Capitolo 66
« Michael, sei ubriaco, non dire cose di cui potresti pentirti domani. »
E soprattutto che lei non avrebbe saputo reggere, già era stato devastante l'incontro precedente, non aveva abbastanza forza da poter ascoltare altro senza soffrire.
Che codarda.
Lui rise, Vivian amava la sua risata. « Cosa vuoi che ti dica, allora? » Niente, avrei voluto che tu non chiamassi. In realtà Vivian ci aveva sperato, di aver attirato la sua attenzione in qualche modo, anche se sapeva sarebbe stata le sua condanna. « Comunque mi ero dimenticato della tua voce, cioè mi ero dimenticato di quanto mi piacesse. » La giovane abbassò lo sguardo, era dolcezza quella che le stava scaldando il cuore? Fu incredibilmente strano riprovare quelle cose dopo tanto tempo, sentire il suo cuore sciogliersi, esattamente come quando gli aveva giurato di amarlo in silenzio, la prima volta che avevano fatto l'amore.
« Sei ancora in tempo per evitare di dire cose peggiori. »
Già sorrideva, mentre lui si chiedeva come fosse possibile che avesse pensato di potersela dimenticare dopo quella scenata assurda a casa sua.
Michel scosse il capo, chinandolo poi verso il basso; alcune ciocche di capelli corvini scesero ad incorniciargli i tratti spigolosi. « No, se non te le dico adesso mi tormenteranno all'infinito. »
Ti capisco. Avrebbe voluto rispondergli che per lei era lo stesso, che il suo viso la perseguitava dall'ultimo istante in cui si erano urlati addosso le cose peggiori.
Lui allungò le braccia sul tavolo, guardò il bicchiere vuoto e fece segno al barista di riempirglielo ancora di whisky, preferiva il suo amaro ma in Francia non era cosí facile da reperire, e poi da quando Vivian aveva smesso di versarglielo non aveva più lo stesso sapore, quello di spensieratezza e voglia di conoscersi.
Sentí Vivian sospirare dall'altra parte del telefono e chiuse gli occhi per un momento, se la vide davanti, si chiese cosa stessa indossando, forse niente, forse la camicia di un altro. Quell'ipotesi gli squarciò lo stomaco e gli storse la bocca in una smorfia scontenta. Si odiava per non aver resistito abbastanza, le aveva giurato che sarebbero stati insieme, che il suo posto fosse con lei ma aveva dimostrato tutt'altro.
« Comunque quando ti ho chiamato avevo pensato ad un sacco di cose da dirti, adesso alcune me le sono scordate, comunque non è vero che— » Fece un'altra pausa, esprimere i propri sentimenti a parole non era mai facile, per lui preva un'impresa impossibile. « Dopo che sono andato via non c'è stato un giorno in cui non abbia pensato a te, ho pensato di chiamarti tantissime volte ma mi sentivo un idiota, ho sbagliato. » Sono cosí patetico. Le frasi gli si annodavano sulla lingua e i pensieri gli stavano mandando in fumo la ragione, ammesso che ne avesse ancora.
Vivian sentí il cuore arrivarle in gola, non era colpa sua, era stata lei a cacciarlo, non si meritava quelle parole.
« Michael, sei più felice senza di me, hai fatto una mostra a Parigi e— »
« Non me ne frega un cazzo della mostra, darei—» Pausa, i respiri di entrambi si fermarono. « Fuoco a tutti i miei quadri se servisse a tornare indietro nel tempo. » L'hai detto davvero? Si passò una mano tra i capelli scuri; il bicchiere era stato finalmente riempito del liquido ambrato, lo avvicinò alle labbra come se ingerire tutto quell'alcol fosse servito ad anestetizzargli il cuore. « Quando ti ho vista con lui... » Dovette bloccarsi perchè le sue stesse parole gli tolsero l'aria dai polmoni. « Ho lasciato Serena, ho distrutto tutto, se non ci sei tu non ha senso niente. Se vuoi puoi prenderlo, il quadro che ti piaceva, quello non ho avuto il coraggio di rovinarlo. Non ho buttato neanche quello che ti ho fatto la sera prima che tu partissi, non ce l'ho fatta. » Perchè sei troppo bella in quel dipinto. « Mi piaceva da morire osservarti, e adesso che non posso più farlo ho solo quella tela del cazzo, a volte vorrei strapparlo ma ho troppa paura di lasciarti andare. Significherebbe ammazzare una parte di me. » E non potrei mai. Anche se si sentiva già morto per metà, sapendola tra la braccia di un altro. Ogni volta che immaginava la scena di Simon mentre l'abbracciava si sentiva pervadere da un'illegittima ondata di gelosia. Non poteva permettersela.
Vivian rimase ferma, nella stanza accanto alla sua dormiva l'uomo che più di tutti era stato capace di darle sicurezze, si fidava di lei e lei di lui. Solo v'era troppa tranquillità e l'amore non era mai tranquillo, era travolgente, insicuro e pieno di incertezze.
L'amore è per i coraggiosi.
« Sono io che ti ho detto di andare via, sono io che ti ho cacciato via, non ti volevo nella mia vita perchè pensavo saresti stato un problema... non volevo metterti in pericolo. » Solo non mi ero resa conto che tu facessi già parte della mia vita. « Non è giusto che tu ti senta cosí, sono io che ti ho allontanato. »
Lui scosse il capo, avrebbe voluto Vivian fosse lí, l'avrebbe certamente baciata. « Avevi paura di vedermi star male e di sentirti in colpa se mi fosse successo qualcosa. Eri terrorizzata e io sono scappato invece che starti vicino. » Il tono di voce era stranamente calmo, non appariva disperato, ma rassegnato.
