisismo più radicato, non c'era lezione che quel pazzo potesse imparare. Ryan aveva già deciso che avrebbe detto tutto a Jordan una volta tornati alla diga, ma nel frattempo Dave aveva iniziato un discorso su ciò che egli doveva raccontargli, e questo aveva dato i nervi al poeta. Quel ragazzo si aspettava che tutti lavorassero per lui. Che tutti potessero morire per lui come martiri di un Cristo di droga e violenza. Non era solo un problema. Era un pazzo definitivamente incurabile.
"Ma che avete nella testa tutti voi? Se io ti ordino di fare qualcosa per me, tu lo esegui senza discutere. Oppure mi toccherà punirti, capisci? Hai capito? Tu non discuti un bel cazzo!".
La rabbia di Dave si mischiava alle gocce di saliva che precipitavano come pioggia sul viso accigliato di Ryan. Il maniaco era paonazzo e preso da improvvisi spasmi di furia, ed il poeta manteneva i riflessi pronti per evitare imprevedibili scatti d'ira. Era inutile discutere con quel meschino megalomane. Sarebbe rimasto in silenzio ed all'erta per tutto il viaggio, ed avrebbe raccontato tutto a Jordan a tempo debito. Improvvisamente non c'erano più dubbi su chi avesse ucciso il ragazzo alla diga, e non appena fossero tornati senza le medicine, altre tre persone sarebbero state condannate allo stesso destino.
"Hai capito, testa di cazzo?" Dave agitò il sacchetto di cocaina stretto nel pugno paonazzo, mostrando i denti giallastri e lo sguardo spiritato al poeta "Hai capito?".
"Ho capito" Ryan sostenne lo sguardo con delusione ed altezzosità, e si levò da quel viso mentre un brivido gli percorreva la schiena. Si incamminò stizzito, dando le spalle al ragazzo per ricominciare a percorrere il corridoio che avevano attraversato precedentemente, e si irrigidì nelle spalle non appena percepì il suo fiato ansimante dietro di lui.
Le rade lampade al neon tossivano nella penombra, imprimendo candidi bagliori epilettici sull'intonaco grigiastro, ed illuminando gli oggetti ospedalieri sparsi caoticamente per la corsia. Il poeta superò una pertica di metallo che probabilmente fungeva da sostegno per le flebo, ed urtò un grumo di calcinacci con la suola delle scarpe da ginnastica.
Tese le orecchie. L'ospedale era silenzioso, ed anche il sussurrio delle voci della banda di Anton si stava pian piano affievolendo, ma il sangue gli galoppava nelle orecchie. Lo squittio di un roditore eccheggiò lugubre, mentre le lampadine iniziavano a ronzare più intensamente.
"Continuando con il mio discorso..." biascicò Dave a denti stretti "Qualcuno aveva già setacciato l'ospedale e aveva svuotato il reparto di pediatria. Appena ci siamo seduti per riposare nella sala d'attesa gli Infetti hanno sfondato la porta dello studio e ci hanno sorpreso. Abbiamo dovuto abbandonare la borsa delle armi e scappare dalla finestra. Hai capito fin qui?".
"Non funzionerà. Jordan invierà qualcuno a riprendere le armi e scoprirà tutto. Pensi che le armi non siano essenziali per difendere la tua comunità?" ribatté Ryan, continuando a camminare senza voltarsi. Sentì Dave espellere fiati di furia dalle narici, e deglutì amaramente, tendendo le orecchie pronte a scattare in caso di improvvisi raptus di rabbia del ragazzo. I due girarono l'angolo, e scesero la scalinata avviluppata attorno ad un pilastro in silenzio.
"E cosa proponi di fare, allora? Sentiamo!" sbottò improvvisamente Dave, calpestando dei vetri rotti con rabbiosa noncuranza.
"Non lo so. È parecchio difficile nascondere le tracce di quello che hai fatto...". Ryan accelerò il passo con cautela. Dei brividi gli percorsero ogni capillare del cranio. Lo aveva detto. Aveva appena risposto in modo molto azzardato ad un pazzo drogato. Ma non avrebbe mai collaborato a quello scempio, e la sua idea rimaneva infissa nel suo encefalo come fosse stata inchiodata da Pilato in persona.
"Sei un poeta, giusto? Allora usa la tua bella testolina per trovare una soluzione. Prima che mi incazzi." Dave sbuffava con genuina furia priva di sadismo, e la sua ombra camminava con le giunture rigide dallo sforzo di trattenere le mani. Mancava poco ormai per arrivare alla saracinesca dalla quale erano entrati. Ryan si sarebbe inventato qualcosa durante il viaggio in auto e poi avrebbe informato Jordan della situazione di suo figlio. Come se quell'uomo, d'altronde appena conosciuto, non avesse già abbastanza gatte da pelare. Dopo l'attacco alla diga quella notizia sarebbe stata durissima da digerire per quel poveraccio. Ma doveva sapere. Doveva sapere cos'era veramente suo figlio.
"Allora?" insistette Dave, spazientito.
"Ora ci penso..." biascicò il poeta in risposta. Subito si maledisse, accorgendosi che questa volta aveva utilizzato il tono di voce sbagliato. Distratto com'era, aveva lasciato trapelare qualche strascico di pensiero tra le titubanti sillabe, abbandonando la fierezza con cui aveva risposto precedentemente al ragazzo. Non aveva ribattuto con tono impaurito, però, ma con tono a metà tra lo sprezzante ed il menzognero, che lasciava intuire senza riflessioni i suoi prossimi piani. Pregò che Dave non avesse colto l'influsso di quel dannato tono, ed inspirò nervosamente, tendendo le orecchie.
Non poteva bastare la sfumatura di un tono di voce per condannarlo definitivamente. Eppure Dave non aveva risposto. Era rimasto in silenzio, ansimando con le pupille dilatate, macchinando qualcosa nella sua testa. Un normale drogato avrebbe subito ribattuto con furia, vomitando tutta la rabbia e l'odio che provava verso Ryan in un solo conato violento, ma Dave si era fermato in contemplazione. No. Non poteva bastare un semplice tono. Non aveva capito le sue intenzioni. Non poteva essere la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Ryan accelerò nuovamente il passo, e rabbrividì quando vide che Dave lo aveva imitato. Ancora due lunghi corridoi li separavano dall'uscita dell'ospedale. Quel ragazzo forse stava solo pensando a cosa ribattere. Oppure si era stufato di quella conversazione, ed aveva deciso di lasciare l'ultima parola a Ryan. Il suo sbuffare era ancora forte, ed assordava improvvisamente il poeta. La lampada al neon ronzò, ed il corridoio si tinse per un attimo di nero. Stava solo alimentando la sua paranoia. Dave non gli avrebbe fatto nulla. Ora Ryan sarebbe uscito dall'ospedale, tornando a respirare la fredda aria montana, poi sarebbe salito in quell'auto scassata dal cofano rugginoso insieme al pazzo. Quindi lo avrebbe portato alla diga, e lui gli avrebbe suggerito un falso piano per fregare Jordan, passandola liscia, e Dave si sarebbe complimentato. Arrivato alla diga, infine, sarebbe subito andato dal leader, e lo avrebbe preso in disparte per parlargli del figlio, magari dentro al suo rimorchio o sullo stesso garde-rail dove aveva ragionato con Drake. Chissà come stava Drake.
La lampada al neon ronzò un'ultima volta prima che Dave si lanciasse sul poeta a mani nude, lanciando un soffocato ululato denso di furia selvaggia.
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