Lights Of Dawn: Episodio 4 | Atto 2
Qualcuno si alzò nervosamente per andarsene, sempre ciarlando e lamentandosi, e Ryan fece lo stesso, seguendo Candace con gli occhi. Voleva seguirla per chiederle il motivo del suo intervento. Mentre si alzava per uscire dal complesso di tende, notò che Dave, ancora impegnato nello sfuggire alla furia di Aaron, continuava a fissarlo attentamente. La ragazza cominciò ad allontanarsi, dirigendosi verso il complesso di rimorchi e tende più lontano dall'entrata, e lui continuò a seguirla.
Non appena Candace si accorse si avere il poeta alle calcagna, si fermò con titubanza, e si sedette sul garde-rail accanto a lei, aspettandolo con imbarazzo.
"Perché hai mentito?" le domandò il poeta con curiosità, non appena fu abbastanza vicino a lei per sussurrare senza essere udito da orecchie indiscrete. La donna sbuffò, inarcando le pupille per guardare negli occhi l'uomo, più alto di lei di qualche centimetro.
"Non hai capito, Ryan. Se non fosse per me ora saresti nella merda fino al collo." rispose quindi, mordendosi il pallido labbro.
"Ma che stai dicendo?".
"Sto dicendo che conosco David da più di una settimana ormai. E ti assicuro che quel tizio non è a posto con la testa." Candace voltò il capo a guardare la tenda, dalla quale ancora provenivano i rauchi lamenti di Aaron.
Ryan inspirò profondamente dal naso, e si pulì con la manica la fronte aggrottata. In effetti negli occhi del ragazzo c'era un lampo innaturale, testimone di un soffocare qualcosa dentro di sé. Come d'altronde dimostravano le movenze e il tono di Candace, che non era da meno per segreti seppelliti nelle viscere. Il suo attacco era comunque stato piuttosto repentino e immotivato, quasi volesse usare i due nuovi arrivati come ideale capro espiatorio.
"Senti," continuò Candace con tono nervoso "tu non puoi sapere che persona è, ma in questi giorni lo conoscerai. Governa il campo con la paura. Ci dice cosa fare e cosa non fare. Ci dà delle punizioni di sua mano ogni volta che sbagliamo a fare quello che vuole. È spietato, e ha sempre la bottiglia in mano. E la cosa peggiore è che suo padre è troppo cieco per capire, e lo difende.".
"A me non è parso che Jordan lo stesse appoggiando quando ci accusava." la interruppe dolcemente Ryan, il sopracciglio ancora inarcato.
"Quella è un'altra storia!" ribatté Candace, volgendo rapide occhiate al complesso di tende, per verificare che nessuno li vedesse "Senti, non dirlo a nessuno. Ma penso che Aaron abbia ragione ad accusarlo.". Il poeta smise di mantenere la fronte contorta dalla perplessità, e la sciolse, per poi strabuzzare gli occhi alle secche parole della ragazza.
"Lo sai che stai dicendo qualcosa di molto pericoloso?" sussurrò "Per te può arrivare ad uccidere qualcuno di interno alla comunità?".
"Ryan, tu non lo conosci. E poi ragiona: chi altro può essere stato? È inutile che tu faccia supposizioni quando non conosci nessuno di questi qui, ma te lo dico io, al 90% è stato lui. Già una volta ha minacciato anche me." insistette Candace, sempre accertandosi che nessuno uscisse dal complesso di tende nella loro direzione.
"Minacciato?" il poeta era spiazzato dal tono malinconico che aveva appena usato la ragazza. Sembrava aver gettato la maschera per un secondo, esponendo un paio di occhi profondi e lucidi, diversi da quelli offuscati dalla recitazione che indossava di consueto.
"Sì." disse seccamente lei "Ryan, se non ti avessi difeso io, se la sarebbe presa con te per molto più tempo. E credimi: in un modo o nell'altro avrebbe convinto Jordan che eravate voi i colpevoli.".
"Ti ha davvero minacciato? Ma perché non andate da Jordan e non gli dite come stanno le cose allora? Avete troppa paura delle conseguenze?".
"Sì, Ryan! Non è un paradiso, questo posto! Avrei dovuto dirtelo prima, cazzo!" Candace stava diventando parecchio più nervosa del necessario in quel momento, scuotendo il capo su e giù, come in preda ad un tic rabbioso.
"Candace," disse calmo il poeta, abbassandosi per guardarla meglio negli occhi "risolveremo questo problema, e troveremo una soluzione al comportamento di Dave. Non temere. L'importante è che tu stia calma. Se vuoi dormo accanto a te stanotte, così non può toccarti.".
Ryan fu interrotto bruscamente da un forte e lugubre rumore, e ammutolì sussultando. Sembrava un fastidioso, basso ronzio, spremuto al massimo volume.
