Capitolo 5 - Che strano modo di iniziare
Una volta svegliata, la pelle del mio volto, sembrava tirare, probabilmente a causa delle lacrime asciugatasi lì la sera prima. Per me Carlotta era molto importante... Non potevo - non volevo - credere che non avrei mai potuto farmi perdonare.
"Aurora..." Mi chiamò Florie leggermente seccata. Non risposi nemmeno quella volta. Non me la sentivo... Lei non disse una parola. Si vestì ed uscì dalla camera. Dopo un po' uscii anche io, ancora un po' triste. Mangiai lo stesso del giorno prima e mi avviai lentamente verso la classe di Magia Spaziale. Mi sentivo già distrutta.
"Ragazzi, buongiorno!" Disse, entrando, la professoressa Dahl. Io non risposi. Avevo trovato posto in un angolo e me ne stavo quatta quatta per i fatti miei. Quel giorno, non riuscii a guardare nessuno negli occhi. Dopo tre ore, la lezione della professoressa Dahl, terminò.
"Aurora, che succede?" Mi chiese lei, una volta che tutti furono usciti.
"Nulla." Cercai di nascondere le mie emozioni.
"Non posso costringerti a dirmi cos'hai, dato che sono una tua professoressa, ma a me dispiace tanto vedere una mia alunna così..." Mi disse sinceramente dispiaciuta. Lei si era fidata di me: mi aveva dato la bacchetta, che a quanto pare, era molto importante a causa del presunto proprietario.
"Beh, andiamo in un posto in cui nessuno può vederci però..." Lei annuì e ci recammo in una stanza.
"Questo è il mio studio." Disse mostrandomi una bellissima camera stracolma di libri.
"Accomodati pure." Io scossi la testa per ringraziarla e mi sedetti sulla poltroncina.
"Qual è il tuo problema?"
"Io..." Gli occhi mi si riempirono improvvisamente di lacrime in pochi secondi al pensiero di tutti i miei problemi. Fissavo un punto indefinito del pavimento e feci un respiro profondo, come per darmi coraggio per parlare. "Io non volevo venire qui... Tutto questo è uno sbaglio... La mia vita qui fa schifo..." Urlai come se mi stessi sfogando; del resto, lo stavo facendo.
"Perché?" Disse con espressione e tono estremamente dispiaciuti.
"Io dovevo prima aggiustare la situazione con la mia migliore amica... Volevo salutare i miei... Voglio tornare in Italia!" Scoppiai a piangere e lei cercò di consolarmi.
"Aurora, vorrei tanto dire che potresti ritornare a casa, ma ti direi una menzogna. Mi dispiace... Una volta venuta qui, non puoi più tornare indietro..." Piansi ancora di più. "Ti posso abbracciare...?" Giusto, me lo stava chiedendo perché in qualità di professoressa non poteva fare nulla se non con il mio consenso. Io annuii. Allora lei mi abbracciò. Quel caldo abbraccio mi confortava... Mi sollevava su il morale...
"Grazie..." Mormorai io. Allora mi abbracciò ancora più forte. In quegli attimi mi sentivo bene veramente, per la prima volta dopo giorni. Ma perché si stava comportando in quel modo con me?
"Ehm... Le posso fare una domanda?" Lei mi guardò con aria enigmatica ma annuì. "Perché è così protettiva nei miei confronti?" Le chiesi con tutto il mio coraggio. Era evidentemente imbarazzata. "Mi scusi... I-Io n-non volevo..."
"Non ti preoccupare... È solamente perché di carattere sei molto simile a me quando ero giovane come te... Ero molto sensibile e riservata... E per questo ho avuto problemi..." Io annuii e la abbracciai forte. Questa volta, l'abbraccio, durò meno perché dovevo andare, prima che gli altri si accorgessero della mia assenza. Asciugai la faccia e, dopo che il mio pianto si notava meno, uscii dalla stanza. Era strano... C'era qualcosa in lei... Qualcosa la rendeva più di una semplice professoressa ai miei occhi... Mentre osservavo mentalmente quanto strano fosse stato l'accaduto, qualcuno mi chiamò da dietro.
"Aurora!" Quella voce l'avevo già sentita. Mi girai per vedere Hector.
