Capitolo 27

Lo sguardo cristallino di Vivian si ritrovò a dover scorgere il volto turbato del fratello molto prima di quanto avesse immaginato. Avrebbe dovuto capirlo che Giulia non avesse tutte le buone intenzioni di cui lei l'aveva premiata, quella voleva solo che per qualche motivo la minore degli Archibald si trovasse in America e aveva colto la palla al balzo quando John era finito in ospedale. Non che a Vivian non facesse piacere trovarsi lí, ma odiava come ci fosse sempre un doppio fine dietro ogni cosa.

Serrò i denti e scosse piano il capo, non voleva arrabbiarsi davanti al fratello, litigare per le stesse cose che li avevano separati qualche tempo prima. Avrebbe ingoiato la pillola come sempre nell'attesa di capirci qualcosa di più. « Senti, mi faccio spiegare tutto da Giulia, tu riposati, davvero. » Gli prese una mano con le proprie e cercò di sorridergli dolcemente, non era un gesto da lei, solitamente non sapeva come esprimere certe emozioni ma da quando aveva vissuto in Italia, tra Martina, Leonardo e Michael, soprattutto grazie a lui, aveva imparato come gestire tante cose che prima ignorava, sopprimeva e soffocava.

« Tra qualche giorno mi dimettono, voglio che ne parliamo tutti insieme. » Il tono di voce era autoritario, cercò addirittura come potè di mettersi dritto con la schiena ma la posizione inclinata glie lo impediva.
Emise un sospiro rassegnato, si sarebbe ripreso presto.

Vivian invece aveva come il sentore che si sarebbe presto ritrovata in una delle solite riunioni di famiglia a cui era molto raro presenziasse. Che stupida era stata a pensare che tornare a Firenze sarebbe stato facile, spostò lo sguardo dal fratello alla finestra, come aveva pensato dava sul giardino interno.

Era ancora in tempo per scappare?
« Quando vedi mamma dille che sto bene. »
« Non vedrò mamma, ha detto Giulia che posso stare da voi. »
« Figurati se non verrà a trovarti solo per il gusto di dirti quanto ti sta male la roba sintetica che indossi. »
Abbassò lo sguardo ed esaminò i propri vestiti economici, alcuni erano perfino di seconda mano, li aveva comprati ad un mercatino vintage e le erano sembrati carini.

Sbuffò. « Io sono venuta solo per— » Si morse la lingua da sola, ancora una volta dovette frenare l'impulso di iniziare l'ennesima discussione, opporsi serviva a ben poco quando era con loro. « Per te. » Avrebbe voluto dirgli che non era nei suoi piani fermarsi troppo, incontrare gli altri della famiglia e magari parlarci anche. Nessuno si era degnato di chiamarla, perchè farlo quando sapevano in ogni istante che diavolo stesse facendo? Probabilmente Giulia stava già parlando con sua madre.

John sprofondò con la testa nel cuscino morbido, sospirando come se potesse leggere i pensieri della sorella. « Stavi davvero cosí bene a Firenze? »
« Si. » Non ebbe dubbi quando dovette rispondergli, fu assolutamente sincera.

« Non ti ho mai chiamato perchè pensavo non volessi sentirmi. » Erano scuse?
Forse le medicine l'avevano stordito abbastanza da renderlo umano, o quasi. Stava per assopirsi nuovamente, Vivian lo notò e le fece impressione vederlo cosí vulnerabile.
Strinse le labbra indecisa su come rispondergli, avrebbe voluto spiegargli un sacco di cose, di come fosse vivere senza tutto il denaro che possedevano ormai da generazio, chi fosse Martina, del suo lavoro, ma rimase zitta.
Non gli raccontò neppure di quanto le fosse mancato averlo sempre in mezzo ai piedi. « D'altronde te l'avevo detto io, di non volerti più sentire. »
« Eri stata abbastanza chiara. »
« Già. »
Prese a torturarsi una manica della maglietta, la tirava in avanti e l'allungava con le dita muovendole nervosamente. « Ti lascio riposare, ci vediamo, okay? » Lui annuí e chiuse gli occhi, lei si voltò e fece per andarsene, camminò lentamente verso la porta come se temesse di poterci trovare fuori qualcuno di sgradito, come sua madre, il padre, anche solo Giulia.

« Ti trovo quando esco, vero? » La richiamò all'ultimo, alzando un po' la voce per farsi sentire bene, era un accenno di umanità o solo un modo subdolo per manipolarla?
« Certo, non ho i soldi per tornare in America. »
Lo salutò con un cenno della mano e poi scomparve da quella stanza.

