Capitolo 20
A volte sembra cosí facile, vivere come gli altri, far parte della macchina che manda avanti il mondo. Trovare una ragione d'essere e poi sparire, tutto perde di significato e tutto è inutile.
La vita di Vivian era sempre andata in quel modo, molto grigio e inutile. Sentiva la mancanza di cose mai avute, di cose che non sapeva neppure che sapore avessero.
Adesso si era messa a vivere per gioco un'altra parte, se l'era scelta perchè era tra i pochi al mondo che potessero permettersi di scegliere in quale letto svegliarsi la mattina e adesso faceva finta fosse sua.
Forse quando era da sola, lí aveva il coraggio di rivelare chi fosse davvero, anche se si vergognava, anche se non era mai nulla come doveva essere.
Il tessuto lucido della gonna nera risplendeva sotto le luci eccessive posizionate in salotto per dare un'aria più spettrale alla stanza, vicino a lei Martina che s'era già persa alla ricerca di Leonardo.
Si sentiva totalmente fuori luogo, non era mai stata ad una festa simile, sobria e senza droga a renderla vivibile. Lorenzo se ne stava dai suoi che per l'occasione avevano deciso di non fare assolutamente niente, come al solito. Michael era sparito da qualche ora e Vivian avrebbe giurato fosse insieme a qualcuna, andò verso il bar e decise che se non poteva stare con nessuno, se il suo destino era quello, almeno si sarebbe ubriacata a dovere.
Bevve un paio di drink, due gin tonic per cominciare e poi un negroni giusto per sentirsi davvero male. Non sapeva perchè volesse tanto distruggersi, era il motivo per cui non andava mai alle feste, la deprimevano di qualsiasi tipo esse fossero. Finiva sempre a fare qualche cazzata, oppure si sentiva male.
Pensò che quanto a feste fossero meglio quelle di Manhattan, non che ci fosse una grossa differenza, quelle dei poveri erano solo un po' più deprimenti. I soldi compravano il divervimento fino al giorno dopo, quando tutto crollava e tornava a mancarle l'aria come in qualsiasi altro momento.
Andò in mezzo alla pista da ballo e all'improvviso le parve di vederseli intorno, i suoi familiari. Perchè? Forse era terrorizzata, forse le mancavano da morire. Non aveva idea di che fine avesse fatto la nipote, di cosa facesse il fratello.
Prese un respiro profondo e pensò che non ne valesse la pena di rovinarsi il trucco per quelle cose, per quei pensieri. Eppure stava già piangendo, sul volto il mascara colato sembrava messo in quel modo di proposito, preva parte di uno strano travestimento di halloween poco elaborato quindi non se ne preoccupava troppo.
Dopo un po' andò comunque in bagno, quello principale era grande e arredato sui toni del bianco e panna. Non distingueva bene cosa fosse reale e cosa fosse solo disegnato dalla sua testa, si focalizzò pittosto sul suo riflesso allo specchio, penoso.
Non aveva bisogno di vomitare, la testa le girava ma a darle la nausea era il profondo senso di malessere.
Se avesse avuto della cocaina in quel momento, se la sarebbe fatta scorrere su per il naso, come aveva sempre fatto ad ogni festa, in ogni occasione in cui tutti sembravano troppo felici.
Che cazzo ti prende Vivian...
Si andò a sorreggere il capo con le mani, non avrebbe dovuto bere, aveva proprio fatto una cazzata. Decise di andarsene dal bagno e cercare un posto che fosse all'aria aperta, giusto per riprendersi.
Capitó quindi fuori, ad attenderla un cielo stellato e la solitudine più romantica che avesse mai conosciuto: in casa c'era un piccolo terrazzo abbastanza grande da ospitare una sedia e un tavolino.
Ebbene lei sedeva tranquilla, lo sguardo puntato in alto a scrutare le stelle. Gli occhi verdi erano contornati di nero e dovevano sembrare paurosi, invece ora erano solo terribilmente affranti.
« Vivi? » Stava per ricominciare a piangere, quando si vide Leonardo comparire oltre la soglia della porta vetrata.
« Ehi. » Finse un'aria spensierata, o almeno ci provò. In realtà le sarebbe piaciuto starsene per conto proprio, non perchè le piacesse la compagnia di se stessa, ma piuttosto quando gli altri non la vedevano si sentiva più libera.
« Tutto okay? »
« Sisi, perchè? » Che bugiarda.
