Capitolo 11 - Un'ombra

Mi svegliai lentamente, mi sentivo così stanca... Ma ecco che ricominciava una nuova eterna settimana! Le prime due ore avrei avuto magia spaziale per fortuna. Stavo per uscire dalla camera quando una lettera mi planò davanti. Lessi che il destinatario ero io, così la aprii.
'Signorina Verdi siamo molto dispiaciuti nel comunicarle che non potrà partecipare alle lezioni di oggi a causa del suo comportamento inadeguato per aver violato la privacy dell'archivio accademico. Peraltro non potrà uscire dalla sua camera, tranne che per i pasti.' Una sensazione di panico mi invase. Non so dire perché, ma avrei davvero voluto partecipare alla lezione. Quella sensazione di impotenza... ero vicina alla classe, è vero, però la sensazione di non poter fare nulla, era sempre più forte dentro di me. Avrei voluto fare tante domande alla professoressa durante il break, ma naturalmente non avrei potuto. Ero terribilmente triste, mi sentivo impotente nonostante fossi ormai maggiorenne.
"Non posso dire di non essermela cercata, però..." Dissi tra un singhiozzo e l'altro, riflettendo sull'accaduto oggettivamente. Continuavo a singhiozzare copiosamente, un po' per il fatto che ero stata scoperta e sarei finita nei guai, un po' per il fatto che non potevo andare a lezione. Provavo un incrocio tra tristezza, paura e rabbia, tanto che mi prese un dolore insistente all'altezza dello stomaco. Mi presero i soliti brividi improvvisi, ma dopo essermi sfogata contro il mondo intero, decisi di fare qualcosa. Non potevo mica stare tutta la mattina a piangermi addosso, potevo sfruttare quel tempo. Decisi di elaborare un piano, dovevo pur fargliele quelle domande. Di tanto in tanto mi prendevano ancora i brividi e la sensazione che fossi sul punto di scoppiare dalla rabbia o a piangere, era sempre con me.
"Devo riuscirci" Mi ripetevo mentalmente ogni volta che provavo queste sensazioni. Mi sedetti sul letto e cominciai a pensare. Erano più o meno le undici quando la porta della camera si aprì.
"Uh?!" Disse la signora delle pulizie, probabilmente la signora Leroy, sorpresa a trovarmi lì dentro. "Cosa ci fai qui?" Continuò lei.
"Punizione... Non posso andare a lezione, né posso uscire da qui se non per pranzare e cenare." Risposi secca. Mi fissò con aria truce, tanto che mi venne naturale rispondere con un'espressione simile.
"Almeno alzati, così sistemo tutto." Disse burbera. Pensai allora alla lettera che era scomparsa e che davvero aveva rubato la signora Leroy. Decisi di controllare ogni suo minimo movimento, alla prima azione sbagliata l'avrei beccata. Eppure sapevo bene che era abbastanza scaltra da non farsi beccare sotto il mio naso. Mi presero di nuovo quei brividi, ma all'improvviso mi sentii potente. Non so cosa fosse cambiato dentro di me, però sapevo che c'era qualcosa di diverso in me. Ora mi sentivo terribilmente forte, come se nulla potesse battermi, come se fossi in grado di superare tutto. La guardai un po' sprezzante e lei si affrettò a ricambiare lo sguardo. In quei pochi secondi ci fu silenzio, ma con gli sguardi fu come se avessimo parlato. Lei di tanto in tanto mi lanciava delle occhiate di sfida ed io continuavo a guardarla acidamente. Finalmente fu il momento in cui andò via. La sensazione di potenza che avevo provato prima, svanì velocemente così come era arrivata. Chiusi gli occhi. Respirai profondamente per un po' e mi abbandonai sulla sedia accanto la scrivania. La girai verso la finestra e cominciai a riflettere. 'Quanti guai sono riuscita a combinare in una settimana...' Pensai dispiaciuta. Non avrei voluto, non era da me, eppure sentivo l'anima ribelle dentro di me, sapevo che dovevo fare per forza qualunque cosa in mio potere per ritornare a casa. Era la cosa che desideravo più ardentemente in quel momento. Decisi che sarebbe stato meglio aspettare il ritorno di Florie per chiederle di insegnarmi di nascosto a creare varchi dimensionali, così nel frattempo mi dedicai a come mi sarei dovuta porre con la Dahl. Provai più e più volte come suonava meglio ed alla fine mi decisi. Si era ormai fatta l'ora di pranzo, così mi affrettai ad avviarmi alla Mensa. Alcuni studenti che mi parvero del secondo anno erano già seduti ai tavoli quando entrai nell'immensa sala. Una ragazza cominciò a fissarmi da uno dei tavoli. Aveva i capelli neri, corti e gli occhi scuri, anche se non riuscivo a capire bene di che colore data la lontananza. Mi venne quasi spontaneo chiederle cosa avesse da guardare così tanto insistentemente, ma mi trattenni per non sembrare ridicola.
