Lights Of Dawn: Episodio 4 | Atto 1
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"No. No. Devi prendere la pianta da più sotto, e poi ricordarti di controllare se sono venute fuori le radici. Se le radici rimangono, tutto il lavoro non serve più a niente." ansimò Harold con voce rauca, mentre mostrava all'altro come sradicare correttamente le erbacce in mezzo al piccolo orticello accanto al pascolo del rifugio. Delfino afferrò uno di quei fastidiosi ciuffi secchi dai sonagli gonfi di giallo polline e la eradicò con cura. Lanciò infine via la piantina, appesantita dalle radici intrise di terra secca.
"A posto." disse Harold con tono sudato e soddisfatto "Se... Se ti serve qualcosa sono a controllare che le mucche stiano bene. È da qualche giorno che non le vedo. Basta che mi chiami...".
"Senz'altro." rispose Delfino, sradicando con violenza un'altra erbaccia, più alta e florida della precedente. Rimase con lo sguardo a fissare il panciuto uomo allontanarsi a passi pesanti verso il pascolo. Saliva il pendio erboso con apparente poca fatica, eppure i passi goffi e traballanti per il peso rendevano la situazione più grottesca e comica del normale. Alzò le pupille al cielo per la stanchezza e stese il calloso braccio per agguantare un altro virgulto. Era quasi il tramonto e Larry non sembrava aver intenzione di riportarlo alla diga. E questa cosa lo infastidiva, non voleva passare la notte in una squallida casetta che sarebbe potuta diventare la sua tomba, con un grassone ed una psicopatica a dargli ordini su come raccogliere dell'erba. Trattenne il respiro e cercò di ricacciare indietro i pensieri, e di concentrarsi sul lavoro manuale che, per grazia di Dio, era appena cominciato.
Un fruscìo proveniente dal fogliame dietro di lui lo fece sussultare. Accanto all'orticello cominciava la foresta di pini, piuttosto inconsueta a quell'altitutine, nonché vicino ad un rifugio, ma che bloccava il passaggio verso la seconda vetta della Rampollaia noncurante delle leggi della natura. Il pensiero di un imminente attacco da parte di un Infetto gli scosse la mente, ma mai quelle creature si erano spinte così vicine alla luce. Si nascondevano solo nelle macchie boschive fitte di vegetazione, e quella sparuta radura non era certo una foresta tropicale. Più probabilmente poteva essere un animale, dato che le bestie avevano avuto piede libero dopo l'apocalisse, magari una volpe o un tasso. Sfilò il machete dal laccio dello zaino e lo ripose accanto a lui, nell'improbabile caso che si trattasse di una bestia selvatica aggressiva, come un lupo, e ruotò il torso a concentrarsi di nuovo sulle erbacce. La schiena gli dolse lievemente, e le giunture scricchiolarono. Delfino imprecò a denti stretti. Non aveva più l'età per chinarsi così a lungo, anche se aveva sempre portato molto bene l'imminente vecchiaia. Guardò con la coda dell'occhio il grasso Harold, che ancora si stava allontanando su per il pendìo, e sbuffò. Si scostò la coda di cavallo dalle spalle, e continuò il suo lavoro di sradicamento per un'altra decina di secondi.
Un altro fruscìo lo mise in allarme, accompagnato da un rauco lamento ferale. Afferrò il tagliacarte con le mani nodose, e scrutò la foresta alla ricerca della creatura che stava producendo quei suoni. L'Infetto lo colse alla sprovvista, lanciandosi su di lui dal lato sinistro, e facendolo cadere a terra. Delfino provò ad agitare il tagliacarte, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu menare un fendente di piatto alla mandibola dell'Infetto, che si gettò scoordinato su di lui per mordergli il volto. Bloccò la purulenta faccia della creatura a pochi centimetri dal volto con il piatto della lama, e rimase disteso sull'erba, con la creatura bramosa di carne che lo bloccava con tutto il suo marcio peso.
"Harold!" strillò a pieni polmoni, facendo finire alcuni schizzi di saliva sui lembi di morta pelle che componevano la faccia deforme dell'Infetto. Con la coda dell'occhio, vide che il corpulento uomo stava ancora salendo, noncurante, il pendio erboso.
