38 - 𝕊𝕠𝕥𝕥𝕠 𝕝𝕖 𝕤𝕥𝕖𝕝𝕝𝕖
Selene
«Namtii dai! Dammela!» mi allungai cercando di prendere la ciambella che teneva alta con il braccio.
«Mai» ridacchió. Nell'altra mano teneva una busta di carta con dentro altre ciambelle prese dal forno. Ma la ciambella che teneva alta con l'altra mano era diversa dalle altre nel sacchetto, era ricoperta da una glassa bianca. Era speciale e sicuramente la migliore.
«ti pregooo»
«solo se.. Mi dai un bacio»
Alzai un sopracciglio.
Si portò la ciambella alla bocca, pronto a morderla.
Alzai gli occhi al cielo, sorridendo . Accarezzai il volto di Namti e avvicinai il mio viso al suo.
Le nostre labbra si incontrarono , entrambe sporche di granelli di zucchero, che resero il bacio ancora più dolce.
Gli presi la ciambella dalla mano e mi staccai dalle sue labbra.
Morsi la morbida pasta frolla, che assaporai chiudendo gli occhi e perdendomi in quella bontà.
Namti prese un altro dolce dalla busta e lo addentó.
«dove mi stai portando?» chiesi, curiosa.
«È una sorpresa»
Sorrisi e mangia un altro pezzo di ciambella.
«Ma per arrivare dove desidero, abbiamo bisogno di un passaggio» Si voltò e guardó un carro condotto da due vecchi cavalli neri, che nonostante l'età, correvano ancora veloci.
Un uomo anziano con indosso dei vestiti rovinati e bucati in alcuni punti, spronava i due.
Era piuttosto magro e sul capo portava un cappello di paglia.
«cosa vuoi fare?» domandai accigliandomi.
«Seguimi!» disse il ragazzo dopo aver riposto il sacchetto dei dolci in una delle tasche interne del suo cappotto nero. Il carro ci era appena passato vicino e Namti aveva iniziato a corrergli dietro. Lo seguii.
Raggiunse il carretto e si aggrappó ad una delle due staccionate che si trovavano ad entrambi i lati di esso. Continuai a correre, finché Namti mi porse la mano e con il suo aiuto anche io riuscii a salire.
Il carro trasportava quattro barili, due grandi sacchi, delle reti e tre canne da pesca.
«Ce l'abbiamo fatta!» sorrisi.
Namti si sporse verso l'anziano conducente e con due monete in mano, chiese: «Buon uomo, potrebbe portare anche noi nel luogo in cui lei è diretto?»
L'anziano sorrise mostrando la sua bocca sdentata e dopo aver accettato le due monete, rispose : « Ma certo giovanotti! Tenetevi forte che si vola!»
Con un colpo di redini, i cavalli corsero più di prima.
Superammo le bianche mura e uscimmo da Aither, diretti verso la città dei pescatori.
«Dove stiamo andando?» Mi tenevo stretta alla staccionata del carro.
«Te l'ho detto, è una sorpresa. Abbi un pó di pazienza!» rispose, in tono scherzoso.
Non smettevo di sorridere. Nessuno mi aveva mai trattato in quel modo così tenero.
«Beati voi che siete giovani!» commentó il vecchio « Sapete, quando io avevo la vostra età, c'era un Leader davvero speciale. Era capace di proteggere tutti, senza dimenticare nessuno, era fiero e sedeva orgoglioso sul trono.»
«Quale era il nome di quel re?» chiese Namti.
«Il suo nome era Ir..» l'anziano si interruppe di colpo al passaggio di due guardie a cavallo.
«Iris Lightning» bisbiglió poi.
Mancava poco alla destinazione del vecchio.
I miei occhi si persero alla vista dell'infinita distesa di acqua salata, che con la luce del sole, brillava.
«Noi scendiamo qui» disse l'arciere.
Il conducente fece rallentare di poco i cavalli, permettendoci di scendere.
