Lights Of Dawn: Episodio 3 | Atto 4

Dave corse a perdifiato verso il rimorchio di suo padre. Sperò con tutto il cuore che Ben non fosse ancora lì a spiattellare tutto a Jordan, ma ormai sapeva che lo stupido ficcanaso arrogante era nel bel mezzo del suo discorso. Aveva visto la sua faccia sparire per un istante dietro le lamiere che circondavano il rimorchio, e si domandò se il ragazzo lo avesse visto. Ora però doveva difendersi, e fargliela pagare. Tanto suo padre avrebbe creduto a lui. Si fiondò dentro il rimorchio, sbattendo la spalla contro la lamiera. Sentì il clic della porta della libreria che si chiudeva, e subito il sangue gli ribollì nelle vene. Il ragazzo lo aveva sentito, e aveva pensato che un chiavistello fatto in casa lo avrebbe salvato dal suo madornale errore. Quanto si sbagliava.
Dave diede un potente calcio alla porta artigianale, che si staccò dai cardini, investendo Ben in pieno sul torace. Gli piombò subito sopra, trascinandolo nell'angolo della libreria, le mani strette intorno alla gola.
"Urla e sei morto." gli disse, articolando bene ogni parola in modo che lo capisse. Le vene delle sue mani si dilatarono, invitando bramosamente Dave a strangolare quel verme pezzente, ma lui cercò di resistere alla furia. C'era una patina di rabbia estrema sui suoi occhi, e la sua vista era annebbiata dall'odio. Mai aveva visto tanto terrore quanto quello che contorceva ora la faccia del ragazzo, colto alla sprovvista nel suo imperdonabile errore. Stavolta non ci sarebbe stata nessuna misericordia. La rabbia si alimentò come un incendio quando Dave notò che i sacchetti pieni di polvere bianca non erano stretti in mano al ragazzo.
"Dove l'hai messa?" gracchiò, stringendo le dita affusolate in modo da ghermire il collo di Ben con tutta la forza della furia "Dove l'hai messa?!".
"L-l'ho nascosta. E-e non l-la troverai mai s-se mi uccidi." balbettò l'altro con un filo di voce, le corde vocali intrise di disperazione e terrore.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Dave emise un grido d'odio strozzato mentre affondava le unghie nella carne dell'uomo. Le nocche gli facevano male da quanto l'adrenalina lo spingeva a ghermire. Si era permesso di prendere la sua droga e nasconderla. Non poteva passarla liscia, non poteva. Sapeva che, uccidendolo, non l'avrebbe mai ritrovata, ma la furia dentro di lui divampò come non era mai divampata prima d'ora. Un'esplosione di odio e furia lo assorbì, attanagliandogli i visceri ribollenti, e facendo provare convulsioni alle braccia bluastre. Il suo volto si contorse in un disumano ghigno di sforzo mentre contrastava lo scoordinato e debole resistere del ragazzo, che menava le braccia e le gambe inutilmente per salvarsi la pelle. Capendo cosa stava per succedergli, il terrore gli saturò il volto, gli occhi si gonfiarono d'orrore, ed il viso diventò violaceo e cadaverico. E Dave stringeva sempre più forte, nella furia della punizione, completamente assorto nell'odio, senza concepire che esistesse alcunché al di fuori del dolore. Ben boccheggiò un ultima volta prima di emettere dei fiati rauchi e strozzati ed essere preso dalle ultime convulsioni. Dave strinse più forte mentre questi ultimi spasmi pian piano si affievolivano, finché Ben non s'afflosciò su se stesso, il volto ancora contratto dal terrore, gli occhi sporgenti e le pupille come due fessure. Era morto.
Dave ebbe difficoltà a staccare le mani dal collo del ragazzo, dato che aveva stretto con così tanta furia che sembrava si fossero fuse con la carne. Indietreggiò con la schiena a fissare il cadavere del ragazzo, e spalancò gli occhi per l'orrore.
Mio Dio, cosa aveva fatto...

