50 - 𝕃𝕖 𝕆𝕞𝕓𝕣𝕖
Destiny
Era molto più grande di Vieternan. Una parete di un nero-grigiastro. Poteva essere un corpo se non fosse che in alcune parti era quasi trasparente. Oppure si poteva scambiare per un orso per via del manto nero e delle quattro zampe. Ma quella che aveva non era una pelliccia e gli artigli ricurvi che graffiavano il terreno, scavando, non erano quelli di un comune animale. Non mi fu possibile vedere la testa poiché questa era girata.
«Calmo Vieternan» mormorai a un suo orecchio. Non potevo dire che quella che mi trovavo di fronte fosse una bestia innoqua.
Il cavallo si rasserenó per un attimo.
«Bene, ora superiamo questa cosa. Avanti, Vieternan» lo stallone mise uno zoccolo avanti, quando lo strano animale voltò il capo verso di me.
Il mio corpo si congeló.
I denti erano affilati come i pugnali di Ahala, solo più lunghi e tra essi vi era sangue, tanto sangue. Era intento a masticare un pezzo di qualsosa... Il braccio di una persona.
L'arto era a brandelli e dei vestiti che lo ricoprivano eran rimasti solo ancuni pezzi di stoffa.
Mi venne da vomitare.
Non aveva occhi, o almeno così sembrava. Quando sentí la mia presenza, smise di masticare il braccio, lasciandolo cadere sul terreno.
Vieternan nitrí e si impennó nuovamente.
Anche la bestia si alzò sulle zampe posteriori rivelandosi più alta dello stallone.
Non riuscivo a parlare. Le mani mi tremavano e la criniera di Vieternan mi scivolava tra le dita.
Quella cosa era oscurità, buio, morte.
Non provai più a calmare Vieternan, non avevo fiato.
La belva emise un lamento simile ad un ruggito e si passó la lingua sui denti inferiori insanguinati. Il liquido rosso goccioló sul sentiero.
Vieternan tornò a quattro zampe.
«indietro Vieternan.» ebbi la forza di sussurrare. «Torna indietro!» urlai poi con voce tremante.
Il cavallo inizió a correre ripercorrendo la strada sulla via del ritorno.
Mi guardai indietro. Il demone era scomparso.
Il cuore che ancora batteva a mille. Non vi era più alcun pericolo.
Avvertii di nuovo quel rumore sinistro provenire dalla radura. Qualcosa mi urtó con una tale forza da farmi volare via dalla groppa del mio cavallo. Rotolai sul selciato. La Golden Armour attutí l'impatto.
Il demone era ricomparso, gli artigli affondati nella morbida carne di Vieternan.
Lo stallone nitriva, cercando di muoversi, ma la bestia aprí maggiormente la bocca, mostrando i denti e morse selvaggiamente il collo del cavallo strappando le carni. Il sangue macchió il manto candido di Vieternan.
Rimasi a terra. Delle lacrime mi scesero sulle guancie quando vidi che Vieternan mi guardava, gli occhi fissi nei miei.
Posò il capo sul terreno, così mi salutò.
«Sei il miglior destriero che un guerriero possa desiderare, un amico fedele.» avrei voluto dirgli quelle parole, ma non ne avevo la forza. Non avevo la forza di estrarre le mie spade, non avevo la forza di alzarmi da terra.
Mi coprii la bocca quando il demone gli staccò di netto la testa, facendola volare tra la vegetazione,con disprezzo.
Mi sollevai sulle braccia. Se fossi rimasta lì, avrei fatto la stessa fine di Vieternan. Dovevo alzarmi. Ordinai alle mie gambe di muoversi. Quelle tremavano, ma lentamente eseguirono l'ordine.
Un fianco mi duoleva, ma non cedetti al dolore.
Feci un passo,ma appena posai lo stivale sui ciottoli, quelli scricchiolarono, attirando l'attenzione della bestia.
Sussultai e d'istinto portai una mano dietro la schiena, posandola sull'impugnatura di una delle due spade.
Tuttavia non ebbi la forza di estrarla dal fodero.
A quel punto una voce dentro di me mi suggerí:«Corri.»
Corsi più velocemente che potei nella speranza di seminare il demone.
Quello rimase fermo per un attimo, godendosi lo spettacolo di una persona che pensava di sfuggire ai suoi artigli.
Non mi voltai indietro.