"Aurora, giusto?" La ragazza accanto a lei parlò. Era magra tanto da sembrare un grissino, come la sua amica del resto.
"Sì..." Non so dire il perché, ma una forma d'inquietudine s'insinuò dentro di me. Quelle ragazze erano così strane. "Perché?" Aggiunsi senza troppa fretta.
"Nulla, chiedevo solamente." Aggiunse con un tono solo apparentemente smielato. Avevo di nuovo i brividi.
"Ma che mi prende?" Mormorai incomprensibilmente.
"Cosa?" Continuò la ragazza che prima mi fissava.
"Nulla, nulla... Ora, se volete scusarmi..." Dissi senza aggiungere altro. Sentivo che i brividi stavano peggiorando ed ormai sentivo anche freddo, nonostante fossi in una stanza riscaldata dalle varie candele appese alle pareti. Mi sedetti al solito posto, ma ancora le ragazze non erano arrivate. Ma poco dopo arrivò la Dahl. Lasciando stare i brividi, mi avviai verso la professoressa.
"Professoressa..." Mi guardò con aria truce, atto che non capii all'istante.
"Aurora! Come mai non sei venuta a lezione?" In un primo momento pensai che non sapesse della lettera, così fui disposta a dire la verità, anche sulla motivazione del perché la ricevetti.
"Io... ho ricevuto una lettera..." Balbettai un po'. "In cui c'era scritto che non sarei dovuta uscire dalla stanza se non per andare alla mensa." Continuai con tono un po' più fermo, il cuore che mi batteva vorticosamente. Un'ondata di paura mi travolse quando vidi saettare i suoi occhi verso i miei.
"Signorina Verdi! Ma cosa dici? Se fosse successo veramente, avrebbero avvertito gli insegnanti!" Urlò lei. Ormai la mensa si era riempita e la paura aveva fatto spazio anche alla vergogna. Stavo tremando. Tutti mi fissavano ormai, anche chi stava già pranzando si era voltato a guardarmi. Non riuscivo nemmeno ad aprir bocca, così - non per scelta - stavo per ritornare al mio posto senza dir nulla. Nel frattempo erano entrate anche le ragazze, che guardavano la scena atterrite.
"Ma professoressa..." Cercò di protestare Florie invano giungendo di fretta al tavolo dei professori.
"Niente 'ma', signorina Dubois." Replicò rigida la professoressa Dahl.
"Ma professoressa, l'ho vista anche io la lettera, stamattina!" Mentì Florie ansante. Lei era uscita poco prima di me quella mattina, ma aveva capito che non ero il tipo che mentiva su una cosa così seria.
"Ah sì?" Chiese lei con tono estremamente sarcastico. Ormai la vergogna era svanita ed al suo posto, accanto alla paura, c'era la rabbia. Come poteva non fidarsi di me?
"Sì! Ma certo! Le farò vedere la lettera, le sta bene?" Questa fu l'unica frase che sembrò calmarla, anche se le si vedeva ancora la collera in volto. Io ormai stavo tremando incontenibilmente, tanto che usai le mie ultime forze per raggiungere il mio posto, dove mi sedetti in fretta. Non avevo nemmeno fame, ero solo arrabbiata ed impaurita allo stesso tempo.
"Aurora? Cos'è questa storia della lettera?" Chiese Eléonore quasi bisbigliando.
"Stamattina ho ricevuto una lettera in cui c'era scritto che non potevo uscire dalla stanza - se non che per pranzare e cenare - come punizione per aver violato la privacy dell'accademia entrando nell'archivio." Replicai senza lasciarmi sfuggire delle emozioni.
"Cosa?! Sei entrata nell'archivio?! Ma sei matta?!" Mi rimproverarono bisbigliando.
"Io... sì." Risposi vergognata.
"Come mai e quando?" Chiese Florie con tono di rimprovero.