"È il primo coprifuoco." mormorò Candace, notando come al poeta si era accapponata la pelle "Di solito Jordan non lo suona così presto, ma si vede che questa sera ha fatto eccezione. Usa una di quelle lunghe trombe di plastica, credo dei vecchi mondiali. Ci tocca andare in tenda, comunque.".
Detto ciò, la ragazza scese dal garde-rail, e mosse qualche titubante passo verso un punto imprecisato della diga, fissando il poeta con la coda dell'occhio.
"Aspetta!" sussurrò Ryan "Non mi hanno dato l'alloggio. E poi devo tornare da Drake.". Candace smise di camminare, e sospirò malinconicamente.
"Magari quel suono era per chiamarti di nuovo nell'agorà. Tu va' dal tuo amico. Io intanto torno nella mia tenda." rispose, poi tornò sui suoi passi, allontanandosi con titubanza dal poeta.
Ryan la fissò mentre se ne andava frettolosamente, colma di una terribile voglia di guardare indietro, quasi improvvisamente di nuovo annoiata e indecisa. Scosse quindi le spalle, e girò i tacchi per tornare al complesso di tende, dal quale proveniva ancora parecchia confusione. Camminò tra le immobili auto con frenesia, vedendo nere sagome agitarsi da dietro le tende come ombre cinesi. Non appena arrivò, infatti, fece a tempo a scorgere un paio di uomini trascinare via Aaron, ancora urlante e straziato dal dolore, e che ancora indicava morbosamente Dave, con il dito adunco e sudato d'odio. Drake era rimasto seduto dov'era, braccia e gambe incrociate ad assistere silenziosamente al violento sequestro, e, non appena vide il poeta fare capolino dal lato della tenda, lo chiamò con un cenno a sé. L'uomo ubbidì, attraversando la piazzola attorno alla quale erano schierate le sedie, e tornò a sedersi accanto al compagno.
"Quell'idiota non mi piace." mormorò Drake, guardando con la coda dell'occhio Dave, che si stava allontanando dal complesso di tende barcollando, ed aveva percorso ormai cinquanta metri addentrandosi tra le auto. Jordan era sopra il proprio rimorchio, poco distante, con ancora in mano la vuvuzela, e gettò un'ultima occhiata ai due prima di sparire dentro una botola sopra al camion.
"Dobbiamo chiedere un alloggio. Altrimenti dove dormiamo stanotte?" rispose il poeta, facendo un cenno col capo in direzione del rimorchio dov'era appena entrato il leader della comunità.
"Sì. Ci ha lasciato qua come cani, cazzo. Adesso andiamo. A proposito, che ha detto la ragazza sul perché ci ha difeso in quel modo?" disse Drake, annuendo cupamente.
"Ha detto che Dave è uno stronzo. Ti spiego i dettagli in tenda. Forse viene a dormire insieme a noi stanotte." Ryan si alzò dalla sedia, e fissò le ultime persone rimaste andarsene dal circolo di sedie. La bambina che prima era intervenuta fu trascinata via da una donna anziana mentre era intenta a guardarlo con due occhi indagatori. Qualcuno tossì, mentre un uomo spegneva le rudimentali lampadine che ricoprivano i cavi delle tende dell'agorà, e anche Drake si alzò per andarsene.
"Perché viene a dormire da noi?" domandò, muovendo qualche passo verso l'ampio rimorchio di Jordan.
"Ti ho detto che te lo spiego dopo. E poi non sono sicuro." rispose Ryan, seguendo il compagno, che già aveva scavalcato il cofano arrugginito di una macchina.
"Fa' come vuoi." grugnì in risposta Drake, alzando il sopracciglio nel buio incombente, probabilmente perplesso per via della risposta. In effetti Ryan quasi mai nascondeva a lui alcun evento o idea, sia per il forte legame di amicizia, sia per motivi direttamente legati alla sopravvivenza. Ma questa volta il poeta era già abbastanza confuso e frettoloso di suo, e non voleva tirare dentro il compagno.
Si diressero verso il grosso rimorchio, e furono sorpresi di trovare Jordan, impegnato a trafficare nervosamente con qualcosa di metallico sulla soglia.
"Eccovi." disse secco, quindi tirò su col naso ed alzò lo sguardo. I due si fermarono.
"Per stanotte alloggerete qui. Avrei certamente provveduto a rispedirvi al vostro rifugio qualche ora fa, ma questo casino mi ha preso di sorpresa. Spero capiate la situazione di emergenza che stiamo passando." continuò l'uomo, quindi mostrò ai due l'oggetto metallico che teneva in mano: era un mazzetto di chiavi "Il vostro rimorchio è quello della Milktek laggiù in fondo. Dentro ci sono quattro materassi. Domani mattina cerco di mandarvi a casa. Oppure potete decidere di restare. Comunque, se nel vostro rifugio attuale avete provviste ancora buone, organizzo una spedizione per andarle a prendere e portarle qui.".
