52 - 𝔻𝕠𝕝𝕠𝕣𝕖

Selene

Presi la mira e scoccai. La freccia con la punta infuocata colpi il demone, ma non gli fece nulla.
«Non gli ha fatto niente!» esclamai.
Namti scoccava frecce in modo veloce e preciso, ma il risultato non cambiava. Le frecce trapassavano i corpi dei demoni senza ferirli.
I nobili fuggivano dalle loro case, vestiti in abiti eleganti e con i gioielli ai polsi e attorno al collo. Portavano con loro borse di pelle riempite con ricchezze varie, nella speranza di poterle salvare dal nemico.
Ma a quel nemico non interessava la ricchezza, ma solo sangue e morte.
L'enorme statua di una donna, forse una regina, si inclinó e lentamente cadde.
La sua ombra mi sovrastó.
«Via di lì, Selene!» Namti mi prese per la vita, levandomi dalla traiettoria della statua. Rotolammo sulle mattonelle del tetto.
L'arciere mi fece rialzare e saltammo su un altro tetto, mentre l'enorme statua distrusse la casa sulla quale ci eravamo appostati. L'impatto fu violento. Il terreno tremò e la gente urló nel panico. La testa di marmo della donna si staccò dal corpo e rotoló via, schiacciando le persone. Guardavo quello spettacolo senza poter far nulla. Ero impotente di fronte a tutto quel che stava accadendo.
Namti mi scosse per le spalle.
«Selene! Dobbiamo rientrare a palazzo!» mi urló.
Il fuoco si rifletteva sulla sua maschera argentea di Namti, illuminandogli il suo bellissimo viso che in quel momento era contratto in un espressione terrorizzata.
«Si...»
I miei occhi si spostarono verso la strada, verso i cadaveri delle persone. Intravidi un luccichio, poi una maschera argentea. No.
Leida era steso a terra con una spada conficcata nel torace.
«Namti...» cercai di dire.
«Avanti Selene, dobbiamo andare!»
«Namti...» dissi ancora.
Seguí il mio sguardo e si pietrificó.
«Leida.» disse in tono incredulo.
I suoi occhi azzurri fissavano il compagno ferito.
Leida cercava di rialzarsi, ma inutilmente.
Un demone gli si stava avvicinando , pronto a sbranarlo. Namti aveva già incoccato una freccia, e anche se sapeva che sarebbe stato inutile, avrebbe fatto di tutto pur di salvare l'amico.
«Ehi! Qui!» disse ad un tratto l'arciere dai capelli biondi, muovendo le braccia per esser notato dal demone.
Quello lo vide e mostró i denti, lasciò stare Leida e corse verso di noi.
«Oh cazzo. » Namti indietreggió. Ero pronta a dare una botta sui denti di quel mostro con il mio arco, ma probabilmente si sarebbe rotto, quindi decisi di usare il mio potere.
Strinsi I pugni, non sicura di riuscire nell'impresa e mi concentrai. Il muro di una casa nobiliare crolló e I mattoni caddero addosso al demone. La bestia nera emise un verso acuto, si rialzò dal terreno e scomparí nell'oscurità dalla quale era uscita. Il mio respiro e quello di Namti erano affannosi.
«Dobbiamo portarlo via di lì prima che arrivino altri.» Namti si mise l'arco in spalla e scese dal tetto. Mi guardai le mani, aveva funzionato.

Leida si toccava la ferita e la lama conficcata nella carne, nel tentativo di rimuoverla. Guardai la spada. I demoni non portavano armi. L'impugnatura era lunga e terminava con una punta. Era avvolta da fasci di un fumo nero-grigiastro, che giravano attorno ad essa, come ad alimentarla. La guardia della spada era fatta da corna di ferro intrecciate e rivolte verso il basso, la lama era zighirinata da una parte e aveva incise sopra delle rune a me nuove e incomprensibili. Allungai la mano per toccarla, ma mi fermai. Era una magia estranea e infida, non potevo rischiare.
Namti mise una mano sulla spalla di Leida.
«Dove è Destiny?» chiese quello, prima di cercar di rialzarsi.
«Merda.» disse l'arciere vedendo la profonda ferita. Mi chiedevo come poteva essere ancora vivo.
«Dobbiamo portarti nel palazzo.»
«Dove è Destiny?» chiese di nuovo Leida.
«Sarà dentro il palazzo.» dissi, non convinta delle mie parole. Destiny stava ancora combattendo, non si sarebbe mai arresa.
«No.» si lamentó Leida «Non è dentro il palazzo.»
«Selene, aiutami ad alzarlo.» Namti si mise un braccio del compagno attorno alle spalle e io feci lo stesso. Lo sollevammo a fatica,mentre lui ci pregava a di dirgli dove fosse Destiny, se l'avessimo vista, se lei stesse bene.
Non gli rispondemmo, non avevamo delle vere risposte alle sue domande.

