Capitolo 12
Era ancora notte mentre Michael e Vivian riportavano la loro amica dentro il locale, aveva vomitato tutto quello che potesse. Si sentiva ancora uno schifo ma almeno non rischiava più di fare troppi danni. Vivian non aveva avuto neppure il tempo di infilarsi la giacca, si era messa subito ad aiutare Martina ancora stretta nella sua divisa a maniche corte, non pensando al freddo che avrebbe incontrato fuori. Appena dentro si sfregó le mani contro le braccia per riscaldarsi e cacciare il gelo che le si era insinuato nelle ossa.
« Vado a prendere dell'acqua. » Si voltó velocemente in direzione del bar.
« Vivian! » A richiamarla fu la voce del ragazzo, lei si giró per chiedergli cosa volesse ma lui la incalzó prima che potesse parlare. « Vuoi la mia giacca? » Era ironico? Vivian non riuscì a capire la natura di quel gesto quindi decise di fare come sempre, ignorarlo, mettere muri.
Alzó un sopracciglio. « Che cavaliere. » Gli rivolse un sorriso beffardo e tornó verso il bancone, prese una bottiglia di vetro e un bicchiere di plastica, non aveva assolutamente voglia di mettersi a pulire a quell'ora. Prima di tornare verso il tavolino prese le sue cose dallo stanzino, una felpa nera e una giacca pesante dello stesso colore scuro.
Lui la osservó stranito, come se ci fosse rimasto male della sua risposta. Vivian non l'aveva preso sul serio, pensava fosse una battuta o comunque niente di dolce. Non era molto brava a capire i gesti gentili e neanche a trattare bene le persone, era stata abituata così tanto alle lame che quando le offrivano un fiore non lo riconosceva.
Si mise a sedere nello stesso posto di prima, vicino alla sua amica. Si chinó in avanti con le braccia piegate sul tavolino. « Come ti senti Marti? »
« Una merda. » ringhió ancora furiosa, adesso l'alito le puzzava di vomito e Vivian si ritrasse disgustata. Fu un gesto pessimo, ma proprio non riuscì a farne a meno.
A volte la sua parte viziata e schizzinosa veniva fuori e non poteva farci nulla, se non sperare che non le desse troppo peso nessuno.
« Vuoi dormire da me? »
« Da noi. » La corresse Michael, come a voler sottolineare che fosse d'accordo.
« Da noi, giusto. »
Si misero entrambi davanti a lei, la guardavano mentre attendevano una sua risposta, invece lo sguardo pece Martina scivoló dal viso di uno a quello dell'altra più volte. La bocca sottile schiusa e gli occhi stanchissimi, fu lei a ridere questa volta.
Entrambi si guardarono e non capirono.
Si sistemó i capelli lunghissimi dietro le orecchie, dopo che si era sciolta la coda improvvisata fatta da Michael le erano caduti tutti disordinati sulle spalle minute.
« Io non ci credo che voi due non avete mai fatto sesso. »
Michael liberó una risata fragorosa lasciandosi cadere con la schiena all'indietro, si sfregó le mani sulla faccia e poi si scostó il ciuffo scuro, un gesto praticamente automatico che lo caratterizzava quasi quanto la sigaretta che teneva sempre tra le dita.
Vivian non nascose un'espressione stranita, perchè aveva avuto quel pensiero? « Solo perchè viviamo nella stessa casa? »
Non sapeva perchè le rispose in quel modo, non aveva senso mettersi a discutere con una che aveva appena vomitato l'anima e in oltre visibilmente stanca, incazzata. E poi non aveva neanche detto niente di male, il fastidio che provó Vivian infatti non era contro la sua amica, piuttosto contro se stessa. Non avrebbe dovuto essere così toccata da quell'affermazione vuota. Mascheró tutti quei pensieri con un sorrisetto divertito, un po' svampito per sembrare troppo stupida da essere turbata da qualcosa di profondo.
Michael la stava osservando, a lei sembró che potesse scorgerle i pensieri e per un secondo si sentì violata.
Poi lui si voltó nuovamente verso Marti. « Magari perchè sono irresistibile. » La buttó sul ridere, si sporse in avanti e il ciuffo morbido andó nuovamente a coprirgli il volto.
Lei invece scosse il capo. « ...O perchè ti faresti chiunque. » Vivian si strinse nella giacca scura, l'aveva provocato di proposito infatti non trattenne un risolino beffardo. Non era un commento acido, stizzito, stavano tornando a giocare come facevano di solito.
Michael scosse piano il capo, poi alzó lo sguardo verso l'alto. « Questo non è vero, le ragazze con cui mi vedo mi piacciono tutte. » E Vivian non lo metteva in dubbio, s'innamorava ogni giorno di una diversa, la musa della mattina, della sera, della settimana se andava bene.
