9 • Let's stay together •

È facile fingere davanti agli altri, cambiare volto, alimentare un sorriso, ma davanti a se stessi? Per mentire a se stessi c'è bisogno di coraggio, c'è bisogno di aver perso ogni riferimento, ogni certezza. Per mentire a se stessi c'è bisogno di non essere più se stessi. Essere lì, di fronte allo specchio, guardarlo, incontrarsi e scontrarsi col proprio riflesso, col proprio io, col proprio mostro interiore, è molto più difficile che trovarsi di fronte a un estraneo. Un estraneo che potrà essere chiunque, i genitori, i parenti, la fidanzata, il migliore amico, la vecchia vicina di casa... Ma in fondo per quanto tempo si sia potuto passare in compagnia, la verità è che sono tutti estranei. Mentire agli altri è semplice, per quanta empatia si possa provare non esisterà mai nessuno che comprenderà a pieno i sentimenti di qualcun altro. Mentire a se stessi invece richiede la distruzione ogni volta di ogni certezza, di ogni pensiero, e una forza d'animo immensa.
Minhyuk questo lo sapeva.
O sarebbe meglio dire che in realtà... non lo sapeva più?
Il suo inconscio sapeva bene ciò a cui aveva rinunciato, le convinzioni che aveva archiviato e messo da parte pur di convincersi delle sue stesse menzogne, ma cosa ne poteva ricordare ormai? Aveva nascosto a se stesso anche il fatto che stesse mentendo ancora e ancora. Non si rendeva più conto di quale fosse la realtà. I suoi genitori erano davvero morti? Aveva davvero subito così tante violenze? Era davvero stato trattato così male dai suoi coetanei? Sua nonna era davvero stata così importante per lui? Aveva davvero perso così tanti amici? Era davvero così solo? Sebbene scavasse nella sua mente la strada per raggiungere la verità sembrava essere costantemente ostruita. Spesso le cose che aveva detto erano state frutto della sua fervida fantasia da ragazzino con carenze d'affetto, erano esagerazioni dovute alla mancanza d'attenzioni, ma le aveva ripetute così tante volte che ormai avevano sostituito la veridicità degli eventi. Nonostante una parte di sé fosse consapevole di cosa avesse segnato e costruito realmente la sua vita esistenza, l'altra parte, quella esposta, continuava a fingere di non saperlo più, sommersa dalle menzogne. Cosa ne aveva guadagnato? Assolutamente niente, solo la pietà di un vasto pubblico che nulla si importava di lui. Lo specchio, invece, pietà non ne aveva. Lo specchio, silenziosamente, lo accusava di ogni singolo errore quotidianamente commesso. Lo specchio, riflettendo limpidamente la sua immagine dimostrava quanto contorta e sfocata fosse al contrario la sua mente. Lo specchio intimorisce, spaventa, terrorizza. Cosa può essere più terrificante di qualcosa che cattura così facilmente l'immagine di un qualsiasi soggetto ponendo esso stesso dinanzi al dilemma della riflessione? Non fa rabbrividire il pensiero che un giorno, prima o poi, si rimarrà da soli col proprio riflesso? Non è tremendamente triste la consapevolezza, quando ci si specchia, di essere gli unici a poter sapere esattamente cosa si sta pensando, gli unici a poter comprendere precisamente le sensazioni che si stanno provando, gli unici a poter conoscere cosa si sta diventando, ciò che è stato e ciò che potrà essere? Non lascia di sasso realizzare quanto solo ognuno di noi è?
