Capitolo 19 - Era ora!

"Punizione, signorina Lewis," disse Haverna freddamente. "Per esibizionismo."

Guardandola male, mi sedetti. Aveva chiesto chi sapesse fare l'incantesimo Lumos Maxima. Eric aveva mormorato che probabilmente io ci sarei riuscita, e sfortunatamente Haverna lo aveva sentito. Lo fece provare prima a lui, e quando non ci riuscì, lo chiese a me. Apparentemente, lo avevo fatto troppo bene.

"Classe, l'incantesimo Lumos Maxima fu creato nel 1874 dall'esperta Henriette Pickonelle. Qualcuno sa dirmi dove ciò è avvenuto?"

Colette borbottò sottovoce la risposta, ma nessuno, nemmeno Rose (che di certo la sapeva), alzò la mano. Haverna ne sembrò personalmente offesa, ed iniziò a proclamare un sermone sul fatto che avremmo dovuto i passaggi del libro assegnati, perché per padroneggiare davvero un incantesimo, dovevamo conoscerne la storia. Sembrò che fissasse me per tutta la durata del discorso, ma dato che mi rifiutai di alzare lo sguardo, non ne ero sicura. Per il resto della lezione, rimanemmo tutti ostinatamente in silenzio, quindi lei non ci fece provare l'incantesimo, dicendo che avremmo potuto farlo la settimana successiva, dopo aver letto il libro come avremmo dovuto. Quando lo disse, ovviamente, fui tentata di gettare il libro nell'immondizia. Dopo la lezione, Haverna mi disse che avrei scontato la punizione con Gazza quella sera, alle otto.

Le punizioni con Gazza erano le peggiori che si potessero avere. Non lasciava mai usare la magia, e di solito faceva fare lavori alquanto disgustosi. Rimaneva seduto lì, rimpiangendo i bei vecchi tempi in cui poteva appendere le persone per le caviglie per qualche ora, e ti scrutava da vicino per essere sicuro che fosse tutto perfetto.

"Ho sentito che è un Magonò,"  James mi disse a cena. "Per questo ci odia tutti, perché ci invidia."

"Oh, James, sono sicura che non è vero," disse Mackenzie, accigliandosi.

"Beh, lo hai mai visto lanciare un incantesimo?" James chiese brevemente, alzando gli occhi al cielo. Mackenzie sembrò leggermente urtata da quel commento, quindi si corresse, "Cioè, se fossi un mago, non andrei in giro a spazzare se potessi usare un incantesimo."

Albus non fece commenti, e Colette aveva infilato la testa in un libro di incantesimi, quindi la conversazione si spostò su altri argomenti. Alla fine, però, tutti andarono verso la sala comune, ed io dovetti andare in direzione opposta, verso l'ufficio di Gazza.

Quando entrai, non era ancora arrivato, quindi decisi di aspettare. Ero stata lì parecchie volte in precedenza, e non era mai stata un'esperienza molto piacevole. Nell'aria c'era odore di frittura di pesce, ed un lato della stanza era completamente nascosto da vari armadietti. Mi avvicinai, sbirciando le etichette scollate. Due erano dedicati per intero a George e Fred Weasley, gli zii di Al. Un altro aveva l'etichetta "PotterBlackLupinMinus," come se fosse un unico lungo nome, scritto piccolo piccolo per farcelo entrare. La maggior parte degli altri armadietti avevano solo lettere, ma anche qualcun altro studente fortunato aveva il proprio armadietto. Mi chiesi cosa esattamente avessi dovuto fare per meritarmi il mio armadietto personale.

Prima che potessi ficcanasare oltre, entrò Gazza. Subito mi allontanai dai cassetti quando mi scrutò sospettoso. "Non stavi toccando nulla?"

"Ovviamente no," dissi cortese, arrangiando un sorriso. Mrs. Purr, la sua gatta, entrò con andatura rilassata, e saltò su una sedia. Girò gli occhi verso di me, ed iniziò a fissarmi con un livello di intelligenza che pareva quasi umano. Rabbrividii e mi girai di nuovo verso Gazza, ignorando la gatta. "Cosa devo fare?"

"Tu," disse lui, rovistando in un cassetto della sua scrivania, "pulirai uno dei bagni delle ragazze." Tirò fuori da uno dei cassetti un minuscolo pennello, sorridendo trionfate. "Il fantasma ha fatto un casino. Tu devi sistemarlo."