Ryan e Drake sorrisero, e il poeta tese la mano per prendere le chiavi.
"Grazie mille per tutto. Stanotte pensiamo se restare qui o no." rispose cordialmente, nonostante gli sembrasse che Jordan non considerasse nemmeno lontanamente possibile la prima opzione.
"Perdonate mio figlio per la sua irruenza. Ma è fatto così, e senza di lui saremmo già morti parecchie volte. Quindi è un peso da sopportare, ma dà i suoi frutti, non temete. Sappiate comunque che se decidete di restare, già domani mattina dovrete darvi da fare in qualche lavoro.".
"Ne terremo conto."
Jordan tirò di nuovo su col naso, quindi rientrò nel rimorchio, sbattendo le porte blindate con nervosismo. I due udirono dei lamentosi sospiri provenire da dietro le pareti di metallo, e imprecazioni bisbigliate a bassa voce.
"Allora? Andiamo?" chiese Drake, allungando la gamba e torcendo il busto, al fine di dirigersi verso il rimorchio indicato dall'uomo.
Ryan sussurrò un mugugno d'affermazione, e gettò un'ultima occhiata al freddo metallo delle chiavi, il cui tocco gelido era ormai stato dimenticato dalle sue mani ruvide. Si diressero entrambi verso il loro nuovo alloggio, zigzagando tra le auto, e fissando le ultime persone che si spostavano da una parte all'altra della diga. Una donna staccava delle mollette da un filo con attaccato dello stropicciato bucato, e un anziano uomo di mezza età si accendeva goffamente una sigaretta fuori dalla soglia di una delle tende.
Il loro rimorchio proveniva da un camion della Milktek, una società piuttosto famosa che produceva latte e caffè, entrambi dal gusto particolarmente piatto e industriale. Era di un color beige scrostato, ricoperto di chiazze di rugginoso metallo, e una mucca cartonizzata mista a varie scritte pubblicitarie faceva il suo bello spettacolo, disegnata sul lato del rimorchio. Ryan infilò le chiavi nella rotonda serratura, e ruotò a fatica la toppa. Il rimorchio si aprì cigolando, e la scena che si presentò agli occhi dei due li convinse abbastanza. L'interno era stretto, ma il cattivo odore era stato soffocato con abbondante profumo casalingo, per cui la zaffata di aria che fuoriuscì non dispiacque loro affatto. I quattro materassi erano stati disposti ordinatamente, e per tutto il rimorchio erano disseminati secchi vuoti che parevano ancora piuttosto puliti. Probabilmente il camion era adibito a portare secchi o cartoni, mentre per il latte sarebbe servita una cisterna, e non un rimorchio classico. Era molto meglio così, d'altronde. Un paio di legnosi comò erano stati sistemati accanto ai nudi, ma lindi, materassi, insieme a dei borsoni azzurri da scout. C'era persino un grosso contenitore bianco, che probabilmente ospitava attrezzi di primo soccorso, di fianco a quello che sembrava un cumulo di sporche lenzuola. Era un alloggio parecchio accogliente, come non ne vedevano da settimane, e si sentirono piuttosto soddisfatti, mentre vi mettevano piede.
"È confortevole. Mi piace." disse Drake, percorrendo con il dito le increspate pareti di metallo "Tanto tra due o tre giorni ci saremo già abituati troppo per apprezzarlo.".
"Hai intenzione di restare, quindi?" chiese Ryan, scavalcando uno dei materassi e l'annesso comodino.
"Sinceramente avevo molta più voglia di restare qui prima che trovassero quel ragazzo morto." rispose l'altro, chinandosi a scrutare il lato del materasso più vicino alla porta "Io prendo questo.".
Ryan sospirò, e tese le orecchie. Si poteva udire lo scroscio dell'acqua, che fluiva lungo il condotto per l'alternatore, dove si sarebbe tramutata in energia elettrica per la valle. Era un rumore piacevole, e sicuramente migliore dei ringhi e dei gemiti degli Infetti che era abituato a sentire la notte.
"Sicuro che non moriremo assiderati qui dentro?" continuò a borbottare Drake, allungando il braccio ad afferrare uno dei lenzuoli, dato che, insieme al buio, stava cominciando a calare anche il freddo.
"Ci sono dei buchi qui, sulla parete. Comunque non hai risposto alla mia domanda." rispose Ryan.
"Quale domanda?".
"Sul restare qui."
Drake inspirò profondamente, poi si gettò sul materasso, che schricchiolò sotto il peso del ragazzo.
