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«Parla! Cosa intendi dire?» - provò a domandargli, ma era troppo tardi. L'uomo si accasciò al suolo ed esalò l'anima. In quell'ultimo respiro, Matt si sentì raggelare, ogni speranza di comprendere la verità era perduta.

Provò ad andare verso l'uscita, seguiva i lampadari oscillare lungo il tetto, ogni tanto si voltava girando gli angoli, come se temesse di essere seguito. Ogni minimo fremito, sussulto o rumore, lo costringeva a nascondersi come un criminale.

D' un tratto vide di fronte a sé un corridoio con uno specchio, dietro non vi era nessuno, ma la mente di Matt ebbe una reminescenza, come un ricordo. Improvvisamente si ricollegò alla stanza dove era prigioniero.

«Come è possibile che nessuno ci abbia cercato fino ad ora? Almeno che non sia stato mentito sul tempo in cui mi trovavo qua, se nessuno sa che sono qua, allora vuol dire che sono nemmeno quarantotto ore qua dentro, eppure il buio e le condizioni pessime della prigionia. Chi può avermi fatto questo? I miei ricordi devono essere totalmente offuscati, alterati..!».

Matt provava a ragionare, a riflettere ma non gli veniva nulla in mente, poi fissando nuovamente lo specchio, una luce lo infastidì, come se qualcosa nella sua mente si fosse acceso.

« Le videocamere sotto al ponte! ... Ma certo! La sala controllo!» - disse tra sé incamminandosi - «Se siamo stati rapiti, allora i rapitori dovevano gestire un eventuale riscatto, devono avere un centro di comando.»

Tornò indietro al centro di sicurezza e di sorveglianza ma non vi era nulla al suo interno, allora corse in direzione della stanza della prigionia, la porta era ancora aperta, come l'avevano lasciata. Entrando si mise a cercare qualsiasi informazione. Inizialmente pareva una ricerca a vuoto, nulla gli saltava al naso.

In quella stanza frugò ogni angolo, cercando disperatamente una traccia che potesse permettergli di comprendere meglio la ragione di tutto.

A un tratto, l'occhio involontariamente cadde sul posto dove i due avevano trovato il cadavere, vi erano dei segni sul pavimento, come se fosse stato spostato. La polvere lasciava chiaramente delle tracce sfuse, precisamente agli angoli della trave. Matt, raccolse le forze e provò a spostarla ma non riuscendo, cercò qualcosa per fare leva.

Controllò che nessuno stesse arrivando, e aiutandosi con una tegola arrugginita presente nella stanza, sollevò la trave e poi quelle due di fianco nella stessa maniera, sempre osservando la polvere. Notò che vi erano delle scale che davano nel buio. Cercò nei cassetti il telefono o qualcosa che potesse aiutarlo e trovò dei foglietti e dei fiammiferi, resi umidi dal clima della stanza. Li accese sfregandoli contro la superficie del muro e bruciò la carta, arrotolandola sul fiammifero per creare maggiore intensità alla fiamma e di conseguenza più luce.

Scese le scale lentamente, inclinando la testa, cercando qualsiasi cosa potesse aiutarla. Con una mano teneva il fiammifero, con l'altra seguiva le crepature lungo il muro, passo per passo, gradino dopo gradino, giunse in fondo. Vi era una stanza illuminata con delle voci in lontananza che si sentivano. Entrando dentro, vide un enorme computer e delle videocamere puntando sull'intero edificio abbandonato, lungo un canale di scolo, lontano dal centro della città, segnava un countdown sopra al televisore principale:

13.34.50

L'orario era il tempo in cui erano stati lì, appena tredici ore e mezzo, nemmeno erano partite le ricerche, dunque le persone che erano qua forse non erano rapitori – o almeno i pensieri di Matt indugiavano a questo – quando vide che era solamente lui ad avere delle fotografie e non Loren, che era stato seguito da molto tempo, vi erano degli articoli di giornali molto vecchi, dove riportavano la notizia della polizia, in una dichiarazione stampa, su un caso di suicidio.

