13 • Invitation •

Minhyuk analizzò la lettera, come al solito, per assicurarsi che non fosse manomessa o avesse qualche compromissione. Poteva essere una semplice paranoia, eppure non riusciva a smettere di essere terrorizzato all'idea che stesse cadendo vittima di una presa in giro. D'altronde, era sempre stato lui a mentire e sentirsi invece dall'altra parte gli accumulava un malessere interiore non indifferente. La scrittura di Jooheon l'aveva vista, la conosceva, si sarebbe tranquillamente accorto di una falsificazione. Ma perché mai qualcuno avrebbe dovuto prendersi gioco di lui? Quante persone davvero conosceva nella sua vita? Quante oltre lo schermo del cellulare? Se spegneva quel dannatissimo aggeggio si rendeva conto di essere completamente abbandonato a se stesso. Era per questo forse che la presenza di Jooheon era stata così rilevante, come una piccola concretezza nel suo mondo di fantasmi. Kihyun non aveva capito nulla, non aveva fatto altro che incrementare i suoi problemi, i suoi drammi. Hoseok aveva capito tutto invece, e nel momento peggiore aveva preferito abbandonare i cocci per terra invece che raccoglierli. Jooheon però era arrivato come un angelo custode, in quel cimitero dove probabilmente il bianco avrebbe gettato se stesso se solo avesse avuto davvero il coraggio di mettere fine alla sua vita.
Dispiegò il foglio di carta per leggere ciò che vi fosse scritto, ma dovette riprendere più volte quelle righe per accertarsi che i suoi occhi non lo stessero ingannando, eppure la calligrafia era chiara come sempre, l'unica cosa confusa in quel momento era la mente del maggiore. Un fremito di paura scattò nei suoi nervi, impedendogli di ragionare lucidamente.
Calmo... Ci sono ancora cinque giorni...
Jooheon lo aveva apertamente invitato a pranzo quel sabato.
Forse quella cosa stava andando troppo oltre?
Minhyuk non si era aspettato nulla del genere, non credeva di essere nella confidenza tale per presentarsi a casa sua e conoscere i suoi genitori.
Non era per niente il momento adatto.
Perché? Perché il minore gli aveva chiesto una cosa simile?
Il bianco abbandonò la lettera su una credenza e si ritirò direttamente in camera sua, gettandosi sul letto in preda alle emozioni che non riusciva a controllare. Stare da solo era più difficile, non c'era nessuno da cui proteggersi, nessuno da cui nascondersi, e i sentimenti si riversavano torrenzialmente all'esterno, come un fiume che straripa rompendo gli argini artificiali che lo contenevano.
Non si sentiva all'altezza di poter affrontare una scelta del genere.
Non aveva mai avuto dei genitori, non sapeva come comportarsi, non aveva idea di come presentarsi, cosa dire, cosa indossare, cosa portare in regalo come consuetudine tradizionale.
Cosa diamine era venuto in testa a Jooheon?
Non poteva accettare un invito simile.