Io, tu, lo specchio... Ognuno per sé. Cos'altro, se non quella bellissima, fragile e levigata superficie riflettente, cos'altro potrebbe imprimere meglio nelle nostre menti la realtà effimera della vita? Guardarsi allo specchio sembra un'azione quasi banale per tutte le volte che la si ripete, così spesso che probabilmente si è perso il suo originale valore. Ma ogni volta quel riflesso muta, cambia, giorno dopo giorno. Lo specchio di quindici anni prima non aveva riportato certo l'immagine di quell'esile ragazzo spento e corrotto che vi si rifletteva in quel momento. Lo specchio di quindici anni dopo ugualmente avrebbe inoltrato un'immagine per nulla simile. Lo specchio di cinquant'anni avanti avrebbe riflesso un uomo anziano, coi segni del tempo a scavargli la pelle, un uomo distrutto dal peso della vita, qualcuno che in quello stupido pezzo di vetro non ci avrebbe riposto più fiducia.
Che poi... Minhyuk era fermamente convinto che la sua vita non sarebbe durata ancora così tanto.
Che senso aveva?
Diede le spalle allo specchio e reclinò la sua attenzione al campanello che squillava propagandosi rumorosamente in tutta l'abitazione. Doveva essere tardi ormai se Jooheon era già arrivato, sicuramente prima delle 18:00 non si sarebbe presentato, erano due settimane che quando arrivava a fargli visita aveva fissato una sorta di orario prestabilito, ma in fondo il bianco non se ne curava. Quel ragazzino lo stava distraendo dalla monotonia delle sue classiche giornate e, nonostante ancora non ci avesse fatto veramente caso, aveva cambiato anche qualcosa dentro di lui.
«Honey» accennò un sorriso non appena spalancò la porta per far accomodare il minore, ma nell'esatto istante in cui lo fece una folata di vento freddo lo congelò sul posto scompigliandogli completamente i capelli sottili. Fogli di carta vari volarono via dalla credenza situata nell'ingresso e l'eco del vento risuonò nel corridoio alle sue spalle, alché afferrò velocemente la manica del minore tirandolo in casa e sbattendo la porta con un sospiro di sollievo. «Per quale assurdo motivo sei qui con questo freddo?» lo canzonò il maggiore, un po' innervosito perché il vento gli aveva buttato a soqquadro l'anticamera dell'ingresso, ma in fondo altrettanto preoccupato per la salute del castano che era solito viaggiare a piedi.
Il più piccolo sollevò felicemente il sacchetto che stringeva con la mano destra. «Ho portato tteok e hanggwa.»
«Come mai? Cosa si festeggia?» domandò un po' stranito il bianco. Non mangiava nulla del genere da prima che morisse sua nonna. Non si usava mangiare molti dolci lì, solo le nuove generazioni erano più propense alle schifezze commerciali, ma tradizionalmente era raro mangiare cibi dolci, si preparavano solo nelle occasioni da festeggiare.
«Oggi è il mio compleanno, quindi mia madre ha preparato qualcosa di speciale... Non ti ho invitato a pranzare a casa perché... cioè... ho pensato che sarebbe stato un po' imbarazzante, e-ecco...» un sorriso timido illuminò le sue labbra e le sue guance si imporporarono di un leggero rossore. Minhyuk fu grato tuttavia di non aver ricevuto l'invito perché non avrebbe minimamente saputo come comportarsi, e inoltre non aveva granché voglia di conoscere la sua famiglia, gli sembrava una formalità superflua in quel momento.
«Oh auguri, se l'avessi saputo prima ti avrei contattato» disse semplicemente un po' impacciato il padrone di casa, non sapendo cos'altro fare. «E comunque non preoccuparti, anzi, ti ringrazio, non dovevi disturbarti ad arrivare fin qui per dei dolcetti.» aggiunse educatamente dopo qualche attimo di silenzio. Poi si soffermò a guardare la figura pallida del minore che si sentiva evidentemente in soggezione in quel momento, a giudicare dalla sua espressione. Che si aspettasse qualcosa di più? «Possiamo passare la serata insieme se non hai da fare, va bene? Potrebbe assomigliare a una mini festa in fondo, no?» propose infine sentendosi in difetto, quasi ingrato, nei confronti dell'altro ragazzo che aveva fatto un pezzo di strada non indifferente per condividere con lui quel momento. Non ricordava precisamente neppure quanti anni avesse... Forse 20 adesso?