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"Come potete vedere, ogni persona qui dentro ha un compito preciso, scelto dalla comunità in base alle proprie capacità. Nessuno ozia nemmeno un secondo, e non aspettatevi che questo sia un bel rifugio rilassante, dove passare il resto dei giorni a dormire al riparo dagli Infetti ed a mangiare a sbafo. Qui si lavora duro sempre, ventiquattr'ore su ventiquattro, perché un solo errore, una sola distrazione, può portare l'intero gruppo alla morte. Qui tutti gli altri contano più di te stesso, e il compito principale di ognuno è tenere unito il gruppo. Per questo abbiamo posto alcune regole. Per esempio, quando si litiga, abbiamo istituito una specie di tribunale, dove Aaron - indicò il burbero figuro che lo aveva accompagnato per tutto questo tempo - fa il giudice, visto che era un avvocato, e conosce bene le leggi e l'ambito giuridico. Ma quando non fa il giudice aiuta Roman a coltivare i campi, sbaglio? No. Vedi? Ognuno in questa comunità fa qualcosa, e se non sa fare niente impara a fare qualcosa. Adesso andiamo nel mio rimorchio per darvi i vostri primi compiti.". Jordan blaterava da più di dieci minuti ormai, trasportandoli nervosamente a destra e manca, in modo da illustrare gli aspetti più magnifici e importanti della diga. Aveva inizialmente spiegato il funzionamento dei turni di guardia, la manutenzione delle barricate e le regole basilari della convivenza in comunità, in ogni caso piuttosto scontate.
"Ognuno lavora, riceve una razione di cibo al giorno, se infrange una regola non viene punito, ma viene giudicato dal gruppo e si decide la sua sorte in democrazia, in base alla gravità dello sgarro, le latrine non ci sono e si fa quel che si deve fare nella diga dal pianerottolo di cemento."
"Jordan, scusa se t'interrompo, ma ci stai spiegando tutto come se noi fossimo qui per stabilirci per sempre." disse Ryan, interrompendo il soliloquio del capo, che lo fissò aggrottando le sopracciglia "Ma noi siamo qui più che altro per vedere se qui è sicuro, e poi decidere alla fine se restare o no.".
"Quanti siete nel vostro gruppo?" domandò Jordan, cambiando repentinamente discorso. La sua espressione si fece più insospettita e timorosa, ed esaminò Ryan dalla testa ai piedi con aria di sufficienza.
"Sono in cinque persone, di cui un neonato e una donna." rispose Larry, sorridendo mellifluo ed irritando il poeta.
Jordan mugugnò, quindi cambiò bruscamente direzione, allontanandosi dal grande rimorchio, per spostarsi verso un complesso di tende più distante.
"Decidetevi in fretta, se siete ancora indecisi. Ma se avete un neonato con voi vi converrebbe venire qui in ogni caso, a meno che il vostro rifugio non sia più sicuro di questo." disse poi, affrettando il discorso con tono sbrigativo, poi indicò in complesso di tende verso il quale ora si stavano dirigendo "Quella è la nostra armeria. Ci sono armi da taglio, armi da fuoco, ed anche qualche esplosivo...".
"Dove le avete trovate le armi da fuoco?" domandò Drake.
Jordan sorrise, finalmente propenso a sfoggiare il suo piatto forte "Si dia il caso che, prima dell'Apocalisse, io fossi il direttore del Museo di Storia di Alleigh." disse con aria soddisfatta, mentre Aaron accanto a lui si schiariva la gola "Ci siete mai stati?".
"Veniamo entrambi da Davourwoods." rispose Drake "No, non ci siamo mai stati.".
