Capitolo 10 - La casa di Aiden

Mi trovavo in un vicolo buio e gelido, da sola. Cercai di muovermi verso avanti, ma qualcosa sembrava impedirmelo. Non riuscivo a capire.
"Aiden!" Sentii una voce femminile urlare. "Aiden!" Gridò di nuovo. Dopo di che sentii un tonfo fortissimo. Chiusi gli occhi, ma vidi lo stesso una luce che mi abbagliò.
Mi svegliai con il cuore in gola, mi batteva fortissimo, e non sapevo come calmarmi. Respirai profondamente cinque o sei volte prima di riuscirmi a calmare quasi del tutto. Gettai il mio sguardo verso la finestra e vidi le prime fioche luci dell'alba filtrare dalla tenda della mia camera. Non riuscii più a prendere sonno, così decisi di fare la doccia. Una volta finito, svegliai Florie di modo che potessimo andare di nuovo a Caeux. Dopo aver fatto colazione, presi la decisione di parlare con la professoressa.
"Professoressa, ieri sera sono andata in biblioteca per leggere un libro e mi ha incuriosito molto uno in particolare. Ho letto che in teoria potrei ritornare sulla Terra, creando un varco naturalmente, che posso attraversare solamente due volte. Già una volta l'ho attraversato quando sono venuta qui per la prima volta, quindi potrei andare sulla Terra di nuovo senza mai più ritornare..."
"Oh... D-davvero?" Balbettò.
"Sì, l'ho letto ieri!" Confermai io senza esitare.
"Non ne e-ero a conoscenza..." Cercò di trattenersi, ma riuscii a intravedere una sensazione di panico sul suo viso. "Ora, se mi v-vuoi scusare..." Continuò lei andando via. Qualcosa non quadrava in quello strano incontro. Ritornammo in camera per prendere le ultime cose prima di andare di nuovo in paese.
"Aurora, oggi vorremmo andare in una parte un po' fuori del paese, è dalla parte opposta dell'ingresso del bosco." Spiegò Florie. Per me andava più che bene dato che amavo scoprire zone nuove, così annuii ed uscimmo di nuovo dall'accademia. Andammo nuovamente per il percorso nel bosco e stavolta prendemmo la direzione opposta da quella che portava in paese e ci dirigemmo verso una casa abbandonata.
"L'abbiamo vista ieri." Commentò Eléonore con tono preoccupato. Prima di avviarci all'interno, ci fermammo ad osservare. Un tempo doveva essere stupenda: aveva due piani, le tende giallognole strappate, tanti anni prima dovevano essere di un giallo acceso e le assi in legno erano ormai marce. Entrammo in quella casa buia. Agitai la bacchetta in modo da farla accendere e, per fortuna, funzionò. Il salone era ben arredato, contrariamente a come si potesse pensare. Ad un certo punto decisi di salire al piano di sopra mentre le altre continuavano a sfogliare i libri dell'enorme biblioteca del salone. Una volta salite le scale mi ritrovai in un enorme corridoio, buio come - se non di più - tutto il resto dell'immensa casa. Il pavimento in legno scricchiolava sotto i miei passi. Stavo per aprire una porta quando vidi un'ombra stagliarsi davanti ad essa. Pian piano la sagoma prendeva forma e si potevano notare sempre più dettagli. Era un uomo, anzi un ragazzo, di circa vent'anni con dei soffici e lisci capelli castani e gli occhi di un intenso verde smeraldo. Volevo chiedergli cosa - o meglio chi - fosse, ma la mia bocca pareva paralizzata. Dopo un po' la mia bocca emise un flebile suono.
"C-cosa s-sei?" Chiesi bruscamente.
"Cosa sono? Al massimo chi sono! Mi chiamo Aiden!" Mi trattenni a stento dall'urlare.
"Shhh. Tranquilla, non voglio, né posso, farti del male." La sua voce era così delicata che sembrava innaturale.
"E a-allora perché sei qui?"
"Per vederti un'ultima volta." Rispose tranquillamente.
"Che cosa?!" Ma subito dopo scomparve, si dissolse nel nulla. Proprio in quel momento arrivarono le ragazze.
"Con chi parlavi?" Chiesero in coro.
"I-io non stavo parlando con n-nessuno..." Balbettai.
"Dai, Aurora, a noi puoi dire tutto!" Esclamò Eléonore.
"Ditemi solo una cosa: esistono i fantasmi?" Chiesi imbarazzata.
"Certo! Ma per vederli ci devono essere condizioni particolari..." Spiegò Florie. "Il fantasma, quando era in vita, deve aver legato con una persona; in tal caso, quando muore, il fantasma può essere visto una sola volta da quella persona." Continuò lei. "Allora, cosa dovresti spiegarci?" Chiese Eléonore.
"Nulla, chiedevo semplicemente..."
"Dai, sappiamo che non è vero! Hai visto un fantasma, vero?" Il cuore mi balzò in gola mentre una sensazione di calore cominciò a pervadermi il viso. "Okay, è vero." Concluse Clarissa semplicemente.
"Chi era? Un ragazzo? Dai, diccelo!"
