41 - 𝕀𝕝 ℕ𝕒𝕤𝕔𝕠𝕟𝕕𝕚𝕘𝕝𝕚𝕠

Destiny

Entrai nel palazzo come una furia, guardandomi freneticamente intorno .
Kaifah non era più sulla balconata dove l'avevo lasciato.
Il terrore che l'avessero catturato mi assalí.
In un atto di frustrazione e disperazione, mi tolsi la maschera dal viso con lieve disprezzo.
Il mio cuore si strinse e nella mia testa immaginavo i peggiori scenari.
Mi passai le mani tra i capelli e sollevando lo sguardo, vidi le stelle, complici e spie silenziose. Se le guardie o Aron si fossero azzardati a toccare il mio Generale, li avrei squoiati vivi. Sfoderai nuovamente le mie spade con sguardo assassino, mi sarei ripresa Kaifah con la forza, anche se si sarebbe trattato di tradimento verso la mia patria che tanto amavo.
Qualcuno afferrò il mio braccio con una presa delicata.
«Lui è al sicuro» Leida mi guardava con sguardo sicuro e rassicurante.
Allentai la presa sulle impugnature delle lame.
«Abbassa le spade. Cerchiamo di non dare sospetti»
«dove è?»
«te lo dirò quando avrai abbassato quelle spade»
Anche in quella situazione, Leida si rivelava il più prudente e saggio dei due. Infatti per il mio strano comportamento, due guardie realo avevano iniziato a guardarmi con fare sospettoso.
«calmati, Leader»
Feci come mi aveva suggerito e rinfoderai le lame. Le guardie si allontanarono.
«dove è lui?»
«nella stanza di Xeniàn» bisbiglió Leida «Gli ho dato le giuste indicazioni, non dovrebbe essersi perso»
Aveva aiutato Kaifah, l'aveva salvato dalle guardie, mettendolo in salvo.
«gli ho detto di entrare nel..» si bloccò quando lo strinsi tra le braccia.
«grazie, fratello»
«per ora dovrà rimanere lì. Se vorrai andare da lui dovrai cercare di non dare nell'occhio. Sarai anche il Leader, ma la tua carica non ti rende non sospettabile»
«Non so come farei senza di te, Leida»
Posò un soffice bacio sui miei capelli.
«aiuto gli altri a portare i prigionieri nelle carceri. Ci saranno molte esecuzioni,Destiny »
«lo so» Aron preferiva uccidere i suoi nemici su un patibolo, dopo averli torturati e dopo che quelli stessi avessero desiderato la morte.
Lo sguardo di Leida era triste, provava dispiacere me e per la situazione in cui ero finita. Il ragazzo giró l'angolo, lasciandomi sola.

La stanza di Xeniàn
Percorsi I corridoi a passo svelto, rallentando ogni volta che incontravo una guardia.
Tagliai per dei giardini pungendomi con le spine dei cespugli di rosa, mi nascosi dietro il piedistallo di una statua, aspettando che due guardie passassero.
«Signor Leader, tutto bene?» disse una voce, che mi fece sussultare.
Una giovane guardia mi stava vicino, osservandomi con sguardo preoccupato.
«sisi! Tutto bene. Sai, troppo vino...» risposi, troppo velocemente.
«ha bisogno di aiuto?»
«Secondo te il Leader ha bisogno di aiuto?! » ero tesa come una corda.
«no, ma...»
«e allora va via e raggiungi i tuoi compagni!»
«si, certo Senior White!» disse, facendo un piccolo inchino.
Mi aveva preso alla sprovvista e stavo per andare nel panico. Per fortuna ero riuscita a liquidarlo in poche parole.
Espirai profondamente.
Mi comportavo come se fossi io la fuggiasca che era scampata alle guardie.

I miei passi risuonarono per la scala a chiocciola dagli scalini cadenti che portava alla stanza di Xeniàn.
Arrivata alla stanza bussai alla porta come se qualcuno potesse rispondermi. Che idiota..
Entrai.
Dal soffitto eran cadute altre tegole e massi, i mobili erano rimasti al loro posto, alcuni coperti da teli.
Spostai lo sguardo sul grande camino impolverato in pietra nera e abbassandomi spinsi prima lentamente, poi con forza la parete.
Quella si aprí lateralmente ed io gattonai al suo interno.
Quando mi alzai in piedi vidi una scrivania colma di oggetti impolverati e rovinati dal tempo, come un candelabro, una coppa, un mozzicone di candela e due libri.
Una libreria con alcuni scaffali rotti e due o tre libri, una cassa e una poltrona. Fortunatamente vi era un po' di luce nella stanza. Le deboli fiammelle dei mozziconi di cera erano le uniche ad illuminare il nascondiglio. Avevo paura del buio. Si, il Leader, la luce nell'oscurità, aveva paura del buio. Da piccola chiedevo a Zanfi di non lasciarmi sola durante la notte, lo pregavo di non spegnere la candela sul comodino. Non ero mai riuscita a superare quella paura, quel terrore di non sapere che cosa aspettarmi dall'oscurità che mi avvolgeva.
Una mano mi accarezzò i capelli da dietro le spalle, prendendo delle ciocche.
Mi voltai lentamente, incontrando gli occhi metallici del mio amato.

