Capitolo 22

Nonostante l’impegno di quel giorno fosse di vitale importanza per uno stato intero, i due non si svegliarono da soli ma vennero svegliati dall’arrivo di Genya nella tenda, accompagnato da Ivan che aveva le occhiaie di chi non aveva dormito. Aleksander, nello stato di appena sveglio in cui si trovava, si chiese se avesse fatto festa tutta la notte, se avesse avuto ordini da parte di Alina, o se si fosse dato da fare come loro.

«Ci sono qua i rappresentanti di Fjerda, Shu, Kerch e i reali.» disse Genya mentre osservava impassibile Alina uscire nuda dal letto. «Vi stanno aspettando.»

«Aspetteranno ancora un momento. Riesci a darmi una sistemata? Credo di avere in testa un nido di rondini.»

Lanciò un’occhiata ad Aleksander e sorrise. «E non sono l’unica.»

«Avete intenzione di andare contro il re, non è vero?» chiese invece Genya, mentre apriva la Kefka che aveva indossato durante il viaggio a Fjerda. Era stata ripulita a tempo record, oppure era una perfetta copia della prima.

«Non vogliamo andare contro il re. Vogliamo ucciderlo.» disse Alina mentre si vestiva.

Affermarlo ad alta voce fece rabbrividire Aleksander, non tanto per il progetto di uccidere il re quanto dal poter essere scoperti in anticipo.

«Vorrei poterlo uccidere con le mie stesse mani, mia signora. Vorrei deformargli ogni angolo del suo corpo per farlo morire tra atroci sofferenze. Fargli uscire i polmoni dal petto e dalle costole. Cavargli la pelle dalle braccia, dal petto, dal suo fottuto fallo, e farlo con lentezza per sentirlo urlare come avrei voluto urlare io anche quando non potevo, o si sarebbe messo al livello della regina quando ha avuto il secondogenito. Vorrei fare tutto questo.»

«Te lo vorrei concedere, ma non sono sicura ne avresti il tempo. Appena capiranno che siamo contro tutti loro, ci vorranno uccidere.»

Si girò verso di lei e prese una sua mano con le sue. «Non gli daremo una morte veloce, però, né indolore. Questa è una promessa, Genya… Stando qui, resterai al sicuro. E sì, resterai qua con David.»

La Plasmaforme sorrise. «Grazie, mia signora.»

Dopodiché le fece indossare la kefka dorata, poi la fece accomodare davanti a uno specchio e iniziò ad acconciarla. Approfittando del momento Aleksander scese dal letto e si rivestì, poi attese sul letto di sapere che fare.

«Sei incredibile come sempre, Genya. Grazie mille, ora vado ad intrattenere. Rendimi stupendo anche Aleks, miraccomando.» disse l’Evocaluce, voltandosi verso di lui. Non era truccata, ma i suoi capelli erano stati acconciati in un comodo chignon.

Uscì dalla tenda così e Genya raggiunse Aleksander, recuperando da una sedia la sua Kefka nera. Lasciò che la ragazza lo aiutasse ad indossarla, poi si girò e lei aprì una mano, fissandolo intensamente.

Rimasero lì un momento, poi Aleksander alzò lentamente il braccio sinistro e appoggiò la mano sulla sua. Genya gliela fece girare così da avere il palmo all’insù e tirò su gli strati di maniche, mostrando le sue cicatrici. Passò un dito su ognuno di loro, facendoli sparire.

«Perché questi?» chiese la rossa una volta concluso, mentre lo portava alla toeletta.

Per un momento Aleksander non rispose, poi riuscì a dire: «Mi ero riappacificato con Mal, ma lui se n’è andato. Dopo aver messo il collare per dei giorni non riuscivo ad evocare più il mio potere. Credevo di aver perso tutto… era troppo.»

«So cosa provi, Aleksander. So cosa si prova a sentirsi così.»

Aleksander la guardò attraverso lo specchio, poi disse: «Mi dispiace, Genya.»

«Non c’entri nulla con tutto questo. Nessuno ne sapeva nulla. Non ho detto nulla… un Grisha strumentalizzato sfigura tutti i Grisha.»

