Capitolo 51
« Smettila, Vivian. Accetta che anche tu come tutti gli esseri umani hai bisogno di qualcuno. »
Intanto si svestiva e mostrava nuovamente i lividi alla sua amata, Vivian sgranò gli occhi, una morsa feroce le trattenne lo stomaco e poi pareva dovesse rivomitarlo da un momento all'altro. Non poteva sopportare quella sensazione. « No, io ho bisogno di non tenere a nessuno, non posso permettermi una cosa cosí. » Aveva appena ammesso che tra loro vi fosse qualcosa? Invece che tubarlo, Michael parve cogliere quella piccola crepa nella sua recita e quindi quel discorso riuscí quasi ad accrescere il suo ego.
Lei cercò di riprendersi e lo costrinse a guardarla. « Sul serio, mi distrai, mi rendi debole e un giorno mi farai ammazzare. » Doveva essere più cattiva, più orripilante ma con lui non le riusciva. Era stato facile ingannare Sergio perchè non si faceva scrupoli a premere sui suoi punti deboli, ma con Micheel era diverso. Ne valeva la pena di ferirlo in quel modo, solo per evitare altri dolori? « Se tu non ci fossi stato non avrebbero avuto niente con cui ricattarmi, ti rendi conto che invece che farmi stare bene mi metti molto più in pericolo? »
Basta, Vivian smettila. I punti deboli di Michael lei li conosceva benissimo, si fidava cosí tanto della sua bionda al punto di averle rivelato che cosa nella sua vita l'avesse fatto soffrire di più. Che stupido ingenuo, pensava davvero che le parti più fragili della sua anima sarebbero state al sicuro, nelle mani della peggiore manipolatrice che si fosse mai messa sul suo cammino?
Lui non rispose, continuò a vestirsi lentamente, ignorandola. Odiava quando faceva finta non esistesse e lo sapeva bene, serrò i denti e le venne da urlare ma se fosse scoppiata avrebbe vinto lui.
« E rispondimi! » ringhiò furiosa, mettendosi davanti a lui.
« Vuoi sapere cosa penso? La cosa che mi da più sui nervi è che sei una bugiarda e una codarda. » Si fermò, il petto era nudo mentre sotto indossava già i pantaloni eleganti.
Le puntò un dito contro. « Hai paura di soffrire e dici un sacco di cazzate per manipolare gli altri e far tornare tutto come vuoi tu. » Preso da un impeto di rabbia riprese la camicia ma poi la tirò nuovamente sul letto, se avesse avuto qualcosa tra le mani l'avrebbe spaccata.
Dove diavolo erano le sue sigarette? « Ti autosaboti la vita per rendertela un inferno, non so davvero come cazzo sia possibile una cosa del genere. »
Odiava gli abiti troppo eleganti e rigidi, avrebbe preferito di gran lunga una delle sue magliette slabbrate. Era cosí nervoso che gli sembrava tutto fastidioso, perfino il rumore del silenzio in cui piombò subito la stanza.
Vivian ghignò malefica, Michael aveva detto una verità incontestabile ma lei l'aveva colpito proprio al centro delle sue debolezze. Le armi che avevano erano le stesse, entrambi si conoscevano bene ed erano degli stronzi manipolatori, solo che lei era abituata a ricevere i colpi: sapeva come gestire le coltellate, faceva anche quello parte dell'educazione assicuratale dagli Archibald, da suo fratello, da sua madre prima e perfino da Giulia. Avrebbero cresciuto allo stesso modo sua nipote e qualunque altro bambino sfortunatamente nato con il suo cognome.
« Io non mi autosaboto niente, so benissimo cosa voglio e dove devo essere. » Rimase immobile, si sentiva uno schifo ma non esisteva altro modo per farlo andare via se non ferirlo.
« È per questo che sei venuta in Italia a fingere di essere un'altra persona? Perchè sapevi cosa volessi? » Ormai la partita di Vivian era vinta, Michael era passato dall'attacco alla difesa. « Sei ridicola, almeno abbi la decenza di dirmi la verità. Di dirla a te stessa. »
L'ultima frase la destabilizzò, dovette prendersi qualche secondo per rimettere in ordine la facciata da insensibile che si era prontamente costruita. Michael riusciva a farla diventare cenere in pochissimo tempo, gli bastavano tre cose dette al momento giusto e lei si ritrovava completamente nuda, come un albero spoglio.
« La verità è questa, sto cercando di dirtelo in modo decente, ma se vuoi che faccia quella stronza va bene. »
Prese fiato, stava davvero per farlo? « Non ne vali la pena. » Gli occhi cristallini della bionda videro chiaramente l'esatto istante in cui il viso di lui si svuotò d'ogni emozione che non fosse un'amara delusione, come se non ci stesse credendo che avesse pronunciato sul serio quelle parole. « Lo ammetto, con te sono stata bene, ma non abbastanza da volerti con me a tutti i costi, fattene una ragione. »
Basta, basta.
Un nodo le si formò stretto in gola, le impedí di parlare ancora ma tanto ormai aveva detto quello che serviva, alla fine aveva proprio conficcato la lama più affilata dritta nel cuore del moro, nelle sue fobie più segrete.