Sospirai. Pulire i bagni non era mai divertente. Presi il pennellino e lo seguii fuori dalla porta. Gazza mi condusse per qualche corridoio, poi si fermò di fronte ad un bagno. C'era acqua che fuoriusciva da sotto la porta. "Eccoci qui. Asciuga l'acqua; c'è già uno straccio. Pulisci tutto quello che ne ha bisogno." Sospirai, e aprii la porta. Riconobbi dove mi trovavo. Il bagno di Mirtilla Malcontenta. Sarebbe stata una lunga serata.

C'era già uno straccio che mi aspettava, appoggiato ad un muro. Sentii Mirtilla piangere la sua morte solitaria in un gabinetto a circa metà della fila, ma tentai di ignorarla. Più tempo passavo senza parlarle e meglio era.

Avevo appena iniziato ad asciugare l'acqua quando mi girai e vidi Mrs. Purr che mi fissava. Sobbalzai, poi mi guardai intorno per essere sicura che Gazza non stesse spiando attraverso la porta, e le agitai contro lo straccio, inzaccherandola d'acqua sporca. Mrs. Purr mi soffiò contro, poi scorrazzò fuori.

Neanche un minuto dopo, Gazza piombò nel bagno. "Cosa credi di fare?"

"Asciugo," dissi, alzando lo straccio.

"Hai quasi affogato Mrs. Purr, ecco che hai fatto!"

"Non è vero!" Esclamai. "Perché dovrei fare una cosa simile ad un povero gatto?"

Gazza mi guardò malamente. "Fallo di nuovo, e ti porterò direttamente dal preside. Tentato omicidio!" Continuò a brontolare sulla mia faccia tosta mentre usciva.

Nel frattempo, il chiasso aveva attirato l'attenzione di qualcun altro. Mirtilla galleggiò sugli stalli e si fermò di fronte a me. "Potevi almeno affogarla come si deve. Mi piacerebbe avere una gatta."

"Scusa, Mirtilla," dissi irritata. "Le tue esigenze post-mortem non sono una priorità per me in questo momento."

Mirtilla sbuffò, poi scoppiò a piangere e volò via nel suo gabinetto, inondando di nuovo il pavimento. Passai qualche altro minuto ad asciugare l'acqua con quello straccio fradicio, poi lo gettai a terra disgustata.

Sbirciai verso la porta. La magia avrebbe reso tutto molto più facile. Finché non mi vedeva... Estrassi la bacchetta e mormorai un incantesimo che mi aveva insegnato il signor Potter, Agua Siccatum. L'acqua attorno a me iniziò ad evaporare, rendendo l'aria leggermente nebbiosa, ma con un po' di fortuna si sarebbe dissipata prima o poi. Per cinque minuti asciugavo con lo straccio, poi ripetevo l'incantesimo, poi asciugavo di nuovo con lo straccio per altri cinque minuti. Gazza venne a sbirciare più di una volta, e per fortuna mi beccò sempre con lo straccio. Entro le nove, tutta l'acqua era sparita, evaporata, e se ne usciva da alcune finestre vicine al soffitto che avevo aperto con la magia. Gazza sembrò abbastanza sorpreso, ma decise in fretta di farmi pulire i lavandini fino a farli brillare.

Iniziai a stancarmi dopo due lavandini, ma continuai. Elaborai in fretta un metodo di lavoro, e dopo divenne tutto automatico. Incredibilmente noioso. L'unica cosa leggermente fuori dall'ordinario era un piccolo serpente inciso su uno dei lavandini. Vandalismo: perfino ad Hogwarts.

Nel frattempo che finii, Gazza si era assopito di fronte al bagno, e dovetti svegliarlo. Era quasi mezzanotte, quindi a malincuore mi mandò a letto. Fui più che felice di andarmene, e quasi caddi addormentata mentre mi cambiavo. Il caldo benvenuto del mio cuscino fu molto apprezzato.

Ero in un corridoio ad Hogwarts. Il corridoio di Incantesimi, forse, ma non ne ero sicura. Alcuni dei dipinti erano al posto sbagliato.

Mi guardai attorno, e individuai la Serpeverde dai riccioli neri che sembravo sempre perseguitare. Stava parlando con altre ragazze, ma si fermò quando notò qualcosa in fondo al corridoio.

"Vi raggiungo dopo," disse, separandosi dal gruppo. Le altre ridacchiarono e se ne andarono per conto loro, lasciandomi ad inseguire la ragazza.