Jordan annuì soddisfatto, poi continuò: "Si dia il caso che il pezzo forte del mio museo fosse la sala sulla ricostruzione della Seconda Guerra Mondiale, siccome uno dei più importanti generali, il generale Rottenshell, è nato qui ad Alleigh. Non appena scoppiata l'apocalisse mi sono trovato con una stanza piena di fucili e moschetti di cui parecchi ancora funzionanti direttamente da settant'anni fa... Per non parlare di coltelli, baionette, elmetti... Davvero un bell'armamento. Peccato per i pochi proiettili, dato che nel museo erano piuttosto inutili, ma Caleb sta riuscendo a fabbricarne di nuovi. Per gli esplosivi Gordo, che lavorava come muratore, ce ne ha portati un paio direttamente dai loro rifornimenti. Abbiamo anche un paio di armi moderne, e per quelle non posso far altro che ringraziare mio figlio Dave, che ha rischiato la vita per rubarle ad un gruppo di teppisti, grazie al suo coraggio. Ma ora seguitemi, coraggio, che vi mostro più da vicino.".
Conobbero Caleb, l'armaiolo, un uomo che pareva davvero un ufficiale della Seconda Guerra Mondiale a causa della magrezza e degli occhiali tondi e piccoli da tedesco. Le armi erano antiquate e malridotte, tranne una mezza dozzina di fucili e pistole nuovi di zecca, ma davano comunque una certa impressione alla prima vista. Jordan portò i due uomini, seguiti da Larry e Candace, ad ammirare quasi tutte le funzionalità della diga: i campi della fattoria sopra la galleria, l'alternatore a valle che forniva elettricità alla diga, e che avevano attivato quella mattina stessa, facendo ripartire quella maledetta funivia, e gli altri edifici, come il molo per la pesca, la cucina, l'infermeria, l'agorà che fungeva anche da tribunale e luogo d'assemblea, e la parte della diga più lontana, con una dozzina di rimorchi e tende vuoti e che aspettavano solo un proprietario. Si congedarono dal leader dicendo che ci avrebbero pensato su, e che avrebbero dato un'ultima occhiata in giro. Larry sparì insieme a Jordan, e Candace si eclissò chissà dove, dopo aver assistito silenziosa a tutta la visita guidata senza chiaro motivo.
"Tu che ne pensi?" domandò Ryan, appoggiandosi al garde-rail, dal quale, come un parapetto, si poteva ammirare bene il paesaggio sottostante. Il bacino era davvero affascinante, con l'acqua piuttosto limpida e che rifletteva in mille sfumature il sole ormai più basso del tardo pomeriggio. La tiritera di Jordan aveva rubato parecchio tempo ai due uomini, e tra poche ore il sole sarebbe tramontato. Era stata una giornata piuttosto intensa.
"Penso che sia un bel posto. Ultimamente pensiamo meno alla sopravvivenza rispetto alle prime settimane, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Ancora ho in mente l'attacco di stamattina... È ora di pensare a come salvarsi la pelle per bene." rispose Drake, sedendosi sul cofano di un'automibile grigiastra. Ryan s'immaginò l'imminente tramonto, riflesso da tutti gli sporchi cofani dei veicoli disseminati qua e là per la diga, ma molto più radi di quelli ammassati fuori.
"E i tuoi genitori? Sei disposto a sacrificare la ricerca?" continuò il poeta.
Drake emise un lungo sospiro, e si guardò intorno "Ormai bisogna pensare al futuro, Ryan. I miei genitori non possono più essere intrappolati dentro un appartamento o imbottigliati nel traffico, in attesa di essere salvati. Sono passate delle settimane, settimane che hanno deciso chi doveva vivere e chi doveva morire. Ora chi è morto è morto, e chi è vivo sta sopravvivendo in un gruppo esattamente come questo, in un rifugio sicuro e prospero. Spero solo che loro appartengano ai sopravvissuti, ma in ogni caso anche trovandoli non risolverei niente. Il mondo è cambiato, ed è ora che mi trovi una nuova famiglia, al posto di pensare alla vecchia...".
La drammaticità con cui disse quelle parole spiazzò Ryan. Quel ragazzo era cambiato parecchio dalla prima volta che lo aveva incontrato. All'inizio era molto più emotivo, ardito, immaturo, ed ancora aveva il cervello in subbuglio per via della vecchia dipendenza da stupefacenti. Man mano che erano trascorsi i giorni era diventato più cauto e intelligente di lui. Più meditabondo e riflessivo. Più serio e più accorto. Più maturo. Senza di lui e la sua costante lucidità, il poeta sarebbe morto parecchie volte.