"Harold!" gridò ancora più forte. L'Infetto soffiò e ringhiò per la fame, scatenando ancora di più le membra scarnificate al fine di ingurgitare il volto della vittima. Harold finalmente si girò, e, dopo pochi secondi nei quali realizzò cosa stesse succedendo, si fiondò giù per la collina a perdifiato. Delfino strinse i denti e mugugnò, mentre tentava di allontanare la famelica mandibola dell'Infetto dalla sua faccia, spingendo con tutte le sue forze il tagliacarte sulla gola di questo. Vide la base del collo della creatura stillare lentamente nero sangue, mentre la lama dell'arma gli provocava una lieve ferita per l'angolo di spinta. Harold quasi inciampò grottescamente sui suoi piedi mentre si precipitava giù per la discesa, ma riuscì a mantenere l'equilibrio, e continuò a correre a perdifiato.
"Coraggio!" gracchiò Delfino, spingendo con tutte le sue forze. Il rugoso viso stava diventando violaceo per l'immane sforzo di allontanare da sé l'instancabile fame di quella marcia creatura. Il sangue nero bagnò uniformemente la lama, glassandola di liquami purulenti.
Harold giunse infine all'orticello, e, senza pensare, tirò un potente calcio al marcio capo dell'Infetto. La carcassa rotolò di lato, complice la lunga rincorsa che l'uomo aveva preso nella disperazione e nella foga del momento, e Delfino riuscì ad alzarsi, con un impeto di adrenalina nelle vene. L'Infetto ci mise poco a realizzare cosa fosse successo, e afferrò con gli artigli la gamba dell'uomo, ormai in piedi. Delfino emise un rauco grido, poi piantò il tagliacarte nel lurido cranio della creatura, che gracchiò un'ultima volta per la sorpresa prima di accasciarsi su se stessa.
I due uomini rimasero in piedi, uno di fianco all'altro, ansimando per lo sforzo, a contemplare lo squallido cadavere, che ora stava inzuppando di orrido sangue le pianticelle dell'orto.
"Non li ho mai visti reggere così bene la luce del sole." mormorò Delfino, respirando profondamente per riprendere fiato. Spostò lo sguardo dalla carcassa alla lama insanguinata, che gocciolava liquame sul terreno.
"Questo è un brutto segno." boccheggiò Harold, appoggiandosi sulle ginocchia con espressione stravolta e disgustata "Un brutto, brutto segno.".
"Un pessimo segno." lo interruppe Delfino, menando rapidi fendenti con il tagliacarte per eliminare il sangue più liquido "Meglio tornare dentro. Questi stronzi non viaggiano mai da soli.".
Detto ciò, i due uomini si diressero con circospezione verso il rifugio, cominciando a salire lo zoppicante sentiero che superava la collinetta prima dell'edificio. A Delfino parve di sentire altri grugniti e lamenti provenire dal bosco dietro di loro, e fissò i dintorni con la coda dell'occhio. Harold ancora ansimava per la fatica, proseguendo su per la collina, con gli indumenti che già si stavano saturando di sudore.
Il fiato gli venne meno quando scorse dalla cima della collina una folta folla d'Infetti che, dal bosco, stava cominciando a strisciare verso di loro.
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Tutte le ventitré persone che in quel momento erano presenti alla diga erano ora riunite sotto le ampie tende dell'agorà. Sul rude mobile di legno che veniva usato come piedistallo per il giudice sedeva Jordan, dato che Aaron, ancora dilaniato dal dolore di aver perso il figlio, era seduto a piangere sconnessamente su una delle sedie del pubblico. Era da quasi venti minuti che quel pover uomo piangeva, e sembrava che, a forza di strofinarsi gli occhi e il viso, stesse per staccare la pelle arrossata dalle ossa. Locke, il medico della diga, lo stava consolando freddamente, sussurrandogli imbarazzate parole che parevano non funzionare. Anche Ryan e Drake erano stati invitati all'assemblea, nonostante il poeta pensasse che quella partecipazione servisse solo a far mostra delle regole della comunità.
"Siamo tutti?" chiese nervosamente Jordan, sforzando le corde vocali in modo tale da farsi sentire da tutti i presenti.
"Sì, siamo tutti. E vogliamo sapere che è successo." rispose bruscamente l'armaiolo, di cui Ryan non ricordava il nome.
