Quando incontrò Mal il giorno dopo, si poteva fare a gara a chi aveva più occhiaie. Aleksander era convinto che la luce era abbastanza accecante da tenerli svegli, ma in quel momento non ne era poi così sicuro.
«Nottata di fuoco con una Inferni?» chiese sorseggiando quello che era probabilmente un alcolico mischiato con chissà cosa.
«Non andrei mai con una Inferni. E se mi desse fuoco mentre facciamo cose?» rispose Mal sedendosi accanto a lui.
«Le donne ti vorrebbero comunque anche mezzo abbrustolito.»
«Solo quelle superstiziose a cui farò credere di aver battuto un Grisha armato solo di una mannaia.» fece bevendo anche lui lo stesso liquido marrone. Fece una smorfia disgustata: «Ma che diamine ci hanno messo qua dentro?»
«Secondo me kvas.» disse Aleksander bevendone un altro sorso. «Forse misto a caffè.»
«Come cavolo fai a berlo?!»
Aleksander scrollò le spalle.
«Te invece? Dormito male anche stanotte?» fece Mal tappandosi il naso e mandando giù una bella sorsata del liquido. Tossì malamente subito dopo e Aleksander gli diede delle pacche sulla schiena.
«Forse mezz’ora in più del solito. Incredibile a dirsi, la luce mi ha fatto dormire.» disse quando Mal tornò a respirare.
«Mezz’ora più di niente resta mezz’ora.»
«Che è comunque più del solito.» ribatté lui. Non aveva voglia di parlare della sua nottata, era stata popolata di ombre, di luce e di mostri. Roba che aveva già visto e che nonostante ciò continuava a spaventarlo.
«Beh, almeno nella Faglia non dovremmo dormire.» commentò Mal facendo un respiro profondo e bevendo tutto d’un fiato la sua tazza. Aleksander fece lo stesso, senza avere il suo stesso brivido per il disgusto.
Uscirono insieme di lì, si misero gli occhiali scuri e andarono a vedere il loro mezzo di trasporto: sembrava un’enorme nave, dalla forma allungata per andare più veloci. Su di essa vide gli abiti blu tipici degli evocatori Grisha.
«Spero la tua ragazza Grisha non sia su quella nave.» fece Aleksander.
«Non posso mica perdere due persone preziose in un colpo solo, suvvia! Certo che non è lì.» disse ridendo Mal.
Aleksander alzò gli occhi al cielo, poi chiese: «Ci possiamo anche portare effetti personali, tipo una valigia?»
«Non lo so, ma possiamo imboscarle lo stesso. La stiva di quella nave è bella ampia.»
Il loro discorso fu interrotto dal capo spedizione, che apparve dietro di loro e disse: «Voi due! Tra un’ora si parte, preparatevi e mettetevi gli abiti che vi abbiamo fornito! So che forse l’idea di essere a maniche corte vi piacerà quando sarete dentro come una fornace, ma fidatevi se vi dico che sentirete almeno un grado in meno con su quegli abiti!»
Quando se ne andò Aleksander fece: «Un grado di differenza su una cinquantina o più non mi sembra tanto.»
«Meglio fare come dice prima che decidano di buttarci fuori bordo.» commentò Mal.
Un’ora dopo i due furono sul ponte della nave, avvolti in abiti larghi e in dei turbanti che avrebbero messo al massimo dei beduini. Pur con gli occhiali scuri, Aleksander faceva fatica a tenere aperti gli occhi.
Davanti aveva il muro di luce. La Faglia.
Era spaventosa.
«Ascoltate tutti!» urlò la voce di una donna. Girandosi, i due videro che era una Grisha Chiamatempeste, contraddistinta dall’abito blu rifinito in argento.
«Ora attraverseremo la Faglia di Luce. Cercheremo di andare il più rapidi possibili, perché come credo sia saputo e risaputo, chi resta troppo tempo dentro perde prima la vista, poi inizia a bruciare. Ci tengo a sottolineare che stare sottocoperta proteggerà forse dalla luce intensa, ma si rischia di sentirsi come in un forno crematorio, quindi scegliete bene dove mettervi. Ora prendete posizione, prima di partire vi forniremo degli occhialini fatti dai nostri Fabrikator per proteggervi dalla luce.»
