Capitolo 9
Spazio Autore
Salve a tuttiii
Questa volta ho deciso di mettere questo spazio all'inizio per anticipavi due cose che vi faranno capire meglio il tutto...Questo capitolo è ambientato a circa un'anno di distanza dal precedente e molte cose sono cambiate, ma non altre, i sentimenti sono gli stessi.
Spero vi piaccia!!
Commentate e votate, vi aspetto!!
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Sono :_ Iriii96_
21 AGOSTO 2020
Gaia si guardò un'ultima volta allo specchio prima di chiudersi la porta alle spalle. Era cambiata tanto rispetto all'ultima volta in cui si era ritrovata in quel minuscolo monolocale di Firenze, a lei pareva fossero passati secoli, invece era passato solo poco più di un'anno.
Si sistemò con le mani i capelli ribelli che ora erano anche più lunghi e poi scese più giù fino a sfiorare con le dita il tatuaggio sul polso. Non era più l'unico, ora aveva anche un piccolo cuoricino sulla spalla e una frase scritta in corsivo molto fine sul costato destro che si intravedeva appena sotto la maglietta estiva; "Sei tu l'inizio di ogni cosa che ti immagini e sei tu la fine di ogni limite che superi", citava la canzone dei Negramaro, quella strofa che le piaceva tanto, quella strofa che da un'anno a quella parte si ripeteva per trovare la forza di alzarsi dal letto ed affrontare il mondo ogni mattina.
Appena uscì fuori, l'aria calda della sua città la colpì in pieno viso e le fece desiderare ardentemente di trovarsi, anche solo per un'istante, in qualche spiaggia tropicale e sorseggiare moijto ghiacciato e a rilassarsi lontano da tutti.
In realtà nulla le vietava di farsi una vacanza, era lei che non voleva. Lavorare la teneva occupata e la faceva stare bene.Ogni mattina entrava in ufficio alle sette e non usciva finché fuori non era buio, arrivava a casa stravolta, mangiava qualcosa velocemente, possibilmente stesa sul divano e poi crollava in un sonno profondo. La stessa routine si ripeteva ogni settimana e spesso addirittura nel weekend, sbrigava i progetti dei suoi colleghi per permettergli di stare con i figli, loro avevano un motivo valido per tornare a casa a lei invece un'ora in più in quel buco non cambiava nulla.
«Sono quasi lì mamma, pochi minuti ed arrivo.» Lasciò un breve messaggio vocale a sua madre mentre percorreva a passo svelto il vialetto che l'avrebbe condotta a casa dei suoi.
Abitavano vicini però si vedevano poco. A Monica, sua madre, piangeva il cuore nel vedere la sua adorata bambina ridotta in quel modo, eppure sentiva di non poterci fare nulla. Gaia sarebbe guarita, si sarebbe riparata da sola ogni pezzo del cuore ma aveva bisogno di tempo e sua madre avrebbe aspettato tutto il necessario. Suo padre invece non accettava di vedere quel vulcano di sua figlia per cosiddire "spento"; spesso si urlavano addosso perché lui la rimproverava di aver seguito troppo il cuore spegnendo completamente il cervello, poi finivano per non parlarsi per qualche giorno finché tutto non tornava ad un'apparente normalità. Per questo motivo Gaia cercava sempre di evitare i pranzi di famiglia, tuttavia quella domenica era tornata a Firenze anche sua sorella con il suo nipotino e questo l'aveva spinta ad andare a quel pranzo a qualsiasi costo.Elena lavorava a Milano per un noto studio legale ed erano davvero rari i momenti in cui riusciva a scendere a Firenze.
«Amore di Zia! Vieni qui, come sei cresciuto!» Gaia strinse subito in un'abbraccio il piccolo Andrea che non appena la porta d'ingresso si era aperta, si era fiondato tra le sue braccia esibendo la sua mitica "Dybala mask".
«Non dirmi che neanche quando sei con zia riesci a non pensare al tuo calciatore preferito, la zia è molto meglio!» Si finse offesa mettendo il broncio.
«La zia è la migliore, però non fa gooool» proruppe il piccolo liberandosi dalla presa e correndo a prendere il pallone. Non riusciva mai a stare fermo per più di dieci minuti di seguito, Gaia lo vide calciare con decisione e poi girarsi a guardarla per cercare la sua approvazione. La visione di quella maglia bianconera da cui il nipote non si separava neppure per andare a dormire la riportò a quegli amari ricordi, a quegli occhi che la perseguitavano ovunque senza lasciarle scampo.
«Se vuoi posso vendertelo, anzi te lo regalo.» La voce di sua sorella interruppe bruscamente il flusso dei suoi pensieri e la riportò alla realtà. Gaia scoppiò a piangere gettandosi tra le sue braccia, non la vedeva da troppo tempo e le era incredibilmente mancata, vi si abbandonò tra le lacrime ed inavvertitamente le macchiò la camicetta bianca con la sbavatura della matita nera, quindi fece per allontanarsi, di scatto, dispiaciuta.
«Ehi, babi, tranquilla, sono qui. Noi due dobbiamo parlare tanto: lo sai vero?» Le disse la maggiore, accarezzandole una guancia dolcemente.
Gaia annuì.« Si,assolutamente.»