«È bellissimo, Namti» dissi osservando sotto la scogliera dalla quale ci affacciavamo. Vi era una lunga e grande spiaggia, sulla quale si infrangevano delle piccole onde.
«Tu sei bellissima, Selene»
Arrossii, poi chesi: « hai altre ciambelle?»
«purtroppo no»
«Namti? Ne eran rimaste due»
Si grattó la nuca, guardandosi gli stivali.
«te le sei mangiate?!»
Accennó un sorriso.
«Le hai mangiate di nascosto! Come hai osato?» Ero indignata.
Scoppió a ridere e mi disse accarezzandomi i capelli e facendomi posare il capo sul suo petto.
«quando torniamo ad Aither te ne compro dieci, va bene piccola?»
«prometti!»
«te lo prometto»
Scendemmo dalla scogliera, arrivando sulla spiaggia.
La sabbia era così pulita che i granelli erano bianchi.
«Non mi hai mai detto nulla di te.»
«Sono nato nella terra d'Afria»
«E come è?»
«Non è una città. È più un insieme di villaggi, quattro per la precisione.»
«villaggi?»
«si. Theonas, Danan, Hibica e Cypryca. Sono nato a Cypryca, il più povero dei villaggi.»
«e perché sei venuto ad Aither?»
«Nei villaggi erano scoppiate guerre civili ed io aspiravo a qualcosa di più. Prima che me ne andassi, mia madre e mia sorella furono uccise in una lotta fra clan. Non mi voltai indietro, non cercai vendetta. Ad Albomen ho vinto la competizione degli arcieri. Zanfi mi ha trovato e mi ha portato qui, ad Aither.» Da quando aveva iniziato a parlare del suo passato, aveva assunto un'espressione seria, completamente diversa da quella scherzosa che aveva di solito.
«E quindi come hai conosciuto gli altri Guardiani?»
« Li ho incontrati per la prima volta all'Accademia. Ahala era meno stupido di quanto lo sia adesso, Leida si era portato appresso ben cinque libri in una borsa di pelle, che il povero Zanfi si è dovuto caricare sulla schiena. Nella nostra prima missione siamo scampati alle guardie per miracolo.»
«E Destiny?»
«Lei sembrava la più preparata»
«sembrava?»
« ci ha raccontato che per riuscire ad uscire dalle stanze reali , ha dovuto combattere contro la regina. Poi le guardie l'hanno inseguita.» ridacchió, poi tornó serio «devo ammettere che con il passare degli anni è diventata imbattibile. Non riuscirei a colpirla con le mie frecce. Per quanto velocemente io possa tirarle, non ce la farei. Me le rigirerebbe»
«rigirarle? Intendi che le fermerebbe»
«No. Me le restituirebbe.»
«Aspetta. In che senso?» domandai, confusa.
«prenderebbe la freccia come a reindirizzarla , e con un giro sul posto me la rilancerebbe contro.»
«Wooow» esclamai
«lo abbiamo provato una volta, durante un addestramento, ma Destiny non lo fa spesso. Solamente quando ne ha voglia, quindi si limita a schivare o distruggerle»
La brezza marina mi accarezzava il viso e mi scompigliava i capelli.
Delle navi eran dirette verso il porto, mentre altre lo lasciavano, dirette verso terre lontane.
Namti Avvicinò la sua mano alla mia e la prese. Le nostre dita si intrecciarono.
Guardammo l'orizzonte. Il mare si tingeva dei colori del tramonto e i gabbiani volavano alti nel cielo.
Tornammo ad Aither grazie al passaggio di un altro carro. Il conducente era uno degli stallieri reali, infatti portava il fieno per i cavalli. Non era loquace quanto il primo.
«dai! Lo hai promesso!» tirai Namti per una manica del cappotto, indicandogli il banco del fornaio.
«È vero, hai ragione. Ma me ne lascerai almeno una?»
«valuterò la sua proposta una volta avuto ciò che mi spetta»
Ridacchió e mi compró I dolci che mi aveva promesso.
