27
Ero in Polinesia da ormai una settimana. Mi ero abbronzata parecchio, scottandomi anche la pelle i primi giorni, e avevo ricominciato a lavorare dopo aver comprato un nuovo computer portatile – avevo lasciato il mio a Waterbury, poi era vecchio ed era arrivata l'ora di cambiarlo. Mi ero rilassata in spiaggia, leggendo i libri che l'assistente di Janine mi inviava a giorni alterni; avevo passato anche molto tempo con Brad, Anaru e loro figlio, ma c'era una cosa che non avevo ancora fatto: surf.
Michael mi guardava con occhi poco rassicuranti. L'avevo visto sulla tavola diverse volte e, per avere solo dieci anni, era piuttosto bravo; io, invece, non riuscivo neanche a stare in equilibrio su un paio di pattini.
"Questa va allacciata alla caviglia e..." mi istruì Anaru.
"Senti, non penso che sia una buona idea. Il mio equilibrio è davvero pessimo."
Anaru rise divertito. "Per caso hai paura, ragazza di città?"
"Sì, decisamente. È l'oceano. Le onde sono enormi e là fuori ci sono gli squali." Indicai l'acqua alzando una mano tremolante.
"Non ti devi preoccupare. Ti farò cavalcare onde piccole, e per gli squali non c'è pericolo."
Le sue parole non mi confortarono affatto.
"Allora, sei pronta?" Michael ci raggiunse impaziente. Sottobraccio portava la tavola verde elettrico che aveva preso al centro commerciale. Era più piccola della mia, ma mi sembrava lo stesso enorme.
"Sì, andiamo" rispose Anaru al mio posto.
Brad era già in acqua, un po' al largo, seduto sulla sua tavola ad aspettare noi. O forse l'onda giusta, così l'aveva chiamata Michael. Quando ci vide entrare in acqua, si sbracciò salutandoci. Suo figlio lo raggiunse in pochi secondi, sdraiandosi sulla tavola e usando le braccia per nuotare.
"Mettiti come Michael" ordinò Anaru, porgendomi una mano.
L'afferrai per restare in equilibrio e mi sdraiai, premendo la pancia sulla tavola fredda.
"Brava." Mi lasciò la mano e si distese anche lui sulla sua. "Ora nuota con le braccia." Mi mostrò il movimento, che replicai iniziando a muovermi sull'acqua.
"Sei bravissima, Haylee" disse Brad quando lo raggiunsi.
"Aspetta a dirlo. La parte difficile deve ancora arrivare."
Mi sorrise con fare incoraggiante, poi la lezione vera e propria iniziò. Tutti e tre, a turno, mi spiegarono e mi mostrarono come alzarmi sulla tavola, mantenere l'equilibrio e piegare nel modo giusto le ginocchia. Non dovevo sbilanciarmi. L'importante era restare concentrati. Erano troppe cose da ricordare, almeno per me che non avevo mai fatto surf.
Dopo parecchio tempo di lezioni teoriche, si passò alla pratica. Anaru individuò l'onda perfetta per me, poi insieme la cavalcammo. O meglio, io ci provai, perché non riuscii nemmeno a mettermi in piedi sulla tavola che caddi in acqua come un fantoccio.
"Forza, riproviamo." Anaru mi aiutò a risalire sulla tavola e feci un altro tentativo.
Dovevo ammettere che come insegnante era davvero bravo: mi aiutava molto, mi incitava ed era parecchio determinato.
Riuscii a mettermi in piedi e a cavalcare un'onda per una decina di secondi al quinto tentativo. Ero davvero felice, anche se alla fine ero caduta lo stesso in acqua.
"Avete visto?" urlai appena riemersi in superficie.
Stavano venendo tutti e tre verso di me.
"Sei stata bravissima!" esclamò Michael, fermandosi a pochi metri di distanza. "Pensavo che non ci saresti mai riuscita."
Alzai gli occhi al cielo mentre muovevo le gambe per stare a galla.