« Niente, niente. Cercavo un posto isolato ma a quanto pare questo è occupato. »
La musica arrivava loro ovattata dalla sala principale, tutti ballavano e nessuno si chiedeva dove fossero. Non aveva idea se lui avesse parlato con Martina o se stesse cercando un modo per evitarla, non era importante. « Puoi prendere una sedia e metterti qui. » Lui approvò l'idea di Vivi e si andò a prendere il suo sgabello malandato, abbandonato fra gli invitati ormai ubriachi.
« Allora, da cosa scappi? »
« In che senso? » Scattò subito sull'attenti, la schiena dritta e lo sguardo teso come se fosse colpevole di qualcosa. Era una domanda pertinente, mentre tutti si davano alla pazza gioia loro due avevano deciso di starsene da soli.
« Perchè non sei con gli altri? »
« Potrei farti la stessa domanda. »
Lui fece per parlare ma si ritrasse subito, quella risposta cosí pronta lo sorprese, era chiaro che non la facesse una troppo sveglia, come chiunque non conoscesse il suo vero viso da sotto la maschera.
Lui sospirò sconfitto. « Beh, non è difficile da immaginare. Tanto lo so che sai, figuriamoci se Michael non ti ha detto niente. » Davvero pensava avessero un rapporto cosí stretto?
Posò la testa sul palmo della mano, la manica della camicia larga gli scese lungo il braccio, non aveva freddo? « Pensavo che sarebbe stato più facile. »
« Con Martina? »
« Si, quando non la vedo sto bene, è quando me la ritrovo davanti che mi sento un coglione. »
Vivian abbassò lo sguardo, un sorriso beffardo le illuminò il viso, pieno d'amarezza. Lo capiva fin troppo bene. « Perchè quando sei da solo ti distrai e non ci pensi. »
Leo rimase zitto, colpito ancora una colta dalle parole di Vivian. Aveva ragione, e nessuno meglio di lei avrebbe potuto comprenderlo, non si era mai ritrovata a doversi distrarre dall'amore, ma aveva passato in quel modo subdolo quasi tutta la sua esistenza, a non pensare.
« Perchè l'hai lasciata? » Il motivo vero a lei non l'aveva detto nessuno, voleva sentirselo confessare da lui.
« Perchè— pensavo che non mi piacesse più... »
« In che senso? »
« Pensavo che mi piacesse come mi sono sempre piaciute tutte le altre. » Si strofinò il viso con le mani, a parlare non era lui ma la madre. Quella donna gli aveva infilato quei concetti in testa e adesso lui non rousciva più a tirarli via. « Ho paura che non voglia neanche più parlarmi, e non avrebbe tutti i torti. »
Vivian a quel punto chinò lo sguardo, ricordando le ultime parole che aveva ascoltato da Martina. Avrebbe rischiato di soffrire pur di provare a riprenderselo, e ci aveva preso, aveva pensato bene. Perchè in quell'occasione anche lui provava le stesse cose ma non sapeva come dirgliele. « Secondo me invece ha molta voglia di parlarti. » rispose accompagnando le parole ad uno sguardo d'intesa, non gli aveva detto nulla che non fosse una sua opinione, ma in realtà gli aveva detto tutto.
Gli occhi azzurri di Leonardo divennero più grandi e all'improvviso gli si illuminò il viso.
« Devo cercarla. » mormoró solamente, mentre si alzava per raggiungere la sua Giulietta. Vivian rimase ancora una volta da sola, ma averlo aiutato la fece stare meglio per qualche motivo. Sapere che Martina si sarebbe riappacificata con Leonardo la mise un po' di buon umore.
Allungò le maniche aderenti del body scuro in cotone che aveva scelto per il suo finto costume, doveva essere una specie di angelo oscuro, una cosa molto stupida e scontata, comunque.
Per l'occasione aveva infilato sulle gambe due paia di calze a rete. Se l'avesse vista sua madre l'avrebbe presa per un'altra, ogni tanto stentava a riconoscersi anche lei.
Guardò i tacchi presi in prestito dalla mamma di Martina e pensò che fossero molto più comodi di tanti altri che aveva in America e che costavano davvero troppo.
Inclinò il capo di lato, ogni tanto le mancavano le sue loboutin, ma poi pensava che non ne valesse la pena di vivere come la sua famiglia solo per averne un armadio pieno.