Presi il nuvo sacchetto di ciambelle e ci incamminammo verso il palazzo.
Mi fermai di colpo.
Una testa mozzata era appesa ad una corda. Pendeva da uno dei ganci vicino all'ingresso.
Il sangue era ancora fresco e colando, macchiava la parete bianca del palazzo.
«oh no» disse Namti. Avevamo già visto quel volto. Era l'anziano conducente del carro che avevamo preso per arrivare al mare. Teneva aperta la bocca sdentata e i suoi occhi erano rivolti verso il cielo.
La testa era stata attaccata alla corda per un ciuffo dei grigi capelli.
Strinsi il sacchetto al petto, incapace di parlare.
Namti strinse la mia mano nella sua e chiese ad una guardia:«Cosa ha fatto quest'uomo per meritarsi una tale sorte?»
«Insulto verso la corona.» Rispose quella, tenendo la lancia stretta nella mano.
Rimanemmo in silenzio, guardando quell' atrocità.
Insulto verso la corona..
Destiny
Richiusi la porta della camera. Le terme erano state un sollievo dopo un' intera giornata di guardia sulle mura. La mia vestaglia bianca si era scucita su una manica. Selene aveva messo in ordine la sua stanza e aveva lasciato la mia. Era solare ultimamente e i suoi occhi brillavano per la felicità. Presi la mia spazzola dal cassetto e Iniziai a spazzolarmi i capelli davanti al grande specchio a muro, decorato dalla cornice dorata. Avevo evitato che l'acqua calda li bagnasse.
Qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» dissi. L'uscio si aprí cigolando e si richiuse lentamente.
Smisi di pettinarmi e ascoltai i pesanti passi che si dirigevano verso di me.
Li conoscevo bene. Dal grande specchio vidi una figura maschile, alta e possente. Non mi voltai.
Due grandi mani mi cinsero la vita. Il respiro di Kaifah mi scaldava il collo, mentre i suoi capelli mi solleticavano il viso.
Scoprì una mia spalla e la bació. Con un lento e cauto movimento, riposi la spazzola sul comodino.
Lui slacció la veste, aprendola e infilandovi dentro una mano.
«Come hai fatto ad entrare?» domandai a bassa voce, posando una mano sulla sua.
«Leida» bisbiglió, baciandomi il collo.
«Quel ragazzo è piuttosto strano» commentò poi.
«Strano? Tu definiresti strana una persona gentile?»
«Lo stai difendendo?»
«Ma certo»
Si acciglió. «Non dirmi che..»
«No, Kaifah. Non c'è nulla tra me e lui. Siamo solo amici»
«Amici?» la sua mano dalla mia pancia scese verso il basso.
«Si, solo..siamo soltanto buoni amici» iniziò a mancarmi il respiro.
Con l'altra mano mi accarezzò una natica.
Mi voltai verso di lui, guardandolo negli occhi.
Slacciai la sua cintura.
«Che stai facendo?» mi domandó Kaifah, con sguardo malizioso.
«Non lo capisci? Voglio farmi perdonare...»
«Allora dovrai impegnarti, perché io non sono facile da soddisfare»
Presi il suo mento con le dita e baciai le sue labbra con passione.
Sbottonammo insieme la sua giacca di pelle, tra un bacio e l'altro. Dopo aver rimosso questa, rimanevano solo la camicia e i pantaloni.
Si sfilò il tessuto di lino dal capo.
«Siediti» indicai con un cenno del capo la poltrona rossa vicina.
Fece con piacere come avevo detto e si accomodó.
Mi piegai davanti a lui e feci scorrere le mani sui suoi pantaloni. I suoi occhi si incupirono. Passai lentamente l'indice sul rigonfiamento e glieli levai.
Osservai il suo desiderio e senza esitare lo presi in bocca. Kaifah sussultó e strinse con le mani le maniglie della sedia.
«Destiny» gemette.
Affondó una mano nei miei capelli. Continuai a muovere la lingua. Kaifah iniziò a irrigidirsi.
