46 - 𝕌𝕟 𝕟𝕦𝕠𝕧𝕠 𝕣𝕖

Destiny

La luce filtrava dai vetri delle alte finestre.
Le pesanti tende rosse non eran chiuse e quindi le permettevan il passaggio.
Le finestre si affacciavano sulle abitazioni che si trovavano dietro il palazzo.
Case nobili ed eleganti, appartenenti agli aristocratici. I tetti non eran cadenti o fatti di legno, ma costruiti con uniformi tegole.
Agli ingressi principali vi si poteva trovare statue dei migliori scultori del regno, Tesus ed Efis. Le loro opere rappresentavan spesso soldati vittoriosi, fieri leoni alati, cavalli rampanti e dame eleganti.
Dopo il re, solo i nobili potevano permettersi un tale sfarzo. Per loro eran simboli del potere.

A me non interessava la ricchezza che derivava dal potere, io desideravo la gloria, l'onore di esser ricordati nei secoli.
Ma in quel momento cercavo vendetta. La bramavo più di ogni altra cosa.
Aron aveva preso il trono di mio padre, mi aveva usata. Zanfi e Younne non mi avevano mai detto la verità, che non avrei mai scoperto se non avessi letto quel libro e le lettere di Air.
Improvvisamente capii perché non vi erano quadri raffiguranti Iris, o perché non vi erano statue o scritti. Aron aveva cercato di rimuoverlo dalla memoria delle persone, per non farmi scoprire la verità, per tenermi sotto il suo controllo.

Aspettavo da tempo ormai nella vecchia sala da ballo.
Il pavimento di marmo rosso levanto era ricoperto da uno spesso strato di polvere.
Ai lati del soffitto vi erano delle sculture bianche e dorate, mentre attaccati alle pareti vi erano dei lunghi specchi rovinati dal passare degli anni e rotti in alcuni punti.
La sala era stata chiusa perché non soddisfaceva più Aron, egli voleva creare qualcosa di più grande, di più maestoso.
Riuscivo ancora a vedere le persone danzare con legiadria per la sala, gli uomini che invitavano le dame a ballare, i grandi banchetti imbanditi.
Guardando il mio riflesso ad uno degli specchi, la mia immagine si presentava frantumata in pezzi, proprio come mi sentivo dentro.
«Destiny» disse Leida, con un sorriso.
Portava una camicia verde scuro e una giacca di pelle marrone aperta, I capelli raccolti in una coda bassa con dei ciuffetti ribelli che fuoriuscivano da essa. Una cintura dalla fibia bronzea gli teneva I pantaloni, mentre ai piedi portava degli stivali neri alti fino al ginocchio.
Attaccati alla cintura teneva una boccetta contenente un liquido azzurro, un libro, un sacchetto di monete, un pugnale, un mazzo di chiavi e una piccola borsa di cuoio.

«Ti vedo turbata» notò il ragazzo, avvicinandomisi. Guardammo entrambi lo specchio.
«qualcosa non va?»
Posai la testa su una sua spalla.
«sai che puoi dirmelo..»
«sto per fare qualcosa che non avrei mai pensato di fare»
«cosa? Smettere di bere? Io te l'avevo consigliato da tempo»
«no. Non quello» ridacchiai.
«mmh fammi pensare... vuoi prendere un cane? Ho indovinato? »
Avevo raccontato a Leida della mia passione per i cani. Younne ne aveva uno. Era grande e aveva il pelo morbido, così morbido che un giorno, da piccola, quando ero tornata dall'Accademia, mi addormentai su di lui. Stimavo la loro fedeltà e il dovere di protezione che avevano nei confronti del loro padrone.
«no. Non voglio prendere un cane, anche se mi piacerebbe molto»
Namti e Selene fecero il loro ingresso nella sala. Ridevano tra loro.
«ciao, ragazzi» li salutó Leida.
Spostai lo sguardo verso le finestre e mi avvicinai ad esse. La luce del tramonto si spandeva sul pavimento impolverato.
Anche Ahala ci raggiunse.