Mal e Aleksander si posizionarono uno accanto all’altro sul lato sinistro della nave. Osservarono insieme dei Chiamatempeste prendere posizione sopra di loro. Probabilmente dovevano andare a massima velocità e ci voleva più gente possibile.
Fu un uomo in un abito viola a consegnare gli occhialini. Erano ridicoli, ma Aleksander se li mise comunque: le lenti, quasi nere, lo resero cieco.
«Mal, te vedi qualcosa?» chiese.
«Niente.»
La voce della Chiamatempeste rispose accanto a loro: «Quando saremo dentro vi garantisco che non basteranno a salvarvi la retina.»
Si rivolse poi a qualcuno più lontano e urlò: «Partiamo!»
Aleksander rimase cieco mentre la nave partiva con uno strattone. Per un momento sentì solo il vento sulla pelle, poi una vampata di caldo e il mondo parve accendersi.
Persino con gli occhiali si ritrovò accecato, ma ci badò meno del caldo che lo attaccò di colpo. Inspirò e gli parve di respirare fuoco; si mise a tossire con forza, i polmoni che bruciavano.
Non fu l’unico a reagire a quel modo, sentì molti tossire, ma la voce sembrava venire da ogni parte, deviata, alta o bassa, mai come sarebbe dovuta essere. Se ne accorse quando Mal gli urlò: «Aleks! Tutto apposto?!» e lui lo sentì come un’eco nonostante ce lo avesse davanti.
Il ragazzo si sedette sul pavimento in legno già rovente e si guardò intorno, cercando inutilmente di schermarsi dalla luce. Riusciva a intravedere Mal accanto a sé, la sagoma della nave, le vele gonfie di vento, i Grisha che la mandavano avanti. Anche loro sembravano in difficoltà a respirare.
Andavano rapidi e il vento era leggermente meno rovente dell’aria ferma. Se non fossero andati tanto veloci, probabilmente sarebbero cotti.
Aleksander tenne gli occhi chiusi mentre la nave proseguiva. Li riaprì solo quando sentì uno scossone alla nave.
Sentiva urla, ma arrivarono pezzi e frammenti non ricomponibili. Mal invece parve cogliere l’insieme, perché urlò (e di nuovo lui lo sentì a stento): «Rischiamo di fermarci!»
Colpirono qualcosa. Le Chiamatempeste persero la concentrazione.
La nave scivolò per inerzia per qualche istante e si fermò.
Il caldo e la luce si abbatterono sulla nave con violenza. Aleksander si sentì andare a fuoco.
Stavolta sentì Mal anche troppo forte, nonostante probabilmente avesse sussurrato. «Siamo fermi.»
La voce della chiamatempeste lo assordò: «Ragazze! Forza, dobbiamo riprendere!»
Le voci si sovrapposero in maniera assordante. Aleksander si tappò le orecchie e serrò le palpebre, ma sentiva il caldo ustionante sulla pelle.
Sentiva il dolore sulle mani. Stavano bruciando, così come sentiva bruciare il volto.
Sentiva delle urla distanti. La voce di una donna sconosciuta urlò: «Brucia! Non ce la facciamo!»
Non potevano uscire di lì.
«Dobbiamo tornare indietro!» urlò la voce di Mal. «Non siamo ancora a metà, possiamo farcela!»
«La nave non può muoversi!» urlò qualcuno in risposta.
Si sentì qualcosa cadere sul ponte. Aleksander vide il corpo di una Grisha e quando vide il suo volto urlò. Sembrava fosse stato messo nell’acido.
Altre urla intorno a loro. Le sue mani sembravano a contatto con la lava incandescente.
Voleva uscirne. Non voleva essere lì. Voleva andarsene.
Qualcosa dentro di lui crollò, un muro che aveva costruito lui stesso anni prima e che credeva non sarebbe mai potuto essere distrutto.
Il mondo divenne buio.
Per un momento rimase, ma Aleksander non vide né sentì nulla attorno a lui, così non si rese conto di nulla quando, in preda al dolore, perse conoscenza.
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