Capitolo 15

Quando Aleksander si svegliò il giorno successivo nel suo letto, lo fece sentendosi piacevolmente rilassato. Era in pace con sé stesso e non ricordava gli fosse mai successo prima.

Ci mise un momento a ricordare cos’era successo la sera prima. Ricordò il litigio con Mal, il bagno zuppo di sangue, L’Evocaluce.

Alina. Quel nome riaffiorò alla sua mente e fece per sussurrarlo, ma un movimento accanto a lui lo fermò. Girò la testa e vide lei, avvolta nelle coperte dalla vita in giù e indubbiamente nuda dalla vita in su, i capelli sparsi ovunque mentre dormiva.

Gli parve di aver accanto una vera sankta. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso: era bella. Troppo bella. Più di quel che lui potesse meritare, eppure sapeva che la sera prima non era stata un’allucinazione. Sapeva di non averlo immaginato, loro due avevano davvero…

Decise di alzarsi dal letto e di troncare ogni possibile domanda della sua mente, ma due cose lo rallentarono: il suo braccio, che ricordava di aver coperto di tagli ma che non aveva sentito dolergli quando si era svegliato, e uno strano prurito sul petto. Abbassò lo sguardo e spalancò gli occhi.

C’era una macchia scura, proprio sopra lo sterno. Pareva una bruciatura, quasi, e gli pareva proprio fosse a forma di mano. Andò in bagno e si diresse allo specchio. Allontanandosi da esso e salendo su uno sgabello, poté vedere la verità: aveva davvero una bruciatura a forma di mano sul petto e ricordava il momento in cui era successo, quando L’Evocaluce si era appoggiata a lui durante l’amplesso. Le mani avevano brillato tutto il tempo, le ricordava bene.

Lo aveva bruciato, ma non sentiva dolore né fastidio. Per qualche motivo, non gli dispiacque avere quel segno.

Scese dallo sgabello e tornò in camera in silenzio a prendere la vestaglia. Aveva realizzato solo allo specchio che era nudo e l’imbarazzo lo aveva avvolto come una coperta calda: era successo davvero, quella era un’ulteriore prova.

Decise di dedicarsi a togliere il proprio sangue da ogni angolo del bagno. Si chiese cos’avessero pensato chiunque pulisse lì a vedere tanto sangue, ma realizzò che di solito non faceva quel macello.

Appena finì tornò in camera e vide che lei si era svegliata. Era seduta sul letto, ancora nuda, con un’aria parecchio stanca. Quando lo vide sorrise.

«Buongiorno, Aleksander. Dormito bene?»

Lui rimase zitto per una manciata di secondi, incantato da una vista che nei suoi anni di vita mai aveva visto (al contrario degli altri tracciatori con lui che parlavano di sesso e altre cose con la frequenza con cui andavano a fare pratica nei boschi), finché non riuscì a rispondere: «Sì. Molto bene. Come un sasso.»

«Anche io non dormivo così bene da parecchio.» disse lei sorridente, poi si alzò e Aleksander la vide totalmente nuda, stavolta da lucido.

Distolse lo sguardo a forza e cercò un cambio di vestiti. Mise intimo e pantaloni filati, poi si levò la vestaglia e si girò mentre si metteva una maglia.

«Cos’hai sul petto?»

Anche lei si era rivestita. Si avvicinò a lui, guardando la bruciatura che aveva sul petto. Lo guardò negli occhi e disse: «Te l’ho fatta io, non è vero? Scusami, non era mia intenzione...»

«Non fa niente. Non fa male.»

«Ti ho marchiato.»

Aleksander disse ciò che pensava, anche se un po’ se ne vergognava: «Mi va bene così.»

I due si fissarono per un lungo istante, poi lei annuì a piano. Aleksander distolse lo sguardo e guardò le Kefka: la domanda successiva suonò un pelo più professionale.

«Devo usare quella Kefka nuova per allenarmi ora?»

«Sì, puoi usare quella, tanto partiremo per il nord tra un paio di giorni… Non dovrebbe sporcarsi.»

Lei andò un momento in bagno; quando tornò, disse: «Hai ripulito.»

«Ho fatto io il macello, mi sembrava il minimo.»

«Cosa pensi che paghiamo la servitù a fare?»

Lui arrossì e si mise la Kefka rispondere. Anche lei fece lo stesso, poi gli prese la mano del braccio sano.

«Ora andiamo da un guaritore, poi oggi e domani puoi ancora allenarti. Ti chiedo solo di girare al largo da Malyen… Non voglio vederti di nuovo a quel modo.»

Lui annuì a piano e si lasciò portare fuori di lì.

Non fu un Guaritore a curarlo, bensì Genya. Aveva già cancellato le precedenti cicatrici e non si fece problemi a togliere anche ferite nuove. L’Evocaluce se ne andò allora e fu con Genya che uscì diretto da Baghra.

«Che diamine è successo ieri sera?» chiese Genya una volta fuori. «Sei sparito e stamattina riappari con l’Evocaluce e con un braccio di nuovo coperto di tagli?!»

«Ho visto Mal.»

In qualche momento Aleksander aveva accennato al suo vecchio amico e Genya se ne ricordò. «Oh, è qui?»