«Aspetta, Destiny. Fermati»
Mi fermai e ripresi fiato. Con il pollice premette sul mio labbro inferiore, accarezzandolo.
Poi mi prese per i capelli, mi sporsi in avanti e lo baciai.
Mi sedetti su di lui, infilando le gambe negli spazi vuoti dei manici.
Con un'urgenza improvvisa Kaifah mi levò di dosso la vestaglia. I suoi occhi mi guardavano con desiderio e adorazione, la bocca leggermente aperta. Il suo respiro era più veloce del solito, ansimante.
Con una mano mi appoggiai ad una sua spalla, mentre con l'altra gli accarezzai il viso.
Le sue, avide, strinsero la pelle morbida dei miei fianchi.
Kaifah mi sollevò per poi farmi scendere su di sé. Mi riempí completamente, gemetti. Era troppo profondo e mi faceva male. Mi sforzai di non urlare.
Ci baciammo con passione. Le nostre salive si mischiarono e le nostre lingue danzarono insieme.
«Mio Generale. » ansimai.
«Destiny. » supplicó. Cominciai a spingermi lentamente contro di lui. Quel ritmo lento era sopportabile,ma presto divenne straziante. Sentii il bisogno di accelerare.
«Sì... Destiny...» strinse le mie natiche e accompagnó i miei movimenti, spingendomi con forza e velocità.
Gemetti nel suo orecchio, graffiai le sue spalle e lo baciai nuovamente. I suoi baci eran per me divenuti indispensabili, vitali. Mi cibavo delle sue labbra.
Kaifah si alzò dalla poltrona, tenendomi attaccata a sé. Poi mi gettó sul letto.
Raccolse la cintura da terra, mi mise le mani sopra la testa e le legò alla testiera del letto. Non opposi resistenza.
«Sono tua prigioniera adesso, Generale Kaifah?»
Le sue mani si posarono sulla mia vita, tenendomi attaccata al materasso.
Kaifah mi bació sul collo e iniziò a succhiare la pelle lasciando segni violacei. Mugolai.
Continuó fino ad arrivare alla fine dello stomaco, lì sollevò il capo e mi guardó con perfidia.
«Adesso tocca a me.» disse in un tono di voce più profondo del solito.
Mi prese per le cosce e mi divaricó maggiormente le gambe.
La sua lingua si muoveva con fare esperto, facendomi gemere.
Giravo la testa da una parte all'altra, sperando che quel piacere non si esaurisse mai.
Il mio Generale si fermò e succhió la pelle dell'interno coscia.
Volevo che la sua bocca continuasse a darmi piacere, e sussurrai:« Kaifah... »
Sollevai il bacino.
Lui capí immediatamente e con fare malizioso, mi chiese:« Cosa è che vuoi? Avanti, dillo. Voglio sentirtelo dire.»
Sollevai il bacino più che potei, ma nulla, lui voleva sentire quelle parole.
«Voglio..»
«Mhm?»
«Voglio che tu... »
Annuí, in attesa.
«Ti supplico, Kaifah. »
«Oh. Mi stai supplicando? Interessante...»
Non avrebbe fatto nulla se quelle parole non fossero uscite dalla mia bocca.
«Voglio che tu torni ad usare la lingua» Non ci credevo. L'avevo detto. Sorrisi, fiera di me.
«Brava, piccola. »
Piccola? Come è che mi aveva chiamata?
Kaifah mi afferrò per le natiche e mi penetró con la sua lingua calda.
Con una mano strinsi la cintura che mi legava i polsi, incapace di parlare.
Venni.
Il Generale tornó a guardarmi negli occhi e con un movimento deciso dei fianchi, rientrò dentro di me.
I suoi affondi andavano ad un ritmo furioso.
Gemetti e d' istinto cercai di usare le mani per stringermi a lui, ma quelle eran legate.
«Fa piano» riuscii a dire tra i gemiti.