«Perché un suicidio dovrebbe essere collegato a un rapimento, e specialmente perché io e Loren?» - disse tra sé Matt, iniziando a sbirciare tra i documenti.

Suicidio misterioso: la polizia indaga su un misterioso proprietario magnate.

I titoli riportavano sempre la stessa cosa, ma non riusciva a collegare, quando addentrandosi nella lettura, notò che parlavano del suo quartiere, dove stava con Loren e che Loren era presente, la sera del suicidio, come lui, ma che erano troppo piccoli per ricordare. Fu ucciso un uomo, non si trattava di un caso suicidio, ma di un omicidio – di fatto, la polizia diceva che l'uomo era stato manipolato affinché compisse l'atto, ma che mai le prove furono trovate a sostegno di quello che disse un testimone – dunque, il responsabile non fu mai preso.

«Il responsabile dell'omicidio è lui che ci ha rapito! Vuole eliminare i testimoni, non siamo stati rapiti per un riscatto, siamo delle vittime.. sta sfuggendo alla polizia, lasciare un indagine di rapimento aperto dopo quarantotto ore per poi ucciderci e fuggire. E' in pericolo, devo informare Loren!» - disse Matt ad alta voce.

«Troppo tardi!» - replicò una voce proveniente dalla stanza. Matt voltandosi vide un ragazzo che teneva un coltello puntato alla gola di Loren.

«Voleva avvisare i rinforzi, volevi cambiare le cose, vero ragazzina? Ti è andato male. Dovete pagare per quello che avete fatto, ingiustamente una persona ne ha pagato le spese e ora il responsabile deve essere preso!»

«Perché fai questo?» - chiese Loren, ferma nella stretta. Una mano l'aveva in tasca, notò un lieve movimento.

«Non ricordi nulla di quella notte, vero? Mio fratello, era innocente ed è stato accusato dell'omicidio. L'avevi incastrato?» - replicò, ma Matt non comprendeva, era confuso, provò a prendere un oggetto per difendersi e il ragazzo tagliò la mano a Loren, che si mise a gridare e dandogli un calcio, si divincolò e scappò via, incitata da Matt, che si mise a lottare. Tenevano in mano il coltello e provavano a ferirsi, quando con un sgambetto, il ragazzo perse l'equilibrio e lo ferì gravemente, allora Matt scappò cercando di raggiungere Loren. Il ragazzo si riprese, seppur in critiche condizioni, estrasse dall'armadio una pistola carica e li inseguì, lasciando tutto scoperto, e osservando il movimento dei due fuggitivi.

Erano giunti quasi al corridoio dell'uscita, quando il ragazzo con una scorciatoia li raggiunse e li fermò, gli puntò la pistola, ma Loren rapidissima gli diede un calcio e Matt riuscì a immobilizzarlo, togliendoli la pistola e allontanandola da lui. Provò a parlargli, ma non fece in tempo a sapere nulla, che Loren gli sparò tre colpi.

«Che hai fatto? Volevo sapere la verità, potevamo uscire vivi da qua!» - gli urlò.

«E' il nostro rapitore, ho chiamato la polizia. Matt le nostre famiglie ci cercano, è finito questo incubo, ora dalle telecamere della stanza segreta potremmo trovare l'uscita, ci sarà una chiave.»

Tornati addietro, notò nei fascicoli che la polizia indagava su un caso di droga e di come un uomo si era ammazzato, spinto da alcune pressioni e che il responsabile non fu identificato, aveva un figlio di qualche anno quando accadde, probabilmente era il rapitore che voleva vendicarsi.

Il rapporto lo lesse chiaramente ad alta voce e provò a rifletterci, quando si udirono delle sirene, nonostante le stanze fossero insonorizzate alcune, allora Matt corse verso l'uscita, finalmente l'incubo stava finendo.

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