«Perché ci hai chiamato?» chiese Namti con gioia, pensando che li avessi convocati per dargli una buona notizia.
«ho preso una decisione, ma ho bisogno del vostro sostegno. Di quello di tutti voi»
Leida mi stava vicino. Sapevo già che sarebbe stato al mio fianco, indipendentemente dalla decisione che avrei preso.
«voglio prendere il trono» dissi, più determinata che mai. Rimasero tutti in silenzio, guardandomi sbigottiti.
«e tuo padre come la prenderà questa decisione?» chiese Ahala ironico.
«Non è mio padre e non lo è mai stato. Sono la figlia di Iris Lightning, non di Aron.
Lui ha preso il trono di mio padre e ora me lo riprendo.»
Selene e Namti si guardavano, incerti.
«Allora, siete con me?»
Guardai Leida, che mi sorrise, annuendo con il capo.
«io sono con te» disse Namti, incrociando le mani sul viso.
«Se Namti è con te, lo sono anche io» aggiunse Selene.
Non ci potevo credere, mi avrebbero sostenuta.
Mancava solo Ahala.
Quello guardó fuori per un attimo, poi disse in un sospiro di irritazione:«A me non fregherebbe un cazzo, ma visto che siamo una famiglia e che dobbiamo esser sempre uniti, come dice il maledetto codice dei Guardiani... Io sono con voi»
«Aww ma così mi fai piangere, Ahala» scherzó Leida.
«Vieni qui papà Ahala!» Namti gli si buttó addosso, stringendolo tra le braccia.
«Scollati, dai!» disse quello, cercando di levarselo di dosso. Quella scena mi strappò un sorriso.
«Allora, quale è il piano?» chiese Leida, impaziente di conoscerlo.
«per prima cosa, bisogna eliminare le guardie reali»
«io e Selene ci occuperemo di loro» disse Namti.
«D'accordo, ma dovete fare attenzione a Remmer.»
«A lui penso io. Quello mi sta sulle palle da fin troppo tempo» Ahala si mise a giocare con uno dei suoi tanti pugnali, passandolo da una mano all'altra.
«A chi lo dici» ammise Leida.
«Sbaglio o mi hai appena dato ragione?» Ahala era scioccato.
«Eh? No!»
«Si. Gli hai appena dato ragione» osservò Namti.
«Ma non è vero! » Cercò di difendersi Leida.
«Tu che hai sentito, Selene?» le chiese l'arciere.
«anch'io ho sentito così»
«come? Selene, anche tu ti ci metti?! »

«Ragazzi. Il piano. Dobbiamo concentrarci sul piano.» li ripresi, cercando di rimanere seria.
«Si, giusto.» ridacchió Namti.
«Allora, Ahala e Leida si occuperanno di Remmer»
«Ce la faccio da solo» disse il Guardiano dai capelli rossi con presunzione.
«Fidati Ahala, è meglio se lo affrontate in due»
«E chi si occuperà del re?» chiese Selene.
«Ad Aron penserò io» portai una mano dietro la schiena e con le dita accarezzai l'impugnatura di una delle due spade.
Ero impaziente di usare quella lama.
«Quando ci muoveremo?» chiese Ahala.
« Domani. Agiremo prima di notte. Le guardie proteggono le sue stanze.»
«Facciamo fuori le guardie e il re resta scoperto» ragionó Selene, scambiando sguardi di intesa con Namti.
«Esatto. Sarà vulnerabile e in quel momento lo coglieró di sorpresa.»

La sera seguente ci riunimmo nei giardini del palazzo. Namti e Selene erano muniti dei loro archi , Ahala dei suoi pugnali e Leida di una spada dalla lama affilata.
«siete con me, fratelli?» chiesi, porgendo una mano.
Ad uno ad uno sovrapposero le loro mani sopra la mia, dicendo :« sono con te, fratello»
Ci guardammo negli occhi augurandoci buona fortuna, poi incrociammo le mani sulle maschere.
Selene indugió nel farlo, ma io annuii con il capo, rassicurandola . Anche se non aveva una maschera, da quel momento in poi avrebbe fatto parte della nostra famiglia. Quella sera avremmo rovesciato il governo reale e dovevamo esser uniti. Avremmo sicuramente avuto l'appoggio del popolo, ma i nobili avrebbero potuto dichiararci guerra.
Ogni mio passo nel corridoio era più pesante del solito e mentre ci incamminavamo verso le stanze reali, il tempo sembrò fermarsi.
Eravamo i Guardiani, nessuno avrebbe sospettato di noi, eppure avevo un brutto presentimento. Qualcosa sarebbe andato storto, ma non sapevo ancora cosa.