Kaifah rallentó il ritmo delle spinte , e nel farlo tenne la sua fronte sulla mia. Il mio corpo si irrigidí a mano a mano che il piacere cresceva dentro di me. Leccai le sue labbra e le baciai.
Venni per la seconda o terza volta, urlando dal piacere, e con me anche Kaifah.
Si spostò da sopra di me.
«Intendi slegarmi?» chiesi, sorridendo ancora ansimante.
«No, penso che ti terrò così.»
«Kaifah!» lo rimproverai.
Ridacchió, ma al posto di liberarmi, si voltò dall'altra parte del cuscino e disse con una finta voce assonnata:« Buona notte. »
«Kaifah, slegami. Immediatamente» provai ad imitare la sua voce autoritaria, ma si rivelò un misero fallimento.
Non mi feci prendere dal panico e con voce dolce, dissi:«Amore, mi sleghi?»
Al sentire il nomignolo con cui l'avevo chiamato, si voltó e nei suoi occhi vidi felicità e commozione. Gli faceva davvero un tale effetto il modo in cui l'avevo chiamato?
Tuttavia, quell'espressione ci mise poco a scomparire dal suo viso.
«Il soldato ha scontato la sua pena, giusto?» Sorrisi e gli mostrai le mani legate.
Con un semplice gesto, mi slegó, ma l'istante dopo tornò a darmi le spalle, senza nemmeno dirmi una parola.
«Ehi» dissi, arrampicandomi sulla sua schiena «che ti succede?»
Non rispose.
Accarezzai un suo braccio muscoloso e percorsi con le dita le cicatrici che aveva sulla schiena.
«come te le sei fatte queste ?» era una domanda che gli avrei voluto fare da tanto.
Continuava a non rispondermi, ma sapevo che non stava dormendo.
Mi avvicinai al suo orecchio con un sorriso dispettoso e gli soffiai dentro.
Kaifah sussultó, voltandosi di scatto ed io caddi da sopra la sua schiena.
«ma che...! » esclamò, infastidito.
Risi come un ragazzino che aveva appena fatto una marachella.
«ma perché lo hai fatto?»
«Come ti sei procurato quelle cicatrici?»
«un anno di prigionia nella torre del soldato piangente»
«oh» quella risposta mi aveva rattristato.
«e come sei scappato da lì?»
«Philip è stato furbo»
«c'era anche lui?»
«Lui si è preso più frustate di me» nel raccontare quell'evento, la sua espressione si era indurita.
Accarezzai il suo viso, che con quel semplice gesto, si ammorbidí.
Posò il capo sul mio petto ed io gli lisciai i lunghi capelli neri.
«Promettimi che sarò sempre il solo ed unico per te» disse Kaifah ad un tratto , sollevando gli occhi per guardare nei miei.
« te lo prometto, Kaifah. Ma solo se anche tu me lo giuri»
«te lo giuro, Destiny.»
Lui era mio, ed io ero sua e così sarebbe sempre stato.
«Devi tornare all'accampamento?»
«Dovrei, ma non voglio» si strinse maggiormente a me . Mi sentivo protetta dal suo corpo possente. Improvvisamente volevo ricordargli quanto lo amassi.
«Kaifah..» sussurrai al suo orecchio «ti amo»
Non rispose. Stava russando. Realizzai che si era già addormentato.
Baciai la sua fronte.
Anch'io stavo per sprofondare nel mondo dei sogni, quando mi ricordai del mio impegno con Leida.
Kaifah dormiva profondamente. Sgusciai lentamente da sotto di lui. Si lamentó con un grugnito, ma non si svegliò.
Emisi un sospiro di sollievo. Presi un pantalone marrone e un corpetto di cuoio dall'armadio. Mi misi velocemente i vestiti, strinsi i lacci del corpetto, infilai gli stivali e uscii dalla stanza, attenta a non far rumore.
Salii le scale di una delle torri ed entrai nella vecchia stanza del consigliere Xeniàn.