"Vostro figlio sa essere davvero incoraggiante" dissi ad Anaru e Brad in tono ironico.
"Già. Lui e Brad si somigliano molto sotto questo aspetto." Anaru saltò giù dalla tavola e nuotò nella mia direzione. Brad e Michael lo imitarono subito dopo.
"Guerra!" gridò loro figlio, iniziando a schizzare acqua ovunque.
Mi portai una mano al viso per riparare gli occhi, mentre con l'altra cercavo di difendermi. Con uno slancio mi buttai verso Michael, ma due braccia forti mi afferrarono per la vita bloccandomi. Mi voltai appena in tempo per vedere Brad schizzarmi una grande quantità d'acqua direttamente in faccia.
"Questa me la paghi" dissi ridendo. Nuotai verso di lui, lo afferrai per il braccio e lo trascinai sott'acqua.
Quando riemergemmo, stanchi e con il fiato corto, scoppiammo a ridere tutti quanti.
"Dovresti farlo più spesso" esordì Anaru, mentre tornavamo sulla spiaggia.
"Cosa? Trascinare Brad sott'acqua?"
Lui rise divertito. "Beh, anche quello. È stato divertente. Però intendevo dire che dovresti ridere più spesso."
Aveva ragione. Ridevo poco. Anzi, non ricordavo nemmeno quando era stata l'ultima volta.
Mi mancava. Mi mancava da impazzire. Pensavo a Trevor in ogni momento della giornata, qualsiasi cosa facessi. Preparavo da mangiare e pensavo a lui, a quando avevamo fatto l'amore in cucina. Leggevo e mi venivano in mente i suoi libri di psicologia. Vedevo Brad e Anaru abbracciarsi e mi venivano in mente i suoi baci. Era una tortura. Credevo che il tempo mi avrebbe aiutato a guarire, a dimenticarmi di lui, ma mi sbagliavo. Rivederlo, quel giorno a casa di mia madre, aveva soltanto peggiorato le cose.
Da quando ero arrivata in Polinesia, dormivo male a causa di tutto quello che era successo. Non riuscivo mai a riposarmi a sufficienza. Tranne la sera prima. Sdraiata sul divano a guardare un ridicolo talent show, la stanchezza mi aveva invaso senza lasciarmi via di scampo. Non ero riuscita nemmeno ad alzarmi per raggiungere il letto, così ero rimasta lì.
Non sapevo quanto ero riuscita a dormire, ma quando avevo riaperto gli occhi era giorno. Volevo riposarmi ancora un po', ma mi accorsi di essere stata svegliata dallo squillo del cellulare. Ancora assonnata, mi allungai verso il tavolino e lo presi.
"Pronto?" risposi con voce un po' impastata, appoggiando nuovamente la testa sul cuscino ruvido.
"Haylee!"
Spalancai gli occhi, sveglia all'improvviso. Trevor.
"Dove sei? Sto impazzendo. Ho bisogno di parlarti."
Silenzio. Perché avevo risposto senza controllare chi stava chiamando?
"So che sei lì. Ti prego, parlami." La sua voce fu sufficiente a farmi scendere una lacrima.
Volevo rispondergli, dirgli qualcosa, ma non ci riuscivo. Ero bloccata. Ripensai a tutto quello che era successo e sentii un dolore al petto che mi fece capire che non ero pronta. Non ero ancora a parlare con lui. Mi faceva troppo male.
"Ehi, dormigliona." Alzai la testa di scatto, giusto in tempo per vedere Anaru entrare in casa mia.
"Avanti, alzati. Il sole splende ed è una giornata perfetta per stare all'aperto" disse con una voce un po' troppo squillante.
Aveva un'espressione allegra, che divenne subito cupa appena mi vide.
"Perché stai piangendo?" Mi guardò preoccupato, poi notò il telefono che avevo vicino all'orecchio.
"Che succede, Haylee? Chi c'è lì con te?" Sentivo che Trevor aveva il respiro affannato. "Ti prego, parlami."
