Lights Of Dawn: Episodio 1 | Atto 1
Lights Of Dawn Official Soundtrack:
https://soundcloud.com/ecklyn/sets/lights-of-dawn-official
[⏯️Track01 | Bear McCreary - The Mercy Of Living
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V
Aprire il link sulla mia bacheca per la playlist della soundtrack. Si tratta di musica cinematografica ed ambient, mirata solo ad accompagnare la lettura come sottofondo]
La luce dell'alba montana penetrò lieve tra le fessure della persiana, carezzando le palpebre di Ryan come una madre amorevole. Ancora un altro giorno era passato. Un altro giorno all'insegna della morte e della solitudine.
Ryan si alzò lentamente, pregustando la brezza di luce che illuminava le particelle di polvere e neve nell'aria. Inspirò a pieni polmoni, lieto di non sentire odore di putrefazione. La dolce freschezza dell'aria montana all'alba sembrava fosse stata assorbita anche dal midollo delle ossa.
"Su..." sussurrò Ryan, scuotendo energicamente la carcassa dormiente di Drake, che emise un mugugno dolente e rassegnato. Si alzò in piedi e sbirciò attraverso la fessura delle tapparelle: la montagna sembrava pulsare e respirare vitalità in quel mondo desolato.
Drake scosse la coperta malconcia e vi si avviluppò ribelle. I suoi occhi erano serrati ermeticamente dal sonno e dalla spossatezza a causa della scarpinata del giorno precedente.
"Alzati. Muoviti." disse Ryan, lanciando al ragazzo uno stivale sporco di terriccio. Sorrise beffardo mentre l'altro scattava seduto sputacchiando.
"Perché?" sbottò seccato Drake, rimuovendo un pezzo di fango dai capelli. Il ragazzo fulminò il compagno con lo sguardo, mentre egli sorrideva come un imbecille davanti alla finestra.
"Oggi le montagne sono più quiete." mormorò Ryan, voltandosi a fissare il paesaggio silenzioso tra le due stecche della persiana. Drake strizzò un calzino bagnato, saturando l'aria di un odore nauseabondo.
"La marcia sarà più bella del solito."
L'erba fluttuava pallida, facendo palpitare i prati di fronte alla catapecchia come una nuvola passeggera e vagabonda mentre si sfilaccia e pulsa.
"Bella? Usi sempre paroloni e questa volta dici che la marcia sarà bella?" commentò Drake, allacciandosi un lercio scarpone. Le vesciche gli deformavano il piede, facendolo sembrare un ammasso di grumi di carne tumida con cinque dita sporgenti.
Ryan voltò lo sguardo perso di nuovo alle montagne in lontananza "Sì, è vero. Non ho trovato una parola più bella per esprimermi." disse piano. Tese l'orecchio per cogliere il cinguettio degli uccelli mattutini tra i canti dei grilli.
"Lo hai detto di nuovo..." sentenziò Drake mentre finiva di allacciarsi l'altro scarpone. Ryan percepì un tono sarcastico nella sua voce, che stonava alacremente con il paesaggio idilliaco.
"Vero..." rispose abbozzando un sorriso e sbuffando per non fare troppo rumore. Aguzzando la vista poteva scorgere il sole mentre si alzava lentamente nel cielo, rischiarando le vette silenziose e remote vicino a Norville. Le nuvole erano più dense e corpose del solito, e tagliavano i raggi del sole in mosaici d'ombra proiettati sugli altopiani.
"Ho finito," disse Drake interrompendo la visione eterea "partiamo?".
"Prendi l'ascia del vecchio. È meglio del tuo tubo di piombo." gli rispose il compagno, annuendo piano. Indicò la stanza accanto al ragazzo e distolse lo sguardo dalla finestra sbarrata.
Drake incespicò sugli stivali ed entrò nel salotto della cascina, calpestando la pelliccia d'orso già sporca di fango e sudore. Ritornò con una pesante ascia da boscaiolo, il manico in legno di noce. Ryan sorrise vedendo il ragazzo sporco e con i capelli che dal solito colorito arancio acceso erano diventati improvvisamente di un castano marcio e putrido. La notte era stata lunga e le spesse pareti della cascina avevano coperto il canto delle cicale che di solito lo cullava dolce e desolato.