E invece alla fine la mancanza aveva prevalso, valicando le montagne dell'ansia. Deludere il minore poteva significare perderlo e Minhyuk si sentiva ancora meno pronto a quello. Se incontrare i suoi genitori lo spaventava, immaginare un presente senza il castano lo terrorizzava, lo atterriva sino all'annullamento della personalità. Si sentiva del tutto svuotato pensando a come riuscire a rialzarsi senza lui a tendergli ancora una volta la sua mano. Preferiva accontentarlo e tentare l'impresa, meno che restare a crogiolarsi tra i sensi di colpa aspettando la conferma che il minore non sarebbe più tornato indietro. Jooheon aveva sempre sottolineato quanto tenesse alla sua famiglia, e il suo pensiero riguardo quell'argomento era così ferreo che risultava difficile contraddirlo. Aveva una concezione così perfetta di quel luogo caldo e accogliente, nonostante le incomprensioni, aveva sempre ritenuto il nido familiare l'unico posto sicuro, quello nel quale si può sempre tornare senza paura perché si verrà sempre perdonati dalle persone che ti hanno messo al mondo. Minhyuk avrebbe tanto voluto contraddirlo ogni volta, ma la luce che brillava puntualmente negli occhi del castano glielo impediva moralmente. Cosa voleva dirgli? Un'altra menzogna? Forse non se lo meritava... Però, per quanto avesse potuto mentire, in fondo aveva davvero assaggiato il sapore amaro della lontananza dai propri genitori, coloro che separandosi lo avevano lasciato alle cure di una vecchia che non aveva idea di come crescere un bambino. Che il bianco avesse inscenato mentalmente la morte dei suoi genitori era tutto un dire, ma il disprezzo verso quelle persone e la solitudine che avevano impiantato nel cuore del bambino era tale da averlo condotto a ciò, e in realtà anche a molto altro.
Per questo motivo aveva radicalmente bisogno di qualcuno accanto a sé. Qualcuno che colmasse, per quanto si potesse, quella profonda mancanza e che curasse le ferite che gli erano state inflitte prima ancora di quelle che si era inflitto da solo. Jooheon, suo malgrado, sembrava abbastanza ingenuo da poter affrontare quell'increscioso incarico, e Minhyuk non poteva lasciarlo andare così, come se niente fosse.
Riguardò per l'ultima volta l'indirizzo inserito sul foglio di carta già sgualcito, afferrò il regalo per il minore che aveva acquistato la settimana precedente e uscì per comprare dei fiori, fermandosi poi in un negozio di cucina artigianale vicino per prendere anche una confezione in vetro di Dasik(*) e un vassoio di Yakgwa(**) ancora caldi. Con la macchina impiegò pochi minuti per arrivare a destinazione, e metro dopo metro sentiva le mani iniziare a sudare e l'ansia ricominciare a salire. Scendere dall'auto con tutte quelle cose tra le mani lo fece sentire un completo idiota, tanto che l'analisi del posto in cui si trovava passò in secondo piano. I suoi occhi captarono solo qualche dettaglio che gli fece apparire tutto arido, angusto, cupo, fino a sembrare quasi dimenticato e diroccato. Ciò che più guadagnò la sua attenzione, tuttavia, fu la porta col numero al quale doveva bussare. Il piccolo porticato d'ingresso era curato e adornato da qualche cianfrusaglia tradizionale, nonostante la piccola abitazione fosse palesemente molto modesta.
Quindi è da qui che vieni... pensò mestamente il maggiore mordendosi il labbro e cercando di bussare alla porta senza far cadere nulla. Sperava solo di non essere in anticipo o in ritardo, di non fare brutta figura per i dolci, di non sembrare troppo svampito per via di quei capelli bianchi e della camicia larga con gli skinny e gli stivaletti. La donna che aprì la porta gli sorrise cordialmente facendo apparire due fossette identiche a quelle del figlio. «Minhyuk, giusto?» la sua voce dolce accolse il ragazzo nell'umile ambiente d'ingresso, prendendo i fiori che il bianco gli aveva pórto timidamente e sistemandoli accanto a degli altri in un vaso sul davanzale della finestra lì vicino. «Accomodati pure, Jooheon è in camera, adesso lo chiamo.» 