Sulle spalle aveva due ali da angelo abbastanza ingombranti e fastidiose, se le tolse e le poggiò sul tavolino davanti a lei, si domandò ancora una volta che diavolo ci facesse lí.
Forse avrebbe fatto meglio a tornare a casa, non aveva idea di dove fosse il suo cappotto e se non fosse stata troppo al verde per comprarsene uno nuovo l'avrebbe mollato lí.
Si alzò e si sisemò la gonna lucida di pelle plissettata, per fortuna l'alcol aveva eliminato qualsiasi traccia di freddo potesse sentire sul suo corpo. Quando fu dentro la stanza le parve bollente, camminò per l'ingresso e si scontrò con alcuni degli invitati prima di riuscire a trovare la porta della camera dove avevano lasciato tutti i cappotti.
L'aprí e dentro c'erano due che si stavano dando alla pazza gioia, probabilmente non si accorsero neppure dell'arrivo dell'intrusa oppure lo ritennero di poco conto, essendo che continuarono indisturbati a strusciarsi e a baciarsi e toccarsi.
Vivian trovò quasi subito il suo cappotto nero, lo afferrò velocemente e scappò dalla stanza prima di assistere ad una scopata tra quei due sconosciuti.
« Vivian! » Una mano le agguantò un braccio le la tirò verso di sè, riconobbe quasi subito il corpo verso cui era stata spinta. « Marti? Pensavo... non eri con Leo? »
Si voltò per guardarla anche se la vista era disturbata dalle luci e dalla stanchezza, era bellissima nel suo abito verde acqua pieno di paillettes colorate e brillanti. Si era vestita da sirena e per l'occasione aveva deciso di sfoggiare un trucco meraviglioso sempre sui toni del mare: gli occhi erano contornati di un verde acceso e un bianco che sfumava sul perla, piena di brillantini su tutto il petto e sul collo aveva deciso di applicare sullo zigomo sinistro degli strass argento. « Si, per questo ti cercavo! Mi ha chiesto scusa, vuole tornare con me, vuole riprovarci. Visto che ti dicevo? »
« Ma adesso dov'è? » Allungò il collo in avanti, come a volerlo cercare. Perchè non erano insieme?
« Mi sta aspettando di la, gli ho detto che dovevo parlarti! » le annunnciò quella cosa come fosse la più scontata del mondo, tutta contenta mentre sorrideva sotto i glitter del trucco.
« Che aspetti? Torna da lui! » la rimproverò, indicandole con un gesto della mano di andarsene subito, che aveva atteso tanto per passare quella sera insieme al suo Romeo e adesso perdeva tempo con Vivian.
Guardò Leonardo che le fece un cenno con il capo e poi tornò al suo drink. « Ah, si, si. Ci sentiamo! »
Quando Martina non potè più vederla Vivi scoppiò a ridere, talmente tanto che per poco non perse l'equilibrio. Si mise poi il cappotto sulle spalle e controllò se nella pochette a tracolla che si era portata dietro ci fossero chiavi e telefono.
Le ali!
Sbuffò, i piedi le facevano male, stava sudando ed era stanca oltre che ubriaca. Non aveva voglia di tornare a prenderle fuori al balcone, decise di mollarle lí, per fortuna erano costate poco.
In mezzo al casino non salutò neanche la padrona di casa, semplicemente aprí la porta principale e quando la richiuse alle sue spalle si sentí tranquilla, immersa in una strana sensazione di pace. Prese il cellulare e trovò un messaggio di Lorenzo, sorrise mentre con la schiena era ancora appoggiata alla superficie di legno. Andò fino all'ascensore mentre lo apriva per leggerlo.
Dove ti trovo?
Non vorrai farmi ripartire senza salutarmi, vero?
Decise di chiamarlo, le sembrò la scelta migliore da fare considerando che non aveva i riflessi abbastanza attivi per scrivere un messaggio decente in poco tempo. « Lore? »
« Non sei già a letto, vero? »
« No, stavo andando via da una festa. »
Silenzio. « Sei da sola? »
Lei rise. « Si, sono sola, era un po' noiosa, non conoscevo nessuno e ho perso i miei amici, tu che fai? »
« Ti vengo a prendere, dimmi dove sei. Anzi, mandami la posizione su whatsapp. » Chiuse cosí la chiamata, allora Vivian entrò in ascensore pigiò sul pulsante che avrebbe dovuto riportarla al piano terra ma, prima che le porte potessero serrarsi, due mani tatuate si fecero spazio nell'abitacolo costringendolo a rimanere aperto.