Rimanemmo in silenzio.
Un silenzio innaturale, straziante.
Inspirai per dire qualcosa, ma non ne ebbi il coraggio.
«Mi dispiace, Destiny» fu lui a parlare con un tono secco e deciso.
«Dovevi dirmelo Kaifah. Dovevi avvertirmi. Perché non me lo hai detto? »
«Non sapevo come avresti reagito»

«immagino abbiate vinto voi»
«come sempre. Siete stati dei folli»
«spesso sono i folli a compiere grandi imprese.» ironizzó, poi tornó serio, impassibile «sono morti tutti?»
«no. I prigionieri verranno giustiziati pubblicamente.»
«Philip?»
« È al sicuro»
«Non è stato catturato?» Non sembrava sollevato, anzi era furioso.
«No.»
«E dove è adesso?»
«al sicuro»
«dove?! »
«Al bordello la Rosa. Forse lo conosci» allusi alle tante volte in cui quando ero all'accampamento lo vedevo allontanarsi con la consapevolezza di dove stesse andando.
Fece per uscire dal nascondiglio.
«dove credi di andare?»
«Ad ucciderlo»
« Fermati! Non riusciresti a superare un corridoio senza incontrare delle guardie. Usciresti da palazzo solamente in catene.. per l'esecuzione, ed io non lo sopporterei.»
«Gli avevo detto di non aprire le porte.» Sbatté un pugno sul muro, rassegnato «non volevo..»
Mi avvicinai con cautela e gli posai una mano sulla spalla.
«Quel che è stato è stato. Non possiamo cambiare ciò che ormai è passato. Prima o poi le guardie ti cercheranno, senza riuscire a trovarti.»
Mi rivolse uno sguardo sofferente.
«Ma se ti troveranno , non permetterò che ti tocchino.» appoggiò la fronte alla parete, espirando profondamente.
«Mi ami ancora?» domandó ad un tratto.
Abbassai lo sguardo.

L'attacco della sera prima era stato per me una pugnalata al cuore. Il suo era stato come un tradimento, da me ritenuto più grave di uno amoroso. I suoi compagni avevano attaccato la mia patria, la mia terra, il popolo che tanto amavo, i bambini, le case. Anche io l'avevo tradito, ma non in quel modo.
Tuttavia, nonostante ciò che era successo, ciò che mi aveva tenuto nascosto, io continuavo ad amarlo.
«si. Non smetterò mai di amarti»
Kaifah fu sollevato da mia risposta, che si era fatta attendere e che quindi aveva potuto generare in lui dei dubbi.
Mi prese il viso tra le mani, sussurrandomi :«perdonami»
Annuii più volte, lentamente, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Kaifah non vide arrivare il forte schiaffo che lo colpí in viso. Mi guardó, confuso. Non se lo aspettava.
«Ti perdono, perché ti amo, ma se mi tradirai un' altra volta, avrai la mia lama al posto della mia compassione» dissi, gelida.
Un sorriso divertito si disegnó sulle sue labbra. Io rimasi impassibile, non stavo scherzando.
Non riuscivo ancora a credere a come potevo, dentro di me, aver perdonato un tradimento simile. L'avevo fatto per amore.
Si,per amore. Ma molte volte l'amore è infido e subdolo.
Eppure io avevo deciso di perdonare l'uomo che amavo,nonostante il suo sbaglio.
Anche io ne avevo fatti di errori in passato, e lui mi aveva perdonata.