"Andiamo..." sussurrò Drake, passando il braccio sporco sopra alle narici per levarsi di dosso l'odore della terra umida. Ryan annuì con le labbra curvate in un sorriso paterno e aprì la porta della cascina. La luce dell'alba lo investì in pieno, scompigliandogli gli occhi e riempiendoli di quella solitaria e fresca grazia che solo il paesaggio montano sapeva offrire. Il sole stava sbucando dalle colline come un timido e pallido fuoco fatuo, curioso di osservare e studiare i prati secchi e le valli silenziose, dove lo scroscio dell'acqua lambiva i timpani ispirando gli odori e i sapori della natura.
I due scavalcarono il cadavere disteso sui gradini della scaletta che conduceva alla cascina, e si misero in cammino con i pesanti zaini in spalla.
"Stanotte ne ho scritta un'altra..." disse spensieratamente Ryan, mentre cercava di catturare con gli occhi tutti i particolari delle remote montagne attorno a lui.
"Sì, ti ho sentito mentre ti alzavi. Non ho dormito molto." rispose il compagno, grattandosi la zazzera arruffata.
"Li hai sognati di nuovo?".
"Sì. Stavolta anche la droga però...".
"Entrambi? In una notte?".
"Sì.".
La brezza, che portava odore di funghi e muschio bagnato, mutò in una dolce folata di vento, solleticando le narici di Ryan. L'uomo inspirò forte, inalando vorace tutto ciò che il vecchio vento aveva portato con sé per lui. Sentiva l'odore della resina ambrata, appena colata dalle ferite degli alberi, la rugiada fresca e mattiniera, e il rumore dell'invisibile arteria della natura che scorreva sotto quei boschi silenziosi.
"Allora, la vuoi sentire?"
"Certo." il ragazzo si fermò sul brullo sentiero, inspirando a pieni polmoni. Anche lui stava apprezzando il sapore della natura in quel giorno a quanto pare.
Ryan si fermò con calma a pochi metri dal ragazzo, aprì lo zaino, e ne estrasse i fogli stropicciati.
"Speranza,
O tu, vedova del Tempo e dell'Incertezza
Ci aggredisci selvaggia, nella tua testardaggine
Dea di carne e sangue, non di vano etere
Sei in ogni cosa, in ogni sguardo, in ogni istante
Sei nella pallida alba, che ci rimembra i tempi soavi
Sei negli occhi di chi ha perso, e non può perder altro
Sei in ogni passo che compiamo, immemori degli errori e diretti al futuro
Sei un'offerta di vita, guidata dall'irrazionalità umana
Sei un'immortale ombra, che segue ogni uomo mentre corre verso l'orizzonte incerto...".
Ryan depose i fogli, con un'espressione soddisfatta in volto. "Allora?" chiese, aprendo di nuovo lo zaino per infilarvi le carte.
"Non mi piace molto..." rispose Drake. Ryan gli allungò la borraccia, ed egli bevve avidamente, godendosi le gocce che lente scivolavano sul collo lercio, solleticando la pelle e ripulendola dalla terra e dal sangue in una cristallina abluzione.
"Era più bella quella di ieri. Sul vento, giusto?" continuò, levando le labbra dalla borraccia.
"Primo vagito del Tempo..." rispose Ryan "Un'immagine molto bella, sì...".
"La speranza è comunque di certo un tema interessante, specie di questi tempi." aggiunse Drake. Lanciò la borraccia al compagno, che la prese al volo con riflessi pronti per poi riporla nel voluminoso zaino.
"La speranza è quella che ci sta mandando avanti," disse Ryan "stiamo facendo qualcosa di completamente irrazionale, e questo perché una speranza ci sta guidando.". Gli uccelli montani ora avevano cominciato a cinguettare, sempre più ispirati e vivi d'energia.
"Sai come me la immagino la speranza?" Drake accennò un passo in avanti per esortare il compagno a continuare la marcia lungo i prati verdastri e bagnati di rugiada.
"No." rispose il poeta, seguendo il ragazzo lungo il sentiero pieno di sterpi e fango secco.
