un sourire
«Denjin... Hadooken!»
L'onda d'urto ha spostato i capelli di Charlie Nash, che ha impiegato qualche secondo a rendersi conto di dove si trovasse. Appena spalancati gli occhi, infatti, ha incontrato soltanto una distesa senza fine di un unico colore, quello del soffitto, ogni tanto vagamente disturbato da riflessi di luce candida e lingue di fumo.
Si è sforzato di non pensare ma di agire e basta; ha alzato un braccio, il destro, e se l'è portato al viso senza incontrare resistenza. Ha ignorato l'assenza degli occhiali e s'è massaggiato la fronte dolorante; ma qualcosa l'ha lasciato di stucco, qualcosa che non era al suo posto ma che non riusciva a capire.
Dopo essersi messo a sedere si è osservato le braccia e le mani, portandole poco lontano dal viso per metterle bene a fuoco: erano del medesimo, normale colore 'rosa pelle'. S'è concentrato sul braccio destro, e ha fatto risalire lo sguardo fino alla spalla e al petto. Tutto omogeneo, compatto, così squisitamente... Rosato...
Non era un sogno: ce l'aveva fatta! Il suo conto alla rovescia s'era finalmente bloccato. Riavviato, almeno, o allungato. Era salvo!
«Charlie!»
Riprendendo contatto con la realtà, la prima cosa che ha fatto è stato (a parte fissare, pietrificato, la figura che gli stava di fronte) arrossire. Abel gli stava tendendo la mano, in amichevole offerta di aiuto a rialzarsi.
Afferrandogliela, ha finalmente messo a fuoco la situazione che lo circondava: pezzi di soffitto che cadevano, fumo, polvere e lo sguardo di altre quattro persone addosso. Il ragazzo gli ha dato uno strattone per sottrarlo all'impatto con una bella porzione di intonaco, evitandogli un brutto colpo per poche frazioni di secondo, e lui non ha opposto la minima resistenza finendogli dritto dritto tra le braccia. Si sentiva un poco rintronato.
«Che dici, ce ne andiamo?»
Si sono diretti a braccetto fino all'uscita seguendo Ryu come una guida e, una volta raggiunti anche gli altri, hanno dovuto lasciarsi per iniziare a correre loro dietro. La situazione peggiorava di minuto in minuto.
Il leggendario gruppo che ha sfrecciato per ultimo lungo i corridoi di quella base era incredibilmente numeroso: in prima fila c'erano Ryu e Guile, fianco a fianco, poi Chun-li con Li-Fen in braccio e a chiudere il corteo Charlie e Abel, così vicini da sfiorarsi ad ogni passo. Pur se vagamente in pensiero per la situazione attuale, i volti dei sei personaggi sembravano rilassati: alla fine della pericolosa peregrinazione stava una vita finalmente normale e tranquilla e se non l'avessero raggiunta poco male - significava che non faceva per loro.
E tuttavia correvano a perdifiato; forse era la paura istintiva della morte, forse le fiamme della speranza che non termina mai di germogliare nell'animo degli uomini. Soffermandosi sulla faccia degli ultimi due, sorge anche una terza opzione: che stessero correndo per poter finalmente festeggiare?
Non hanno osato guardarsi per tutto il percorso perché avevano negli occhi la vicinanza che avevano provato pochi attimi prima. Né hanno scambiato parola, o aperto bocca, fino all'aria aperta; i loro cuori erano in tumulto e avevano in capo troppe domande per concentrarsi sul formularle. Erano successe così tante cose tutte insieme: forse perché erano collegate, ha riflettuto Charlie. Erano una dentro l'altra come scatole cinesi e la più grande era la sua definitiva resurrezione. Questo perché era tornato per combattere le ingiustizie; e la più importante era stata proprio la sua morte.
Bison era sconfitto, Abel era letteralmente rinato e lui... Doveva concentrarsi sulla fuga e cercare di uscire indenne dalla base!
Ha seguito il gruppo senza fiatare per una manciata di minuti.
Quando s'è trovato all'aria aperta, come tutti gli altri, ha rallentato e preso una bella boccata d'aria pulita. Solo in quel momento si è reso conto di quanto caldo facesse nella base e di quanta fatica gli fosse costato ogni singolo respiro. Ha osservato il resto degli alleati, suoi antichi conoscenti, correr loro incontro con sorrisi giganti stampati in faccia, ma ha evitato ogni contatto; ha preferito portarsi un po' in disparte e sedersi in un angolo tranquillo. Era davvero esausto dopo la corsa e così emozionato da tremare come una foglia. Non capiva bene se la cosa che gli serviva di più, al momento, fosse la solitudine o la più semplice calma; ma era certo che non si trattasse della vicinanza della folla urlante di tutti i frequentanti della Kanzuki Estate. Non è nemmeno riuscito a guardare gli abbracci che sono stati scambiati, talmente numerosi da dare l'impressione di un caos indomabile. Ha chiuso gli occhi e portato la testa indietro, l'ombra di un sorriso in volto. Si sentiva davvero bene fisicamente ed era una sensazione che non provava da un bel po'. Mancava solo un particolare perché si sentisse del tutto felice; ha sbirciato se qualcuno lo stesse cercando e ha notato subito - con una punta di soddisfazione - che Abel gli stava rivolgendo uno sguardo di pura malinconia.