"Zitto, Caleb. Adesso vi spiego." rispose l'altro, quindi si mise a fissare il vuoto per un secondo, immerso in chissà quali pensieri "Prima di tutto devo farvi una domanda. Avete visto qualcuno entrare o uscire dal mio rimorchio prima delle cinque e dieci?".
Nessuno dei partecipanti all'assemblea rispose. Presero, invece, a confabulare timidamente e confusamente. Ryan vide Drake incrociare le gambe una sopra l'altra con fare annoiato.
"Ve lo ripeto. Se qualcuno ha visto qualcuno uscire dal mio rimorchio prima delle cinque e dieci parli adesso. È essenziale che siate tutti collaborativi." ripeté Jordan, asciugandosi uno strato di sudore dalla fronte con la manica della camicia.
"Prima vogliamo sapere cos'è successo." insistette qualcuno dal pubblico.
Jordan emise un nervoso sospiro e corrugò la fronte "È morto Ben Walters. Qualcuno lo ha strangolato dentro il mio rimorchio. E farò durare quest'assemblea anche tutta la notte se necessario, finché non scoprirò chi è stato." rispose, scandendo le parole con impazienza. Aaron proruppe in un altro disperato singulto, prima di venire calmato dall'insicuro medico accanto a lui.
"Io ho visto Dave che entrava nel tuo rimorchio prima!" strillò una delle due bambine, anche loro sedute ad assistere all'assemblea. Gli occhi di tutti slittarono su di lei, facendola arrossire. Jordan si voltò verso il ragazzo, che era rimasto perfettamente calmo, squadrandolo con perplessità. Larry corrugò la fronte e si sgranchì la voce.
"Dave era nel mio rimorchio, e stavamo progettando la spedizione per l'ospedale. È rimasto con me finché non ha trovato il cadavere di... Di Ben..." ribatté, esponendo il suo ampio sorriso come consueto.
Jordan annuì con il sopracciglio sollevato "Sei sicura di aver visto Dave entrare nel mio rimorchio?" domandò, fissando la bambina, che ora stava spostando lo sguardo a fissare punti indistinti della tenda, probabilmente a disagio per l'onda d'attenzione improvvisa.
"Sì." cinguettò lei, mordendosi le labbra.
"Prima delle cinque e dieci?".
"Non lo so... Stavo giocando con Laika.".
"E lo hai visto anche uscire?".
"No." rispose lei, muovendo le gambe avanti e indietro, poiché la sedia era piuttosto alta per lei.
"Sono entrato nella tua tenda per avvertirti. Poi ho trovato la porta della biblioteca chiusa. L'ho forzata, e dentro c'era il corpo di Ben." li interruppe Dave con tono calmo, poi fissò la bambina "Probabilmente lei mi ha visto in quel momento.". Il leader della comunità annuì, e Ryan vide che pian piano si stava calmando. La sua espressione diceva che l'uomo era di colpo meno preoccupato di prima, seppur ugualmente nervoso.
"Marisa, hai visto Dave entrare nel rimorchio tanto o poco tempo prima che le persone cominciassero ad urlare?" chiese infine, rivolgendo gli occhi verso la piccola.
"Mmm..." la bambina fissò verso l'alto, cercando di ricordare "Poco. Poco tempo." rispose infine, quasi allegramente.
"Grazie mille, Marisa." disse Jordan, con un sorriso che esprimeva più sollievo che gratitudine. La bambina ricambiò il sorriso, senza smettere di dondolare le gracili gambette. L'uomo sospirò lentamente, poi si voltò verso il medico, che ora lo fissava con le mani incrociate e gli occhi lucidi.
"Locke, quanto tempo fa pensi che Ben sia morto?" domandò, piegandosi sulle braccia quasi a sporgersi dal mobile.
Il medico aprì la bocca e spostò lo sguardo a destra, tutti gli sguardi ora erano silenziosamente fissi su di lui "Non posso dirlo con certezza... Il corpo era ancora piuttosto caldo... Forse cinque, dieci minuti prima del ritrovamento da parte di Dave." rispose infine. Le sue labbra tremolavano lievemente, e gli occhi erano piuttosto sporgenti.
"Perché non prendiamo in considerazione i nuovi arrivati? Voi dove eravate alle cinque e dieci?" lo interruppe Dave, che da qualche decina di secondi continuava a fissare Ryan.