"Me la immagino..." Drake ebbe un attimo di esitazione "come una pignatta di quelle che si battono con il bastone e riversa a terra le caramelle. Solo che è animata e corre via. Bisogna acchiapparla.".
"Mi piace... Potrei aggiungerlo alla poesia." rispose l'amico, sorridendo "Coraggio ora. La strada è bella lunga.".
"Dov'è che cerchiamo ora?" chiese Drake. Il rumore dei suoi passi si fondeva con il ronzio delle cicale, e formava una melodia quasi arcana e grottesca.
"Al Rifugio Cervo Rosso, sul versante nord della Rampollaia. È una strada facile e poco frequentata. Probabilmente è ancora pieno di provviste nella cantina." rispose Ryan, indicando con il bastone da viaggio un punto indistinto poco lontano da loro, appena visibile sul versante della montagna a lato. Sembrava facile ed intenso. Il sentiero passava dentro un bosco per un bel tratto, almeno da quello che si riusciva a scorgere. Drake inspirò a pieni polmoni, e notò con sconforto che i dolci odori dell'alba stavano lentamente cedendo il posto all'aspro miasma che saturava le ore del meriggio e del mattino.
La salita non era ripida, ma lieve e gentile, e i due compagni non faticarono a percorrerla. Nel bosco i muti alberi mascheravano l'odoraccio con i loro respiri profondi. Il terreno era più solido e polveroso, e le radici avevano avviluppato aggraziate le pietre attorno alle colline. Passo dopo passo, Ryan meditava sulla natura e sulla bellezza del silenzio di quel mondo desolato. Era come se Dio avesse donato all'umanità quell'ebbrezza selvaggia che solo i primi della specie avevano frequentato. A tanto terrore la notte corrispondeva tanta bellezza di giorno, per la purezza nuda della madre terra in quel paesaggio. Era una punizione che comprendeva la bellezza infinita del sollievo e della spontaneità della natura.
Il rifugio era molto vicino alla cascina precedente, e vi giunsero verso le sette di mattina. Quando Ryan sentì il tiepido fracasso del campanaccio delle mucche sorrise silenzioso. Forse avrebbero trovato qualcuno di ospitale, un degno anfitrione.
"Lo senti?" Drake interruppe l'estasi del compagno, fermandosi di colpo in mezzo al sentiero.
Ryan si arrestò allarmato, ma senza perdere il sorriso "Cosa?" domandò. Provò a tendere le orecchie per distinguere meglio i suoni che il vento trasportava da valle. Tra il cinguettio degli uccelli, i gracchianti versi dei corvi e le campane delle mucche al pascolo, udì appena percettibile un suono poco chiaro. Improvvisamente il sangue gli si gelò nelle vene, e la mente dell'uomo distrusse in un brivido tutte le meditazioni idilliache sfiorate finora. Sembrava una specie di sirena a intervalli, come se vi fosse un'automobile con l'allarme a tutto volume accanto al rifugio. Eppure era un rumore più organico, più familiare.
"Attirerà gli Infetti. Meglio girare al largo." sentenziò Drake con un tremore grottesco nella voce. Sbuffò, voltandosi per ritornare fra i brividi sui propri passi. Ryan lo zittì secco, e si avvicinò per sentire meglio quello strano gracchiare. Sentì il midollo delle ossa ghiacciarsi improvvisamente ad ogni metro in più.
"No!" esclamò Drake, balzando in avanti per trattenere il compagno "È rischioso, potrebbe essere pieno di loro.".
Ryan si scrollò di dosso il ragazzo "Voglio controllare," rispose seccato e preoccupato "questo suono mi ricorda qualcosa...".
"Cosa?" lo interruppe Drake. Il ragazzo sospirò esausto e sputò nervosamente a terra.
Ryan cominciò a salire cautamente il sentiero. Vedeva il tetto del rifugio da quella posizione, e pian piano il suono gli appariva sempre più chiaro e distinto. Gli altri freschi rumori della natura erano ormai soffocati grossolanamente da quel lancinante suono. Sentì il gelo attanagliarlo quando credette di capire cosa fosse.