« Comunque non facciamo sesso. » precisó finalmente lei, come se ce ne fosse stato bisogno. Era assurdo che Martina potesse pensare una cosa simile di loro due, li conosceva abbastanza bene da sapere che non sarebbe mai potuto succedere niente.
Michael si alzó dalla sedia, sospiró come se fosse ormai annoiato da quei discorsi e piegó un braccio. « Vieni con noi o no? » Dallo sguardo posato sull'amica si vedeva quanto fosse impaziente di lasciare il posto, e anche Vivian non vedeva l'ora di svignarsela, avendoci passato tutta la sera per lavoro.
Infatti sistemó la bottiglia e pulì quello che restava, poi uscirono insieme e camminarono fino a casa. Quando furono arrivati l'impresa più ardua fu quella di fare le scale insieme a Martina, che non camminava ancora benissimo sebbene avesse buttato fuori gran parte dell'alcol che aveva nello stomaco.
« Grande idea quella di farla ubriacare. » Sarcastica, Vivian si rivolse all'amico mentre la povera si aggrappava a loro per fare ogni scalino. Teneva le braccia posate sul collo di Vivian e quello di Michael, già ostacolata dall'alcol, la camminata era resa ancora più ardua dalla differenza di altezza tra i due: lui la superava di circa dieci centimetri.
« Sei tu che l'hai invitata da noi. »
« Che stronzo. »
« Quindi dici anche le parolacce? » La prese in giro, fu più pungente questa volta e vivian affiló subito lo sguardo smeraldo.
La luce del palazzo ogni tanto si spegneva e loro la riaccesero ad ogni piano prima di arrivare finalmente a destinazione. Vivian non era così felice di vedere la porta di quell'appartamento da quando ci era arrivata la prima volta.
Michael tiró fuori le chiavi dalla tasca del cappotto e furono presto dentro, i tacchetti degli stivaletti di Martina si scontrarono contro il parquet facendo un rumore così fastidioso a quell'ora della notte che Vivian la bloccó subito all'ingresso, appena dopo aver chiuso la porta.
« Togliti le scarpe. »
« Okay, okay. » Cadde poi a terra, l'intento era probabilmente quello di sedersi ma non era abbastanza lucida per mantenere l'equilibrio.
Vivian la osservó dall'alto e capì che non ce l'avrebbe mai fatta da sola. « Aspetta, faccio io. » Si chinó davanti a lei e inizió a slacciarle uno stivaletto, pregó che non fossero sporchi di vomito anche se l'odore non prometteva niente di buono.
Martina la guardó mentre l'aiutava e le sorrise, si sentì fortunatissima ad avere un'amica come lei, non aveva più un fidanzato ma non si sentiva così sola. Avrebbe voluto ringraziarla decentemente ma era troppo provata per farlo, ci avrebbe pensato la mattina dopo, da sobria.
Michael era sparito, probabilmente si era rintanato nella sua inaccessibile stanza e si stava cambiando.
Martina si abbandonó con la testa all'indietro, poi prese a girarle troppo quindi decise di tornare ad osservare il salotto. « Dormo sul divano. »
« Scherzi?! Dormi con me, al massimo ci facciamo più strette. » Si sentiva in colpa, come se fosse qualcosa di cui scusarsi mostrare il proprio dolore o le proprie sofferenze, cercare conforto. Vivian aveva subito un'educazione simile e quello era uno dei motivi per cui aveva problemi nell'affrontare le proprie emozioni, se non proprio quello principale.
« A meno che tu non voglia dormire con me, dolcezza. » Michael le raggiunse trascinando i piedi nudi sul parquet polveroso, nessuno dei due aveva mai troppa voglia di pulire e Vivian non era neanche certa di farlo bene, non era competenza degli Archibald sapere come si facessero brillare i pavimenti.
Martina alzó la testa, stava per mandarlo a quel paese ma poi desistette, era troppo stanca, talmente esausta che stava per crollare sul pavimento. Era certa che le sarebbe bastato chiudere gli occhi per riaprirli il giorno dopo.
Vivian invece era certa che appena avrebbe chiuso gli occhi sarebbe stata tormentata dal senso di nausea e avrebbe inziato a girarle la testa, lei non si ubriacava ormai da mesi, eppure ricordava bene la sensazione.
In Francia divertirsi in quel modo era impossibile tra lezioni e studio, mentre da quando era arrivata a Firenze le era presa la strana fissa di voler essere migliore di prima, come se in un'altra vita fosse stata un mostro.