"Non lo so, Ryan. Ti ho già detto che tutti questi eventi improvvisi mi stanno scombussolando. È più conveniente pensare a sopravvivere adesso, come ha dimostrato il salvataggio miracoloso alla stazione, e per questo non c'è dubbio: bisogna venire a stare qui. Però questo omicidio, e quello che è successo ora... Non ne ho idea... Questa notte ci penserò su..." disse infine, rivoltandosi sul lattiginoso materasso.
"Capisco..." Ryan annuì con aria seria all'intervento del compagno, e si apprestò a seguirlo nel gettarsi a letto "Per te dovrei andare a cercare Candace?".
"Non mi hai ancora detto che ti ha raccontato, quindi non so niente. È inutile che chiedi a me." rispose il ragazzo, aprendo la cerniera dello zaino con un fastidioso ronzio.
"No. Credo che la lascierò in pace. Si è allontanata con molta foga, e sembrava quasi imbarazzata. Forse ho fatto male a chiederle di dormire con me." disse infine il poeta, afferrando dal cumulo di coperte un lungo lenzuolo appariscente.
"È una strana donna. Nasconde qualcosa a tutti, e c'è qualcosa che la tormenta." Drake si sdraiò supino, dopo aver riposto accanto a sé l'ascia, sfilata prontamente dai lacci dello zaino.
"L'ho notato anch'io. Ho passato tutto il pomeriggio a parlare con lei. Credo di essere la persona con cui ha parlato di più da quando è iniziato il casino. Avresti mai detto che s'intende di letteratura?".
Il ragazzo sorrise, avvolgendosi nelle lenzuola come era solito fare "No, probabilmente no... Hai trovato pane per i tuoi denti, vecchietto!" mormorò in risposta.
"Io? Che intendi dire?" esclamò Ryan, mentre si gettava anche lui sul proprio materasso, poi sorrise "Sai bene come la penso sull'amore e sulle persone. Ancora ogni tanto sogno la faccia di Rachel, e quelli sono i miei incubi peggiori. Una donna come Candace, poi, decisa, autonoma, che si aspetta molto da tutti... Non è assolutamente il caso...".
"A me invece pare una donna che ha disperato bisogno di un uomo con cui confidarsi. E che la protegga fino allo sfinimento." ribatté Drake in tono paterno.
Ryan grugnì e si passò il palmo della mano sulla fronte "Sono serio, Drake. E lo sai bene. Ora voglio dormire. Sono stanco morto.". Detto ciò, si mise sotto le coperte, e afferrò il giubbotto per usarlo come cuscino.
Drake borbottò qualcosa nell'ombra, poi allungò la mano per socchiudere le porte del rimorchio, facendo sprofondare l'alloggio nel buio più pesto. Solo i respiri scoordinati dei due uomini si udirono allora, misti al flebile scroscio dell'acqua, e agli ultimi rumori quotidiani degli abitanti della diga, che tossivano e scalpicciavano, prima di andare a dormire. Forse, ancora più flebile, l'ininterrotto grido di dolore di Aaron aleggiava ancora nell'aria, lievitando in odio sempre di più, e cominciando pericolosamente a serbare il giusto rancore. Lo avevano gettato a letto come con capriccioso bambino, come se la sua disperazione fosse solo un'altra briciola, un'impiccio da levarsi, un capriccio che infastidiva i loro spropositati ego. Si erano forse dimenticati com'era l'empatia? Erano tutti stati gonfiati dalla tronfia superbia di cui quel bastardo di Dave era il portatore più eccellente? Lo avevano cacciato con inerzia e pigrizia, senza calarsi nei suoi panni, senza considerare prima l'idea che aveva perso il suo unico figlio. E non lo aveva perso per volere di Madre Natura o di Dio in quel mondo malefico, magari per un morso d'Infetto, gli artigli di un orso o un crudele dirupo. No, lo aveva perso a causa della pazzia di un arrogante pezzo di merda, che ora se ne andava via impunito e tronfio, pronto a dar sfoggio delle sua abilità a qualche altro poveraccio. E questa sua libertà era conseguenza del maledetto menefreghismo di tutte quelle teste di cazzo che stavano alla diga, in particolare di quel loro insulso di un leader. Uomo senza palle, capitano della diga solo per fortuna sfacciata. Ma avrebbero pagato caro quel loro gesto, quella loro megalomane presunzione. Ben non sarebbe morto invano, no. Avrebbe dimostrato agli altri che non se la sarebbero cavata dicendogli di dimenticarsi tutto, e lasciando andare libero l'assassino, come un monello che ha rotto il vaso di marmellata. E così le ore passavano, e l'odio cresceva, e quei deficienti non avevano calcolato il serbare rancore. Il dolce serbare rancore...
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