"Hector! Che succede?" Chiesi vedendo la sua faccia sconvolta.
"Dove sei stata? Ti ho cercata per tutta l'accademia!"
"Ehm... Io... La professoressa Dahl doveva parlarmi..."
"Di cosa?" Mi chiese il suo amico.
"Non posso dirlo e poi nemmeno ti conosco." Risposi seccata. Lui annuì e si presentò.
"Randy, Randy Marshall. Vengo da un regno lontano da questo."
"Aurora Verdi, piacere. Comunque non m'importa. Abbiamo parlato di cose che non sto qui a raccontarvi. Le voglio tenere per me. Ora, se volete scusarmi..." Dissi facendomi strada tra tutti i ragazzi presenti nel corridoio.
"Aurora, vuoi dirmi che ti succede?" Chiese Florie dispiaciuta.
"Dovevo sistemare le cose con la mia ex migliore amica... Ma non posso più tornare indietro..." Dissi cercando di trattenere le lacrime.
"Mi dispiace." Disse solamente lei.
"Bene, ora cosa abbiamo? Arte? Oddio, io faccio pena a disegnare..."
"C'è anche la storia dell'arte."
"Non mi piace... Andrò malissimo, me lo sento..." Mormorai io. Per fortuna non andò così male.
"Apprezzo come tu sia disciplinata nonostante tu non sia bravissima... contrariamente a qualche tuo compagno!" Disse la professoressa di Arte Magica lanciando un'occhiataccia a Randy. Lui aveva riprodotto un disegno bellissimo, il mio era un'accozzaglia di cose... Forse era la confusione che in quel momento si celava dentro me. Al pensiero della mia migliore amica, una lacrima bagnò il mio foglio, facendo sbavare il colore, rendendolo ancora più impresentabile. Chiesi allora di andare in bagno perché non volevo farmi vedere in quello stato: ero sull'orlo di una crisi di pianto, una di quelle che ormai da più di due giorni mi affliggevano continuamente. Una volta lì, piansi tantissimo. Se una ragazza fosse entrata, mi avrebbe sentita piangere, ma non potevo, e non volevo, farci nulla: io dovevo sfogarmi. Avevo gli occhi gonfi, ormai, e il mio volto era tutto macchiato a chiazze rosse. Avevo veramente esagerato... Non piangevo così da tanto tempo... Ma fu allora che la ragione del litigio mi tornò alla mente: lei aveva scelto di stare con le ragazze antipatiche, vuote di cervello ma belle fuori. Fu in quel momento che la tristezza si trasformò in odio. Avevo letto molte storie in cui la protagonista, mentre piangeva nel bagno della scuola, veniva notata da qualcuno e veniva tirata su di morale; ma chi avrebbe mai tirato su di morale me? Io avevo sempre fatto tutto da sola... E poi la mia storia era fin troppo diversa dalle altre... Ritornai in classe dopo aver asciugato le lacrime che rigavano copiosamente il mio volto.
"Dovei sei stata?" Mi chiese Hector.
"In bagno... Che t'importa?" Lui fece cenno di lasciar perdere. Avevo cercato di sistemare il disegno, ma per le sbavature non potevo farci nulla. La professoressa stava per venire verso il mio banco ed il cuore mi batteva a mille. Ma fu proprio in quel momento che un incantesimo sfiorò la mia testa: mi girai per vedere Randy estremamente concentrato. Una volta giratami verso il disegno, questo era perfetto: nessuna sbavatura!
"Ottimo! Mi sorprendi!" Disse la professoressa stupefatta.
"Grazie..." Dissi con voce innocente io. In fin dei conti, potevo anche abituarmi alla vita lì... Se non fosse stato per ciò che mi mancava, sarebbe stato tutto perfetto... Eppure c'era una sensazione strana in me... Come se la mia vita stesse cambiando gradualmente, ogni giorno sempre di più... Ma non prestai molta attenzione alla sensazione perché, del resto, non stavo cambiando veramente? Mi girai per ringraziare Randy, ma lui fece cenno di girarmi.