"Credo siano grida umane." sussurrò a Drake, che nel frattempo era bloccato sul sentiero, indeciso sul da farsi. Il ragazzo sollevò il sopracciglio "Sul serio?". Con due balzi raggiunse il compagno e tese l'orecchio.
"Mio Dio," sussurrò Ryan "forse qualcuno è in pericolo.".
Senza rimuginare troppo cominciò a correre per la salita. Il vento gli soffiava addosso le grida, che diventavano sempre più distinte, sempre più disperate. All'improvviso con orrore si rese conto che non era l'urlo di una persona.
Era il pianto di un neonato.
Si bloccò davanti al rifugio, e tese le orecchie per capire da dove provenissero i vagiti, con il cuore colmo di ansia e terrore. Era veramente il pianto disperato di un bambino, e non il vento che giocava brutti tiri alla mente o ai timpani.
Si voltò alla ricerca della sorgente del vagito, mentre Drake lo raggiungeva ansimante. Il pianto non sembrava provenire dal rifugio, ma dalla parte opposta a quello.
Senza pensarci troppo, corse fino alla panca che dava sullo strapiombo di fronte all'edificio, e scrutò l'orizzonte. Vide dunque una scena che non si sarebbe mai aspettato di vedere.
V'era infatti per salire al rifugio una funivia che, da valle, conduceva su per conciliare le membra dei turisti più pigri, e degli sciatori che frequentavano la pista lì di fianco. Era ferma, come ci si sarebbe aspettato, eppure una delle cabine aveva fissato sul lato un telo di plastica nero, che sbatacchiava e s'ingolfava tra le folate di vento. Da lì provenivano i lancinanti vagiti del neonato.
"È un bambino..." ansimò Drake scostandosi la frangia color fango, il suo volto era stravolto "Non ci credo...".
Ryan lo zittì con un cenno brusco, quindi impugnò saldamente la zappa affilata e si guardò intorno prudentemente. Sembrava che nessun Infetto fosse nei paraggi, o fosse uscito dall'ombra per cercare la fonte di quelle forti grida. La funivia era situata abbastanza vicino al rifugio, sopra la pista da sci, e probabilmente non c'erano alberi che potessero offrire ombra e riparo agli Infetti.
"Ehi!" gridò Ryan più forte che poté. Con la coda dell'occhio controllò la finestra del rifugio dietro di lui, affinché niente potesse sorprenderlo alle spalle. Il ragazzo accanto a lui scalpitò nervoso e ruotò su se stesso varie volte, cercando di costruirsi una visuale ampia in caso di attacchi improvvisi. Gli uccelli smisero improvvisamente di cantare, affidando il compito di rompere il remoto silenzio alle cicale ancora calde.
"C'è qualcuno?" urlò nuovamente Ryan. Per un momento il sangue gli si gelò nelle vene, pensando ad un neonato abbandonato a se stesso con la madre appena morta, o peggio. Drake sbuffò e cominciò a sudare, saturando l'aria di un olezzo salino.
Stava mettendo le mani a coppa per gridare un'ultima volta, quando un viso umano sbucò dal telone nero fissato alla cabina.
Ryan sentì dentro di sé un sollievo infinito. Grazie al cielo il bambino non era solo. Si rese conto, però, che nel suo animo stava improvvisamente germinando un altro sentimento più oscuro. Un'ansia mista a tenerezza data dalla visione di un altro essere umano che non incontrava da settimane. Da settimane non sentiva un bambino piangere. Nessuno piangere, né di gioia né di dolore. Si rallegrò che il neonato non stesse piangendo per nessuna delle due. Il viso tornò all'interno della cabina, e vi fu del movimento. Drake aveva la bocca dilatata dallo stupore. Probabilmente per lui era stato ancora più difficile vagare per copiosi e cupi giorni quasi da solo. La visione di un altro umano aveva davvero turbato entrambi, quasi più del pianto acre e malinconico del bambino.
Un uomo corpulento uscì dalla cabina della funivia scostando il telo, e si issò sul tetto di questa. Ryan assaporò il momento, nonostante straniante, e fissa con curiosità l'umano mentre si aggrappava goffamente ai cavi di metallo. Il bambino cominciava a diminuire i lamenti disperati, forse cullato dalla madre tra le lacrime.