Il castano annuì accogliendo felicemente l'idea, e si avvicinò di scatto facendo paralizzare il maggiore sul posto, ma solo per sistemare una ciocca dei suoi capelli tinti che il vento aveva completamente deviato dalla loro posizione naturale. Un moto di timore era insito nel bianco ogni volta che il più piccolo compiva gesti anche leggermente azzardati, si rendeva conto di aver palesemente paura per ogni minima cosa, come se fosse una sua reazione involontaria voler allontanare l'altro. Forzò ugualmente un sorriso per non far trasparire nulla di diverso dal solito e si limitò ad accennare al minore di seguirlo. Raggiunse la cucina, sistemò i dolcetti in un vassoio e domandò al minore se avesse preferenze su cosa mangiare, ma questi negò gentilmente lasciando decidere tutto a Minhyuk.
«E se preparassimo del Ramen?» chiese a un tratto il più grande mentre analizzava gli ingredienti presenti in frigo. Il castano in risposta annuì con un sorriso e si rimboccò le maniche della felpa per poi raggiungerlo.
«Ce l'hai il miso vero?» domandò soltanto in seguito mentre sistemavano gli ingredienti in fila sul piano da cucina.
«Non mangerei mai il Ramen senza miso» rispose dal canto suo il maggiore accennando una risata leggera. Prese un pacco di noodles dalla dispensa, l'ultima cosa di cui necessitavano e poi cominciò a mettersi all'opera.
«Minnie io preparo le uova?» il minore recuperò due uova dall'apposito cestello aspettando conferma dall'altro per prendere le pentole o accendere i fornelli.
«Minnie?» ridacchiò divertito il maggiore ignorando completamente la domanda e soffermandosi su quel nomignolo apparso dal nulla. Forse neppure gli dispiaceva in realtà, era piuttosto carino anche se forse con cadenza un po' troppo femminile.
«Io... ecco, non volevo...» mormorò il minore cercando di studiare l'espressione sul viso del bianco «Ti sei offeso...?»
«Ma no, perché avrei dovuto offendermi? Va bene.» sorrise Minhyuk in modo rassicurante. «Pensa a fare le uova piuttosto» continuò ridendo e poi tornò a tagliare la carne di vitello in pezzi con le sue forbici da macellaio che avrebbero tranquillamente potuto ammazzare qualcuno. Tagliò le cipolle, e macinò velocemente le varie spezie, per poi lavarsi le mani e rivolgere tutta la sua attenzione al minore che stava friggendo le uova. Lo raggiunse silenziosamente e appoggiò delicatamente la mano sinistra sul fianco del ragazzo e l'altra mano sul braccio destro del minore, il quale, sorpreso dal gesto fece quasi cadere l'uovo dalla spatola di ferro con cui lo stava girando.
«Hai bisogno di aiuto?» chiese piano il bianco restando incurante rispetto alla reazione emotiva dell'altro.
«No g-grazie... Ho finito...» bisbigliò il minore, quasi avesse paura di dire qualcosa di sbagliato, il che fece sorridere Minhyuk soddisfatto, perché in fondo ci aveva preso gusto a divertirsi a spese dei sentimenti del più piccolo, anche se era sbagliato. Semplicemente lo faceva perché ancora non sapeva ciò che lo attendeva più avanti.
«Allora metto a bollire l'acqua» gli comunicò il maggiore annuendo e lasciando scivolare via le mani dal corpo del minore per poi spostarsi in giro per la cucina, intento a recuperare una pentola adatta. Una volta trovato ciò che cercava, la riempì d'acqua e la posizionò sui fornelli aspettando che andasse in ebollizione.
«Prendo il sake?» chiese ancora Minhyuk, nel frattempo che l'acqua si riscaldasse.