Non avresti dovuto raccontarle di tua madre.
A quel punto lui non ragionava più tutta la sua testa era impegnata a costruire una reazione il meno ridicola possibile, a riprendersi il suo orgoglio e l'aria sfacciata di sempre. La cattiveria con cui era solito respingere la gente riempí gli occhi scuri e piccoli di Michael e per un attimo Vivian pensò che l'avesse ucciso davvero, non solo in senso figurato.
Pareva morto, inespressivo e privo di vita. Ancora una volta, era colpa sua.
Prova a dire qualcosa.
Si sentiva quasi in dovere di consolarlo, povera scema. Da brava vipera, le piacevano i rapporti cosí, dove chiunque volesse provare ad avvvicinarsi al suo cuore doveva essere troppo debole per graffiarlo, abbastanza da farla sentire più forte.
Non aveva la minima idea di cosa significasse sapersi fidare, saper amare, volere il bene di qualcuno senza essere ossessionata dall'idea di non saper gestire il dolore.
È cosí difficile accettare che la tua felicità possa dipendere da qualcun altro, Vivian?
A quanto pareva si, per quanto si sforzasse non riusciva a calmare quel lato di lei che le sussurrava ogni secondo che se avesse lasciato agli altri capire come annientarla l'avrebbero fatto in un attimo.
Michael aveva ragione, si stava auto distruggendo e non sapeva come fermarsi.
Ci fu un momento di silenzio in cui perfino lei vacillò, ma non si arrese alla propria coscienza. « Allora? »
Lui serrò i denti, si tolse senza risponderle i pantaloni e piegò come potè la camicia. Non le rispose, non sapeva cosa dirle e la odiava per cosí tante cose che gli si stavano confondendo in testa.
Le dita si muovevano abili mentre si rivestiva della maglietta larga, della felpa e del cappotto ancora sporco di polvere. Vivian lo osservò e si sentí ancora una volta uno schifo: era riuscita a ferirlo più degli aguzzini che gli avevano insudiciato gli abiti.
Fece per andarsene, senza dire nulla attraversò il corridoio e con i apelli ancora umidi tornò giù per controllare di non essersi scordato niente.
Vivian lo seguí, colta dall'impeto improvviso di volerlo fermare, ma non poteva.
« Io adesso me ne vado, ma non me ne vado perchè credo a quello che hai detto, me ne vado perchè so quale sia la verità e so che tu non la ammetterai mai. E mi fai schifo non perchè mi hai detto quelle cose, tanto non me ne frega un cazzo e so ne non le pensi, me ne vado perchè tu sei una stupida immatura che fa la forte ma in realtà sei debole, debole come un grissimo. Basta niente e ti spezzi, il problema non sono gli altri. Sei terrorizzata da chiunque possa farti star male. » Allargò le braccia, fare le prediche non gli piaceva e soprattutto con le parole faceva schifo.
Ma aveva bisogno di dirle quelle cose e lei di sentirle, almeno per farle capire che con lui i suoi giochetti non attaccassero, che la stava mandando a quel paese perchè aveva deciso lui e non perchè l'aveva manipolato come il peggiore dei criminali o degli stupidi.
Si tirò i capelli all'indietro, gemette per la ferita alla fronte ma non ci prestò troppa attenzione, era furioso, infiammato di rabbia. « Ti svelo un segreto, Vivian Archibald. » pronunciò il suo nome con tutto il disprezzo che potè, come se volesse prenderla in giro, deriderla.
Fermo, in mezzo al salotto s'infilò le mani in tasca alla ricerca di un pacchetto di sigarette e del suo accendino fidato. « Sei tu quella che ti fa soffrire più di tutti, è il tuo cervello malato che ti manda continuamenre segnali e ti urla modi per disintegrarti, mascherandoli da "decisioni razionali". » Non gli importava se si potesse fumare all'interno, tirò fuori un'altra sigaretta dal suo pacchetto e si accorse che stesse per svuotarsi completamente.
« Sono venuto qui di corsa perchè letteralmente hai provato ad ammazzarti, non hai la minima idea di che cazzo sia meglio per te e non ti lasci aiutare da nessuno, anzi, distruggi chiunque ci provi. »
Se ne andò sbattendo forte la porta, lasciò dietro di sè un vuoto che, Vivian lo sapeva, sarebbe stato incolmabile.
Ancora una volta aveva vinto lui, non era uscito di scena da vittima, piuttosto le aveva messo davanti tutto quello che aveva dentro, tutto quello che era riuscito a capire di lei in quei mesi che avevano passato costantemente insieme.
Forse aveva ragione John, Michael aveva capito perfettamente come la sorella fosse fatta, l'aveva accettata con tutti i suoi difetti ma non poteva costringerla ad amarsi quando non sapeva come si facesse, ad accettare il suo amore senza paure.
Vivian invece si sentiva al sicuro, ancora nella sua comfort zone, sola, negli Hamptons, con le sue medicine e le carte di credito ancora attive, lontana dalla sua famiglia ma pronta a prepararsi per sedersi all'ennesima cena.
Non era cambiato niente, tutto era tornato al suo posto.
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