Capitolo 32

« Vivian? »
La voce del fratello la sveglió da un sonno scomodissimo, ma dove si trovava? Si voltó e strinse il braccio attorno al cuscino caldo. Le scoppiava la testa, maledizione. Schiuse gli occhi stanchi ancora truccati e cercó di capire chi avesse davanti. « Ma tu non eri in ospedale? »
« Ho firmato per andarmene. »
« Ma se stavi malissimo. » mormoró con la voce ancora stropicciata dal sonno.
« Mi cureró a casa, volevo farti una sorpresa e svegliarti. »
A quel punto lei si tiró su e chiuse subito gli occhi, infastidita da una fortissima fitta alle tempie. Cazzo, aveva scelto proprio la giornata sbagliata. Tornó con la testa sul cuscino.

Si rigiró tra le coperte, indossava ancora il vestito dell sera prima. « Ti prego, torna a letto. Non voglio averti sulla coscienza. »
« Sei sicura di non essere messa peggio tu? » Lo sentì zoppicare fuori dalla stanza, avrebbe meritato un buongiorno migliore ma lei proprio non riusciva a fare la cosa giusta al momento giusto. Le gambe nude tremavano di freddo sotto le coperte pesanti, dovette alzarsi per prendere un pantalone. Già che c'era si spoglió completamente e si mise il pigiama pesante, si passó una mano sugli occhi e se la vide nera, che schifo.
Era ancora truccata, grugnì infastidita e se ne andó in bagno per togliersi quella robaccia dalla faccia.

Si sciacquó e il nero prese a colarle sul viso, sembrava una maschera mostruosa.
Sempre meglio della tua vera faccia, Vivian.

Grazie allo struccante tornó linda e pulita, ma la sua espressione rimase schifata. Prese il cellulare, c'era ancora non sbloccato il messaggio di Michael, una buonanotte che non meritava, come qualsiasi altra dolce attenzione, a quanto pareva.

Marcus le aveva rivelato come il suo comportamento non facesse altro che distruggere gli altri, e all'italiano ci teneva troppo per essere causa dei suoi mali.

Sei solo una codarda, Vivian.
Decise di tornarsene a letto, ma prendere sonno fu impossibile, non con il fratello in casa. E sua nipote? Era ancora in quella maledetta scuola?
Ma che ore erano?

Forse troppo tardi per pensare di poterla vedere, era tornata alle sei, dovevano essere almeno le dieci. Controlló meglio l'ora sul cellulare, era quasi ora di pranzo. Non mangiava niente da un giorno, aveva iniziato a sentirsi terribilmente debole. Forse era per quello che sentiva una strana sensazione di malessere costante.

Osservó la sua figura allo specchio, al centro del petto, in mezzo al seno era ancora visibile il segno della passione di Michael, di quanto l'avesse amata e di come si fossero posseduti quella sera.
Gli aveva permesso di lasciarle quel livido sul corpo con la promessa che non si sarebbe dimenticata di lui, di quella notte, e del resto come poteva?
Se fosse esistito un modo per poterlo fare certamente lei non l'aveva ancora trovato.

Si lavó i denti perchè aveva un alito indecente e poi cercó una vestaglia per la stanza, aveva perso l'abitudine di indossarla quando ne era stata privata in Italia, ma ora le piaceva la sensazione del velluto soffice.
Trovó perfino le sue pantofole, quindi davvero avevano previsto un suo ritorno come quasi certo. Tutto era stato lasciato immacolato ad aspettarla, anche le sue paure.

Si passó una mano sul viso e se la vide sporca di sangue.
Che diavolo le stava succedendo?
Corse in bagno e vide che tutto quel liquido vermiglio le stava scorrendo fuori dal naso, si affrettó a tamponarlo con della carta igienica e si ricordó di cosa avesse fatto la sera prima. Era davvero una stupida.

Non era passato neppure un dannato giorno e già finiva nelle stesse dipendenze di quando se n'era andata. Doveva abbandonare quel posto a tutti i costi, la stava annientando.
O sei tu che stai distruggendo te stessa, Vivi?

Quando il sangue smise di uscire decise di essere nelle condizioni di tornare dal fratello, si legó in vita la fascia della vestaglia blu e si trascinó fino alla camera da letto sua e di Giulia. Era abbastanza certa che lei non ci fosse ma chiese conferma alla stessa domestica del giorno prima, a quanto pareva s'era svegliata presto per andare a lavoro, consapevole che tanto con il fratellone infermo ci sarebbe rimasta Vivian.

« È permesso? »
« Dipende, ti sei lavata i denti? »
« Che idiota. »
Rise sommessamente e si avvicinó a lui. Un'altra gli avrebbe chiesto della vendetta, di cosa avesse in mente e del perchè tutti sapessero sempre di più di lei, ma Vivian non ne aveva il coraggio. E poi erano così rari i momenti in cui non avesse nulla da fare e non fosse di cattivo umore, che non se la sentì di rovinarlo.
Codarda.

« Beh, come ti sembra il tuo ritorno? Te lo aspettavi diverso? »
« Siete tutti i dentici a come vi ho lasciati, insopportabili. » Prese una delle sedie d'epoca in legno scuro vicino al letto e fece in modo di mettersi all'altezza di John. « Peró ieri mi sono divertita, quindi oggi probabilmente sarete meno fastidiosi. » Arricció le labbra e si strinse nella vestaglia morbida.