Io e i due arcieri ci fermammo prima della curva,lasciando andare avanti gli altri.
Sporgendomi potei vedere le guardie disposte vicine alle stanze di Aron.
Ognuna teneva una mano sull' impugnatura della spada e con l'altra stringeva una lancia.
Ahala e Leida si guardarono per un attimo.
«Scusateci, nobili signori, possiamo porvi una domanda?» disse Leida alle guardie.
Quelle annuirono, confuse dalle parole del ragazzo.
«vi siete mai innamorati?»
Le guardie scoppiarono a ridere, mentre Ahala fece un mezzo sorriso.
«Lo prendo per un no. Che vita triste. Beh direi che è ora che i miei amici vi colpiscano con le frecce dell'amore»
Leida aveva uno strano senso dell' umorismo.
A quelle parole, Namti e Selene, già pronti con le corde degli archi tese, scoccarono le frecce.
«ma che..!» una puntò la sua lancia contro Leida.
«Ma che scortese!» si lamentó il ragazzo e prendendo l'asta la rigiró, mettendola al collo della guardia e tenendola con le mani da dietro le spalle di quello. L'uomo tentò di ribellarsi alla presa di Leida, ma senza alcun successo. Namti ebbe una perfetta vista del suo obiettivo e lasciò andare la freccia, andando a colpire la guardia.
Leida lasciò andare l'uomo, che si accasció a terra.
Ahala aveva pugnalato due guardie.
«via libera» disse Leida, con fare soddisfatto.
Uscii da dietro l'angolo insieme a Namti e Selene.
La porta di ingresso alle stanze reali non era più sorvegliata. Potevo entrare senza problemi, ma era troppo semplice.
Ci stavamo dimenticando qualcosa.

«Rimanete qui, tutti quanti. Vi potrebbero essere altre guardie nei paraggi»
I miei compagni annuirono.
Aprii la porta e la lasciai accostata.
Nella prima stanza non vi era nessuno. Aprii la seconda.
Era piena di divanetti rossi e comodini con sopra piatti di frutta.
Un grande tappeto blu e dorato ricopriva il pavimento.
Sembrava non esserci nessuno.
Ero impaziente di trovare il re. Le mani mi formicolavano. Sopra un caminetto era appeso un quadro raffigurante Aron. Stava seduto su una sedia e in mano teneva il suo scettro.
Feci qualche passo verso il dipinto, decisa a distruggerlo con le mie lame, quando venni bruscamente afferrata per la vita.
Mi dimenai, ma la presa si strinse sempre di più.
«Dove credi di andare, ragazzina?» Quella voce sprezzante e odiosa, l'avrei riconosciuta fra mille e in un attimo realizzai di chi ci stavamo dimenticando. Remmer.
Gli diedi una gomitata, ma quello sembrò non accusare il colpo.
Era particolarmente forte e con violenza mi lanciò contro una parete.
Sbattei la schiena e una spada mi cadde dalle mani.
Girai velocemente nella mano la sola lama che mi era rimasta e mi scagliai contro Remmer.
Quello schivó il mio colpo, ma non riuscì ad evitare il pugno che gli diedi in faccia.
Mi guardó con rabbia negli occhi e prendendomi per il mantello, mi trascinó a terra.
«Nononono» dissi, prima di venir sbattuta nuovamente contro il muro.
«avanti signor Leader! Le sgualdrine sanno difendersi meglio! » mi sfidò, sguainando la sua spada.
Attaccò, ma schivai il suo colpo, saltando su uno dei divanetti.

Passavo da un divano all'altro, evitando i colpi dell'uomo, ma quello, mentre balzai per arrivare ad un altro sofà, fu abbastanza veloce da ferirmi ad una spalla.
Caddi a terra.
Aveva colpito nell'esatto punto in cui la Golden Armour mi lasciava scoperta. Una sostanza calda scese lungo il mio braccio.
Indietreggiai sul tappeto e mi rialzai prontamente , ma Remmer mi diede un calcio in pancia, facendomi cadere su un divanetto.
Sul comodino vicino vi era il vassoio con grappoli d'uva, mele e arance.
L'uomo provó ad infilzarmi, ma mi spostai e la spada si conficcó nel sofà.
Presi il grande piatto che conteneva la frutta e glielo diedi in testa.
Non si diede per vinto e mi prese per la gola, spingendomi contro il camino.
Scalciai, ma si rivelò inutile.
Non potevo usare il mio potere, sapevo che avrei perso il controllo. Già quando i soldati di Narrow ci avevano attaccati, lo avevo mantenuto per miracolo.
Sbattei la mia testa contro la sua, lui rispose allo stesso modo, ma con maggior forza. Quel colpo mi stordí.
«Ora ti ammazzo, puttana» disse con un ghigno.