"Dovevo scoprire una cosa!" Reclamai. Un brivido mi percorse tutta la schiena. Non mangiai nulla e ritornai direttamente in camera di modo che avessi tutto il tempo di sfogarmi prima di ritornare con la lettera. Cercai di calmarmi andando sul balcone, ma nulla sembrava poter placare il mio animo inquieto. Decisi che era giunto il momento di ritornare alla mensa, ma fu allora che qualcosa catturò la mia attenzione. Era un'ombra che pareva aggirarsi liberamente sul prato sottostante, senza nulla che ne potesse giustificare la presenza. Pareva aver vita propria. Non riuscii a capire che cosa fosse né da dove provenisse, ma una cosa era certa: non era un buon segno. Compì un paio di giri lì intorno e poi parve voltarsi verso il bosco che portava a Caeux, perdendosi tra la fitta vegetazione. Mi aveva quasi sconvolto, ma la mia attenzione venne nuovamente catturata dalla lettera. Uscii nel corridoio, con passo incerto. Avevo paura. 'Di cos'hai paura?' Mi diceva la voce della ragione in testa. 'L'hai ricevuta, è vero che hai sbagliato, ma del resto è tutto in regola!' Continuavo a ripetermi. Ma per una ragione inspiegabile continuavo a temere che potesse accadere qualcosa di brutto. Arrivai al grande portone della mensa. Aprii la porta a due battenti e raggiunsi il tavolo in cui erano seduti tutti i professori. Il professore di storia mi guardava con fare minaccioso mentre mi avvicinavo sempre di più.
"Professoressa, ecco qui... io... le ho portato la lettera." Balbettai.
"Non qui, Aurora, stasera prima di cena, incontriamoci nel parco qui fuori. Assicurati che non ci sia nessuno ed aspettami lì." Bisbigliò. Trassi un sospiro di sollievo e me ne andai. Il pomeriggio non partecipai alla lezione di Storia. Mi affacciai di nuovo alla finestra alla ricerca di quella strana ombra di prima, ma non ce n'era più nemmeno traccia. Florie ritornò in camera qualche minuto dopo ed io le mostrai la lettera.
"Mi spieghi da dove ti è saltato in mente di andare nell'archivio?" Avrei voluto giustificarmi dicendo che dovevo scoprire qualcosa in più su Aiden, ma non parlai. A parte che non avevo prove della sua reale esistenza, non volevo nemmeno spiegarle tutto, così tacqui.
"Dovevo cercare una cosa." Risposi nuovamente vaga. "Comunque... fammi fare i compiti! O meglio, dammi i compiti che hanno assegnato oggi così li comincio." Dissi per una volta veramente volenterosa di studiare, pur di non continuare l'interrogatorio.
"Per domani abbiamo solo Magia Spaziale, niente di che comunque..." Rispose. Mi rattristai al pensiero della professoressa, ma pensai alla materia, così di colpo mi illuminai. Presi il libro e cominciai a fare come era illustrato. Dopo circa un'ora, in cui ero arrivata solo a metà, Florie mi chiamò.
"Ah, abbiamo anche storia, dimenticavo!"
"Me lo dici solo adesso?!" Sbottai io.
"Scusa..." Si fece piccola piccola. Capii di aver esagerato un po'.
"Beh, scusami..." Ammisi con un tono di voce bassissimo. Scherzammo un po' e poi continuammo con i compiti, io ancora più concentrata di prima.
"Aurora, dobbiamo andare a cenare!" Annunciò allegra Florie.
"Oh cavolo! Florie, tu vai! Arriverò prima o poi..." Dissi l'ultima frase con un filo di voce appena udibile.
"Aurora-" Non le detti nemmeno il tempo di chiedermi dove andassi così di fretta, che afferrai la lettera ed uscii mettendomi la giacca della divisa come mi capitò prima. Arrivai al giardino con il fiato corto, la lettera stropicciata ma ancora salda nel mio palmo ormai sudato. Mi sedetti, era ormai tardi, ma decisi di aspettare. Non c'era nessuno in quel parco, così dopo cinque minuti decisi che sarebbe stato meglio ritornare dentro. Stavo per alzarmi quando vidi un'ombra arrivare da uno degli oscuri angoli.
"Professoressa! Professoressa?" L'ombra si avvicinava sempre di più a me. Fu a circa cento metri da me quando capii che non era la professoressa. Urlai, ma la mia voce venne come prosciugata ancor prima che uscisse dalla mia bocca. Allora decisi di non sprecare più fiato e cominciai a correre il più velocemente possibile. Ma proprio mentre ero lì, ad un passo dall'enorme porta di legno a due battenti, cominciai a vedere tutto sfocato e poi svenni.

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