Capitolo 41

Dopo tutte quelle confessioni le sembró così fragile che le parve di dover essere lei, a proteggerlo. Se avesse potuto si sarebbe strappata il cuore dal petto pur di donargli la serenità che meritava.
Tornó a baciarlo, allungandosi con il corpo ancora nudo sul suo petto. « Se parlarti della mia famiglia ti fa questo effetto allora mi pento di non averti raccontato niente prima. » Rise, sollevando il collo per permetterle di mettersi più comoda, scese con le mani a stringerle i glutei e l'attiró verso di lui.
« È che sei molto più figo quando sei dolce. »
« Ti sono sembrato dolce? » Un po' interdetto cercó subito una risposta nel suo sguardo, odiava quella parte del suo carattere. Essere troppo vulnerabile lo esponeva ad una serie di rischi che non sapeva gestire.
Vivian si morse il labbro inferiore, si alzó sulle braccia per raggiungere l'altezza del suo volto. « Si, un po' si. »
Michael rimase incantato ad osservare come i denti di lei affondarono sulle labbra umide e rosse, per poi farle tornare al loro posto, invitanti e calde. Prima di darle qualsiasi tipo di risposta dovette assaporarle, ne aveva bisogno come dell'aria per respirare.
Lei si lasció travolgere da quel bacio e tornó a sedersi sopra di lui, i loro bacini tornarono nuovamente a scontrarsi e presto si dimenticarono di qualsiasi dubbio, qualsiasi passato, di tutte le domande e le risposte che non avevano.

Lei gli afferró i capelli corvini da dietro la nuca, intanto che ansimava sommessamente contro la sua bocca, ogni volta che i loro corpi s'incastravano e si strusciavano.

Fecero ancora l'amore e poi un'altra volta, fin quando non furono esausti davvero. Fin quando non ne ebbero abbastanza e dovettero tornare alla realtà, che li teneva imprigionati in un appartamento non loro, a New York, senza soldi per scappare e una famiglia di delinquenti alle calcagne.
Fecero la doccia insieme, separarsi ormai sembrava loro impensabile e anche quando si rivestirono si misero abbracciati ad aspettare che accadesse qualcosa, che all'improvviso la soluzione ai loro guai arrivasse.
« Ci servono dei documenti. »
Pensó Vivian ad alta voce, mentre pensava a chi degli Archibald potesse averli, e a perchè non si fossero ancora precipitati a prenderli da quella casetta nascosta.
Era quasi certa sapessero dove fosse, e sicura si fossero accorti mancasse dall'ospedale. « Anche se poi in Italia cosa facciamo? Cioè ci mettono un secondo ad arrivare fin lì. »
Era assurdo come riuscisse a trovare il lato negativo di ogni cosa anche dopo aver passato le ore forse più belle della sua vita.

« Ma perchè ti vogliono con loro a tutti i costi? »
Una domanda più che lecita, glie la pose mentre la teneva stretta vicino a lui, come se temesse potesse scappare da un momento all'altro.
« Perchè sono ossessionati dal controllo, odiano che io non sia come vogliono loro. » Forse avrebbero desiderato una Vivian diversa, in modo da essere davvero una famiglia unita come piaceva a loro, da copertina.
« E poi mi hanno chiesto di fare una cosa, ma io non ero d'accordo e ho rifiutato. Figurati se accettano un no. »
Michael dovette trattenersi dal domandarle di cosa si trattasse, sapeva che non tutto potesse essere confessato e forse in certi intrighi era meglio non immischiarsi.
Vivian non gli aveva raccontato ancora tutta la verità, dei pericoli che c'erano oltre ma sua famiglia, delle conseguenze dei suoi affari loschi. Spostó il capo per guardarlo mentre probabilmente si stava impegnando per trovare una soluzione, ma era impossibile, una soluzione non c'era.

Attorciglió una gamba alla sua. « Se rimani con me rischi un sacco. » Volle ribadirgli ancora quel dettaglio, come se servisse a sentirsi meno egoista. « C'è una cosa che devi sapere. » Ancora? « Anche se li detesto sono pur sempre una di loro, i loro nemici cercheranno anche me. »
« Ci sono io con te. »
« Appunto. »
« Cosa? »
« Saresti in pericolo, sempre, per colpa mia. »
« Scelgo io cosa farne della mia vita. »
Vivian strinse le labbra, incerta. Lo adorava quando era deciso, ma odiava quando diveniva testardo. Si mise seduta sul letto, assunse un'espressione più seria.
« Sacrificarla? Perchè è quello che stai facendo. »
Lui sbuffó e si tiró su. « Che diavolo vuoi, che ti dica che non mi va? Io non lo vedo come un sacrificio, con te ci sto bene, e quindi non intendo lasciare che qualcuno ti porti via. » Certamente il suo intento di aiutarla non era mosso da una nobiltà d'animo o dalla sola voglia di salvarla, aveva bisogno di lei. E per quanto Vivian adorasse quando le persone avevano bisogno di lei, non le piaceva essere la rovina di chi amasse. Anche perchè era così raro trovare qualcuno che potesse rubarle il cuore che sarebbe stato insopportabile sapere di essere la causa della sua sofferenza.