La lama di una spada si frappose fra me e Remmer.
«Signore, le consiglio di non provarci» Leida aveva uno sguardo serio e determinato. Non avrebbe permesso che Remmer mi facesse altro male.
Ahala aveva estratto dalla cintura un pugnale dalla lama ricurva.
«Siete un gruppo di ragazzini. Cosa avete intenzione di fare, eh?! Volete per caso prendere il trono?!»
Mi mancava il respiro. La stretta di Remmer mi stava soffocando.
«È esatto!» Leida mosse velocemente la spada e ferì la mano che stringeva il mio collo.
La guardia ringhió.
«Vai!» mi disse il Guardiano dagli occhi verdi, indicandomi la porta con un gesto del capo.
«Fa vedere chi sei a quel bastardo!» mi incoraggiò Ahala.

Raccolsi le mie spade , aprii un'altra porta e la rinchiusi alle mie spalle, senza guardarmi indietro.
Mi stavo facendo battere da Remmer. Remmer?! Come era stato possibile?
Non mi stavo concentrando.
Una scalinata di marmo bianco coperta da un tappeto nero portava alle camere di Aron.
Dal soffitto pendevano lampadari decorati da cristalli.
Salii le scale. Il sangue non smetteva di uscire dalla spalla ferita.
Mi appoggiai ad un corrimano e nel farlo, lasciai l'impronta rossa della mia mano.
Non vedevo guardie. Non vi era nessuno. Regnava un silenzio innaturale.
Arrivata in cima alla scalinata, mi trovai di fronte a quattro stanze.
In quale poteva essere Aron?

«Non è quello che ci avevi promesso» disse una voce proveniente dalla quarta porta.
«Si. Sir Wandar ha ragione. Ti sei dimenticato delle promesse che hai fatto?» disse un' altra voce maschile.
«Miei signori, manteniamo un contegno, vi prego» sentii dire Aron.
La sua voce era un insulto per me. In quel momento odiavo ogni suo respiro, ogni suo passo, ogni sua parola. Con un calcio aprii la quarta porta.

Alcuni dei più potenti nobili del regno eran seduti su delle sedie intorno ad un tavolo circolare. Sopra le loro teste il soffitto era formato da una cupola di vetri, dai quali la luce entrava colpendo il centro del tavolo.
Dopo la mia entrata, tra loro era calato il silenzio.
Aron sorrise nel vedermi. Un sorriso falso che accrebbe la mia rabbia.
«signor Leader, va tutto bene?» chiese un nobile con finta preoccupazione.
Mi avvicinai alla sedia di Aron e gli puntai la spada al collo.
«cosa stai facendo, figliola cara?» chiese quello, spaventato dalla lama tagliente.
«Non sono tua figlia. Sono Destiny Lightning. Iris è mio padre. Tu sei solamente un ratto schifoso»
Nel sentire il nome di Iris, negli occhi di Aron vi fu odio e irritazione.
«ma che stai dicendo?!»
Un nobile si alzò dalla sedia, pronto ad uscire dalla stanza, ma con un gesto veloce della spada, gli tagliai una mano.
Gli altri signori, presi dal panico, provarono ad alzarsi dalle sedie, ma io scossi il capo.
Aron aveva visto la scena e impaurito aveva chiamato a gran voce :«Guardie!»
«Non verranno» lo avvertii «nessuno ti salverà dalla mia lama»
«tu sei impazzita!»
«No. Ho solamente aperto gli occhi. Tu hai preso il trono di mio padre e mi hai usata. Adesso mi riprendo ciò che è mio»
«il popolo ti si rivolterà contro» mi avvisó Aron.
«Il popolo mi ha sempre sostenuto e la tua morte sarà un sollievo per molti, credimi»
«Remmer!» chiamò di nuovo.
«il tuo cane è morto.»
Il re mi guardó terrorizzato. Non aveva più alcuna difesa, era vulnerabile.