Stava camminando verso un paio di primini più avanti, che non l'avevano notata. Ridevano e parlavano, ma la ragazza era una Serpeverde e il ragazzo un Tassorosso. La ragazza era la sorella minore. Annie, pensai. La mora li raggiunse e afferrò il braccio della sorella. Senza neanche una parola per spiegare, trascinò la sorella lontano dal ragazzo.

"Hey! Che stai facendo?" Chiese Annie, strattonando via il braccio dalla presa della sorella. Il Tassorosso aveva tagliato la corda, una mossa probabilmente intelligente dato che la sorella maggiore sembrava davvero arrabbiata.

"Cosa stai facendo tu?" Chiese lei, con il volto a metà tra incredulità e la rabbia.

"Parlavo con il mio amico." Annie incrociò le braccia e guardò male la sorella. "C'è qualcosa di sbagliato nell'avere amici? Oppure Edward non è approvato da te?"

La maggiore parse sconcertata. "Andromeda Black! Sai bene quanto me che Edward Tonks è uno sporco sanguemarcio!" Diede uno schiaffo alla sorella. "Lui non è tuo amico! Sta cercando di strapparti il posto che ti spetta di diritto nel mondo magico!"

Se avessi avuto consistenza fisica, le ginocchia mi avrebbero ceduto. Come avevo fatto a non collegare prima? Annie era Andromeda Black... Quindi, la più grande era...

Andromeda indietreggiò, sembrando spaventata. Sua sorella sbatté gli occhi, poi le si avvicinò. "Oh, Annie, mi dispiace, non volevo-"

Bellatrix Lestrange. Per tutto questo tempo, quella ragazza era stata Bellatrix Lestrange. Cioè, Black.

Andromeda iniziò a piangere in quel momento. "Bella, sul serio, non lo sapevo! Era così... così gentile..."

Il cervello non mi funzionava correttamente. Pensavo ad una sola cosa a ripetizione, ed era sulla falsa riga del "Perché?"

"Dromeda, se non conosci i loro cognomi, non puoi fidarti." Bellatrix avvolse la sorella tra le braccia. "Va tutto bene... Shh..."

Dovevo andarmene. Era troppo strano. Mi girai e corsi via, ad un certo punto non c'era un pavimento e caddi nell'oscurità...

Mi svegliai con un sussulto, e mi sedetti. Nel nome di Merlino, cos'era successo? Per qualche minuto, fui troppo sconvolta perfino per svegliare Colette. Perché sognavo Bellatrix Lestrange? Perché? Non aveva senso.

Finalmente, mi ripresi abbastanza da lanciare un cuscino a Colette per svegliarla. In un lampo estrasse la bacchetta, puntandola verso di me nel suo stato di semi-veglia, ma subito si svegliò completamente.

"Stai bene? Sei pallidissima, Astra," sussurrò preoccupata, camminando verso di me.

"Ho fatto un altro sogno..."

Colette si sedette vicino a me. "Su cosa?"

La mia voce era a malapena udibile. "Quelle due ragazze. So chi sono adesso."

Colette sbarrò gli occhi, e si avvicinò. "Chi?"

"Bellatrix e Andromeda Black."

Lei mi fissò. "Stai scherzando."

"Ti sembra che stia scherzando?"

"Come lo sai?" Chiese Colette.

"Hanno detto i loro nomi." Tremai. "Non capisco... Perché sogno Bellatrix Lestrange?"

"Non lo so..." Colette si accigliò, come se stesse riflettendo. "Cosa hai sognato?" Chiese alla fine.

Le descrissi il tutto, e lei lo mise su carta. Poi, Colette mi suggerì di tornare a dormire. Ne avremmo potuto parlare la mattina, ma l'ultima cosa di cui avevo bisogno era stare sveglia tutta la notte a preoccuparmene. Stavo per protestare che non sarei riuscita a dormire, ma ero stanca. Sorprendentemente, non mi ci volle molto per addormentarmi.

Al mattino, non avemmo tempo di parlare. Verso le sette, qualcuno bussò alla porta del nostro dormitorio e, quando nessuna di noi rispose, entrò per conto suo.

"Astra! Zio Harry è tornato, e vuole vederti!" Lucy Weasley sembrava fin troppo sveglia per le sette del mattino. Sentii Lacy o Iris lamentarsi e girarsi. Mi sedetti assonnata.

"Perché?"

"Non lo so. Ha detto di sbrigarti, però."

Sospirai. "Va bene..." Mentre le mie amiche provavano ad ignorare i suoni di me che mi preparavano, così da riciclare un'altra mezz'ora di sonno, mi vestii ed uscii. Sul serio voleva farmi lezione di mattina? Avevo fame.