Non aveva idea di cosa fare, dove andare. Stava morendo di fame e sonno, avrebbe dato qualsiasi cosa per un buon piatto di pasta cucinato da Michael, le mancava già. Sospirò affranta, prese il cellulare e pensò se fosse il caso di chiamarlo.

Era troppo tardi per ignorarlo, se solo non avesse deciso di passarci insieme la notte ora sarebbe stato tutto più facile, forse. Il display s'illuminò, era Lorenzo.

Ehi, ho saputo di John, come sta?
E come stai tu?
Se hai bisogno ci sono, mi dispiace.

Ovviamente, sapeva.
Aveva pensato di essere riuscita ad allontanarsi da tutto quello, forse era stata solo un'illusione. In verità lo sguardo di tutta quella gente l'aveva seguita fino all'altra parte del mondo. Comunque fu contenta di sentirlo, come sempre poteva contare su di lui.
Come al solito, non se lo meritava.

Bloccò il cellulare e decise di chiamarlo più tardi, camminò fino all'ingresso sperando di trovare Giulia, salutó con un cenno del capo antipatico la signora dela reception e si rese conto, quando fu fuori, di quanto fosse sola, di quanto senza John sempre a coprirle le spalle la sua vita fosse completamente vuota.
Almeno ma sua vita lí.

Che palle.

Alzò lo sguardo al cielo, la brezza fredda non la risvegliò dal grigiume in cui era stata inghiottita da quando aveva messo piede a New York, tutto rimaneva triste anche con il sole che risplendeva in alto nel cielo. Ricordava bene quella sensazione, le fece abbassare il capo per trovare rifugio sull'asfalto sporco.
« Vivian? » La voce di Giulia giunse a disturbarla, delicata e pungente come solo lei sapeva essere.

Si voltò verso di lei, il vento le scompigliò i capelli ma quelli della cognata parevano ancora perfetti, come se non fosse umana. « Se vai a casa vengo con te. »
« Ti accompagno. »
Tirò fuori dalla tasca del cappotto scuro delle chiavi, scintillarono brillanti tra le sue dita e poi sbloccarono le porte della Jeep nera. Vivian tornò al posto del passeggero e dovette sforzarsi di non cadere in un sonno profondo proprio mentre erano quasi arrivate.

Il cancello della villa si aprí, l'auto entrò maestosa e fu parcheggiata al suo posto, tra altre due jaguar di John. Quel posto le era sempre sembrato troppo grande per solo tre persone, c'erano più domestici che familiari, l'aveva sempre sentito freddo.

L'entrata principale era una porta in legno blindata che dava su un piccolo ingresso allestito con due poltroncine e una serie di mobili d'antiquariato. A terra il parquet costoso e lucido mostrava subito quanto fossero ricchi, insieme al lampadario lucente e creato da un artista appositamente per quella saletta iniziale, solo per loro. Dal centro tanti fiori in vetro si allungavano per formare una composizione cosí elegante e maestosa che non sembrava reale.

Tutto risplendeva, tutto era assolutamente vuoto. Non aveva mai visto una casa cosí piena di cose di valore sembrare desolata in quel modo.

Oltre l'ingresso c'era il salotto degli ospiti, quello vero dove accoglievano gli invitati e poi una sala per il piano, non aveva idea di chi sapesse suonarlo, John sicuramente ne ignorava il funzionamento mentre Giulia non le pareva tipa da musica, anche se non la conosceva per niente.

Non conosceva nessuno.
Si guardò intorno per controllare se ci fosse Vittoria, la figlia. Aveva pochi anni e Vivian l'adorava, quando era partita le era mancata tanto, si era sentita quasi in colpa di averla lasciata da sola in mezzo alle grinfie di quella famiglia ma adesso era tornata più agguerrita di prima.

Sapeva che ci fosse un altro modo di vivere, un modo soddisfacente e felice anche se senza soldi, senza case immense e tante cose che adesso le parevano inutili.

Giulia s'era messa a leggere un libro in salotto, quello che usavano tutti i giorni e in cui gli ospiti di rado entravano. Leggeva tranquilla come se non fosse successo niente, come se la sua vita stesse continuando come quella di chiunque altro.
« Viky è a scuola, potrai riposare tranquillamente. »
A scuola? Era pomeriggio, perchè mai sarebbe dovuta essere lí?
Non fece domande, probabilmente avevano trovato una scuola che tenesse i figli di chi non li voleva in mezzo ai piedi, come sua madre con lei.