«Tu non sei uno strumento, Genya. Il re non lo ha capito in tempo… lo capirà oggi. A costo di spingerlo giù dalla velasabbia e tirarlo sotto.»

Genya scoppiò a ridere a quell’affermazione, poi proseguì a rendergli i capelli ordinati e presentabili, nonché brillanti grazie a delle scaglie dorate.

Infine poté alzarsi. Genya lo rimirò e disse: «Quasi non ci credo che fossi il ragazzino smunto a cui ho dovuto cancellare le occhiaie per presentarlo al re.»

«A volte non ci credo neanche io.»

Fece per uscire, ma poi si fermò. Si girò verso Genya e tornò da lei, poi la abbracciò, attento a non ferirla con l’Amplificatore.

«Grazie di tutto, Genya.» mormorò.

«Non dirlo come fosse un addio. Se non torni indietro, verrò a resuscitarti apposta per prenderti a calci in culo, dovessi attraversare la Faglia a piedi.»

Aleksander rise. «Va bene. Torneremo, sia io che Ali- che l’Evocaluce.»

Gli era quasi sfuggito il vero nome dell’Evocaluce. Genya non commentò la svista, semplicemente lasciò la presa e Aleksander uscì, alla ricerca di Alina.

Fu Ivan a trovare lui, dopo almeno cinque minuti di inutili ricerche. Aveva trovato solo soldati del Primo Esercito, neanche un Grisha.

«Vieni, dobbiamo andare alla velasabbia.»

Raggiunsero insieme il mezzo, davanti al quale c’erano tutti i Grisha, disposti ordinatamente. Alina era già lì e gli offrì il braccio appena le fu accanto: salirono quindi a bordo, seguiti da Ivan, Zoya e pochi altri.

Il re era già a bordo, seduto su un trono singolo: niente seduta per la regina o per il figlio, che guardavano nervosi i nuovi arrivati. Il loro sguardo andò al collare di Morozova di Aleksander, che finse di non accorgersi di nulla.

La coppia andò fino a prua e Alina presentò Aleksander a un insieme di uomini che guardavano il re con lo stesso astio con cui guardavano anche lui. Riconobbe negli uomini dai capelli chiari e gli occhi azzurri gli ambasciatori Fjerdiani, negli uomini dagli occhi a mandorla quelli di Shu Han, e nei ricchi mercanti gli uomini di Kerch.

Questi ultimi in realtà lo guardavano come stessero calcolando il suo peso in oro, e si ritrovò più infastidito degli sguardi assassini degli altri.

«Signori, vi invito ad aggrapparvi ai bordi della velasabbia. Ci sono un po’ di scossoni che potrebbero farvi cadere.» suggerì Alina. Gli uomini seguirono il consiglio e presero gli occhiali da sole per la Faglia quando una Chiamatempeste li consegnò loro. Aleksander si tenne gli occhiali da sole che già aveva, mentre Alina si metteva i suoi e gli metteva una mano sulla spalla.

La velasabbia partì dal porticciolo. Aleksander non si voltò a vedere se qualcuno stesse salutando o dicendo addio: voleva sperare tutto andasse bene.

La luce divenne sempre più intensa, finché non entrarono nella Faglia di luce e il caldo gli parve intollerabile come la prima volta, ma la mano di Alina sulla sua spalla gli permise di non agitarsi. Rivide di nuovo la Grisha morta e si rese conto che quel giorno molti sarebbero potuti finire così.

Sentì le parole vicine e lontane, deviazioni acustiche estremamente fastidiose: sentiva la voce del re come gli stesse sussurrando all’orecchio. «Non dovevo venire, che sia maledetta quella vipera.»

Poi sentì la voce di Alina, nitida come se per lei non ci fosse deviazione che tenesse. «Sto per usare il tuo potere, Aleks. Se dovessi staccare la mano da te, tieni tu buio.»

Lui annuì e lei evocò il suo buio. Sentì il buio espandersi dal suo corpo, allungarsi, finché tutta la velasabbia non fu al buio. Percepì la resistenza contro la luce della Faglia, il che permise all’interno della cupola di crearsi una penombra sufficiente a tutti per vedere senza occhiali.