L'uomo corpulento attraversò una decina di metri agganciato ai cavi con un grosso moschettone, e si fermò quando giunse nei pressi dell'alto palo che fungeva da sostegno intermedio per la funivia. Qui si staccò dalla corda, salì sulla piattaforma di sostegno, e cominciò a scendere una scala d'acciaio.
Ryan osservò il tutto silenziosamente, mentre il pianto del bambino scemava, fondendosi con i suoni silvani del bosco a comporre una melodia polifonica. L'uomo giunse con calma alla base del pilastro e si sganciò dal moschettone, quindi cominciò a correre verso di loro lungo la pista da sci.
"Che gli diciamo?" domandò Drake con voce tremante al compagno, osservando cauto l'uomo che faticosamente arrancava su per la salita erbosa.
"Dobbiamo sembrare cordiali. Ci dobbiamo presentare. Ah, e mettere giù le armi..." rispose Ryan, cercando di riportare alla memoria i canoni che nel vecchio mondo si usavano per comunicare efficacemente tra persone. La tensione era talmente elevata che l'avrebbero percepita anche le vallate più distanti. I due compagni avevano la lingua e l'encefalo bloccati in una morsa micidiale. Man mano che l'uomo si avvicinava, i suoi floridi contorni emergevano da lontano, rivelando un viso che Ryan non comprendeva. Era più dolce nei lineamenti rispetto a come ricordava che l'umanità fosse, e gli occhi erano di un colore verde innaturale, che forse aveva dimenticato in quelle poche settimane.
I due rimasero impassibili quando l'uomo corpulento li raggiunse davanti alla panchina, rivolta sul panorama mozzafiato che la montagna offriva immobile. Si sedette su questa, ansimando a pieni polmoni per riprendere fiato dopo l'impervia salita. Fece quindi un cenno con la mano, del quale i due compagni avevano scordato un significato, e boccheggiò goliardicamente alla disperata ricerca di ossigeno da ingoiare. Era un uomo abbastanza robusto, il volto era grasso e gioviale, ed una barba ispida gli ricopriva il mento, le guance e i baffi, incorniciandogli il viso in una folta pelliccia incolta.
Si tolse silenzioso il cappello, e smise di ansimare.
Drake guardò il compagno negli occhi con un ibrido di perplessità e curiosità, cercando risposte a vaghe domande che non sapeva sarebbe stato in grado di concepire.
Improvvisamente l'uomo corpulento alzò la testa per guardare Ryan negli occhi. Mai come quella volta in due settimane il poeta si sentì così a disagio. Lo sguardo era penetrante e indagatore, attivo, troppo invadente per la tranquillità che saturava l'atmosfera di quel nuovo mondo. Drake deglutì sottovoce, e fece per aprire la bocca, serrandola subito dopo per immergersi in una meditazione evidente.
Nel lungo silenzio imbarazzato che nacque in seguito, l'uomo corpulento cominciò ad ansimare sempre più a fondo, come se stesse provando un'emozione così intensa da dover aumentare la circolazione per assorbirla.
"Scusate" singhiozzò gracchiando, quindi portò i guanti sporchi al viso e si levigò l'ampia fronte, cominciando a tirare su col naso. Vedendo che aveva messo le mani sul volto, Ryan capì che anche lui era perplesso e incediso su cosa dire. Forse era anche più sconvolto dell'incontro, dato che stava trattenendo le lacrime con tutte le sue forze. Dopo aver tentato più volte di aprire la bocca, ripensandoci subito dopo, Ryan si decise a spezzare quel fastidioso silenzio.
"Mi chiamo Ryan Montale. Lui è Drake Ross. Siamo, - si interruppe per prendere fiato, mentre le idee guizzavano nella sua mente incerta sfuggendogli - siamo in cerca dei genitori del ragazzo. Potreste darci ospitalità nel rifugio per stanotte?".
Si rese subito conto che tra tutte le domande che poteva porgli quella era certamente una delle peggiori. Ryan si maledisse per la sua poca eloquenza, e la timidezza incallita che gli stava sciogliendo le gambe.
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