Quelle parole furono le ultime che ascoltai, perché mi risvegliai dal mio stato di trance e chiusi la telefonata.
"Cos'hai?" Anaru venne verso di me e si sedette sul divano. "Era lui, vero? Il terapista?"
Annuii piano. "Trevor."
Mi posò una mano sulla gamba cercando di consolarmi.
"Non so nemmeno perché ho risposto. Dovevo prima controllare."
"Haylee," mi richiamò Anaru con tono cauto, "forse dovresti tornare a casa e parlare con lui."
"No, non sono pronta" replicai subito.
"Ma non puoi scappare per sempre."
Aveva ragione, lo sapevo. Nell'ultimo periodo la mia vita era diventata una fuga continua. Ero scappata da Dominic, da mia madre, dal dottor Barnes e da Trevor. Fuggivo e basta, senza affrontare la realtà. Era successa la stessa cosa anche con Stephan perché non volevo che sapesse di me, del mio passato, di quello che avevo dovuto affrontare. Avevo paura che potesse raccontare a qualcuno chi fossi e che Dominic mi trovasse. Non potevo permetterlo, così, quando Stephan mi aveva messo di fronte a una scelta, avevo deciso di scappare.
"Non so cosa fare" ammisi, abbassando la testa per guardare il cellulare tra le mie mani.
"Prenditi qualche altro giorno per pensare, ma sappi che non potrai farlo per sempre. Prima o poi dovrai decidere cosa fare e tornare a casa."
"Già."
"Oggi, invece, ti divertirai." Anaru balzò in piedi con lo stesso entusiasmo di quando aveva fatto irruzione in casa mia poco prima. Tuttavia, non bastò a risollevare il mio morale. Avevo ancora voglia di stare in casa sul divano.
"Avanti, non fare quella faccia."
"Come hai fatto a entrare nel mio appartamento?" chiesi, cambiando argomento.
Fece spallucce. "Conosco la proprietaria, che ci ha visto insieme qualche volta in questi giorni."
Decisi di alzarmi in piedi e di stiracchiarmi. La prima cosa di cui avevo bisogno era del caffè.
"Oggi io e Brad abbiamo la giornata libera, così vogliamo fare una sorpresa a Michael. Vuoi venire con noi?"
Andai in cucina, dove riempii una tazza di caffè. "Posso sapere qual è la sorpresa? Nell'ultimo periodo le mie sorprese hanno fatto schifo."
Anaru rise, appoggiandosi con un fianco al piccolo tavolino.
"Poco lontano da qui c'è una piscina naturale immersa nel bosco. Non la conoscono in molti, solo la gente locale, ma è comunque difficile riuscire a prenotare con poco preavviso."
"Bosco?"
Lui annuì. "È bellissimo, rilassante e anche divertente. Di fianco a questa piscina hanno costruito un gazebo dove si possono fare dei picnic. Abbiamo prenotato tre mesi fa."
Rilassante. Forse era ciò di cui avevo bisogno dopo la telefonata di Trevor.
"A che ora si parte?"
Natura senza fine. Fu la prima cosa a cui pensai quando Brad parcheggiò la Jeep ai piedi di un ripido sentiero. Ovunque guardassi c'erano foglie, terra, rocce e alberi. Nessun segno di civiltà, a parte l'auto con cui eravamo arrivati. E la cosa stranamente mi piaceva.
Anaru e Brad si misero uno zaino in spalla, imitati da un Michael completamente euforico. Siccome non ne avevo uno, afferrai la mia borsa con una mano e l'asciugamano con l'altra.
"Quindici minuti di cammino, poi siamo arrivati" ci informò Brad, che iniziò a percorrere il sentiero ripido.
Un paio di sneaker non era l'ideale per camminare in salita su un terreno irregolare pieno di rami, foglie secche e sassi; ma non mi lamentai. Pregustavo già il relax in cui mi sarei immersa.
"Quanto manca?" Michael saltava da una parte all'altra fingendo di stare in equilibrio su qualcosa di invisibile.