Entrammo a palazzo e dentro quelle mura ci sentimmo scioccamente al sicuro.
«Che cosa è successo?» chiese Ahala accorrendo per prestarci aiuto.
«Dove cazzo eri?» disse Namti in tono aggressivo.
Ahala guardó Leida negli occhi, poi la tremenda ferita che questo aveva, poi il pavimento della sala del trono.
«Sei rimasto qui, vero?! » insistette Namti «Codardo.»
Ahala non rispose.
«Dobbiamo portarlo nell'infermeria» dissi.
«Non è possibile. È crollata insieme alla sala del consiglio.»
«Come è possibile?»
«Ti dico che è così. Molte curatrici e molti consiglieri sono morti. Bisogna portarlo da un'altra parte.»
«La biblioteca.» proposi.

Destiny

Mi voltai. La paura mi paralizzó. Non sentii più le urla delle persone e dei soldati o l'odore del sangue che mi colava dallo squarcio che avevo sulla gamba, provavo solo un cieco terrore. Le mie mani divennero sudate e le impuganture delle spade scivolavano dalla mia presa. Sentii la gola secca, tremai forte fino alle ossa.
I miei occhi erano sgranati e non osai chiuderli davanti a ciò che vedevo.
Un uomo grande e possente camminava tra i cadaveri con noncuranza. Indosso aveva un'armatura nera e sul capo portava un elmo che gli copriva tutto il volto. Solo da due feritoie si intravedevano gli occhi, due fiamme rosse. Era avvolto da una nebbia nera, oscurità più totale. In una mano teneva una spada dalla lama affilata, zighirinata in alcuni punti. Era più grande delle mie messe insieme.
Io ero avvolta da luce, mentre lui sprigionava oscurità e morte. E se io ero Senior White, lui era... Senior Black.
Smise di avanzare quando incrocio il mio sguardo. Osservò prima me e la luce che emanava il mio corpo, poi il demone che avevo appena ucciso. I suoi "occhi" tornarono su di me e scrutarono il mio potere.
Non osai muovermi, lo stesso fecero le Lame Bianche.
Aspettai che dicesse qualcosa, ma quello non disse nulla. Ruotó il capo in una direzione e visto quel semplice gesto, i demoni ripresero a sbranare e uccidere.
Piantó con forza la sua spada nel terreno e aspettò, ma vedendo che rimanevo immobile, fece un passo verso di me e l'oscurità che lo avvolgeva aumentó.
Il sudore mi scese sulla fronte sotto la maschera dorata.
Avanzò sempre più velocemente, il terreno tremava ad ogni suo passo.
Non sapendo bene cosa fare, provai a colpirlo con un fascio di luce, lui fece lo stesso. La sua oscurità era di gran lunga più forte del mio potere e mi colpí in pieno.
Venni sbalzata da quella potenza e quando ricadi violentemente a terra, mi ritrovai nella piazza difronte al palazzo.
Mi mancava il respiro. Boccheggiai in cerca d'aria e mi tastai il corpo, riuscii a sentire le costole rotte.
Quando cercai di rialzarmi, vidi che avanzava nella mia direzione.

Il mio istinto di sopravvivenza mi fece rialzare. Mi trascinai nel palazzo e prima di serrare le porte, vidi che Senior Black si era fermato.
Mi barricai dentro il palazzo dove vi erano già diversi soldati feriti gravemente.
Seduta a terra con la schiena appoggiata ad una colonna stava Ramon. Teneva le ginocchia strette al petto. Era tutta tremante.
Sollevò lo sguardo impaurito.
«Destiny!» Non si alzò da terra per venirmi incontro, non ne aveva le forze.
«Cosa sta succedendo, Destiny?»
Mi sedetti accanto a lei emettendo un gemito di dolore quando con il braccio sfiorai una costola probabilmente rotta.
Non ebbi la forza di chiederle come avesse fatto ad evitare i demoni.
«Talta è morta, Destiny.» Disse con occhi lucidi.
Talta
Ci guardammo a lungo negli occhi, condividendo il nostro lutto.
Il suo sguardo si posò sulla mia coscia ferita. Non si propose per curarla, sapevo che non ne aveva la forza.
Impose le mani, ma le ritirò subito, quasi vergognandosi di sé stessa.
Staccai il mantello dorato della Golden Armour e con esso fasciai il lungo taglio.
Quando strinsi il nodo finale, urlai.

«Senior White? Signore?» disse un soldato dalla maschera bronzea, venendomi vicino. «Cosa dobbiamo fare?»
Non risposi.
«Stiamo perdendo, non è vero?»
Continuai a non rispondergli. Il soldato se ne andò. Nessuno sapeva cosa fare, nemmeno io.
Il palazzo tremò, seminando il panico tra tutti noi. Una torre era crollata.
Appoggiai la testa sulla colonna e chiusi gli occhi. Fuori c'era il signore delle tenebre, molto peggio di quei mostri. Quando aveva lasciato la spada e aveva aspettato senza smettere di guardarmi, voleva che io lo sfidassi. In quel momento non l'avevo capito, troppo impegnata a tremare.