«È il tracciatore migliore che sia mai esistito, per cercare...» disse, ma poi si interruppe. Poteva parlare con Genya del cervo di Morozova? Non ne era sicuro, così disse: «All’Evocaluce serviva un bravo tracciatore e c’era lui, ma… mi odia. Abbiamo avuto una litigata.»

Fissò l’erba mentre camminava. «Ha detto che non siamo mai stati amici.»

«Questo spiega molte cose. Mi dispiace.»

Si divisero poco prima di arrivare da Baghra. Lei era fuori dalla sua casetta e lo guardava con aria arcigna.

«Ho già visto quell’espressione, quei movimenti e l’insieme di tutto che vedo in te. Sei andato a letto con l’Evocaluce, non è così?» fu ciò che disse appena arrivò. Aleksander perse tutto il colore che aveva in volto.

«Cosa?» fece.

«Ho visto abbastanza Grisha da sapere come appaiono dopo una notte di fuoco. Tu sei tra questi. Ma non perdiamo tempo, tra due giorni devi partire.»

Aleksander si costrinse a ritornare in sé e annuì. La seguì quindi nel bosco e lì evocò, richiamando le ombre degli alberi, facendo cose che non aveva mai fatto prima.

Baghra doveva essere di buonumore o molto divertita che lui avesse fatto sesso, perché parlò addirittura con lui. Senza insultarlo.

«Quindi dopodomani partite per il nord. Pur avendola vista crescere, non credevo l’avrebbe davvero fatto.»

«Perché non avrebbe dovuto? Vuole distruggere la Faglia, se questo è l’unico modo perché non sfruttarlo?» rispose lui cercando di raccogliere il buio dall’esterno come ordinato.

Baghra non rispose, poi disse: «Tu ti fidi di lei, non è vero?»

Lui la guardò a quella frase. «Non dovrei?»

«Un po’ più di diffidenza non ti farebbe male. No, non dico che non dovresti, dico solo che forse dovresti costringerla ad essere un po’ più sincera, dal momento che è arrivata a volerti nel suo letto.»

Quando tornò a guardarla, Baghra era davanti a lui. Alzò una mano tra loro e della luce colpì il suo volto.

Credette fosse fuoco, ma sapeva che non lo era. Quella era luce, luce solare, luce come quella di lei.

«Credo proprio ci siano molte cose che non ti ha detto. A te potrebbe persino dirle.» disse Baghra con gli occhi che brillavano alla luce della sua stessa mano.

«Tu...» fece Aleksander con un mix di emozioni che non riusciva fisicamente a distinguere. «Tu sei sua madre. Sei un’Evocaluce anche tu.»

«Non devi parlarne con me, moccioso. Devi parlarne con lei e magari agire in base alle sue risposte.»

Aleksander aveva smesso di evocare per la sorpresa e continuò a restare fermo a fissare la donna senza riuscire a proferire parola. Alla fine guardò altrove e chiese: «Non dovrei andarci? Dovrei… lasciar perdere?»

C’erano troppe informazioni, troppe cose che non capiva, troppo di tutto.

«Fai te. Dal canto mio, l’Evocaluce non è una cattiva persona o l’avrei già fermata tempo fa. Per fortuna è femmina e ha più sensibilità. Fosse stato un maschio non so come sarebbe andata a finire.»

Quella frase per qualche motivo lo fece sorridere. Forse perché Baghra sembrava quasi umana. Ripensò alle volte che c’erano state entrambe, la relativa gentilezza dell’Evocaluce nei confronti dell’insegnante.

Baghra interruppe i suoi pensieri agirando il bastone. «Non startene lì impalato ed evoca.»

«Perché mai dovrei prendere l’oscurità da fonti esterne se evoco da solo?!»

«Perché ti aggiunge più potere.»

Aleksander allora si concentrò su quello. Non voleva pensare a niente, voleva estraniarsi da ogni cosa e quello era senza dubbio il metodo migliore.

Si fermò solo quando si rese conto che qualcuno stava osservando il suo lavoro. Baghra lo notò appena dopo di lui e disse: «Non accetto interruzioni o guardoni durante le sessioni di allenamento.»

Aleksander si girò e vide una figura tra gli alberi. Una figura che conosceva bene.

Non era con ribrezzo che Mal lo stava osservando, pareva quasi più con meraviglia.

«Vattene.»

Era stata Baghra a parlare, con il suo solito tono irritato. Aleksander si voltò verso di lei, intenzionato a non degnarlo di uno sguardo.

«Volevo parlare con Aleksander.»

«Lo farai dopo la lezione. Tu devi essere il tracciatore nuovo: beh, torna al Piccolo Palazzo e sta’ là. Questo posto è per Grisha, non per te.»

Le parole di Baghra erano state dure e anche abbastanza cattive, ma una parte di Aleksander la ringraziò per averle dette.

«E te, non distrarti e allenati.»

Il Grisha lo fece e decise di concentrarsi solo su quello. Non voleva sapere niente di Mal, non voleva rivederlo.

Lui si presentò con gli altri tracciatori alla lezione di Botkin. Aleksander la saltò appena li vide, e rimase in camera tutta la sera per evitarlo. Forse era infantile, ma aveva fatto una promessa a lei. Ad Alina.

Non lo avrebbe visto e in fondo neanche desiderava vederlo in primis, così lo evitò per quei due giorni, preparandosi al fatto che non avrebbe potuto evitarlo appena fossero partiti.

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