Lettera a Luna
-Cos...come...perché...qu-quando sei arrivato?-
-Sono qui da poco, non preoccuparti.-
-Tu conosci mia madre vero?-
-Si, da un sacco di tempo. Se non sbaglio da quando mi ha scritto quella lettera. Ma non sono qui per una visita di piacere.-
-Ah-ah, divertente. E di preciso a cosa devo il piacere di questa visita?-
-È una storia lunga. Come sai tua madre è una Chiave. Lo è ancora, anche adesso può comunicare con noi. Però c'è un piccolo problema, anche se non so quanto può essere grave.-
-Beh, parla no?-
-Anche voi state diventando personaggi. Tu e tua madre, intendo. Tu sei un personaggio da molto più tempo di tua madre, per esempio. Altre Chiavi potrebbero scrivere il tuo nome su una Porta.-
-Credo che tu non sappia neanche come mi chiamo.-
-Lo so benissimo come ti chiami.-
-Di' il mio nome allora.-
-Direi di no. Vedi quel lettore? Non aspetta altro che sapere il tuo nome. L'autrice non lo ha mai scritto. Mi piace lasciare la suspance prolungata che ha creato.-
-Sono in un libro?-
-Ne sei la protagonista.-
-È per questo che sto diventando un personaggio vero?-
-Esattamente. Se diventi un personaggio il tuo potere di Chiave rimarrà isolato ad Immaginolandia, e tu diventerai una persona completamente normale. Ti sentirai sempre incompleta, qualunque cosa tu possa tentare.-
-Un'ultima cosa prima di buttarti fuori da camera mia: SONO UNA CHIAVE? Esistono altre Chiavi?-
-Oh, ma certo che lo sei, figlia di tua madre. Ma non potete conoscervi tra voi Chiavi, impazzireste. È già successo una volta e tutti noi personaggi siamo impazziti. Non è un esperienza che voglio ripetere.-
-E cosa posso fare per non diventare un personaggio?-
-Devi scrivere anche tu ai personaggi. Puoi evitarlo solo così.-
Ora tolgo il disturbo, fangirl potenziata.-
Jack volò via dalla finestra, lasciandola aperta.
Corse di sotto, cercando sua madre.
Non la trovava in casa. Sul divano i cuscini erano in perfetto ordine, cosa alquanto rara, e sul tavolino in centro alla sala c'era un quaderno simile alla Porta.
Era delle dimensioni di un normale quaderno scolastico, ma la copertina era rigida e nera, mentre i fogli erano tenuti insieme da una spirale di metallo dipinto di nero.
Di fianco era appoggiata una penna sottile d'argento, con una scatoletta, sempre d'argento, di fianco, piena di ricambi per l'inchiostro.
Sotto al quaderno c'era un foglio ripegato, su cui erano scritte queste parole:
"Figlia mia,
Sei una Chiave anche tu, ne sono certa ormai. So anche che hai letto il mio quaderno. Io ho scoperto di esserlo per caso, sperimentando una comunicazione immaginaria, ma poi si è rivelata realizzabile, al di fuori del mio controllo. Probabilmente queste saranno le mie ultime parole da Chiave. Sono un personaggio minore, è più facile per me diventare un personaggio. Presto sarò una donna completamente normale, senza modo di comunicare con i personaggi. Quindi voglio che tu ricordi queste parole. Ti vogli bene figlia mia, non ti abbandonerei mai. Qualunque cosa ti dirà la nuova me, non dimenticare mai ciò che ero una volta.
Stasera quando andrò a dormire diventerò un personaggio, verrò sostituita da una madre assente e per niente simile a quello che ancora per poco sarò. Per questo devi riportarmi alla mia versione originale. Non voglio diventare una cattiva madre. Tuo padre è stato già abbastanza assente, non voglio esserlo anche io.
P.s. Questa è una Porta, la tua.
-C"
Dov'era sua madre ora?
La cercò per tutta la casa, e la trovò a letto, addormentata.
Stringeva tra le mani la sua Porta, che però produceva uno strano scintillio.
Stava scomparendo con lei.
Veloce tirò via la Porta dalle sue mani, credendo di riuscire a tenere sua madre con sé, ma dopo qualche minuto lei scomparve, per dieci lunghi secondi.
Temeva che fosse scomparsa per sempre. Aveva il terrore di rimanere completamente sola.
Sua madre riapparve dal nulla atterrando con un tonfo sul letto.
Mentre osservava sua madre dormire beata, la Porta era ancora stretta tra le sue braccia. Era identica alla sua vecchia madre, e per un momento sperò che non fosse cambiata. Ma si vedeva, anche se dormiva, che non era più la vecchia lei.
I suoi capelli castani le incorniciavano ancora la testa, la pelle era ancora olivastra, la bocca era ancora rossa e piena come sempre. Ma lo sapeva, non era più lei.
Non sorrideva.
Con passo lento si avviò verso la soffitta, andando ad accoccolarsi come un gatto nella poltrona verde, aprendo la vecchia Porta. Tra le mani stringeva ciò che probabilmente sarebbe stato l'unico ricordo di sua madre per un lungo tempo, se non per sempre.
"Cara Luna,
Sono strana. Tutti me lo dicono, anche in modo offensivo.
La pazza, mi chiamano. Mi emarginano solo per aver detto qualche stranezza. Anche quelli che cercano di non ferirmi lo fanno, ma è anche peggio, perché è tutta una finta. E poi ci sono i figli di papà che credendosi superiori pensano di poter giudicare chiunque. Non è mai stato divertente per me, ricevere tutti quegli insulti.
Come riesci a fregartene delle opinioni altrui? Io ci provo costantemente, ma è praticamente impossibile.
A me piacciono le mie stranezze, ma a volte tutti quei babbani diventano pesanti e mi opprimono, lasciandomi sola, sempre.
Sei il mio personaggio femminile secondario preferito di sempre.
Rimarrai SEMPRE tale.
-C"
In una strana scrittura ad inchiostro viola, tutta piena di curve panciute, qualcuno aveva riempito la pagina.
"Cara -C,
Io so benissimo come ti chiami. Ma all'autrice non piacerebbe se svelassi il tuo nome così presto.
A me importa delle opinioni altrui, a differenza di ciò che la gente pensa. Ho dei sentimenti anche io. Ma ho imparato, con il tempo, a mostrare solo qualcosa di me, per evitare di essere ferita.
La mia non è una stranezza che nessuno ha, comunque. Ho solo scelto di esprimerla. Sono certa che se tutti esternassero tutti i propri pensieri saremmo tutti in un manicomio pieno di nargilli.
Sei stata coraggiosa ad esprimerti, anche se era praticamente impossibile non farlo, dato che anche senza l'essere fangirl eri considerata strana comunque.
Fidati, presto supererai queste difficoltà e sarai sana di mente quanto me.
Con affetto
-Lunatica Lovegood"
Era ferma in quella posizione da dieci minuti.
Stava ancora fissando con gli occhi lucidi la pagina.
Una singola rilucente lacrima scivolava solitaria e silenziosa sulla sua guancia.
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