Alina lo lasciò e Aleksander per un momento si ritrovò a non respirare, sentendo la violenza della luce esterna, ma il collare di Morozova fece il suo lavoro e la cupola non crollò.

L’Evocaluce si voltò verso tutti i presenti. I Grisha, seguendo un tacito ordine, scomparvero sottocoperta, Chiamatempeste compresi. La nave si fermò.

«Questo è una dimostrazione di ciò che faremo a breve. Abbiamo promesso di distruggere la Faglia, e oggi essa verrà distrutta, grazie ad Aleksander. Il nostro Evocatenebre.» declamò Alina.

Ci fu una pausa, poi disse: «Prima però ci sono degli affari da sistemare. Affari di Ravka.»

Aleksander girò il capo per vedere cosa stava per succedere. Alina procedette tra i vari rappresentanti, fino ad essere di fronte alla famiglia reale.

«Il vostro operato come famiglia regnante è stato disdicevole. Avete mandato uomini a morire come fossero giocattoli. Non siete mai usciti da palazzo, fidandovi di storie riguardo un problema che ha distrutto Ravka stessa. Altrettanto grave, avete utilizzato i miei Grisha come fossero oggetti, tutti e tre. Non siete degni di sedere su quel trono. In questo momento avete solo due scelte: o abdicate, tutti e tre, in favore di qualcuno davvero in grado di regnare su Ravka e che non sminuirà metà dei suoi abitanti, o morirete. Qua dentro non avete altre scelte.»

Per un momento regnò il silenzio, poi Vasily esclamò: «Idiozie. Come si permette si parlarci così?!»

Aveva in mano una lama. Non sapeva se sapesse usarla ma Aleksander comunque si girò ed evocò il Taglio, lasciandolo come una minaccia sospesa. «Azzardati ad usare quel pugnale e garantirò che tu non abbia più una mano con cui lanciarlo.»

«L’Eretico Bianco ha commesso uno sbaglio creando la faglia, e io ho intenzione di smantellarlo.» disse l’Evocaluce sovrastando la sua voce. «Ho anche intenzione di dare a Ravka una nuova vita, considerando che da quando la Faglia esiste voi reali ve ne siete totalmente fregati di tutti se non di voi stessi.»

Alina si voltò verso di lui e sorrise, poi guardò gli ambasciatori. «A prescindere dalla risposta che darà il re di Ravka, temo voi dovrete morire. Vedo le vostre mani pronte su pistole e pugnali per l’affronto fatto al mio re, pronte ad uccidermi. Pronte a sbarazzarsi di una minaccia.»

Li guardò uno a uno. «Conosco i trattamenti che riservate ai Grisha come me. Conosco ogni esperimento, ogni tortura, ogni lavoro fatto su di loro una volta venduti come schiavi. Posso immaginare l’orrore che provereste se io fossi su quel trono, ma, che dire… Forse dovete avere paura. E forse meritate di morire, a prescindere.»

«Queste sono minacce gravissime, Grisha.» disse uno in Shu Han, che Aleksander capì sorprendentemente bene. Alina si rivolse verso di lui con un sorriso feroce e rispose in ravkiano: «Lo sono, sì. Quindi? Sono nel mio territorio, con dalla mia parte l’unico motivo per cui non siete morti da subito.»

Raggiunse Aleksander, mettendo una mano sulla sua spalla. «La vostra risposta, sire?»

«Sei una sporca Grisha. Non cederò mai il trono a te.»

Lei sorrise. «Come volete, tutti voi. Un Evocaluce ha creato la Faglia e per questo io sono libera di usarla.»

«Uccidete quella serpe.» ringhiò il re. Alina mise una mano sull’amplificatore di Aleksander e alzò una mano,

Una luce intensa si sviluppò sotto la cupola di buio. Persino lui fece fatica a tenere gli occhi aperti, sebbene non fosse la luce che si poteva vedere fuori. Non era altrettanto calda e accecante.

Gli ambasciatori si spaventarono e non accorgendosi del trucco - non aveva rotto la cupola, non erano esposti alla Faglia - si buttarono giù dalla velasabbia, rendendosi conto solo lì della differenza e dello scherzo.