Minhyuk probabilmente tornò a respirare solo dopo che la donna si fu allontanata, allora approfittò del momento per poggiare i dolci sul tavolo della cucina. Fortunatamente l'ingresso era collegato apertamente al salone e alla cucina, in modo da evitare al ragazzo eventuali brutte figure se fosse stato costretto ad aprire delle porte. Tutto sommato a prima impressione non sembrava male la famiglia del minore, anche se fino a quel momento aveva potuto vedere solo la madre. L'ansia che aveva accumulato, però, si scaricò quasi del tutto solo quando intravide il ragazzo dai capelli castani uscire da una stanza con la porta scorrevole. I loro occhi si incontrarono di nuovo, dopo troppo tempo che erano stati lontani, e Minhyuk sentì quello strano fievole calore propagarsi dal petto come era già successo in presenza del minore. Jooheon avanzò velocemente verso di lui avvinghiandosi al bianco non appena lo raggiunse e abbracciandolo incredulo. Il maggiore, dopo la sorpresa iniziale, si limitò a ricambiare più morbidamente l'abbraccio, contento in fondo di quel gesto così spontaneo, sebbene non lo desse troppo a vedere. Era tanto tempo che non si sentiva stretto così da qualcuno, neppure ricordava più che sensazioni si provassero a stare tra le braccia protettrici di qualcun altro. Così tanto tempo che non ci era più abituato e, in fin dei conti, la vita era tutta una questione di mera abitudine. Ci si abitua a tante azioni quotidiane e non, e quando poi qualcuna di esse finisce nel dimenticatoio non si sa più come recuperarla, perché ormai non si tiene più a mente il sapore di quelle emozioni che portava con sé e si ha paura di riscoprirne altre nuove.
«S-sei venuto davvero...» mormorò il castano sciogliendo il suo abbraccio non appena si sentì evidentemente in imbarazzo per quel contatto prolungato. Ci era andato davvero? Eh sì, chi sa per quale forza sovrannaturale... Ma ormai era lì e forse tutte le sue paure erano state infondate, forse non sarebbe stata una giornata del tutto negativa, no?
Il bianco schiuse le labbra per rispondere ma in quel momento la sua attenzione venne catturata da una ragazzina, sicuramente più giovane di qualche anno rispetto a loro, che stava uscendo dalla stessa stanza dalla quale era uscito il minore prima. Jooheon si voltò anch'egli a guardare per poi rivolgere l'attenzione a Minhyuk sussurrando qualcosa che non aveva compreso bene. Doveva essere sua sorella, risolse tranquillamente. Non appena il castano si distrasse nuovamente il maggiore ne approfittò per avvicinarsi e poggiargli delicatamente una mano su un fianco, per poi porgergli con l'altra il sacchetto con quello che doveva essere un regalo forse di compleanno. Poi portò anche la seconda mano sull'altro fianco del minore e posò il mento sulla sua spalla, attento mentre il ragazzo, dopo essere arrossito vivacemente, aveva iniziato a scartare il regalo. Minhyuk non riusciva a guardarlo bene in viso da quella posizione, ma poteva immaginare il suo sorriso cristallino e questo creava dentro di lui un vago senso di soddisfazione per essere riuscito a fare qualcosa di positivo. La reazione del castano quando notò lo scatolo del cellulare fu del tutto inaspettata. Minhyuk pensava avrebbe urlato di gioia, avrebbe saltato in giro per casa o gli si sarebbe aggrappato al collo per ringraziarlo... Invece semplicemente lo restituì tra le mani del maggiore con gli occhi riempiti di lacrime. Fu in quel momento che il bianco notò alle spalle di Jooheon la figura tetra di un uomo che con espressione dura e sguardo di disprezzo fissava la scena. Minhyuk lo ignorò momentaneamente, troppo preso dal ragazzo davanti a sé per asciugargli una lacrima ribelle che aveva solcato la sua guancia sinistra. «Honey, puoi tenerlo, non preoccuparti.» lo rassicurò il maggiore accarezzando dolcemente i suoi capelli per metterlo a proprio agio. Sembrava non volesse accettarlo perché forse lo riteneva un regalo troppo dispendioso, ma in realtà il motivo andava oltre.
«N-non pos-»
«Non abbiamo bisogno dei tuoi soldi.» si intromise l'uomo che li aveva guardati avanzando con tono minaccioso fino a loro. Spintonò suo figlio strappandogli la scatola e piazzandola con non poca forza tra le mani del bianco. Sembrava l'avesse urtato non poco quel gesto che in realtà Minhyuk aveva fatto per puro riconoscimento. Ma appena l'uomo li distanziò nuovamente, lasciando l'ospite sul filo dell'incredulità, quest'ultimo si preoccupò immediatamente di sincerarsi delle condizioni del castano, che aveva subito un colpo piuttosto violento andando a sbattere contro una credenza di legno. Improvvisamente si sentì in colpa per tutte le volte che aveva fervidamente immaginato le violenze di genitori che neppure aveva, raccontandolo a qualche malcapitato pur di essere compatito. Aveva forse patito così tanto il bullismo riservatogli tra i suoi coetanei, che aveva creduto di essere stato maltrattato anche dalle persone che lo avevano messo al mondo. Non che non fosse vero in parte, ma la sua mania malata di esasperare ogni situazione lo avevano portato a inventare pezzi di vita che non gli erano appartenuti. Il maggiore sospirò, riscuotendosi da quei pensieri deleteri, e, dopo essersi assicurato che il castano non si fosse fatto seriamente male da nessuna parte, gli posò un lieve bacio sulla fronte per poi tornare a porgergli la delicata scatola. «Tienilo, era per il tuo compleanno.» annuì incoraggiandolo e insistendo finché alla fine l'altro non cedette con un flebile sorriso in volto.
Forse non sarebbe filato affatto tutto liscio; se la madre di Jooheon era sembrata così gentile, il padre era fatto di tutt'altra pasta e sicuramente gli avrebbe dato filo da torcere.

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(*) I Dasik sono tipici dolcetti secchi coreani di antichissima tradizione, sono piccoli e colorati (solitamente in rosa, giallo, verde, panna, marrone e nero) e sono prodotti con un impasto di polline di pino (o un miscuglio di farine) e miele.

(**) Gli Yakgwa sono una sorta di biscotti tradizionali fritti, preparati con farina bianca, liquore, olio di sesamo, miele e zenzero. La loro forma assomiglia a quella di un fiore.

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★ SpAm RaNdOm ★

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