«Non voglio ubriacarmi, sarebbe una tragedia poi» Jooheon soffocò una risata scuotendo leggermente la testa mentre poggiava sul ripiano di marmo il piatto con le uova perfettamente rotonde e cotte a puntino, cosa che probabilmente non sarebbero state se le avesse preparate il maggiore, data la sua fretta distratta e la poca importanza che dava a qualsiasi cosa facesse.
«È o no il tuo compleanno?» sbuffò il bianco roteando gli occhi divertito e, ignorando ancora la risposta del minore, andò a prendere la bottiglia nuova di sake che teneva in salotto. La aprì e ne versò mezzo bicchiere ciascuno, offrendone uno al festeggiato con un sorriso. «Kanpai(*)» pronunciò scherzosamente sollevando il bicchiere in aria, seguito subito dopo dal più piccolo che lo imitò per poi buttare giù il liquore con una smorfia per via del solito bruciore alla gola. Minhyuk rise a guardarlo perché sembrava davvero non aver mai bevuto nella sua vita, e poi era così dolce con quell'espressione disgustata che quasi avrebbe voluto scattargli una foto per immortalarla.
«Minhyuk l'acqua!» urlò il minore a un certo punto correndo verso i fornelli e togliendo il coperchio dalla pentola che stava ribollendo insieme all'acqua contenuta al suo interno. «Ma a che pensi?!?» si lamentò Jooheon risvegliandolo dal suo stato momentaneo di trance che era arrivato forse nel momento sbagliato. Cercò di riprendersi dai pensieri che avevano affollato la sua mente lasciandolo sconvolto da se stesso, e versò le spezie e i vari ingredienti nell'acqua, restando a mescolare per alcuni minuti prima di aggiungere i noodles e finalmente completare quel piatto. Servì la pietanza in due delle classiche ciotole di ceramica decorata e mangiarono seduti comodamente sul divano, al buio se non per la luce mobile e pulsante della TV e le fiammelle delle candele profumate sparse per il soggiorno, ridendo e scherzando ogni tanto su qualche stupidaggine, una cosa che al bianco era mancata davvero tanto. Passare tempo con Jooheon si era rivelata spesso una cosa positiva, riusciva per lo meno a riattivare in lui un briciolo di quella vitalità che sembrava aver perso da tanto tempo ormai.
«Oh guarda... Hai un soffione nel cappuccio...» mormorò il maggiore raccogliendo il fiore. Non aveva mai amato particolarmente i "denti di leone" - così come li chiamavano comunemente - soprattutto perché gli ricordavano troppo la fragilità degli esseri viventi. Porse il fiore al castano, che lo prese sorridendo e soffiò in direzione del bianco, che si spostò di scatto appena alcuni acheni del fiore si scontrarono col suo viso. Si ripulì distrattamente con la manica della felpa e appoggiò la testa sulla spalla del minore, tirando i piedi sul divano e accoccolandosi in una posizione più comoda, mentre i suoi occhi seguivano tristemente il lento dondolare di quei piccoli batuffoli bianchi che si disperdevano nell'aria fino a toccare il suolo.

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(*) Kanpai = solita formula che si utilizza per brindare in Giappone. Ho scelto di usare una locuzione giapponese di proposito dato che il Ramen, nonostante sia molto popolare anche in Corea, è comunque un cibo di origine nipponica, come anche il sake, benché sia utilizzato ormai in scala continentale.
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| Nota Autrice |

Rieccomi qui, sono riuscita
ad aggiornare in meno
di una settimana stavolta,
come avevo sperato.
Mi auguro vi sia piaciuto
il capitolo, forse un po' stupido,
o forse troppo chiacchierato,
effettivamente ho avuto
un attimo di blocco
nel decidere cosa far accadere
e credo si sia notato purtroppo.
Prometto che i prossimi
saranno migliori però.
Chiedo perdono per eventuali
errori di battitura,
spariranno non appena avrò
tempo di rileggere e
quindi correggere un attimo.

Buonanotte a tutti e grazie ancora ❣

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