Aleksander si girò in cerca di buio e beccò così un soldato che era sgusciato dietro a loro. Subito tentò di ucciderlo, ma lui evocò il Taglio e lo tagliò in due, senza sentirsi particolarmente disgustato da sé stesso.

La luce scomparve e Aleksander strinse la mano di Alina, così che entrambi toccassero l’un l’altro e il collare, e una serie di lame di luce e buio iniziarono ad attraversare il ponte. C’erano tanti soldati, tanti nemici su quel ponte, e Aleksander li uccise, senza sentire alcun rimorso. Alina, dietro a lui, rideva, come se avesse aspettato di compiere una simile carneficina per tutti gli anni dalla creazione della Faglia stessa.

Quando si fermarono, Aleksander era stanco per aver tenuto la cupola in piedi e per aver insieme utilizzato il Taglio così tante volte. Alina non era affatto stanca, lui lo sapeva benissimo, ma quando vide un uomo puntarlo con un fucile seppe che lei non l’avrebbe fermato in tempo lo stesso.

Poi si udì uno sparo, un suono che nessuno aveva ancora avuto il tempo di produrre, e l’uomo crollò a terra mentre alle spalle di Aleksander Alina si girava di scatto, preoccupata.

Malyen era in piedi dietro al cadavere, un fucile tra le mani che fumava. Gli occhialini gli coprivano la fronte e così poteva vedere il suo sguardo e la sua espressione.

L’Evocatenebre sorrise, poi perse il sorriso vedendo un uomo dal braccio tagliato alzare un fucile verso Mal per vendicare il compagno.

Due lame lo colpirono in contemporanea, una di luce, una di buio. Mal non aveva visto l’uomo alle sue spalle, così vide ciò che a tutti era sfuggito durante la raffica di fendenti.

Aleksander aveva scagliato una lama fatta di luce. Alina aveva fatto lo stesso con una di buio.

Era stata Alina ad evocare il buio di Aleksander su una mano per la prima volta in carrozza qualche giorno prima. Ivan non c’era, solo David vide quel fatto e per poco non aveva avuto un infarto. Dopo molti tentativi, la mano del ragazzo aveva brillato di luce.

Stando in contatto, entrambi potevano usare entrambi i poteri. Luce e buio si erano completamente fusi.

L’espressione di Mal era un misto di meraviglia e paura. Aleksander si aspettava se ne andasse sottocoperta, anche se piena di Grisha, che scappasse di nuovo, ma con sua sorpresa lo vide stringere il fucile e quando Vasily cercò di tirare il suo pugnale lui gli sparò al braccio.

L’urlo del principe parve riportare il re al presente. La regina era stata colpita da uno dei fendenti ed era viva, ma Aleksander sapeva senza essere un dottore che sarebbe morta presto. Troppo sangue perso.

«Ci può ancora ripensare.» suggerì Alina mentre Mal affiancava i due Grisha e puntava i reali con il fucile. Aleksander gli sorrise e mise una mano sulla sua spalla.

«Sei un mostro.» ringhiò il re.

«Ho creato la Faglia per errore e sono stata bollata come un mostro. Ora io la ucciderò, e solo allora potrà definirmi tale, perché questo l’avrò voluto.» disse Alina, svelando ai sopravvissuti un segreto di cui Aleksander già era al corrente.

Lasciò andare Aleksander e tirò su di peso il re, che si impuntò stringendo il trono su cui era. Vasily cercò di intervenire e Alina disse: «Fallo fuori.»

Mal gli sparò, un colpo alla tempia che lo fece stramazzare a terra. Aleksander lo fissò, sorpreso, e lo osservò anche avvicinarsi al trono e colpire con il calcio della pistola le mani del re. La sua espressione non tradiva alcuna emozione

Tornò poi da lui e disse: «Ho idea che se non mi dimostro utile mi farà fuori.»

«Non lo farà.» disse Aleksander. «Glielo impedirei, lo sai.»

«Non potresti, lei… Ha appena detto di aver creato la Faglia. È l’Eretico Bianco.»

«Lo so, ma so anche che non ti farà del male. Fidati di me.»

Mal non era convinto ed era evidente, ma non se ne andò. Rimasero quindi a vedere Alina procedere verso la prua della nave.