Vivian si morse il labbro inferiore, cercava di trattenere le lacrime ma quelle non ne vollero sapere di starsene al loro posto: presero a bagnarle il viso arrossato, a spezzarle la voce. « Ho paura anche adesso, avrò sempre paura che tu possa star male. » Lo disse come fosse la cosa più ovvia del mondo, la verità era che non sapeva proprio come si facesse, a non preoccuparsi per lui, a non pensare costantemente se stesse bene o male.
Michael bevve in un sorso quello che rimaneva del suo whisky. « Avrei dovuto tenerti con me dal primo istante, da quando ti ho vista la prima volta davanti al portone. »Gli sfuggí una risata amara, a ricordare quel momento tanto lontano. Battè il bicchiere contro il tavolo, rassegnato. « Spero che tu sia felice, spero davvero che tu sia felice. »
Vivian poggiò la schiena contro il marmo duro della vasca e si chiese se fosse davvero soddisfatta, felice. Che cosa ti manca?
Cosa poteva mai mancare alla donna che era convinta sempre di avere tutto, di avere troppo e di più degli altri? Per tutta la vita le era stato insegnato che la gente avrebbe venduto l'anima al diavolo pur di vivere come lei e se n'era convinta, doveva credere per forza a questa storiella altrimenti avrebbe dovuto accettare che avesse sempre vissuto nel modo sbagliato.
Si morse il labbro inferiore e pensò di raggiungerlo, aveva voglia di vederlo, non sapeva cosa avrebbe fatto, che gli avrebbe detto e neanche come raggiungerlo. « Dove sei? » Aveva addosso il profumo di un altro, la camicia di un altro, la pelle segnata dai morsi lasciati dalle labbra di Simon, con che coraggio si presentava a lui.
Si pentí subito di avergli fatto quella domanda.
« Vorresti venire? »
Era da lui rispondere ad una domanda con un'altra domanda.
« Vorrei assicurarmi che tu non stia male. » bella scusa, miss America.
« Giusto, la mamma del gruppo. » Ricordò di quella sera con Martina, quando lui le aveva dato quel soprannome. Solo adesso si rendeva conto di quanto fosse sbagliato, Vivian era tutto tranne che una persona che sapesse badare agli altri. L'unico modo che conosceva per non farlu soffrire era allontanarli, lei non portava mai niente di buono.
« Sul serio, quanto hai bevuto? »
« Conosci un altro modo per guarire un cuore spezzato? »
No.
« Ha funzionato? »
Silenzio, non perchè Michael avesse bisogno di pensarci, era che sputare la verità lo terrorizzava più di qualsiasi menzogna. Mettersi davanti alla realtà era sempre troppo doloroso per uno orgoglioso come lui.
« No. » Un sospiro debole accarezzó le labbra umide e bollenti, la testa prese a girargli e si rese conto solo in quel momento di aver bevuto dei bicchieri di troppo.
Si massaggió con due dita tra gli occhi e schiuse la bocca per parlare ma non gli uscì fuori niente.
« Tutto bene? »
« Si, devo solo trovare un modo per tornare a casa, voglio dormire. »
Vivian aggrottó lo sguardo. Casa? « Hai detto che hai litigato con Serena, dove dormi? »
« Ah, giusto. » Un altro sospiro. « Mi ha buttato fuori. Me n'ero scordato. »
Lui rise, lei invece era già pronta a prendergli una stanza, ad aiutarlo ad ogni costo. Non poteva lasciarlo lì ma neanche portarlo da lei. « Ti serve una stanza da qualche parte? Posso prendertela in questo momento e ti chiamo un taxi, devi solo dirmi dove sei. » Certo, non rischiava mica di muoverei davvero per raggiungerlo, da brava codarda. Poi come faceva a lasciarlo? Hai già cambiato idea, Vivi?
Una risatina piena di amarezza gli accarezzó le labbra sottili. « Anche tu devi lasciarmi andare, miss America. Non puoi preoccuparti sempre per me. »
E come si fa? Vivian si asciugó le lacrime con il dorso della mano, quasi le piaceva poterci parlare, fargli la ramanzina, chiedergli come stesse.
« Sinceramente non so se ce la faccio. »
Era ubriaca anche lei? Si odiava, odiava trovarsi lì con Simon, odiava aver provato a dimenticare Michael, e odiava se stessa per non essere riuscita ad aprirsi con lui.
Dall'altra parte del telefono l'italiano rimase senza parole, sentire Vivian dire quello che pensasse davvero era impossibile, si chiese per un attimo se avesse udito bene.
Dillo ancora. Avrebbe voluto implorarla di ripetrre quelle parole all'infinito, gli facevano male ma erano come una droga. « Dai, dimmi dove sei. » aggiunse dopo, il tono di voce era rassegnato.
Michael si schiarì la voce, per riprendersi da quell'attimo troppo forte. « Non chiamare nessun taxi, ce la posso fare da— »
« Vengo io. »
⭐️⭐️⭐️
LO SO CHE MI ODIATE
So che questo capitolo è stato un patimento, ho amato scriverlo ma non avevo il coraggio di pubblicarlo 🤣
Che combineranno ancora Michael e Vivian?
Che ne è di Lorenzo e cosa ne sarà di Simon e Serena?
Presto ci saranno delle gioie, mi faró perdonare❤️
⭐️⭐️⭐️
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