"Non è necessario, figliolo..." disse Jordan, gesticolando con il braccio, come per allontanare un pensiero sciocco da lui. Ryan aprì la bocca per intervenire pacatamente, ma Drake lo precedette.
"Eravamo entrambi sul garde-rail vicino all'entrata. Lui aveva appena finito di illustrarci alcune cose sulla diga." disse bruscamente, indicando Jordan, tornato di colpo nervoso e imbarazzato.
"E che ci facevate, lì?" insistette Dave, fissando il rivale in cagnesco e con aria di sfida.
"Parlavamo e decidevamo alcune cose."
"Quali cose?"
"Se restare o no." la brusca risposta di Drake traboccava controllo e sospetto.
Dave cercò di sorridere per spezzare la tensione, e fissò Larry, che invece era sorpreso e accigliato "Qualcuno può testimoniare?".
"Io." rispose con sfumature di sprezzo Candace, seduta dall'altra parte della stanza. Tutti gli sguardi nuovamente confluirono sulla donna, compreso quello ricolmo di mascherata sorpresa di Ryan. Che diavolo stava facendo? Perché mentiva in quel modo? Lei tra tutti fissò negli occhi lui, cercando di comunicare fierezza e razionalità.
"Eri lì presente mentre parlavano?" domandò confusamente Jordan, spostando continuamente lo sguardo tra Ryan, Dave e Candace.
"Sì. Li ho visti parlare da lontano. Stavo andando da Dean per chiedergli se aveva visto il mio giubbotto, visto che è sparito da qualche giorno." rispose la ragazza, ora con tono più controllato e deciso. Dave la fissò, ritornando più serio, e stiracchiò le vertebre.
"Se andiamo avanti chiedendo ad ognuno il suo alibi non funzionerà." s'intromise Caleb.
"E che proponi di fare, allora?" rispose Jordan. Si stava innervosendo sempre di più, e gli ultimi interventi (in particolare quelli del figlio) lo avevano lasciato parecchio confuso.
"Io propongo di analizzare nel dettaglio la scena del crimine ed il corpo, prima di fare una grande assemblea e rubare tempo prezioso. Incarichiamo qualcuno di condurre le indagini, e intanto continuiamo con le nostre mansioni." rispose l'armaiolo, sollevando il sopracciglio.
"Saresti disposto a prenderti questo compito?".
"Non ho detto questo." Caleb alzò gli occhi al cielo "Sono troppo occupato con le armi, io. Ma qualcuno potrebbe fare da detective, mettiamola così.".
Aaron si alzò ed emise un grido straziante, facendo sobbalzare buona parte dei presenti sulla sedia "Ma che cazzo state a fare qui?" strillò, il viso paonazzo dalla frustrazione e dal dolore. Il medico tentò di afferrarlo per riportarlo sulla sedia, ma l'altro gli bloccò goffamente la mano.
"Lo sappiamo tutti che è stato lui!" gridò, puntando con il furioso dito contro Dave, che rimase impassibile "Lui! Quel brutto figlio di puttana che ci comanda tutti sotto sotto, nascosto per non farsi vedere da quel brutto muso di suo padre. Dovremmo ucciderlo subito, prima che ammazzi qualche altro povero innocente!".
Aaron si scagliò su Dave, e subito Larry si precipitò ad afferrarlo ed a bloccargli le braccia dietro la schiena. Si scatenò il putiferio. L'assemblea piombò nel caos, con schiamazzi e grida, madri che nascondevano gli occhi dei figli tra le pieghe della gonna e Jordan che urlava impaziente di mantenere la calma, mentre Aaron schiumava dalla bocca, cercando di ribellarsi dalla morsa di Larry. Dopo un paio di inutili sbracciate ed urla, Jordan si arrese "L'Assemblea è conclusa!" strillò a pieni polmoni, cercando di alzare il tono al di sopra dei forti schiamazzi da pollaio "Si sceglierà un membro della comunità per investigare a fondo sul caso!".
Aaron dovette aver udito tra la confusione l'intervento del leader, perché sgranò gli occhi "No!" urlò, dando un forte strattone alle braccia immobilizzate "No! È mio figlio! Non puoi farlo!", ma Jordan si era già dileguato dietro le tende.
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