« Io voglio che tu capisca a cosa vai incontro. Perchè non mi pare tu abbia le idee chiare. »
« Alla tua famiglia, a un mucchio di stronzi che vogliono tenerti per loro. » Si spostó sul letto e la raggiunse per avvolgerla con le braccia.
Vivian sospiró. « E se ti puntano una pistola in testa? »
Si allontanó, scese dal materasso morbido e si mise impiedi davanti a lui. « Perchè dovrebbero puntarmi una pistola? » Roteó lo sguardo non prestando troppa attenzione alle parole della giovane, ormai era accecato dalla voglia di poterla avere tutta per lui, sempre.

Lei non si arrese, si fece minacciosa e mimó con le dita la forma di una pistola, poi glie la puntó sulla fronte. « Se ti dicono: dicci dove si trova Vivian o ti buchiamo il cervello. »
« Non lo so, magari non succede— » Era chiaramente nel panico.

« Risposta sbagliata. Sei morto. »
Michael rimase in silenzio mentre Vivian spostava nuovamente giù il braccio, per farlo aderire lungo il fianco. Se avesse avuto in mano un'arma vera sarebbe sembrata un'Archibald perfetta.
« Hai capito adesso? » Lo sguardo severo e deciso, attendeva una vera risposta da lui che forse finalmente si era reso conto del problema a cui stesse andando incontro, invece che evitarlo come faceva sempre.

« Certo che il ruolo da criminale non ti sta poi così tanto male. »
« Davvero? Cioè ti eccita questa cosa? »
« Rifallo, quella cosa con la pistola, giusto per farmi capire meglio. » Si mise seduto con le gambe divaricate e l'attiró vicino a lui, le mani l'accarezzavano da dietro le ginocchia e seppur surreale quella situazione stava iniziando a divertire anche lei.

Sospiró. « Non te ne frega un cazzo di quello che dico? » Voleva rimproverarlo ma non ci riuscì, oe labbra s'incurvarono in un sorrisetto malizioso.
« Certo che m'interessa, mi interessano un sacco di cose di te. » La fece cadere su di lui, e l'accarezzó da sopra i Jeans stretti.
« Ti giuro che se non mi dai una risposta seria me ne vado. » Rise, intanto che con una mano gli accarezzava i capelli corvini.

Lui socchiuse gli occhi beandosi di quelle carezze. « Va bene, allora vedró cosa fare sul momento. Questo è il mio piano. »
« Risposta sbagliata. » Mormoró piano, cercando le sue labbra per rubargli l'ennesimo bacio. Quindi tornarono ad avvinghiarsi sul letto, ad aspettare che un altro giorno passasse mentre loro cercavano di schivare la vita, evitare l'inevitabile.
« Comunque domani proviamo a recuperare i tuoi documenti, potresti intrufolarti in casa con una scusa e cercarli. »
« Potrei usare qualche domestico. »
« In che senso? »
« Posso minacciarlo. »
« E ti darebbe ascolto? »
« Non avrebbe molte alternative. »
Lo sguardo si fece sottile e la voce tagliente, era abbastanza determinata da usare il suo lato peggiore per ottenere ció che volesse. Era molto più facile mettere nei guai una persona qualunque che Michael o lei. Lui non osó contraddirla, scendere a compromessi con la propria moralità era necessario. L'aveva compreso dal momento in cui lei gli aveva raccontato tutta la verità, aveva deciso di accettare tutto il marcio che era accumulato nell'anima di Vivian e non fare troppe domande.

Michael si allontanó e andó verso la cucina, prese a frugare tra gli scaffali ma non c'era niente. « Senti, io ho fame. »
« Ordiniamo qualcosa? »
« Con quali soldi? »
« Qualcosa ce l'ho. »
« Hai idea di quanto costi ordinare del cibo? »
« Ho almeno trenta dollari. »
Inclinó il capo di lato, forse non erano messi così male. « Burger King? »
« Si. »

Mangiarono insieme e quando si fece sera usarono gli ultimi dollari per comprare altro da mangiare. Era chiaro che non potessero più andare avanti in quel modo, dovevano prendere una decisione e affrontare la realtà.
Si addormentarono esausti ma felici.

Furono svegliati dal rumore della porta che si chiudeva, pensarono fosse Lorenzo invece il volto che si trovarono davanti era ben lontano da ció che si aspettavano.

