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Un bicchiere.

Inizia tutto così, con un bicchiere e un saluto, con una serata di festa, sentirsi re nel cuore della notte, leoni per poi finire agnelli il giorno dopo, persi nei ricordi di una notte, baciando una qualunque, o finendo nei bagni sporchi e luridi a fare chissà quale esperienza, per sentirsi più grandi, per togliere una bugia di troppo.

Non avremmo mai dovuto incontrarci.

Stavo pensando a te, nella notte, uscendo sotto le stelle, sotto la pioggia, passano le ore, i giorni e le stagioni, cade la neve, la pioggia, la grandine, vedo il velo sottile e umido delle nuvole che attraversa i tetti della città, splende il sole e il caldo dilaga, scagliando come un rasoio i profili delle case, che ricordano te.

Però il tuo profumo mi è rimasto addosso.

E così fu, così è, così sarà sempre – l'amore, atto imprevedibile di questo copione, vero protagonista, compare e scompare dalle pagine di questo ambiguo, contorto e strano romanzo, eppure essa è artefice di ogni cosa, incluso un atto così forte e drammatico, colmo di ira e violenza, come un rapimento – e dalle calde sere in cui due giovani si sono conosciuti da quella volta a scuola, da quella giornata in cui quell'autobus era passato. Erano trascorse solamente poche settimane e i due, già complici di un destino così grande e spaventoso, si erano già trovati. Si dice, secondo gli antichi, che le vite siano uniti fra loro da qualcosa di così forte capace di spezzare le sabbie del tempo, un destino: e se era destino che t'amassi, non ho mai ricevuto nulla in cambio – ero disposto a tutto, a te, a perdere me per ritrovarlo in te – eppure la morte, mi ha baciato e mi ha condannato a qualcosa da cui ormai ho prestato fedeltà e non sono tuo, ho perso la mia coscienza e la mia strada. E se nel momento in cui una persona si trova chiusa come un animale, ritrova in sé quel raro senso di malinconia e un unico, quasi terrificante, senso di umanità, forse occorre sperimentare il brivido della morte molto più spesso di quanto si fa nella vita?

Mi ami?

Una domanda stupida, elementare, forse scontata che angoscia e turba il cuore di chi la pone. Così la fronte di Matt si corruga, si inasprisce, trattiene un momento la lingua, le parole si inchiodano amare al palato, fino a che non esplode nella sua durezza, fissandola:

«Ti ho amata, come non ho mai amato nessuna eppure sei cambiata, sei stata così assente, e so che in parte è colpa mia, ma so anche che il tuo sorriso scompariva al sorgere del sole, che non ti risvegliavi più nel mio letto, che eri sospettosa, che i piccoli gesti e le attenzioni di cui mi dedicavi con le mani e gli occhi non giungevano più, ti ho amata fino a quando era sparito dal mio cuore il tuo profumo. E le mie labbra non avevano più il tuo dolce sapore.» disse Matt.

Gli occhi della fanciulla erano pieni di lacrima, la mano di lei cercò il volto di lui, immerso nella penombra. Una volta che il volto fu trovato, ella si perse per un semplice istante nel gesto folle, privo di ogni ragionamento in una carezza, probabilmente la più vera e la più spontanea. Le dita passarono prima tra i capelli, poi sugli occhi, quasi come se sperasse che Matt piangesse per poter asciugare qualche lacrima, come in un remoto passato, come in un eterno destino che mai tramonta.

«Matt..».

Le parole furono interrotte da un improvviso e sconvolgente bacio. Le labbra di Matt si unirono a quelle di Loren, persi in un caldo abbraccio che tutto sconvolge e l'ordine delle cose era tornato al suo elemento primordiale: il caos.

Le labbra lasciarono spazio alle lingue che si cercavano tra loro, si trovano, i corpi uniti, per un momento tutto il nero della stanza era ricoperto di una luce innaturale, divina, di un istante di felicità.

«Sono qua..» - disse Matt staccando le labbra lentamente, a fatica, da quelle di Loren.

«Sempre?» chiese lei.

«Sempre».

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