«Destiny! Destiny!» urlava Ahala, facendosi spazio tra i soldati in attesa di ordini.
Arrivò da me, mi guardó con profonda tristezza. Nei suoi occhi vi era paura, come in quelli di tutti.
«Dove eri mentre ci uccidevano uno ad uno?» gli chiesi.
«Devi venire. » disse con voce strozzata.
«che succede?» chiesi, sorpresa nel vedere Ahala così vulnerabile.
«Leida. » Bastarono quelle cinque lettere a farmi scattare in piedi, senza curarmi del dolore. Ahala mi sorresse ed io zoppicando mi lasciai condurre.
Arrivammo all'entrata della biblioteca e immediatamente pensai che Leida avesse trovato tra i libri, la soluzione che avrebbe messo fine a tutte le nostre sofferenze e paure.
«Non sapevamo cosa fare. La sala del consiglio è crollata e quindi lo abbiamo messo qui e...»
«Di cosa stai parlando, Ahala?» non capivo le sue parole, il suo sguardo sofferente, la sua espressione addolorata.
Ahala aprí le porte della biblioteca e mi ritrovai davanti quel che non avrei mai voluto vedere, ciò che non avrei mai sopportato.
Leida era steso su un tavolino della biblioteca, su fogli e scartoffie. Aveva una grande spada conficcata nello stomaco.
Tossiva e sputava sangue, macchiando la sua camicia bianca. I suoi capelli, sempre legati in un codino ordinato, erano ora slegati e sporchi di terra e fango mischiato a sangue.
Selene e Namti gli stavano accanto. La ragazza gli teneva la mano, mentre l'arciere metteva dei panni sulla ferita. La lama non era ancora stata rimossa dal corpo di Leida.
Mi staccai dal sostegno che mi aveva offerto Ahala e corsi - nonostante le ferite e il dolore - verso Leida.
«Destiny» disse in un sospiro, I suoi occhi verdi mi sorridevano, era felice di vedermi.
«Leida» dissi con voce strozzata.
«Ti prego, levami questa spada. » Indicò la lama con gli occhi.
«Chi ti ha fatto questo?» chiesi, accarezzandogli le spalle, mentre le mie lacrime gli bagnavano il viso.
«Un ombra diversa dalle altre, una persona. L'oscurità era sua amica.» Leida guardó di nuovo la lama, in attesa che la rimuovessi.
Avevo già visto una lama simile poco prima. Era di Senior Black, l'oscurità la avvolgeva.
Con mani tremanti impugnai la spada nera che aveva conficcata nel ventre. Non volevo tirarla fuori, se lo avessi fatto Leida avrebbe sofferto ed io non volevo.
«Fallo» disse con voce ferma.
La estrassi con decisione, il sangue zampilló fuori come una fontana.
Leida aveva la mascella serrata,i denti stretti e gli occhi chiusi per il dolore. Non aveva urlato, era rimasto in silenzio. Presi altri stracci dalle mani di Namti e li misi sulla ferita.
«Cosa hai fatto alla gamba?» chiese il ragazzo dagli occhi verdi, preoccupato. Il mantello della golden Armour aveva cambiato colore, era diventato rosso.
Leida si preoccupava di me prima di pensare a sé stesso, era sempre stato così, ma in quel momento il suo comportamento mi sqiarciava l'anima.