Una parte del tetto era crollata, lasciando intravedere il cielo notturno. La luce lunare illuminava la stanza, donandole un'aura di mistero.
Erano rimasti pochi mobili, per la maggior parte rosi dai tarli e un tappeto impolverato.
Nessuno si era dato la briga di levare i mattoni caduti, e questi eran rimasti sul pavimento della camera.
Leida era sdraiato sul tappeto. Indossava una giacca marrone con diverse tasche, dei pantaloni simili ai miei, degli stivali neri e un mantello verde, del colore dei suoi occhi.
Vicino a sé teneva una borsa a tracolla.
Mi sedetti vicino a lui, che mi sorrise.
Le stelle brillavano nel cielo e alcune lo solcavano, veloci.
«Hai espresso un desiderio?» mi chiese Leida.
«Ho già tutto ciò che desidero, non ho bisogno d'altro. Tu? Ne hai espresso uno?»
«si. Io..»
«se me lo riveli non verrà esaudito»
Rise.
«Non è qualcosa di così importante.»
«di che si tratta?»
«ah, adesso vuoi saperlo?» mi guardava, divertito. «Desidero solo che questa pace in cui è avvolto Aither, sia eterna. Sono stanco di uccidere, di vedere sangue e morte. Voglio vivere in pace, senza guerra. Senza la paura di poter perdere qualcuno di caro o perder se stessi.»
«ti capisco Leida»
«io non riesco ad uccidere come fai te. È come se per te fosse una cosa normale, naturale, come se non ti importasse delle vite che distruggi. Non te ne sto facendo una colpa, è solo che non so come tu faccia»
«Non lo so nemmeno io»
«hai mai avuto paura del tuo potere?»
«Si, ne ho sempre paura»
Mi guardó, sorpreso dalle mie parole.
«E perché dovresti temerlo?»
«Hai visto quel che è successo al palazzo di Albomen?»
«Si, ne hai distrutta una parte, hai fatto crollare il soffitto e hai rotto le finestre»
«Quella volta ho perso il controllo»
Quando perdevo il controllo del mio potere, finivo per distruggere ciò che non volevo e far male a persone innocenti.
«Comunque..questo è per te» Leida prese un incarto dalla borsa e me lo porse.
«Che cos'è?»
«Aprilo»
Scartai il pacchetto e la vista di ciò che vi era dentro mi commosse.
Presi il libro con due mani.
Sulla copertina: "Raymond Wilxes. Ricordi del fronte di Moonridge".
«voglio che lo tieni tu, Destiny.»
«Non so cosa dire, Leida»
«Allora non dire nulla»
Sfogliai alcune pagine. Vi erano ancora le glosse che vi avevamo appuntato insieme.
Mi schiarii la voce e lessi :«In quei giorni il vento soffiava forte e il freddo tagliava la pelle. Le nuvole nere avevan nascosto il sole. I lacci di cuoio delle calzature penetravano la carne dei piedi e le suole erano gelide. Alcuni soldati erano rimasti indietro, i compagni feriti morirono prima di sera. Io e gli altri ci riparammo sotto i carri, che facevano da scudo contro il vento.
Rimaner vivi fu la vera sfida. Non ci si poteva permettere errori, non si potevano avere dubbi sul fronte di Moonridge.»
Sentii l'odore antico di quelle pagine ingiallite e rovinate dal tempo.
«Kaifah mi ha detto che sei stato tu a farlo entrare.»
Leida annuí con il capo.
«È tornato al suo accampamento?»
«No, a dir la verità l'ho lasciato nella stanza. Sta dormendo.»
«Beh, allora torna da lui e copritevi di più. Questa notte farà freddo.»
Sorrisi.
« Grazie di tutto Leida. Grazie per quel che hai fatto per me. Grazie di esistere.» alcune lacrime minacciavano di uscire, ma mi trattenni.
«Non mi stancherò mai di ripetertelo. Sarò sempre..» iniziò a dire.
«Al tuo fianco» terminai la sua frase.
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