« A me sembra che tu ieri ti sia devastata. »
« Si, infatti, mi sono divertita. »
Lui scosse il capo scontento e poi ridacchiarono insieme, Vivian non stava facendo nulla che il maggiore non avesse fatto prima di lei. Non era nella posizione di farle la predica, non lo era mai in realtà. « Attenta al naso principessa. » Le indicó il volto con il mento e lei subito si portó una mano sopra la bocca.
Merda.

Si alzó per cercare dei fazzoletti e finì a rubare la carta igienica dal bagno del fratello, tornó con il rotolo ancora in mano e la vestaglia sporca. « Che cazzo. »
« Questo è segno che dovresti smetterla. »
Roteó lo sguardo scocciata, la voce nasale la faceva sembrare quasi buffa. « Da che pulpito. »

« Io non ho mai perso tutto quel sangue. »
« Allora c'è una cosa in cui ti ho superato! »
John sbuffó consapevole che provare a parlare con Vivian di cose del genere fosse impossibile, era una persona che faticava ad aprirsi in generale e quando si trattava di discorsi impegnativi trovava sempre il modo di scappare.

« Se macchi qualcosa Giulia ci ammazza. »
« Hai letteralmente un buco sul fianco, è impossibile che non sporchi niente. » Dovette darle ragione, ma subito un altro pensiero s'impadronì di lui.

« Si, ma io poi ci faccio sesso e mi perdona. Tu che carta hai da giocare? »
Il viso di Vivian assunse un'espressione divertita, anche se pensare a Giulia mentre faceva l'amore le sembró strano. Era sempre parsa così rigida che non se la immaginava troppo passionale.

Stava per rispondere con un'altra cavolata ma poi le venne in mente il discorso del giorno prima: una carta ce l'aveva, per farsi perdonare tutti, per pagare tutti i suoi debiti con quella famiglia. Si bloccó con la bocca schiusa e lo sguardo perso, stretto nella mancina teneva il fazzoletto insanguinato, finalmente forse poteva spostarlo dal viso. « A che stai pensando? »
« Niente, niente. »

« Ti hanno chiesto qualcosa? »
Vivian aggrottó le sopracciglia, come se fosse sorpresa da quella domanda, davvero lui non sapeva? « Vi, ti hanno chiesto qualcosa, un favore? »
« Beh, veramente— »
« Che cosa? » Sembró preoccupato, davvero non faceva parte di quell'assurdo piano che le avevano prima spiegato Giulia e la madre, le menti di tutte le più perfide operazioni che celavano dietro agli Archibald?

« Di vendicarti, mi hanno chiesto questo. » parló come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lui si portó le mani davanti al viso. « Non ci credo. »
« Non lo sapevi? »
« No! No che non lo sapevo, potevo immaginarlo ma— » Spostó la coperta pesante con un gesto veloce. « Avevo detto di non metterti in mezzo, non voglio. »
« E perchè? » Tutta la vita era stato a romperle le scatole su quanto fosse importante la famiglia, stare insieme e mandare avanti l'attività. John si alzó nervosamente e inizió a girare per la stanza come un matto.
Si bloccó improvvisamente e inchiodó il suo sguardo in quello della sorella. « Perchè è una cosa grossa, e tu non sai neanche come si tiene in mano una pistola. »
« Mi hanno detto che devo farlo io per forza. »

« In che senso? »
« Perchè di me non sospetterebbero mai. »
« Certo, sarebbe da stupidi mandare a vendicarmi la più indifesa della famiglia. »
A quel punto Vivian assottiglió lo sguardo e collegó tutti i puntini, nuovamente. « Beh, posso sempre scegliere di non farlo. »
« Puoi davvero? »
Non lo so.
« Si, hanno detto che se lo faccio mi lasciano in pace, peró posso sempre decidere di non farlo. » A quel punto volle confessargli tutto, forse si sarebbe tranquillizzato. Non voleva che si alzasse o si agitasse, che stesse male per colpa sua. « Peró rimettiti a letto, non ha senso agitarsi in questo modo, non è successo ancora niente. »
Gli fece segno di tornare sotto le coperte, anche perchè le sembrava così debole.

« E poi figurati se non verrebbero a cercarti. »
« Ma chi? »
John dovette tornare a letto a quel punto, perchè la ferita gli faceva male e le forze lo stavano lentamente abbandonando.
Quindi decise di distendersi nuovamente sulle lenzuola candide e immacolate. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Vivian gli tiró su le coperte stando attenta a non sporcare nulla come le era stato chiesto, speró davvero di esserci riuscita. « Comunque è tutto okay. » cercó di rassicurarlo ancora, mentre tornava sul cuscinetto bordeaux della sedia rubata all'arredamento impeccabile.
« Stasera faccio venire tutti qui, non sono d'accordo su come hanno deciso di muoversi, mamma ne sta approfittando perchè io sono stato fuori gioco per alcuni giorni. »
« Io comunque sono dalla tua parte, e anche Giulia in realtà. »
« Anche i nostri cugini, spero non si siano fatti abbindolare. »

Vivian abbassó lo sguardo, quelle cose non le erano mancate per niente. Ripensó a Michael e a come vivessero tranquilli loro due, in Italia da soli, con la giusta compagnia e mille feste troppo noiose per essere pericolose.
L'unica cosa che rendeva quella situazione meno orribile era forse il modo meno immaturo in cui riusciva ad approcciarsi alla realtà, l'esperienza in Italia l'aveva fatta crescere e ora non aveva più paura di dire cosa pensasse, non davanti al fratello almeno.
Durante le riunioni di famiglia era tutt'altra cosa, quei maledetti la terrorizzavano tutte le volte.

Odio questo posto.

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