"Ragazzi, per la prossima volta non vi lascio nulla. Per la concentrazione, beh... Vi dovete allenare solamente su quello..." Sembrava cattiva, ma alla fine era una brava professoressa. Era sì severa, ma sapeva premiare chi ne aveva il diritto. Dovevamo andare a pranzare, adesso. Io non avevo fame per niente così presi il piatto più leggero disponibile.
"Aurora, sei ancora triste per quel fatto?" Mi chiese Florie. Io annuii. "Vieni in camera dopo." Disse senza cenno di emozione. Non ne capivo il significato, ma comunque, una volta aver terminato di pranzare, ritornai in camera con Florie.
"Tu non sai... Tu non sai nulla della vita! Tu non sai cosa significhi passare guai veramente! Tu non hai la più pallida idea di cosa significhi avere una vita complicata! Tu non sai cosa significhi essere abbandonati dai propri genitori a 13 anni ed essere accuditi dal fratello maggiore di appena 18, che si è trovato costretto a cercare lavoro al posto di completare i propri studi... I sensi di colpa sono i protagonisti... Tu non sai nulla di tutto questo, okay? Tu non lo sai! N-Non sai nulla della vita... E-Ed ora che... Che ti è capitata questa piccola sventura, ne stai facendo un dramma! Tu sei come tutte le altre! Lo sapevo! Sei una di loro! Come tutte quelle che io abbia mai conosciuto, del resto! Mai nessuno che capisca veramente!" Urlò lei, piangendo. Io ero paralizzata. Cosa avrei dovuto rispondere? Cosa avrei dovuto fare? Come mi sarei dovuta comportare con lei? Allora feci il gesto più spontaneo che possa esistere: l'abbracciai. Era rigida, all'inizio, ma poi cominciò ad essere gradualmente sempre più rilassata.
"Florie, io non ci sono passata, ma ti capisco... Non ti devi preoccupare..." Lei allora mi strinse forte. Le giacche delle nostre divise vennero bagnate dalle nostre lacrime che si mescolavano con la trama del tessuto. Dopodiché uscii dalla camera e tutti mi guardavano come fossi un fantasma. Incontrai in quell'istante Melissa e Clarissa nel corridoio.
"Ehm... Qualcuno mi potrebbe spiegare cosa sta succedendo? Perché tutti mi guardano... Cioè... Cos'ho?" Chiesi incuriosita.
"Probabilmente hanno saputo della bacchetta magica della Dahl..." Spiegò Melissa.
"Ancora con questa storia? Ancora non lo avete capito che è una voce di corridoio?" Sbuffai ed andai via. Guardavo a terra. Ero completamente immersa tra i miei pensieri quando mi scontrai contro qualcuno.
Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo con i capelli biondi e gli occhi azzurri, proprio come il ghiaccio.
"Scusa..." Dissi io imbarazzata. Lui non disse nulla. Continuava a fissarmi con quello sguardo gelido ed impenetrabile. Non si riusciva a leggere nessuna emozione in lui.
"Sono nuova... Mi c-"
"Aurora, Aurora Verdi, giusto?" La sua voce fredda, come i suoi occhi, e roca, emanò un brivido su per la mia schiena. Io non feci altro che annuire, all'inizio.
"E tu? C-Chi sei?" Chiesi io.
"Karl, Karl Larsson." Lui se ne andò facendosi strada tra gli altri studenti, mentre io ero lì, ferma come un palo. Non riuscivo più a muovermi. Ero come paralizzata.
"Aurora! Tutto bene?" Urlò Clarissa, correndo verso di me. Io non dissi nulla. Probabilmente uscirono dei suoni sconnessi dalla mia bocca.
"Che cosa? Che succede, Aurora?"
"I-Io... Chi è Karl?"
"Ci sono forse centinaia di Karl in quest'accademia, Aurora!" Rise lei.
"Karl..." Avevo come un vuoto di memoria. Nulla.
"Ma se intendi quel ragazzo che hai incontrato prima... non lo conoscevo..." Io sorrisi malinconicamente. Lei sembrava una delle più popolari della scuola, eppure non lo conosceva.
"Ma perché t'interessa tanto?" Chiese lei, facendomi l'occhiolino.