Accarezzai il viso del mio Generale e baciai le sue labbra.
«Le guardie dovranno passare sul mio cadavere per averti. Tu sei mio.» sussurrai
Mi strinse a sé, tenendomi per la vita.
Cosparsi il suo visto di baci, ma lui rimase immobile con le braccia intorno a me.
«cosa hai?»
«avevi ragione. Quando mi hai chiamato mostro. Faccio schifo, lo so. Non merito nulla, figuriamoci il tuo amore »
Ero confusa.
«Non te lo ho detto perché non volevo perderti. Sei la cosa più bella che potesse capitare ad uno come me, il regalo più bello che mi ha fatto il destino, la sostanza dei miei giorni, il mio continuo pensiero. Non volevo ferirti» detto ciò si lasció andare sulla poltrona.
«Kaifah» le sue parole mi avevano colpita e avevan soffiato via gli ultimi granelli di rabbia che avevo.
«le guardie mi staranno sicuramente cercando, ma io non voglio morire. Non perché io abbia paura della morte, ma perché allora ti perderei davvero.»
«ciò che è accaduto non cambia l'amore che provo per te,non lo distrugge e non lo indebolisce.»
Allungai una mano verso di lui, ma Kaifah la prese e la bació con un improvviso bisogno, come se per lui fosse un'ancora di salvezza.
«Mi distrugge vederti così»
«E come vorresti che mi comportassi dopo ciò che è successo?»
«vorrei che tu fossi quello di sempre. Spavaldo, geloso, goffo»
«goffo? Ah grazie mille! » ridemmo entrambi.
« e rude» continuai.
«rude? » chiese, curioso.
«si. A me piace quando sei rude» dissi con malizia.
«hmmm» prendendomi per un fianco, mi fece sedere su di sé. La sedia scricchioló.
«Non penso ci regga» osservai, vedendo che una una delle gambe della poltrona stava per cedere.
"Non è vero..» Kaifah mi bació con selvaggia passione, ma in quel momento la gamba di legno della sedia si spezzò.
Per fortuna il mio Generale si alzò per tempo, tenendomi in braccio e evitando così di farci cadere entrambi a terra.
Mi fece sedere sul tavolino impolverato, continuando a baciarmi.
Feci scivolare le mani sulle sue natiche, avvicinandolo maggiormente a me.
Anche in quel momento ci desideravamo, anche se fuori c'era l'inferno, noi restavamo rinchiusi nella nostra bolla d'amore, fatta di sguardi, carezze e baci spassionati. Quello era il nostro rifugio.
«ma stai tremando» notai
«Non è niente»

Faceva freddo in quel nascondiglio anche se io non lo sentivo, grazie alla golden Armour. Ma togliendomi i guanti con i denti e prendendo le mani di Kaifah, constatai che erano gelate.
Con decisione staccai il mantello dorato dalle spalle e feci per metterlo sulle spalle del mio amato.
«Non ne ho bisogno. Mi bastano i tuoi baci per scaldarmi» disse con fare burlone.
«Ma che romantico! Leida ti ha dato lezioni per caso?» lo presi in giro.
Ridacchió e si lasció avvolgere dal tessuto dorato.
La situazione non migliorò di molto, ma avevo già un'altra idea che ci avrebbe aiutato.
Mi alzai e aprii un altra cassa. Xeniàn era morto un anno prima e aveva lasciato delle bottiglie di vino e tantler dentro una cassa.
Presi una bottiglia di vino e la diedi a Kaifah. Io presi il tantler.
«sei seria? »
Annuii con un sorriso. «ti terrà al caldo»
«su questo non ci sono dubbi» stappò la bottiglia e la annusó.
Fece un verso di appressamento e ne bevette un sorso.
«È buono. Ma chi viveva qui? »
«Xeniàn. Uno dei consiglieri»
«beh questi consiglieri non si trattano mica male»
Bevetti un sorso di tanter. Quello faceva schifo invece.
«quanto darei per avere il veleno di serpente al posto di questo» osservò la bottiglia che teneva in mano «ma mi accontenterò. Perché continui a bere quella roba dolciastra?»
«penso che non la berrò..» lasciai cadere la borraccia con dentro il tantler «stavolta hai ragione te. Fa schifo»
Sulle sue labbra si formò quel sorrisetto spavaldo che tanto amavo.
«dai su, tieni» mi passó la bottiglia e bevetti. Era davvero buono.
Continuai a bere.
«beh, visto che qui non c'è un letto, direi che dovrò dormire sul tappeto per terra.»
Bevvi un altro sorso e guardai il pavimento, notando lo sguardo malizioso di Kaifah.
«se stai cercando di venire a dormire nella mia stanza, puoi scordartelo.»
Scoppiò a ridere. «ci ho provato»
«so che è difficile per te, ma dovrai accontentarti. Se venissi nelle mie stanze, le guardie ti troverebbero in un batter d'occhio»
«capisco» annuí e si sdraió sul tappeto con le mani sul petto.
Il farsetto era aperto sul collo, come lo portava Leida e per me quella semplice cosa era davvero attraente.
Mi resi conto d'aver bevuto troppo nell'esatto momento in cui mi accorsi di aver finito la bottiglia.
Iniziò a girarmi leggermente la testa.