Si avvicinò a lei lentamente, rimase ferma abbastanza distante da non dover sopportare troppo il suo sguardo, da lontano era meno inquietante. « John mi ha detto che stanno succedendo delle cose, cose che portano guai. Di che si tratta? »
Quella chiuse il libro come se non aspettasse altra domanda, la guardò ghignando e accavallò le gambe, mettendosi comoda. « Ci stiamo allargando. »
Cosa?
Sembrava contenta, come poteva mentre il padre della figlia si trovava in ospedale? Vivian sapeva benissimo quanto bramassero di diventare sempre più importanti e potenti, come se la loro casa non fosse abbastanza grande, le loro macchine abbastanza costose e i loro vestiti non urlassero quanto fossero ricchi a chiunque osasse guardarli troppo. Non era d'accordo, avrebbe dovuto immaginarlo e forse lo fece ma la disapprovazione di Vivian contava sempre molto poco, era piuttosto raro che si opponesse in modo esplicito.
« Quindi è per questo che hanno fatto del male a John. » Il tono di voce fu volutamente accusatorio, un modo per opporsi a tutto l'orgoglio di Giulia.
« Hanno paura che diventiamo più forti di loro. »
E poi loro chi? Incrociò la braccia al petto assumendo un'aria ancora più regale mentre se ne stava seduta nella poltrona, pezzo d'antiquariato inestimabile.

Vivian a quel punto si sedette sul divanetto difronte, anche quello un pezzo francese dell'800. « Appena dimettono John io me ne vado, non voglio saperne niente di questa storia. »
Quella rise, la giovane inclinò il capo perplessa. « Ti verranno a cercare lo stesso, non basta scappare dall'altra parte del mondo per smettere di essere chi sei. »
La sua condanna, quel cognome maledetto non l'avrebbe mai lasciata in pace. Le sue parole la trafissero come la lama di un coltello, erano cosí vere che non trovò il coraggio di ribattere. « Me ne vado comunque. »
Almeno non sarò costretta a vedere la vostra faccia.

« Da sola sarà più pericoloso. »
Sibilò velenosa, le iridi di Vivian si assottigliarono e venne travolta da una rabbia insostenibile, si costrinse a non rispondere. Serrò i denti e andò via, scappò verso la stanza degli ospiti e si chiuse a chiave, le parve di essere tornata adolescente, aveva passato la sua vita rinchiusa tra quelle quattro mura a farsi passare i pensieri peggiori, ad aspettare che i turbamenti sparissero.

Anche quando poi era cresciuta, il suo modo di affrontare i problemi era ormai rimasto serrare la propria mente in una stanza immaginaria e attendere da sola che passasse tutto. Per questo non aveva ancora chiamato Michael e aveva il terrore di farlo, o non aveva risposto a Lorenzo, a Giulia.

Sdraiata sul letto morbido osservava il lampadario fermo immobile al centro del soffitto decorato con basso rilievi a forma di fiori barocchi. Tutto bianco sembrava minacciarla di crollarle addosso, si sentiva schiacciata da quella vita.

Vibrò il cellulare posato sul materasso di fianco a lei, le era appena arrivato un nuovo messaggio. Lo raccolse e si mise seduta per leggere.

Ciao Vi, come stai?
Ha detto Leo che sei in America da tuo fratello, tutto okay?

Mi porti un souvenir, vero?

Ah, quando hai tempo chiama Michael perchè mi sembra preoccupato non so per cosa, comunque è insopportabile e parlarci è impossibile per noi comuni mortali. Pls salva me e Leo. ❤️❤️❤️

Non dire che te l'ho detto io. 💕💕

Roteò lo sguardo e si lasciò cadere nuovamente sul letto, se avesse avuto la possibilità di scomparire improvvisamente dal mondo e dalla mente delle persone l'avrebbe fatto.

Perchè affrontare i problemi quando bastava chiudersi in se stessa? Sospirò e cercò il numero di Michael in rubrica, era stata davvero una stronza a lasciarlo in Italia senza spiegazioni, socchiuse gli occhi e pensò al loro ultimo saluto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per averlo con lei, ma non poteva.

Rimase a guardare il suo contatto per qualche momento, poi si decise a chiamarlo.

Le tremavano le mani mentre attendeva che lui rispondesse dall'altra parte del telefono, dopo un po' ci fu un attimo di silenzio e a lei salí in cuore in gola. « Ehi. »
Aprí la bocca per parlare ma non le venne fuori nulla, se prima si era limitata ad omettere verità adesso avrebbe dovuto dirgli solo bugie.

Gli occhi le si riempirono di lacrime, non aveva il coraggio, non riusciva a trovarlo.

Che cosa ti racconto, adesso, Michael.

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