Mi buttai addosso a lui, singhiozzando.
«Speravo che un giorno sarei morto tra le tue braccia. Sono felice.»
«non lasciarmi, Leida.»
Misi una mano sulle bende, sentendo il sangue caldo sotto il palmo.
«Ti ricordi le stelle, Leida? La notte prima di Buron. Te le ricordi, fratello?»
«Le stelle...»
«Si. Torneremo a guardarle! Sarò sempre al tuo fianco, Leida!» Mentivo perché poco prima l'avevo lasciato da solo contro quei mostri per andar ad aiutare Younne e facendo così non ero riuscita ad impedire quel che era accaduto.
« le stelle...» ripeté guardando il soffitto della biblioteca, sul quale era dipinto il cielo stellato.
Le lacrime scendevano acide sulle mie guance, corrodevano la pelle.
«Ahala, chiama Ramon!" Urlai.
Quando ragazza arrivò e vide la quantità di sangue che sgprgava dalla ferita e le mie mani rosse, indietreggió istintivamente.
"Fa qualcosa!" la esortai.
"Sono troppo debole, Destiny."
"provaci!"
"non posso!"
La agguantai per i vestiti e le urlai in faccia :" provaci, Ramon!"
Spaventata dal mio comportamento, eseguì. Si piegò accanto a Leida e impose le mani sulla sua ferita. Uscirono delle fiammette blu, e per un attimo ebbi speranza. La magia scomparí di colpo e Ramon chinò il capo, incapace di continuare. Era troppo debole.
«Non ce la faccio, Destiny»
«Riprovaci!»
«Non può, Destiny.»disse Ahala, guardando con preoccupazione la ragazza dalle treccine bianche, ormai stremata.
"Destiny.." chiamò Leida con un filo di voce.
Mi precipitai su di lui, spostando bruscamente Ramon, che stramazzó sul terreno.
Accarezzai dolcemente il viso del ragazzo.
"noi l'abbiamo mai vista quella costellazione? ." disse, continuando a guardare il soffitto.
Sollevai lo sguardo e vidi le linee che collegavano le stelle, andando a formare un leone.
"No. Non l'abbiamo mai vista"
Ci ritrovammo a contemplare il soffitto dipinto. Mi accorsi che Namti non era riuscuto a trattenersi e piangeva il silenzio, stringendo l'arco tra le mani.
Ahala stava aiutando Ramon ad alzarsi dal pavimento.
"e quella?" ne Indicò un' altra, rappresentante un carro.
Stranamente non avevamo visto nemmeno quella.
"No. Nemmeno quella. Ma ti prometto, che torneremo a guardarle." Stavo ignorando la morte, che attimo dopo attimo iniziava a irrigidire il corpo di Leida.
"ti ricordi quando siamo andati sui tetti del palazzo?" una volta, per guardare meglio le stelle, ci siamo arrampicati sulle torri più alte del palazzo reale. Potevamo toccare il cielo con le mani.
Emise una risata sofferta.
"Tu stavi per cadere giù e se non ti avessi preso in tempo.." iniziò a dire.
Sarei caduta giù dalla torre se non mi avesse preso per un braccio. Sempre perché volevo sentirmi potente, volevo Sfidare il pericolo e correvo sulle tegole, nel tentativo di inseguire una stella cadente.
Mi aveva salvata più volte, mi aveva protetta e consolata.
"E invece ti ricordi quando abbiamo fatto lo scherzo della focaccia ad Ahala?" gli domandai, cercando di farlo sorridere nel ricordo delle esperienze vissute insieme. Al posto del formaggio, avevamo farcito il pane con il sapone. Il Guardiano era davvero affamato quel giorno e senza pensarci due volte, aveva addentato la focaccia.
Per poco quando singhiozzava, non gli uscivano le bolle di sapone dalla bocca.
Mi voltai verso Leida.
«Leida?» chiamai. Aveva la bocca piegata in un sorriso e gli occhi fissi sul soffitto stellato. Il suo petto non si alzava più.

Emisi un urlo strozzato colmo di dolore. Il mio cuore fu colpito in profondità da molte lame, mentre quello di Leida aveva smesso di battere. Senza riuscire a respirare, strinsi con le mani il tessuto della sua camicia e lo scossi nel disperato tentativo di svegliarlo, di fargli riaprire quei meravigliosi occhi verdi, di farlo tornare da me.
«Leida! Leida! Leidaaaaaa!» le mie urla erano così forti che potevano far tremare gli scaffali della biblioteca.
Nascosi il viso nella spalla del ragazzo, baciandogli una guancia e accarezzandogli i capelli incrostati.
La sua maschera argentea era sistemata ai suoi piedi.
Le mura del palazzo tremarono e un forte colpo scosse il terreno. Rimasi abbracciata al corpo di Leida.
«Destiny, cosa facciamo?» chiese Selene. Aveva un taglio su un braccio. Mentre noi piangevamo un nostro fratello, fuori dal palazzo vi era Senior Black.
«Il palazzo sta crollando.» ci fece notare Ahala.
«Le frecce non gli fanno niente. Abbiamo provato con il fuoco ma è inutile.» Namti osservava il corpo di Leida con sguardo vuoto.
«Dobbiamo lasciare Aither.» disse Ramon «Non abbiamo altra scelta.»
Nessuno mise in discussione quelle parole. Era vero. Non potevamo più far nulla. Aither era perduto.
«Ma dobbiamo sbrigarci, le navi finiranno presto. Gli abitanti della città dei pescatori sono già fuggiti. Non ne rimarranno molte.»
Alzai il capo dal petto di Leida, tremando non per la paura, ma per la rabbia.
La luce crebbe nel mio corpo.
«Cosa vuoi fare?» chiese Namti.
Senior Black mi aveva strappato via la persona che amavo di più, mio fratello, la mia spalla su cui piangere, il mio amico, la mia gioia, il mio sostegno e in quel momento la mia vista era annebbiata da un folle desiderio di vendetta.

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