«Ti darò tutto ciò che vuoi, ma ti prego, risparmiami. Qualsiasi cosa, oro, argento.. »
«voglio la tua vita, non degli oggetti»
Un giovane nobile afferrò un taglia carte e mi si scagliò contro.
Lasciai stare Aron e afferrai il giovane per il farsetto, gli levai dalle mani il pugnale e lo spinsi contro una finestra aperta.
Eravamo in una delle torri più alte del palazzo.
«Non lasciarmi!» mi imploró, tenendosi al mio braccio.
In quel momento non ragionavo con lucidità. L'odio aveva appannato la mia vista.
Lasciai andare il ragazzo, che urló, ritrovandosi nel vuoto.
Nel frattempo Aron si era alzato dalla sedia e oltrepassando il corpo del nobile senza mano, era riuscito ad uscire dalla stanza.
Scattai e uscii velocemente dalla stanza, ritrovandolo all'inizio della scalinata di marmo.
Stava per scendere il primo gradino, quando lo spinsi giù dalle scale. La corona gli cadde dal capo.
Rotoló come una palla, lasciando del sangue sui gradini.
Arrivato alla fine, cercò di alzarsi, ma gli diedi un calcio in faccia.
«avrei dovuto ucciderti quando eri una bambina» disse, mentre il sangue gli usciva copioso dal naso e dalla bocca.
«Si, forse avresti dovuto» alzai una delle mie spade, pronta a colpire.
«Ti auguro ogni male Destiny Lightning» disse in tono sprezzante «non sai governare e ciò che sta per arrivare è più grande di te»
«pensi di spaventarmi? Sono Senior White. Nulla mi spaventa» la spada scese e la testa si staccò dal corpo. Il sangue si sparse sul tappeto.

In quel momento provai un tal senso di sollievo, mi sentii realizzata, libera.
I nobili avevano assistito alla scena da sopra la scalinata e mi guardavano con terrore.
Raccolsi la corona di Aron. Era composta da rami intrecciati adornati da foglioline di rame.
Dei diamanti eran incastonati tra esse, mentre altri eran disposti alla base.
«ora vi farò una domanda signori. Preferite aver salva la vita o morire per la mia spada?»
Quelli si inginocchiarono.
«Onore alla nuova regina» disse uno di loro.
Non avrei mai accettato di esser chiamata regina, suonava alle orecchie come una carica minore.
«No. Io sono il vostro nuovo re» dissi.

Nel frattempo Ahala, Leida, Namti e Selene mi avevano raggiunta.
Leida si inginocchiò per primo, e gli altri dopo di lui.
Rinfoderai le mie spade. Era finita.
Mi misi la corona al braccio e presi la testa di Aron dal pavimento.
Tornando nella stanza dei divanetti, trovai Remmer steso a terra con un pugnale nell'occhio.
Ahala e Leida avevano fatto un buon lavoro.
Tagliai anche la testa della guardia e la presi in mano. La testa di Aron e quella di Remmer si scontravan tra loro ad ogni mio passo.
Namti mi procurò due corde, sapeva cosa avevo intenzione di fare.
Nel percorrere un corridoio incontrai Zanfi e due altri consiglieri. Zanfi svení tra le braccia dei suoi compagni.

Arrivai al mio amato balcone e legando le teste per i capelli, le attaccai alla balaustra bianca, lasciando che penzolassero nel vuoto. Il sole era ormai tramontato dietro la grande catena.
Avevo le mani sporche di sangue. Avevo ucciso il re. Ero un'assassina. Tuutavia non mi parve giusto di definirmi tale. Avevo solamente rivendicato ciò che era mio.
La popolazione si fermò ad osservare il macabro spettacolo.
Fu allora che mi tolsi la corona dal braccio e lentamente me la misi sul capo, in modo che tutti vedessero.
«Aron è morto. Io, Senior White, ho preso il potere. D'ora in poi sono il vostro nuovo sovrano» urlai dal balcone.
La gente, sentita la notizia, scoppiò in applausi, fischi e esultazioni.
Sapevo che il popolo mi avrebbe sostenuto. Era stanco di Aron.

Io e i ragazzi arrivammo alla sala del trono e quando mi trovai di fronte alla grande maschera, mi bloccai sul posto. Ero degna di sedere su quel trono così grande e maestoso?
Sopra le colonne i grandi re del passato mi osservavano con sguardi severi, quasi di rimprovero.
«Avanti, Destiny» mi esortó Leida.
Feci un passo avanti, ma mi bloccai nuovamente.
Mi voltai indietro e i miei compagni annuirono.
Accarezzai la maschera dorata e lentamente mi sedetti sul trono.
Quando lo feci, venni pervasa da una sensazione di invincibilità.
Risi, soddisfatta.
Avevamo preso il potere, ma da esso derivavano responsabilità e non sapevamo cosa stava per arrivare, cosa avremmo dovuto affrontare, cosa ci avrebbe distrutto.









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