"Quindi restiamo?" chiese Ryan, ponendo l'ultima domanda prima del punto di fine paragrafo.
"Bisognerà andare a prendere Harold e gli altri." rispose Drake annuendo cupamente. Inspirò di nuovo a pieni polmoni, e si voltò a guardare il sole che lentamente scendeva, avvicinandosi alla cima della montagna più alta minuto per minuto.
Improvvisamente un lacerante grido di disperazione fece gelare loro il sangue nelle vene. Si fissarono entrambi negli occhi strabuzzati, poi scattarono in piedi, i nervi saldi e pronti a reagire al minimo evento.
"È morto!" un maschile urlo straziante si levò nell'aria di nuovo. Tutti alla diga smisero di fare ciò nel quale erano impegnati, e si voltarono a fissare il grande rimorchio principale di Jordan, dal quale probabilmente provenivano gli strilli. Ryan e Drake scavalcarono l'automobile e cominciarono a correre verso il centro della diga insieme ad un'altra decina di preoccupate persone. Arrivati al rimorchio, si accalcarono curiosi insieme alla piccola folla per vedere cosa stesse succedendo.
"Indietro, cazzo! Indietro!" gridò alla calca di persone Jordan, sbucando dal portellone del rimorchio. Tutti indietreggiarono caoticamente, formando un confuso semicerchio attorno all'entrata. L'uomo aveva un'espressione attonita ed ansiosa, e stava cominciando a sudare dalla fronte.
"Indietro!" ripeté, spingendo via un uomo "Dobbiamo portarlo in infermeria!".
Aaron apparve sulla soglia, il volto straziato dal dolore, mentre trascinava pesantemente i piedi nell'atto di portare qualcosa di pesante. Le lacrime gli deformavano il volto dalla disperazione, e le braccia gli tremavano. Strillò di nuovo: "È morto!", e avanzò di qualche passo, mostrando alla piccola folla che l'oggetto pesante che stava trasportando era un paio di giovani gambe umane.
"Fatelo passare. Fatelo passare!" gridò Jordan, spostando bruscamente un paio di curiosi "Forza! In infermeria!".
Aaron mugugnò qualcosa, mentre le labbra gli tremavano dal dolore, e proseguì di qualche passo. Ryan vide che, mentre lui lo teneva per le gambe, un altro uomo, più giovane, lo teneva per le spalle. Era un ragazzo alto e magro, con poco più di vent'anni, il volto corrucciato e pallido, gli occhi persi e vacillanti. Fissò subito negli occhi Ryan, e mantenne il contatto visivo per un tempo piuttosto lungo, prima di concentrarsi di nuovo sulla salma che stava portando. Al poeta parve che quel ragazzo si fosse messo a macchinare qualcosa dentro di sé. Quell'espressione fuori dal mondo e rugosa di rabbia non gli piaceva per niente.
"È morto!" continuò Aaron tra gli strazianti singulti. Dopo aver attraversato la calca di persone, i tre individui proseguirono svelti e doloranti verso la tenda dell'infermeria. Da lontano la folla, rimasta ferma e preoccupata, sentiva ancora i lamenti biascicati di Aaron, e le nervose imprecazioni di Jordan, mentre questi si allontanavano da loro nella disperazione di salvare un ragazzo già morto.

Nel prossimo episodio:
Uomo senza palle, capitano della diga solo per fortuna sfacciata. Ma avrebbero pagato caro quel loro gesto, quella loro megalomane presunzione. Ben non sarebbe morto invano, no. Avrebbe dimostrato agli altri che non se la sarebbero cavata dicendogli di dimenticarsi tutto, e lasciando andare libero l'assassino, come un monello che ha rotto il vaso di marmellata. E così le ore passavano, e l'odio cresceva, e quei deficienti non avevano calcolato il serbare rancore. Il dolce serbare rancore...

Copyright © ElegantStork 13/07/2018
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