La bionda non lo ascoltó, era troppo impegnata a risolvere la situazione. « Michael mi aiuti a metterla a letto? » Lui le guardó per qualche istante e poi alzó le spalle da sotto alla felpa. Si chinó vicino a Martina e rimase fermo in attesa che Vivian desse altre istruzioni, sembrava ancora una volta divertito dal comportamento di lei, concentratissima a dare ordini.
Con un cenno del capo gli indicó di alzarsi. « Marti andiamo. »
Il tono imperativo non ammetteva repliche, tutti si mossero come lei aveva chiesto e nessuno si oppose.
Quando furono finalmente in camera di Vivian l'italiana crolló sul materasso morbido senza neppure infilarsi sotto le coperte, indossava ancora la giacca e il trucco le sporcava gran parte della faccia, sbavato dalle lacrime. Il mascara le era colato scuro sotto gli occhi, l'ombretto marrone era diventato una macchia indefinita e Vivian si dispiacque di non avere dello struccante in casa.
La luce del lume illuminava debolmente la stanza dal lato opposto del letto a quello in cui dormiva Martina, puzzava ancora di vomito e alcol e presto l'aria in quella camera sarebbe diventata irrespirabile. Non le sembrava il caso di aprire la finestra, e comunque anche volendo poi avrebbe fatto troppo freddo per dormire bene.
Il letto era in ferro battuto, la testata a sbarre ogni tanto scricchiolava se si facevano movimenti bruschi nel sonno e il materasso sembrava vecchissimo. Il piumone invece era marroncino con dei fiori gialli e neri, in perfetto stile "nonna".
Vivian si mise a sedere in basso dove il letto finiva e si tolse finalmente la giacca dalle spalle.
« Che fatica. » Posó le mani sulle gambe e lo sguardo cadde verso il basso, erano ormai passate le tre di notte, non si sentiva neppure un rumore nel palazzo e fuori per la strada. Solamente Vivian e Michael parevano essere svegli mentre l'oscurità si era presa momentaneamente la vita della città.
Lui si tiró su le maniche della felpa, sfiorando con lo sguardo prima il corpo dormiente di Martina poi il viso delicato dell'americana.
« Almeno adesso so chi sarà ad aiutarmi quando ci saró io al suo posto. »
Lei fece per scoppiare a ridere ma dovette bloccarsi perchè Martina grungnì infastidita ed ebbe paura di svegliarla. Quindi raccolse le sue cose e scoppió solo una volta lontana dal corridoio, lui la guardava divertito, la seguì camminando fin fuori dalla stanza. « Sei la mamma del gruppo, ce n'è sempre una. »
« Che diavolo è una mamma del gruppo? » Si tolse le sneakers chiare senza preoccuparsi di metterle al loro posro, rimasero sole nel corridoio aggiungendo disordine.
Camminó fino alla poltrona del salotto, decise di riposarsi lì, avrebbe dormito la mattina dopo, tanto aveva sempre il turno di notte non c'era bisogno che fosse sveglia durante il giorno.
« Quella che si preoccupa che stiano tutti bene. »
Lui la raggiunse e l'affiancó seduto sull'altra, piegó le gambe sul bracciolo e assunse la più scomposta delle posizioni.
Alzó le sopracciglia, era la prima volta che qualcuno la definiva in quel modo. « Mi fai davvero così buona? » Si mise più composta solo per guardarlo meglio, per essere sicura che non stesse scherzando come faceva sempre.
« È quello che hai dimostrato stasera. »
« Anche tu l'hai aiutata. »
Lui scosse il capo. « Io l'ho anche fatta ubriacare. »
« Hai rinunciato alla tua sbronza serale solo per fare ubriacare una tua amica con il cuore spezzato, se non è altruismo questo. »
Si guardarono e risero insieme, piano, stando attenti a non farsi sentire da nessuno. Più tardi lui si accese una sigaretta e lei rimase in silenzio a fissarlo, sembrava uno dei suoi dannati quadri, nonostante non ne avesse mai visto uno riusciva ad immaginarli, intensi e profondi, pieni di significato ma totalmente incomprensibili, come era lui.
Capire cosa pensasse era impossibile, si poteva solo guardare e analizzare. Dopo un po' si giró e le riservó un'occhiata interrogativa. « Ne vuoi una? »
« Di cosa? »
« Una sigaretta, ho visto che guardavi, ne vuoi una? »
All'imporvviso le fu tutto chiaro, non si era resa conto di star fissando Michael da troppo tempo, era come se ogni volta potesse scoprire un dettaglio nuovo. Un tatuaggio diverso, un modo di incurvare le sopracciglia differente, come stringeva le labbra attorno alla sigaretta e il modo in cui la teneva tra le dita magre.
« Si, dai. »
« Comunque se vuoi puoi dormire con me. »
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