Qualcosa mi tirò per il mantello. Urlai, disperata, cadendo in ginocchio. Se qualcuno mi avesse visto avrebbe riso di me.
«Il Leader, la luce nell'oscurità!» Era una presa in giro, una barzelletta che avrebbe fatto ridere il popolo. Temevo l'oscurità più di ogni altra cosa e in quel momento l'oscurità voleva ingoiarmi, banchettare con la mia carne.
No. Non volevo morire. Volevo vivere, baciare le labbra del mio amato che probabilmente era morto, ucciso da quella cosa. Volevo respirare l'aria fresca del mattino, osservare le stelle nel cielo notturno, parlare con Leida, ridere con Selene e Namti, litigare con Ahala.
Ogni piccola cosa, anche quella che non avevo mai notato, mi sembrò più bella.
Una freccia mi sfioró il viso.
«E questo che cazzo è?!» Ahala fermò il suo cavallo.
Namti aveva preso il suo arco, ma non aveva il coraggio di scoccare la freccia.
Il demone non staccò gli artigli dal mio mantello. Tremavo come una foglia.
Era stata Selene a scoccare quella freccia, che però aveva trapassato il corpo del demone.
«Destiny!» urló Leida appena mi vide. Sguainó la sua spada. Non aveva paura di quella bestia, non temeva i suoi denti aguzzi o gli artigli ricurvi.
«Ti prego, non voglio morire! » implorai. Ero una codarda. Leida scese agilmente dal suo cavallo, non lo avrebbe mai permesso.
Dopo aver visto la freccia trapassare il demone senza fargli nulla, Selene era rimasta immobile come una delle statue di pietra dei giardini reali, una mano sull'arco, l'altra dietro la schiena, intenta a prendere un'altra freccia dalla faretra.
Il Guardiano dagli occhi verdi si scagliò contro il demone e lo colpí sui denti, facendolo indietreggiare. Mi alzò da terra con un braccio e puntó la spada contro la creatura. Solo la testa, i denti e gli artigli del demone avevano una consistenza materiale. Mi accorsi che anche Leida stava tremando, ma nonostante la paura era venuto a salvarmi.
Il demone ci scrutó per un attimo poi scomparí nella foresta, fondendosi al buio della notte.
Le mie gambe cedettero e Leida dovette prendermi in braccio e portarmi sul suo cavallo.
«Dobbiamo avvertire tutti» biascicai con la testa premuta contro il petto del Guardiano.
Namti, Ahala e Selene erano rimasti immobili e ci sarebbe voluto del tempo perché si riprendessero da ciò che avevano visto. Ma il tempo non c'era.
Tornati in gran corsa ad Aither, ci fermammo nella piazza sulla quale dava il palazzo. Zanfi mi vide tra le braccia di Leida e accorse dal ragazzo.
«Cosa è successo a Tannarea? » chiese vedendo il mantello dorato della mia armatura a brandelli.
Cosa avremmo potuto rispondere? Una belva feroce?
«Un demone ci ha attaccati lungo la strada» Leida rispose al posto mio vedendo che ancora tremavo.
Younne raggiunse il consigliere.
«In piedi, Lama Bianca!» mi ordinò in tono aggressivo. Non mi aveva mai chiamata in quel modo. Mai.
Leida mi guardó preoccupato. Non sarei riuscita a reggermi sulle gambe, non dopo ciò che avevo visto, ciò da cui ero scappata.
Gli sguardi di Ahala, Namti e Selene erano vuoti. Non erano scesi dai loro cavalli.
Vieternan
Kaifah
«Dobbiamo preparare l'esercito. Saranno qui a momenti» riuscii a dire.
«Chi?» chiese l'anziano consigliere. Il suo viso rugoso era contratto in un'espressione spaventata. Notai che nella mano teneva quella che ormai era la mia corona.
Sapevo di dover reagire, per il bene del mio popolo, per i miei amici, per Aither, ma non pensavo di riuscirci. Presi il prezioso oggetto dalle mani dell'anziano e lentamente me lo posai sul capo. Scesi dalle braccia di Leida.
Si, dovevo reagire.
Avevo trovato il giusto termine con cui chiamare quelle bestie nere. «Le ombre»
Selene
Appoggiata ad una colonna della sala reale, guardai il vuoto e strinsi il mio arco nella mano. Cercai supporto da Namti, ma lui stava peggio di me.