"Ma smettila! Clarissa!" Non so se arrossii, ma una vampata di calore avvolse la mia faccia. Nel frattempo vidi la professoressa Dahl, lanciarmi un'occhiataccia mentre passava accanto a me. Che cosa aveva?
"Aurora..." Mi chiamò Clarissa. "Che hai combinato con la Dahl? Ti ha lanciato una frecciatina con gli occhi..." Constatò preoccupata.
"Io? Ma io che ho fatto ora? Mah..." Dicendo ciò mi misi a correre il più velocemente possibile, facendo fuori tanti ragazzi, anche più grandi di me. Dovevo capire che cosa avesse.
"Professoressa!" Urlai io. Ma lei non si girò. Probabilmente non mi aveva neppure sentita... Allora la seguii fino al corridoio degli uffici, in cui non c'era praticamente nessuno.
"Professoressa! Professoressa Dahl!" Chiamai ancora una volta.
"Che cosa c'è, Aurora?" Si voltò bruscamente.
"Volevo chiederle se fosse arrabbiata con me..." Dissi fissando il pavimento.
"Perché dovrei?" Chiese lei sarcastica.
"Non ho mai sopportato le proposizioni principali interrogative retoriche, professoressa." Dissi con aria compiaciuta mettendo le mie mani ai fianchi.
"Non ho mai dubitato della tua preparazione scolastica, signorina Verdi. Io dubito di altro." Questa conversazione stava prendendo una strana piega.
"Dove vuole arrivare?" Le chiesi prepotentemente.
"Cerca di non frequentare cattive compagnie, Aurora!" Disse lei altrettanto seccata. Si girò e si avviò verso il suo ufficio. Le sue parole mi avevano lasciata dubbiosa. Cosa volevano dire? A mio parere, le ragazze non facevano nulla di male... Anzi, sembravano tutte delle tipe molto a posto. Ad ogni modo, non m'importava nulla: sapevo badare a me stessa, ormai.
"Aurora! Dove sei andata?" Domandò Clarissa una volta ritornata al corridoio in cui avevo lasciato le mie amiche.
"Dovevo capire una cosa..." Risposi vaga.
"Ma... Okay..."
"Bene..." Dissi dirigendomi verso un'altra classe. Probabilmente quella professoressa era una pazza... Avevo imparato a non affezionarmi subito, quindi non feci nemmeno caso all'accaduto; o quasi: ora guardavo la professoressa con uno sguardo diverso. Era davvero un peccato non avere un'altra lezione con la Dahl quel giorno. Avrei dovuto aspettare l'indomani per lanciarle delle frecciatine. Guardai l'orario: Geografia spaziale... Una vera noia, direi. Però imparai che oltre a Caeux, c'era un regno confinante che si chiamava Exenduai ed era il secondo regno per importanza dopo Caeux. Un altro piccolo regno si chiamava Dolcalay ed aveva da pochi decenni ottenuto l'indipendenza.
"Florie, puoi dirmi dove dobbiamo andare ora?"
"Storia dell'arte magica." Rispose.
La professoressa sembrava incoraggiante, quindi sarebbe stata una bella lezione. Dopo una giornataccia, mi siedo su una delle panche del giardino che si affacciava sul regno.
"Che cosa ho fatto?" Sussurrai tra me e me. "Perché prima ha fatto finta di essere una persona su cui potevo contare, ma poi mi ha voltato le spalle? Perché...?" Non era vero che non mi affezionavo, anzi mi ero già affezionata della professoressa.
"Aurora." Mi chiamò una voce maschile. Era una voce già sentita quel giorno...
"Karl?!" Esclamai.
"Aurora, con chi parlavi?"
"Ehm... Io... Veramente... Stavo parlando tra m-"
"Anche a me capita spesso di parlare tra me e me. Evita di farlo in pubblico: io ti capisco, ma non tutti lo fanno." Karl mi guardò con i suoi gelidi occhi color ghiaccio. Non so né come né perché, ma lo spinsi e ritornai in camera lasciandolo solo. Dopo la cena, ritornai alla mia stanza.
"Florie, sono stanchissima... Non ne posso proprio più..." Dissi saltando sul letto, ancora in divisa. Dopo aver messo il pigiama, mi misi sotto la coperta e mi addormentai inquieta, ma stanca.
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