Michael.
Vivian rimase incantata qualche momento a guardarlo, aveva i capelli tirati all'indetro, uno smoking che probabilmente aveva preso in prestito al patrigno e il trucco da vampiro, pallido in viso e scuro sotto gli occhi, lo rendeva più dannato di quanto già non sembrasse. Vestito in quel modo quasi elegante era forse più bello di quando insossava i soliti completi larghi, le felpe consumate e gli anfibi marroni.
« Le tue ali. »
Cosa? Non lo ascoltava, Vivian, tutti i suoni erano diventati ovattati e non ricordava più neppure dove fosse.
Lui entrò con lei e da una spalla fece scivolare giù le ali che lei si era dimenticata. « Ah, grazie. »
Le porte dell'ascensore si chiusero dietro di loro e rimasero da soli, a guardarsi, a cercare di respirare mentre l'aria diveniva insostenibile. Dove stavano andando? Vivian pigiò nuovamente sul tasto che indicava il piano terra, cercava una via di fuga ma non ve n'erano.
Michael rimase impassibile, la scrutava come suo solito dall'alto mentre arrossiva in difficoltà e gli parve quasi tenera.
« Le vuoi? » Mentre scendevano allargò sulle mani l'elastico che aveva legato per tutta la sera le ali alle spalle della fuggitiva.
La bionda annuí e si voltò perchè lui glie le infilasse, si tolse la giacca e rimase solo con la maglietta di cotone nera e sottile. Prima di posarci le ali sopra, Michael percorse con lo sguardo nero la schiena magra di Vivian, le scapole disegnate, la fossetta centrale della spina dorsale che si allungava lungo tutta la schiena fino ad arrivare dove lui non poteva più vedere.
Delicatamente fece scorrere lungo il braccio dell'altra un elastico e poi fece lo stesso con l'altro, sistemò le spalline con le dita fredde.
Un brivido attraversò la schiena di lei e s'insinuò lungo il collo, poi giù fino al basso ventre. Riusciva a sentire il profumo di lui, immaginava le sue mani sul proprio corpo accarezzarla come aveva fatto prima, ma ovunque.
Erano cosí vicini che Michael riuscí a sfiorarla sotto la nuca con le labbra, lei socchiuse gli occhi stando attenta a non mostrare troppo quanto stesse bruciando. Davanti a lei lo specchio dell'ascensore riprendeva la scena e li ritraeva silenziosi, mentre cercavano un modo per non cedere.
Si scambiarono uno sguardo dal riflesso della superficie in vetro e a lui si accese lo sguardo di malizia.
Le sfiorò nuovamente la pelle calda con le labbra, lo sguardo fisso in avanti, voleva scrutare la sua reazione mentre la stuzzicava, come le guance le si arrossivano sotto il suo tocco e la bocca si schiudeva lenta.
Lei non osava chiedergli di fermarsi, quello strano e perverso gioco era dannatamente eccitante. Più lei si accaldava e perdeva il respiro più lui continuava, bramoso di poterle dare altre attenzioni.
Cazzo.
Vivian abbracciò con le dita il tessuto del cappotto di lana, prese a torturarlo fin quando non udí un rumore, fiurono riportati alla realtà.
Che cosa era? Il suo cellulare, che stupida.
Lo prese subito e lesse il nome, Lorenzo.
Michael sbirciò sul display e si allontanó subito prima che le porte potessero aprirsi.
Vivian si fiondò fuori. « Lore? Ti mando la posizione adesso, ero in ascensore. »
L'americano se la rise sotto i baffi, non avevano fatto niente eppure era certo di essere riuscito a farle scordare del telefono per quel breve momento.
Dopo quel breve istante di autocompiacimento si ritrovò a sospirare infastidito, quel Lorenzo non gli andava a genio. Perchè non era venuto alla festa, ma adesso la chiamava? O era troppo snob per stare con loro, oppure non glie ne fregava abbastanza di Vivian, sempre che stessero insieme.
Lei invece camminò fino all'uscita ticchettando sul pavimento con le decollete scure. « Grazie per le ali, buona serata! »
La guardò andare via, osservò le cosce magre fasciate alla perfezione nelle calze a rete abbandonarlo e muoversi velocemente oltre la porta. Si leccò le labbra, immaginò di poterle baciare.
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