Si passava le mani sul viso e tra i capelli in maniera nevrotica. Aveva gli occhi lucidi, non per commozione, ma per paura.
La mia freccia aveva trapassato il corpo di quel "demone". Un unica domanda era importante in quel momento e serviva una risposta immediata. Come fermare quelle cose?
Perfino Destiny, il Leader, portatrice della luce, colei che avevo visto uccidere senza pietà, aveva implorato la bestia di lasciargli salva la vita. La ragazza era tornata indietro senza il suo cavallo, le lacrime agli occhi, terrorizzata.
Destiny era visibilmente assente. Si era lasciata cadere sul trono, protetta dalla Grande Maschera. Aveva ordinato di lasciare aperte le porte del palazzo in modo da permetterle di guardare la strada principale,di serrare quelle delle mura, e aveva inviato alcuni soldati per il regno affinché avvisassero la popolazione di restare chiusa in casa. Ci eravamo barricati dietro le alte e possenti mura di Aither, nella speranza che queste reggessero un eventuale attacco di quei mostri.
La notte era silenziosa e il terrore ci aveva gelato il sangue nelle vene.
Nessuno di noi osava parlare.
Ahala era seduto sotto una colonna, la testa fra le ginocchia. Leida era l'unico cosciente e quindi in grado di ragionare. Non si era spaventato di fronte al demone e era sceso da cavallo per salvare Destiny, armato solo della sua spada.
Quel ragazzo era molto più coraggioso di quanto desse a vedere.
I fuochi dei braceri erano rimasti accesi lungo la strada principale, uniche torce contro l'oscurità.
Forse gli altri non l'avevano notato, ma io l'avevo visto bene. Destiny era terrorizzata dal buio. Quando eravamo al Jolly Pepper si era bloccata di fronte al l'oscurità della galleria e aveva iniziato a tremare.
Cosa avremmo potuto contro i demoni se perfino "la luce nell'oscurità" li temeva?
Mi avvicinai al trono dorato.
«Destiny» chiamai senza aspettarmi una risposta.
Mi guardó. Era terrore quello che vidi nei suoi occhi.
«Cosa facciamo?»
«Aspettiamo» disse in tono piatto.
«E cosa aspettiamo, che ci uccidano?»
Non rispose.
«Come li uccidiamo? Hai visto i denti che aveva? Hai visto i suoi artigli? Scommetto che nessuno ha visto cose simili fino ad ora.»
«Li ho visti bene, Selene. Ho visto come ha ucciso Vieternan. » Era come pensavo. Lo stallone bianco non era scappato, ma era stato ucciso dal demone.
«Guiderai tu l'esercito in caso di un loro attacco?»
Annuí. No che non l'avrebbe fatto e appena tutti avessero visto quei mostri, sarebbe scoppiato il caos. Nessuno avrebbe avuto le palle di affrontarli, nessuno avrebbe guidato l'esercito, e i soldati molto probabilmente se la sarebbero data a gambe.
I consiglieri si eran barricati nelle loro stanze del palazzo.
«Davvero Senior White? Guiderai quell'esercito?»
Non annuí una seconda volta. La risposta mi fu chiara.
Andai da Namti e gli accarezzai il viso.
Mi guardó per un attimo, poi ricadde nel terrore.
«Namti, che facciamo?» chiesi, sperando di ottenere da lui una risposta risolutiva che avrebbe annullato tutto il casino in cui ci trovavamo.
«Non lo so. » Rimasi delusa.
Non feci la stessa domanda ad Ahala e superandolo incrociai lo sguardo di Leida.
Ero pronta a parlargli quando di sentirono dei rumori provenire dalla strada principale.
Destiny si sporse dal trono e tutti guardammo fuori dalle porte del palazzo.
Era un cane randagio che aveva fatto cadere delle scope appoggiate all'ingresso di una casa.
Sospirammo profondamente. Nessun pericolo.
Destiny tornò con la schiena appoggiata sullo schienale dorato del trono.
Poi sentimmo lo stesso cane guaire e correre da una parte all'altra della strada con la coda fra le gambe. L'animale si infilò in un vicolo.
Si udirono lamenti strazianti . Il Leader scattò in piedi e dai tanti vicoli bui tra le case, spuntarono fuori quei mostri. Non riuscii a contarli.
Uno di loro aveva tra i denti la parte superiore del cane randagio, quella inferiore era staccata dal resto del corpo.
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