«Hai condannato Ravka per gli anni del tuo regno. Hai lasciato che le guerre proseguissero, senza interessarti alle persone che hanno perso la vita. Hai utilizzato i miei Grisha per i tuoi scopi personali, e io di certo non perdonerò ciò che hai fatto a Genya. Meriti di crepare.»

Si girò. «Aleksander, ritira la bolla fino a me.»

Il re urlò di fermarsi, ma Aleksander non lo ascoltò e ritirò la bolla come ordinato. A quel punto si udirono urla strazianti e basta, per molto, finché anche quelle non cessarono. Aleksander aveva la pelle d’oca.

La donna poi si avvicinò al bordo e buttò il re - o la sua mummia, piuttosto - fuori bordo. A quel punto tornò da Aleksander e Mal.

«Grazie del tuo aiuto, Malyen. Sospettavo ti avrei rivisto, ma non pensavo però così presto.» disse lei.

«Sei l’Eretico Bianco.» disse invece Mal.

«Già, lo sono.»

Fissò Aleksander e lui fu certo sarebbe svenuto.

«Ne parleremo dopo. Vai sottocoperta, dobbiamo agire.»

«Non posso lasciare Aleksander solo con te, ora che lo so.»

Aleksander gli appoggiò la mano sulla spalla. «Mal, non ti preoccupare. Se stai qua potresti bruciarti se qualcosa andasse storto. Sono al sicuro.»

Mal li fissò entrambi, poi annuì e scese di sotto come ordinato. Alina allora andò di fronte ad Aleksander, che nonostante tutto sorrideva.

«È tornato indietro, visto?» disse Alina accarezzandolo con la mano sinistra.

«Mi sembra sia tornato tutto apposto.» convenne lui. Aveva gli occhi lucidi e se li sfregò per togliere eventuali lacrime.

«Allora siamo pronti entrambi.»

Lei mise le mani sulle sue spalle e solo in quel momento vide che la sua mano destra, quella con cui aveva tenuto il re fuori nella faglia, pareva essersi seccata.

«La tua mano.» disse guardandola con orrore.

«Non ti preoccupare, tornerà come prima.» disse la donna con un sorriso. Lui allora la strinse a sé mettendo le mani sui suoi fianchi.

Lei parve rilassarsi e si avvicinò a lui.

«Insieme.»

Lo baciò, entrambi con gli occhi chiusi, ed entrambi, insieme, evocarono il buio.

L’oscurità uscì dal corpo di Aleksander come un’ondata. Si staccò da Alina, sentendo la fatica travolgerlo mentre il suo potere veniva esteso oltre quello che avrebbe dovuto essergli possibile, anche con l’amplificatore.

Alina pigiò le mani, invitandolo ad abbassarsi. Lui non oppose resistenza e seguì il suo gesto finché non fu in ginocchio, più stabile.

«Devo andare molto oltre a questo. Potrebbe farti male.» mormorò la Grisha al suo orecchio.

Aleksander si ritrovò ad avere paura, vera paura di ciò che sarebbe potuto succedere ad andare oltre a quello. Deglutì, poi appoggiò la fronte contro la sua spalla e disse: «Procedi pure. Siamo arrivati fino a questo punto.»

«Allora preparati, è il momento di concludere.»

Alina fece esplodere il potere di Aleksander, liberò il suo potere, sommato con la capacità che aveva lei dopo cinquecento anni, il tutto amplificato. Tutto quel potere uscì da Aleksander, che ne fu sopraffatto.

Non riuscì ad urlare. Sentì il suo corpo come rompersi sotto una simile potenza e credette di perdere i sensi, ma scoprì di non riuscirci. Lei lo teneva sveglio, perché da svenuto tutto sarebbe cessato. Doveva restare sveglio, anche se lo stava dilaniando.

Poi tutto si interruppe, parve esplodere, crollare, finire, e Aleksander crollò sul pavimento della velasabbia. I suoi occhi rimasero ancora un momento aperti, in uno stato di stallo, e ciò che vide non fu buio, né luce.

Vide una palla bianca sospesa sopra di loro. Vide il cielo azzurro.

Poi non vide più nulla.

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