"Basta, ora smettetela." Uscii scossa da quella casa e feci ritorno in accademia. Non parlai più con nessuno quella mattina né pranzai. All'improvviso un pensiero mi balenò in mente. Fu come risentire la voce del sogno. 'Ma chi è questo Aiden?' Pensai tra me e me. Di nascosto, mi diressi verso l'archivio dell'accademia. Cercai tra i registri di tanti anni prima e ne trovai uno del 1994. Dalla foto della classe capii che era quella della professoressa Dahl. Ma all'improvviso sentii dei passi. Con il cuore che batteva vorticosamente, mi nascosi in un angolo dietro una pila di fogli. Una volta al sicuro, uscii dall'angolo buio. Aprii con mano più delicata che potevo quel registro e guardai meglio la foto. Accanto a quella che doveva essere la professoressa, c'era un ragazzo, quel ragazzo! Era Aiden! Decisi allora di fare quattro chiacchiere con la professoressa.
"Buongiorno!" Le sorrisi.
"Hey!" Mi salutò lei.
"Come sta? Tutto bene?"
"Tutto bene, tu?"
"Si va avanti..."
"Uh?"
"Tutto bene, sì. Allora, lei ha frequentato quest'accademia?" Le chiesi.
"Certo! È da quando avevo la tua età che ho il desiderio di insegnare, sai?"
"Davvero? Che bella cosa!"
"Oh, sì!"
"Eravate una classe unita?"
"Come mai chiedi?" Sorrise.
"Beh, io non sono mai stata in una classe unita e mi fa piacere vederne..."
"Sì, eravamo davvero una classe unita..." Lei non rivelava nulla più delle domande che le ponevo, così non sapevo più come potessi scoprire qualcosa.
"Che bello..." Finsi io. "Uh? Ora devo andare, prof!" Lei mi salutò dolcemente e io me ne andai. Improvvisamente sentii un brivido, il brivido che ormai mi accompagnava da giorni. Sentii battere il mio cuore più velocemente del normale e capii che pian piano che mi venivano questi "attacchi" - per così dire -, andava sempre peggio. Questa volta sentivo che non potevo mantenere la calma, non potevo riuscirci. In cuor mio avrei voluto correre più velocemente possibile in modo che nessuno mi notasse, ma Meredith mi si parò davanti. Per fortuna la scansai e continuai a correre più veloce che potevo. Aprii la porta della camera e la richiusi subito alle mie spalle. Mi gettai a peso morto sul letto e svenni.
Una volta rinvenuta, mi sentivo come svuotata da qualunque emozione. Se qualcuno mi avesse chiesto come mi sentivo, avrei risposto che non ne avevo la più pallida idea. Avevo come un grande vuoto dentro di me, un vuoto incolmabile che non riuscivo a comprendere. Continuavo a tremare violentemente. Non sapevo cosa fare, né cosa pensare. Mi sentivo davvero vuota dentro. Era come se avessi perso ogni emozione, ogni pensiero, la mia ragione di vita. Così, all'improvviso. Inspiegabilmente mi ritrovai con il bisogno di piangere. Non era il caso di trattenersi, infatti non lo feci. Piansi, piansi tantissimo. Quasi mi bruciavano gli occhi e le guance mi stavano prendendo fuoco. Cercavo di calmarmi, ma no, non ci riuscivo. - Forse mi sento così - pensai - perché ho capito di non potermi fidare nemmeno di lei. Mi ha delusa profondamente... - E a questo pensiero le mie lacrime non fecero altro che aumentare. Quel senso di vuoto era ora accompagnato solo da un'immensa tristezza. Nient'altro dentro di me.
"M-ma perché? P-perché mi fidavo di questa persona? E p-perché me la sto p-prendendo tanto?" Mi chiesi tra un singhiozzo e l'altro. Mi sentivo una perfetta idiota. Piangevo. Piangevo a diciotto anni senza alcun motivo. Era completamente banale. Ma ciò non mi faceva calmare. Dopo circa dieci minuti, smisi di piangere. Il mio stomaco era in frantumi, un dolore lancinante mi colpiva il ventre. Singhiozzavo rumorosamente ed i miei occhi bruciavano. Sentivo caldo, ma allo stesso tempo tremavo. Mi fermai un attimo. Tutto attorno a me era fermo e silenzioso. Come se tutto fosse stato fermato. Dal corridoio non proveniva alcun rumore e nemmeno fuori la finestra pareva esserci anima viva. La mia camera era investita da una tonalità di rosa-arancione, tipico colore del tramonto, che avrebbe invaso la stanza e le persone lì dentro di calma e tranquillità, ma in quel momento l'unica emozione che provavo era la tristezza. Cercai di sciacquarmi il viso, ma proprio quando stavo per asciugarlo, altre lacrime cominciarono a scorrermi in viso. La sera andai a cenare. Florie e le altre tornarono poco prima dell'ora di cena, ma non parlai nemmeno quella sera. Infatti, non esitai un istante ad andare in camera una volta finito il solito pasto serale. Mi misi su un fianco e mi addormentai profondamente.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top