Quando raggiunsi la classe di Difesa Contro le Arti Oscure, era vuota. Salii gli scalini verso l'ufficio e bussai esitante. Di solito, aspettava nella classe. Iniziai a sentirmi un po' nervosa.

"Entra," la voce attutita del signor Potter mi raggiunse attraverso la porta. La spinsi producendo un sonoro scricchiolio e scivolai dentro.

"Buongiorno, Astra," disse lui, sorridendo stancamente. Sembrava essere appena arrivato. Il suo baule era appoggiato in un angolo, con il suo gufo marrone ancora nella gabbia, sistemato lì sopra. Mentre affondavo lentamente nella sedia di legno di fronte alla sua scrivania, lui aprì la gabbia e fece uscire il gufo dalla finestra. Si diresse verso la guferia.

"Come va la scuola?" Chiese lui, aprendo una valigia e posando i fogli nei cassetti della scrivania.

"Bene, immagino," dissi, facendo spallucce. "I temi della professoressa Weasley erano sempre lunghissimi..."

"Dovevo aspettarmelo," disse lui, scuotendo la testa e sorridendo. "La prossima volta che devo andarmene, mi farò sostituire da Ron."

Per qualche momento ci fu silenzio, mentre il signor Potter svuotava la valigia e si girava verso il baule. Alla fine, dissi, "Perché voleva vedermi?"

Il signor Potter sospirò, e si sedette. "Astra, ho scoperto chi è tuo padre."

"Davvero?" Dissi, permettendo alla più piccola scintilla di speranza di invadermi. Quindi era vivo. Non riuscii a non sorridere. Avevo quasi rinunciato all'idea di una famiglia, ma ora...

"L'indizio più importante è stato la tua camera blindata alla Gringott," disse a bassa voce il signor Potter. "Non posso crederci di non averci mai pensato. Ovviamente la camera blindata apparteneva a tuo padre."

"Chi è?" Chiesi emozionata. E se mi avesse voluta con lui? Se avessi potuto vivere con lui, e non tornare mai più dai Lewis, ed avere una famiglia vera? E se si fosse risposato, ed ora avevo fratelli e sorelle?

Il signor Potter mi sorrise, ma sembrò un sorriso piuttosto triste. "Tuo padre... Beh, è un mago Purosangue, e un Serpeverde, e..."

"E?" Tentai di scacciare la sensazione di terrore che mi si stava accumulando nello stomaco. Sarebbe dovuta essere la migliore delle notizie, ma il signor Potter era decisamente troppo riluttante. Aveva trovato mio padre, ed era vivo.

Il signor Potter non incrociò il mio sguardo. "Beh, era un Mangiamorte."

"Cosa?" Pigolai. Un...Un Mangiamorte? No... Non era possibile...

Il signor Potter sospirò. "Disertò prima della Battaglia di Hogwarts. Provò ad immergersi completamente nella cultura babbana, e a comportarsi come tale, per non essere scoperto. Funzionò, per un po'. Sposò una ragazza babbana, tua madre, ma prima che tu nascessi, il Ministro lo rintracciò e lo arrestò. È... È ad Azkaban."

"Lui..." Mi sentii come se il cuore avesse smesso di battere. Mio padre era ad Azkaban. Era un Mangiamorte. Tutti i dubbi che Nico Jasper mi aveva piazzato in testa su di lui sembravano essere veri. "Lei lo sapeva?"

Il signor Potter scosse la testa. "Non ha mai saputo cosa avesse fatto, solo che era finito in prigione per un orribile crimine. Il dolore la fece impazzire. Vagò per le strade per giorni e giorni prima che qualcuno la portasse all'ospedale. Ovviamente, sai cos'è successo dopo."

Annuii lentamente. "Quindi... Sa chi è mio padre? Come si chiama?"

"Beh, sì." Il signor Potter si fermò. Sembrava che non volesse dirmelo.

"Ebbene? Posso sopportarlo," gli assicurai. Il peggio era passato. Sapevo cosa aspettarmi. Probabilmente veniva da una vecchia famiglia di maghi piena di pregiudizi. Potevo sopportarlo.

Il professor Potter sospirò. "Sono sicuro che puoi."

"Quindi... Chi era?"

Mi sorrise mestamente. "Orion. Il suo nome era Orion. Orion Lestrange."

Rimasi a bocca spalancata. Per qualche momento, non riuscii a produrre alcun suono. Finalmente, riuscii ad articolare, "L-Lestrange? Come... Come Bellatrix Lestrange?"