"Poco" replicò Anaru con tono leggermente spazientito.
Mentre camminavamo, sentivo già il sudore sulla fronte, però non me ne preoccupai. Ero troppo impegnata a guardarmi intorno. A vedere la natura che mi circondava, a sentire il rumore delle foglie mosse da una brezza leggera e il cinguettio degli uccelli.
"Eccoci qua." Brad lasciò cadere lo zaino a terra, e in quel momento mi accorsi che eravamo arrivati alla fine del sentiero.
Davanti a noi si trovava una piccola discesa che conduceva ad un gazebo di legno scuro dall'aria rustica. Le travi erano grosse e resistenti, circondate per tutta la loro lunghezza da edera e altre pianti rampicanti. Al suo interno, proprio nel mezzo, era posizionato un tavolino con intorno quattro sedie. Poco più avanti, invece, c'era un angolo di paradiso. Sembrava quasi una vasca, ma in realtà era una piscina naturale piena di acqua azzurra e limpida. Circondata da rocce, erba di un verde brillante e maestosi alberi che coprivano il cielo, quella era la cosa più bella che avessi mai visto.
"Wow" riuscii a dire. Era l'unica parola in grado di descrivere la bellezza di quel paesaggio e la mia calma interiore.
Michael mi sorpassò, incapace di trattenere il suo entusiasmo.
"Era tanto che voleva venire qui. Adora la natura." Seguii Anaru verso il gazebo, dove lasciammo gli zaini e la mia borsa vicino al tavolino.
"Guarda com'è felice." Brad osservava Michael pieno di orgoglio, e giurai di aver visto i suoi occhi diventare lucidi.
Ci svestimmo tutti quanti, poi andammo verso la piscina naturale. Quando mi immergetti nell'acqua, non mi sorpresi nel trovarla fresca. Era un piacevole contrasto col caldo della città.
Michael iniziò a nuotare, scomparendo di tanto in tanto sotto la superficie, mentre io, Anaru e Brad ce ne stavamo in
disparte, appoggiati al bordo roccioso, a goderci l'atmosfera.
Era la cosa più bella che avessi mai fatto, e mi sentivo grata nei confronti di quei due uomini che mi avevano accolto a braccia aperte. Mi avevano aiutato e fatto divertire. Erano persone fantastiche che non meritavano bugie.
"Vi ho mentito" dissi all'improvviso. Lo sguardo rivolto in alto, verso i rami degli alberi che si intrecciavano gli uni con gli altri.
Sentivo lo sguardo di Brad e Anaru su di me.
"Non vengo da New York" spiegai con calma. "Waterbury è la mia città."
Quando mi voltai verso di loro, notai che mi fissavano seri. Li avevo delusi.
"È l'unica cosa su cui ho mentito. Ero appena arrivata, non mi fidavo di nessuno e... a causa del mio passato avevo paura a raccontare la verità."
"Quale passato?" L'espressione di Brad si era fatta più dura.
"Sono scappata. Avevi ragione, Anaru. Sono scappata dall'uomo che mi faceva del male, da mia madre che mi ha fatto vivere nella menzogna e dall'uomo di cui mi sono innamorata perché mi ha mentito."
Anaru mi sorrise, mentre Brad si rilassava visibilmente.
"Vi chiedo scusa. Mi dispiace davvero tanto."
Entrambi si mossero e, senza che me lo aspettassi, mi abbracciarono, facendomi sentire una persona nuova.
"Mi avete aiutata tanto, anche se a voi non sembra, e ora sto meglio."
"Hai deciso di tornare da Trevor?" mi chiese Anaru.
Scossi la testa con decisione. "No, non sono pronta a rivederlo."
"Dovrai farlo prima o poi" mi fece notare Brad.
"Lo so, ma non ora. Sono ancora ferita e vulnerabile. Parlare con lui mi farebbe stare peggio." Feci un respiro profondo e presi la mia decisione. "Vado a New York."
"Cosa c'è a New York?" chiese Brad.
"Quello che pensavo fosse mio padre."
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