Gli ha fatto gesto di avvicinarsi e lui ha eseguito senza esitazione, come se non attendesse altro.
Si è seduto al suo fianco, a gambe distese.
«Questi sono tuoi» gli ha detto porgendo un paio di occhiali da vista, sui quali si è riflessa per un attimo la luna piena.
Nash li ha presi delicatamente, incantato dalla gentilezza del suo amico, e li ha indossati con un mezzo sospiro di sollievo.
«Volevo scusarmi con te» ha di nuovo mormorato Abel, apparentemente concentrato sulla scena di distruzione che avevano innanzi, che illuminava il circondario a tratti.
«Scusarti?» Charlie era genuinamente confuso. «Cosa stai dicendo?»
«La mia esistenza è stata la fonte di tutto questo casino. Mi sento personalmente responsabile.»
«Hey... Non è affatto vero»
«Ho potuto sentire ciò che sostengono Rose e Dhalsim. Se io non fossi scappato, quel giorno, se non mi fossi ribellato, saremmo stati entrambi qualcosa di normale» ha ribattuto il ragazzo.
«Già, saresti morto così come me poco dopo. Helen mi avrebbe risuscitato comunque. E avrei perso contro Bison. Sai, è stato un vero caos, ma ne siamo usciti vittoriosi» gli ha fatto notare, sperando di non sembrare troppo acido, ma neanche troppo poco convinto.
«Ora ti toccherà sopportarmi per il resto della vita. Non... Non ci conviene dividerci, intendo, giusto?»
Nash ha ridacchiato per il timore con cui l'amico aveva terminato il suo intervento e chiuso gli occhi.
«Più penso a come sarebbe stata la mia vita senza di te e più vorrei ringraziarti di esistere, Abel» ha ammesso. «Tu hai recuperato la memoria, giusto? Vorrei che tornassi con la mente a quei pochi giorni che abbiamo passato insieme alla base, appena dopo il tuo salvataggio, e mi dicessi se io ti sia mai sembrato dispiaciuto di averti intorno.»
Dopo qualche attimo di concentrazione il viso del francese si è disteso in un bel sorriso. «No, in effetti no. È stata dura, separarsi.»
Le labbra di Charlie hanno seguito il movimento di quelle del suo amico.
«Se il futuro dovesse somigliare a quelle giornate, sarà letteralmente un... Sogno che si avvera. Mi trovo a sperare che tu non voglia andartene, perché se fosse solo per me...»
Si sono guardati e negli occhi l'uno dell'altro hanno distinto la luce che era sempre parsa mancare nelle loro vite, la luce biancastra, pallida, lunare della strada giusta. Finalmente il destino aveva edulcorato le loro esistenze con l'unico collante efficace tra i cuori umani. Iniziava una parte di storia da scrivere a quattro mani, in piena libertà.
Non hanno avuto occasione di terminare la frase lasciata in sospeso da Charlie, quella sera. Sono stati raggiunti in quel momento dal maggiore Guile, che mai avrebbe immaginato di stare interrompendo qualcosa del genere. Si è accertato sul loro stato di salute e ha gentilmente chiesto di alzarsi in piedi. Appena ha potuto, li ha stretti in un abbraccio - gesto che da tempo non sperava più di poter fare - e ha espresso la sua gioia ed ammirazione per l'impresa con complimenti di ogni sorta.
Anche i due ragazzi l'hanno abbracciato forte; l'hanno lasciato parlare liberamente e appena è sembrato rilassarsi, non hanno perso l'occasione per ringraziarlo. Si sono staccati e l'hanno guardato con intensità, sottolineando a turno l'importanza della loro amicizia.
Sono seguiti momenti di silenzio, nei quali il maggiore ha passato un braccio dietro il collo degli altri due, apparentemente per sostenersi o perché non gli sembrava ancora vero riaverli entrambi indietro. Ha preso un profondo respiro e poi ha tirato loro una pacca così forte da togliere il fiato.
«Ora basta farmi questi scherzi, okay? Sto già riflettendo su che ruolo darvi nell'esercito e non intendo rimpiazzarvi mai più.»
Hanno riso di cuore, tutti insieme.
«Ma certo, Guile!»
Forse spaventato dalla distruzione della gigantesca base militare, dai suoi rumori e le vibrazioni che causava, o forse attirato da chissà quale motivo, un minuscolo coleottero è svolazzato attorno alle loro teste; faceva il rumore e aveva la forma di una coccinella, ma non c'era abbastanza luce per vedere che colore avesse effettivamente. Solo Abel l'ha notato e si è fermato a guardare la sua danza: si è visto, comunque, per un breve attimo, durante il quale ha compiuto una giravolta prima di alzarsi in volo verso la luna, accompagnato dal suo sguardo commosso.
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