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Un singolo gesto non può chiaramente cancellare un passato – o almeno così la pensava quella misteriosa ragazza, di cui Matt non sapeva assolutamente nulla, di cui non conosceva nulla e poteva solo immaginare chi fosse – eppure, i gesti del passato hanno la capacità di ripercuotersi sul presente e fare grandi danni.
Di questo non solo lei ne era consapevole, ma lo siamo tutti.
Eppure le nostre coscienze sono talmente affievolite da non ricordare alcun torto fatto in passato, e ci stupiamo di come la gente osi trattarci. Supponiamo la visita di un lontano parente, di un amico, di un conoscente a noi caro che ci porta un dono, un pensiero o un regalo. Per indole di buona educazione, per una questione di etichetta, di immagine ci sentiamo in dovere di rendere quel dono, facendone uno altrettanto uguale. Ma noi non agiamo su stimoli puri, agiamo su interessi: è una questione di "copertina" che ci spinge a fare determinate azioni, non la nostra bontà. Facciamo gesti e azioni quotidiane per il semplice scopo di apparire, sembrare e mascherare, rendendoci odiosi e ci facciamo odiare.
Impariamo a cadere sempre e comunque, nonostante la vita ci metta di fronte le stesse identiche situazioni – e Matt ad ogni costo voleva cadere, voleva sentire quel dolore lancinante che colpisce lo stomaco e ti tortura, trapassandoti ogni convinzione che starai bene, per una folle e futile sensazione di rimorso – quel dannato rimorso che anche noi abbiamo in quelle situazioni.
Ma perché Matt provava rimorso in quella stanza umida e buia, all' oscuro da tutto? Forse temeva il nome di quella ragazza? Forse temeva un gesto da lui compiuto ancora oscuro e che la sua mente ad ogni costo voleva celare, come il più prezioso dei tesori o il più dannato dei segreti, come se fosse una maledizione e lui era l'oggetto maledetto? O forse il pallore della luna piena, quella notte fredda e umida in quella stazione, la paura della violenza, gli avevano fatto cambiare qualcosa di lui e si sentiva smarrito?
Matt era smarrito – come noi d'altronde quando ci sentiamo sotto accusa – perché non sapeva come rompere il ghiaccio. Quel maledetto e fottuto silenzio diventa un rumore assordante, inquietante e sentiva dentro di sé un ronzio che gli tartassava il cervello, voci distinte e lontani e un ricordo che da affievolito com'era diventava presente, trascinando con sé un fardello pesante.
La mente gli tornò a quella sera, quella maledetta festa che poco fa aveva raccontato a quella ragazza, svelando ogni suo oscuro segreto, rompendo il ghiaccio e raccontando gesti disperati di un remoto passato, che lui aveva cancellato nella sua mente. Eppure la mente non dimentica, l' anima resta macchiata di un crimine folle, non desiderato – certamente – ma ottenuto.
Il vento che correva leggero tra le foglie, muovendole e ondeggiandole. Sembravano danzare al movimento di un grande ballerino. La luna che splendeva alta e fiera nel cielo, circondata da qualche nuvola nera. Nemmeno una stella adornava quel cielo primaverile, il tutto era immerso nel buio leggermente illuminato dalla luna che rifletteva la luce di un sole lontano.
L' erba fresca, l'acqua della piscina immobile, fissa. Niente e nessuno osava scuotere la natura quella notte. La musica che risuonava forte e prepotente nell'aria, scuotendola e facendola vibrare. Le note volavano nel vento arrivando lontane, alle orecchie dei passanti sulla strada distante da quel prato immobile, da quella casa immersa nella natura, dove la festa e le risate riscaldavano la fredda temperatura primaverile. All' improvviso un angelo e un sorriso sono venuti da Matt, si sentiva gelare all'idea del suo tatto. Si presentò a lui, lo invitò a ballare – cosa molto curiosa, di solito è l'uomo a invitare a ballare una dama in quanto l'ha volutamente puntata e desiderata – ma stavolta la preda era lui, stavolta lui scese in pista e si fece guidare in una salsa. I piedi e i corpi s'intrecciavano al suono dei tamburi, al ritmo della musica cubana.
In meno di un secondo, dopo qualche drink e ubriaco marcio, lui si avvicinò a lei e la baciò. Le sussurrò qualcosa all'orecchio e voltandosi, su suggerimento della ragazza appena macchiata di un tradimento inquietante, vide la sua fidanzata. La ragazza si tolse l'anello del dito, lo gettò a terra nello stupore generale. Nessuno osò andarle dietro quando la videro scappare, solo lui fece qualche passo ma poi Matt si fermò alla porta. Attraversò rapidamente la strada, non curandosi, poi voltandosi vide Matt, i due discussero e Matt la spinse per terra sulla strada. Inciampando si fece male. In quell'istante a grande velocità arrivava un camionista: eravamo su una statale, che passava lì di fianco alla casa, costeggiando il giardino placido e silenzioso. Quel silenzio fu rotto dalle urla quando il camion non vide la ragazza dolente per terra che provava ad alzarsi. La luce accecante degli abbaglianti fu l'ultima cosa che lei vide, da quel momento il buio eterno, un silenzio assurdo e folle, straziato dai pianti che fecero oscurare la luna in cielo, coperta dalle nuvole. E dopo qualche minuto, la pioggia come un segno di redenzione, come un pianto sfogato dal cielo.
«Cosa hai fatto?» si sentì udire dentro di sé Matt quella notte – e quella voce torturava ancora il ragazzo nella stanza – ed era una domanda alla quale non voleva rispondere. Poteva, certo. Ma non voleva.
La polizia classificò l'accaduto come incidente, se la cavò con qualche lavoro socialmente utile e una multa alla famiglia, che da quel momento andò allo sbaraglio, costringendo tutti a indossare una maschera e Matt a fuggire, in cerca di lei, in cerca di una verità da accettare, che non facesse male, che non bruciasse sulla pelle quando la toccava con mano.
«Ho ucciso io quella ragazza, questo è il prezzo che ho da pagare.» disse Matt alla ragazza immersa nel buio della stanza, rompendo nuovamente il silenzio che in un frammento di secondo si ricompose. La ragazza ascoltò attentamente e rimase scioccata. Un segreto troppo oscuro, un fardello così potente finalmente poteva essere la ragione per cui loro stavano lì, ma ancora una volta questa affermazione suscitò una domanda in Matt: " Chi era quella ragazza racchiusa con lui nella stanza?" .
La ragazza finalmente rispose, quasi leggendolo nella mente e trovando coraggio, disse:
«Sono io. Non mi riconosci dalla voce?».
Dal silenzio che Matt fece da lì a qualche minuto, la risposta era ovviamente sì. L'aveva riconosciuta.
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