« Adesso tu te ne torni da dove sei venuto e tu. » Indicó Vivian con un cenno del capo. « Vieni con me. »
Furioso, gli occhi pieni d'ira si spostavano da una parte dall'altra della stanza, poi sul volto della sorella e quello del suo amante. « Non me ne frega un cazzo di quello che hai da dirmi, hai idea di quanto siamo preoccupati? Con il casino che sta succedendo tu prendi e sparisci. Pensavamo ti avessero rapita! »
Davvero? Stavano provando a farla sentire incolpa dopo tutto quello che aveva passato a causa loro? E se davvero l'avessero rapita, certamente sarebbe stato a causa delle decisioni sbagliate e avventate che avevano preso loro, gli Archibald. « Magari mi avessero rapita. » mormoró Vivian a denti stretti, già pronta a chinare il capo, con una facilitá che sconvolse Michael.
« Sei veramente una stupida irresponsabile, un'egoista del cazzo. »
« Io? Ma se volevate mandarmi in un centro per tossici! »
« Chi te l'ha detta questa stronzata? »
« Papà, è venuto da me e ha detto che— »
Si massaggió nervosamente la fronte con le dita. « Era una cazzata, Vivian. Figurati se io l'avrei mai permesso, voleva farti paura. »
Cazzo. Come riuscivano a farla sentire stupida loro, nessuno mai. Guardó Michael imbarazzata, lui invece sembrava scioccato.

Non sapeva cosa dire, come rispondere alle parole di— come si chiamava? « Quindi è stato tutto inutile? »
« Cosa? » Vivian si voltó subito.
« Venire qui, nascondersi, tutte quelle stronzate che hai detto sui pericoli. »
Aggrottó le sopracciglia, era giá scomparso il Michael dolce e comprensivo? « Non ho detto stronzate, e poi avevi detto di essere venuto perchè stavo male. »
« Si, perchè pensavo tu volessi tornare— »
« Voglio comunque tornare in Italia. »

A quel punto intervenne John. « Vivian, io sto provando ad aiutarti, e ringrazia che quel tuo amico idiota italiano ha chiamato me per primo. »
« Lorenzo? »
« Si, voleva sapere se avessi combinato qualche casino in Italia. » E perchè mai? Vivian credeva volesse aiutarli, per questo aveva dato loro una casa e un posto sicuro.

Michael dovette domandargli una cosa che ormai gli mandava a fuoco il petto. « Quindi è stato lui a dirti dove fossimo? »
« Non proprio, l'ho solo intuito. Quando sono arrivato da lui con la verità in mano ha confessato. »
« Quando l'hai minacciato, intendi dire. » Ringhió Vivian.

Il moro sbottó nuovamente, quella conversazione a tre non aveva davvero alcun senso. « Non capisco quale sia il problema, perchè deve rimanere qui per forza? »
« Perchè— » John fece per rispondergli ma poi pensó che non gli dovesse spiegazioni. « Senti, torna in Italia alla tua vita e lasciaci in pace. »
« Non parlargli in questo modo! »
« Perchè? Non deve essere nessuno di troppo importante se non sa neanche per quale motivo non puoi partire. »
« Il motivo è che avete fatto un casino. »
« Il motivo è che fai parte di questa cazzo di famiglia anche se non lo vorresti, e nessuno vuole averti sulla coscienza solo perchè ti sei messa in testa di poter vivere schifandoci. »
« Mi avete chiesto di fare una cosa schifosa, tua moglie e mamma! »

« Non devi farla, Vivian, non devi fare niente, solo non andartene, ti prego. » Si portó le mani davanti al viso.
Che fosse John ad aver bisogno per la prima volta in tutta la sua esistenza, della sorella? Forse quella situazione stava diventando troppo anche per lui, nonostante ci si fosse immischiato volontariamente per primo.
Lo vide dispiaciuto, quasi disperato mentre tentava di dissuaderla.

Michael era indeciso se andarsene, si sentì di troppo all'improvviso e si chiese se fosse davvero pronto a reggere Vivian e tutti gli strani legami che aveva con i suoi familiari, se lei era complicata John sembrava impossibile, non osava immaginare la madre.

« Io non sto capendo più niente, facciamo che vado a prendere un po' d'aria e torno. »
Arrabbiato, prese le sue cose e uscì davvero dall'appartamento. Contemporaneamente scrisse a Lorenzo che presto non ci sarebbe più stato bisogno che lo rendesse disponibile, aveva intenzione di andarsene.
Vivian aveva il cuore spezzato in due, da una parte il fratello era debole come non l'aveva visto mai, dall'altra Michael si allontanava sempre di più.

Si avvicinó al maggiore, chinó il capo per guardarlo meglio negli occhi. « John, che cosa succede?
Non rifilarmi la storia delle faide tra famiglie, perchè non ci credo che è solo quello. »

« Hanno provato a prendere mia figlia. »
« Che cosa? Che diavolo c'entra? »
« Questa gente non si fa scrupoli, e io ho bisogno di sapere che tu ci sei, che posso contare su di te e che sei al sicuro. » Gli tremarono le mani, Vivian dovette sbattere le palpebre qualche volta per assicurarsi che non fosse un'allucinazione.
Avevano provato a far del male a sua nipote, la bambina di sei anni più innocente del mondo, per ricattarli, minacciarli, lanciare un segnale.
Forse questa volta Vivian avrebbe davvero dovuto difendere la sua famiglia, prendersi un minimo di responsabilità.

Raccolse le mani di John nelle proprie. « Non devi preoccuparti, io sono con te, sono sempre con te. »

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