Mi misi a cavalcioni su Kaifah che aprí di scatto gli occhi, socchiusi fino a quel momento.
«che c'è?»
Mi morsi il labbro inferiore e passai le mani sul suo farsetto, soffermandomi sulle chiusure.
«oh ho capito. Vuoi giocare... » disse, malizioso.
«avevamo iniziato prima, perché non continuare?»
«qualcosa mi dice che hai bevuto troppo, altrimenti non saresti così.»
Voltò il capo di lato e nel vedere la bottiglia vuota aggiunse:«appunto»
«che c'è Kaifah? Improvvisamente non vuoi scoparmi? Questa sì che è una sorpresa.»
«Se non lo faccio è solamente perché qualcuno potrebbe sentirci. Fai troppo rumore»
«e chi vuoi che ci senta? Qui vivono solo domestici e servitori. Penseranno che siamo due giovani arrapati» risi come un'idiota.
«ma io non sono un ragazzino»
« Non ne sono così sicura.. Ti comporti spesso come tale»
Mi piaceva provocarlo.
«ah davvero?»
«si..»
Si rotoló di fianco e le posizioni si invertirono. In quel momento era lui ad esser sopra di me.
Con due dita picchió piano sul metallo della Golden Armour, prima di scendere in basso.
Tentò di rimuovere la parte superiore, ma senza successo.
«ma come cavolo... »
Quell'armatura era difficile da mettere e altrettanto difficile da togliere. Era composta da tante parti e ognuna di esse era incastrata in modo tale da rendere l'armatura inespugnabile.
«lascia fare a me, ragazzino» sgusciai da sotto Kaifah e alzandomi in piedi, Iniziai a rimuovere la Golden Armour, pezzo dopo pezzo.
«lo sai che ti fa un bel culo? Che ne dici di non coprirlo più con quel mantello?»
Espirai, rassegnata.
«ecco il Kaifah che conosco»
Lui ridacchió.
«hai fatto?» chiese, impaziente. Si era già rimosso il farsetto. Si zittí immediatamente quando vide che avevo terminato.

Posai una mano sul petto di Kaifah, che senza aspettare, mi fece indietreggiare verso il tavolino. Feci per sedermici sopra, come poco prima mi aveva messo lui.
«no» disse, prima di farmi voltate bruscamente. Mi mise con la pancia sulla superficie lignea. «vediamo se mi riterrai ancora un ragazzino»
Sentivo il rumore della fibia di ferro della cintura dietro di me.
Mi tremavano le gambe.
Il tessuto dei pantaloni si muoveva. Kaifah se li stava levando.
Alzai per un attimo la testa dal tavolo, ma una mano sul collo, mi rimise dove ero prima.
Le sue mani percorsero la mia schiena.
Una mi accarezzò una natica prima di darle una forte pacca. Gemetti.
La accarezzó nuovamente e le diede un altro colpo.
Strinsi con le mani i bordi del tavolo.
"ti prego.. Ah! Abbia pietà... " giocai.
Si piegò su di me e sussurrò al mio orecchio :" sarò spietato "
Mugolai in risposta.
Il solo sentire la sua voce calda e profonda mi eccitava. Mi sentivo bagnata.
Afferrò i miei fianchi e lentamente affondò dentro di me, mozzandomi il fiato.
Iniziò da subito con delle forti spinte, facendomi gemere e mugolare.
Sul collo avevo ancora i segni violacei fatti da lui.
Strinse maggiormente i miei fianchi e li spinse contro i suoi.
«piano» gemetti.
«chi era il ragazzino?»
«tu» avevo ancora voglia di sfidarlo.
Diede un forte affondo che quasi mi sollevò da terra.
«no. Non è vero. Non è vero»
Cercai di spingerlo indietro con una mano, ma lui mi prese I polsi e li bloccò sulla mia schiena.
Mi sentivo in trappola, ma mi piaceva l'idea di esser sua prigioniera.
Si abbassò su di me e sussurrò al mio orecchio :« farò in modo che ci sentano tutti i servi e i domestici»
Quella fu davvero una lunga notte.

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