Il signor Potter sospirò, ed annuì. "Suo figlio."

No. No, non poteva essere vero. Non potevo essere la nipote della più pazza Mangiamorte di sempre. Non potevo essere la figlia di nessun Mangiamorte, ora che ci pensavo. Non poteva essere possibile. Di certo c'era un errore. Doveva essere una specie di scherzo crudele, per forza. Non era possibile. Mi rifiutavo di crederci. Il signor Potter doveva star scherzando. Un solo sguardo al suo volto mi disse che non era così, però. Non avrebbe scherzato su una cosa simile. Ma come faceva ad essere possibile? Come faceva ad essere giusto?

Il signor Potter mi stava osservando, preoccupatissimo. Tentai di riordinare i miei pensieri. "Io... Non è giusto."

"No, non lo è. Ma, Astra, non è tutto qui," disse il signor Potter. "Non è la tua sola famiglia, ora."

Alzai lo sguardo. "No?" Certo che no. Orion Lestrange, figlio di Bellatrix Lestrange, sorella di...

"I Malfoy, e Andromeda, e Teddy. Sono tutti tuoi cugini, Astra," disse il signor Potter, sorridendo. Stava facendo il possibile per ricavarne qualcosa di positivo. "Non sei sola."

Sorrisi leggermente. Teddy ed Andromeda, almeno, erano una buona notizia. Non ero sicura di come Ciara avrebbe sopportato il fatto di essere mia cugina, però. "Suppongo non sia così male."

"Ora, Astra," disse serio, sporgendosi sulla scrivania. "C'è una cosa molto importante che devi promettermi."

Alzai lo sguardo, un vero e proprio uragano di emozioni. Disperazione schiacciante seguita da felicità seguita da confusione e mille altre cose di cui non sapevo il nome.

Sicuro di avere la mia attenzione, il signor Potter continuò. "Astra, devi promettermi, qui ed ora, che non darai mai a nessuno tranne me, Ginny, Hermione, o Ron accesso alla tua camera blindata. Anche se il Ministro in persona venisse a chiedertelo. Mi sono spiegato?"

Mi accigliai. Quello non me lo aspettavo. "Perché?"

"C'è una cosa molto importante laggiù, una cosa che deve restare nascosta."

Era così serio che fui disposta a credergli, ma aveva anche stuzzicato la mia curiosità. "Che cos'è?"

"Non puoi dirlo a James o a Al, va bene?" Annuì." La tua camera blindata, che un tempo era di Bellatrix Lestrange, è dove decidemmo di nascondere la Bacchetta di Sambuco alla fine della guerra magica, così che non potesse continuare la tradizione di maghi uccisi come prima, e così che nessuno potesse riunire di nuovo i Doni della Morte."

Lo fissai. "Che?"

Il signor Potter annuì. "Quando morirò, il suo potere sarà infranto, ma fino ad allora devi promettermi di mantenere questo segreto."

"Prometto," dissi, sbattendo gli occhi. Quel giorno fu proprio pieno di rivelazioni. Avevo la Bacchetta di Sambuco nella mia camera blindata. Non tutti potevano dire una cosa simile. Ovviamente ciò non fece altro che aggiungersi alla massa di emozioni confuse che mi vorticava attorno. Un attimo prima correvo il serio pericolo di piangere per la mia sorte; quello dopo, stavo quasi per ridere perché ero la cugina di Teddy Lupin e come avrebbero reagito James ed Al?

"Astra, ascoltami," disse il signor Potter serio, interrompendo i miei pensieri. "Non puoi lasciare che sia la tua famiglia a definirti. Non sei tuo padre, o tua nonna. Va bene?"

Annuii lentamente, ancora tentando di assimilarlo. "N-non lo dica a nessuno, per favore..."

"Lascerò che sia tu a farlo," disse piano. "Spero che non ti dispiaccia, però, se l'ho detto al professor Pouri. I tuoi insegnanti diffonderanno presto la parola se non lo fai."

"Okay..."

"E, se te la senti, posso vedere se Andromeda e i Malfoy possono venire ad incontrarti, ufficialmente, oggi più tardi oppure domani..."

Annuii, poi mi alzai lentamente. Mormorai qualcosa sulla biblioteca, poi mi girai e me ne andai. Quando fui nel corridoio, iniziai a correre. Non sapevo neanche dove. Bastava che fosse un posto dove potessi stare da sola, perché le lacrime sembravano superare ogni cosa.




Spigolo autore.

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento, e di andare a leggere l'originale che merita davvero.

Alla prossima!

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