«Ragazze è pronto, tutti a tavola!» Monica richiamò tutti i presenti che si misero seduti intorno alla grande tavola rotonda che ogni estate veniva puntualmente spostata dal salone al giardino. Il pranzo passò lentamente, Gaia si era seduta a tavola con gli occhi ancora gonfi dal pianto, si era scusata per l'emozione di averli visti di nuovo tutti insieme. Ovviamente, forse solo suo nipote le aveva creduto, gli altri l'avevano guardata con quel filo di compassione mista a tenerezza, con cui la guardavano ormai sempre. Suo padre si era arrabbiato come al solito e non le aveva parlato per il resto del pranzo, creando un imbarazzo abbastanza palpabile. Per fortuna Monica ed Elena avevano avuto tanto da raccontarsi ed avevano alleggerito un po' l'atmosfera.
«Allora, inizia dal principio.» Iniziò Elena. Si era accovacciata sul loro vecchio letto incrociando le gambe mentre Gaia si era coricata su un fianco, reggendosi il viso con una mano per poter dare maggiore attenzione alla sorella. Dopo il pranzo, approfittando del relax di tutti gli altri famigliari, erano salite nella loro vecchia stanza dove tutto era rimasto come quando erano piccole.
«Da dove dovrei iniziare?» Chiese Gaia alzando un sopracciglio e prendendo ad accarezzare un suo vecchio peluche.
«Ok ho capito. Vuoi che ti cavi le parole di bocca. Inizia a raccontarmi da quando hai conosciuto il bastardo che ti ha ridotta così.» La incalzò la maggiore, sapeva bene che provocarla era l'unico modo per suscitare in lei una reazione.«Mamma mi ha raccontato qualcosa..» Lasciò quelle frasi in sospeso sperando che l'altra continuasse.
Gaia sussultò, presa alla sprovvista dalla durezza di quelle parole. «Ti prego, ti racconto tutto, ma giudicalo solo alla fine della storia ok?» Si mise seduta torturandosi le mani e poi continuò. «Quel bastardo, come lo chiami tu, è Federico Bernardeschi, dovresti conoscerlo se tuo figlio è così juventino sfegatato.» Un sorriso amaro lasciò le sua labbra mentre guardava la sorella rimarci di stucco.
«Cosa?» Chiese l'altra con la bocca leggermente schiusa per lo stupore.
«Si. Hai capito bene, sono andata a casa sua per lavoro e ci siamo conosciuti. Mi è piaciuto subito ma stavo con Luca.. Però ci sentivamo spesso.» Si fermò per riprendere fiato, era così difficile per lei parlare di quel periodo della sua vita.
«Anche se siamo sempre rimasti in contatto, non avrei mai tradito il mio ragazzo.» Ovviamente quello sua sorella lo sapeva bene ma lei aveva comunque voluto sincerarsi di dirglielo.
«Quando ho trovato il coraggio di lasciare Luca sono andata da lui e ci siamo messi insieme. Siamo stati così bene per qualche settimana, mi sentivo in paradiso. Un giorno però è tornato a casa e mi ha detto di stare aspettando un figlio. Da un'altra.» Gaia non si era accorta dopo quello sfogo di essere scoppiata a piangere, dei singhiozzi rumorosi scuotevano tutto il suo corpo mentre sua sorella, che ora piangeva con lei, la stringeva forte al petto.
«Perché non mi hai detto nulla? Sono tua sorella, potevo starti vicino.»
«No. Non ho detto nulla a nessuno, neppure a lui. Era sera quando era tornato a casa quel giorno, fuori pioveva però io mi sentivo tanto felice, lui mi ha abbracciata proprio come te adesso e dopo mi ha raccontato tutto.» Si interruppe un'istante cercando di tornare con la mente a quegli attimi, gli ultimi insieme lui. «Mi ha spiegato di aver incontrato quella ad una cena e di esserci andato a letto insieme. Io ero fidanzata e lui era esasperato da quella situazione. Mi ha detto di non amarla.» Se lo ricordava bene quel momento, quando tutto il suo mondo le era crollato addosso .
«Tu gli credi? Voglio dire pensi che ti abbia mentito anche in quel momento?»
«No. Non mi ha mentito.» Gaia scosse la testa con convinzione, poi prese un lungo sospirò e si preparò a buttare fuori ciò che non aveva ancora raccontato a nessuno. «Però comunque quello non cambiava le cose, suo figlio sarebbe venuta al mondo e aveva bisogno di suo padre e sua madre insieme, io dovevo farmi da parte. Così ho fatto finta di voler restare comunque con lui, abbiamo fatto ancora l'amore quella sera più lentamente, quasi disperatamente. Quando si è addormentato ho ripreso le mie cose e me ne sono andata, da quel giorno ho cambiato numero di cellulare, mi sono cancellata da tutti i social e mi sono trasferita qui. Non l'ho più visto e mi sono promessa di non cercare informazioni su di lui, credo che ora il bambino sia nato.» Concluse rilasciando un respiro tremolante,si sentiva finalmente leggera per essersi potuta liberare di quel peso.
Elena le sorrise con gli occhi ancora lucidi per l'emozione, lei ne sapeva qualcosa di più di quella notizia che nelle ultime settimane aveva riempito i giornali di gossip di tutto il paese, nella quale però non avrebbe mai immaginato che potesse coinvolta anche sua sorella.«È una femmina, si chiama Francesca Gaia» La interruppe stringendole forte la mano.
Gaia sorrise, per la prima volta dopo troppo tempo.
«Come me?» Chiese esterrefatta asciugandosi una delle innumerevoli lacrime che le bagnavano il viso.
«Si, come te.»
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