Epilogo
Ryan e Claud avevano passato la notte in un albergo non lontano dal luogo in cui avevano vissuto nei giorni precedenti. Avevano scoperto che a pochi chilometri dalla casa sicura si trovava una cittadina che contava pochi abitanti, tranquilla e lontana dalla vita frenetica della metropoli.
Una volta dentro la stanza che gli agenti avevano preso in affitto per loro, si erano subito concessi una lunga doccia per tentare di rimuovere tutta la polvere, la stanchezza che sentivano addosso. Avevano trascorso più di venti minuti sotto il getto caldo dell'acqua, abbracciati, increduli per il fatto di essere sopravvissuti, affamati di calore.
In seguito nessuno dei due aveva toccato cibo e non avevano chiuso occhio per buona parte della notte, finché Ryan non aveva ceduto e aveva raggiunto l'altro nel suo letto, sotto lo sguardo vigile di Jade, che aveva passato la notte in bianco seduto su una poltrona, sorvegliandoli con la stessa devozione con cui aveva fatto nei giorni precedenti.
Il giorno successivo, durante il tragitto che percorsero in auto in direzione di Los Angeles, nessuno di loro pronunciò una parola. Si lasciarono cullare dal vento che gli sferzava il viso e scombinava i capelli, persi nei propri pensieri. Sembravano tanto distanti gli uni dagli altri, anche se sedevano accanto, con Jade alla guida, ma apparivano come degli sconosciuti che per sbaglio si erano trovati all'interno della stessa vettura.
Giunti in città, si recarono in casa di Ryan, perché Claud non desiderava rimettere piede nella propria, dato che uno degli ultimi episodi che lo aveva visto lì dentro lo aveva reso protagonista di una spiacevole discussione con Pashkà.
Era strano pensare all'uomo, a tutto quello che aveva fatto – per spaventarli? Per aiutarli? Di quello non avrebbero mai più potuto avere certezza – e sapere che non lo avrebbero rivisto mai più. Claud, da una parte, si sentiva rincuorato da ciò, ma dall'altra aveva come la sensazione che quella non fosse altro che l'ennesima ingiustizia alla conclusione della loro storia.
Jade, vedendoli tanto destabilizzati, si convinse a restare un paio di giorni lì con loro e Ryan accolse con piacere la notizia, poiché non aveva alcun desiderio di restare da solo.
Ogni tanto, Jade sembrava impazzire di colpo, mollava all'improvviso tutto quello che stava facendo e ispezionava l'appartamento da cima a fondo, impedendo agli altri due di muoversi dal punto in cui li aveva lasciati, senza che prima lui non avesse terminato il suo giro.
-Hai intenzione di fare sempre così, d'ora in poi?- gli domandò Claud, al termine di uno di quei suoi momenti di follia, ma con tono pacato. Jade scrollò le spalle e gli si fece vicino.
-Non ho intenzione di invadere le vostre vite...- ma l'altro non gli permise di portare a termine la frase: gli afferrò il volto, stringendogli le guance e soffocando le sue parole con un bacio. Jade sgranò gli occhi e rimase troppo tempo in balia dello stupore per riuscire a ricambiarlo, infatti, prima ancora che si rendesse conto di ciò che stava succedendo, Claud si ritrasse e lo lasciò andare.
-Grazie- mormorò e l'agente si sentì travolgere dall'imbarazzo, si schiarì la gola e rivolse uno sguardo in tralice in direzione di Ryan, che stava lì, a un paio di passi da loro. Lo vide avvicinarsi a Claud e subito l'ex modello gli passò un braccio intorno alle spalle, mentre il giovane poggiava il capo contro il suo petto, senza distogliere gli occhi da quelli di Jade.
•
Un paio di giorni dopo, Claud ricevette un messaggio da parte di Jeffrey.
Si trovava seduto ai piedi del letto di Ryan, poggiato contro la parete che si trovava alle sue spalle, intento a fissare i corpi nudi, parzialmente coperti da un lenzuolo, di Ryan e Jade.
Impiegò qualche secondo per rendersi conto di stare stringendo il suo cellulare tra le mani e, come se non bastasse, l'apparecchio era accesso. Si sentiva strano nel rigirarselo tra le dita, nonostante passasse minuti interi a farlo di proposito – proprio come in quel caso – con l'intenzione di riabituarsi a una cosa tanto insignificante e normale.
Come stai?
Lesse e bloccò di nuovo lo schermo del cellulare. Percepì un principio di panico, mentre la sensazione di essere in trappola, di avere aperto le porte dell'Inferno e di avere trascinato in quell'incubo tutte le persone a cui voleva bene, lo sopraffaceva ancora, come se nulla fosse cambiato negli ultimi due giorni. Le spalle tremarono e deglutì sonoramente. Si allungò sul letto, scivolando nello stretto spazio tra Ryan e Jade, inspirando a pieni polmoni, espirando piano, finché non si calmò.
"È tutto finito" pensò e percepì Ryan mugugnare qualcosa nel sonno; si mosse e gli si rannicchiò contro la schiena. Claud sorrise, percependo il calore del suo corpo, e allungò un braccio verso Jade, stringendolo in vita e schiacciandoselo contro. Le palpebre del giovane tremarono e poi aprì gli occhi, ma li richiuse subito, nascondendo il viso sotto il suo mento.
È tutto finito.
Digitò a fatica il messaggio, stretto tra i corpi degli altri due, e premette il tasto d'invio.
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Quella stessa sera, mentre Ryan e Claud discutevano tra di loro riguardo quello che avrebbero dovuto fare per riprendere con le loro vite, Jade li osservava in silenzio, un po' teso, ma ansioso di quella che sarebbe potuta essere la loro reazione a ciò che, grazie alla collaborazione di Sue, aveva organizzato a loro insaputa.
Così, quando qualcuno suonò al campanello di casa, Ryan e Claud si zittirono di colpo e Jade balzò sulla sedia. I due lo fissarono stupiti, mentre il giovane si affrettava a precederli per andare ad aprire la porta.
Claud si scambiò uno sguardo confuso con l'altro, ma subito si irrigidì quando gli arrivarono alle orecchie dei gridolini inconfondibili. Si alzò di scatto, seguito a ruota da Ryan, e corsero verso l'ingresso, fermandosi sulla soglia dell'arco che introduceva nel corridoio, impossibilitati ad andare oltre.
-Beh- fece Jade, mettendo una mano in tasca e accarezzandosi la parte posteriore del collo con l'altra, in evidente in imbarazzo, mentre alle sue spalle stavano Keith, Jeffrey e Amber. -Gli altri stanno di sotto. Ho pensato che fosse meglio farvi incontrare loro, prima- continuò.
-Gli altri?- balbettò Ryan, sgranando gli occhi, e Amber si fece largo, superando Jade, coprendo la breve distanza che la separava dall'amico.
-Tu!- tuonò, puntandogli contro un dito accusatore. -Brutto stronzo! Ti rendi conto dell'infarto che ci hai fatto prendere?-
-Amber...- mormorò Claud, ma l'altra lo interruppe subito.
-Guarda che ce n'è pure per te! Hai combinato un casino, Claud!-
-Volevo solo... proteggervi- sussurrò lui e la giovane percepì gli occhi riempirsi di lacrime.
Keith le si fece vicino e le poggiò entrambe le mani sulle spalle.
-Avete mai pensato che, per noi, voi siete preziosi? Come vi è saltato in mente...!-
-Amber- la richiamò Jeffrey e lei si morse le labbra e scosse la testa, ricacciando indietro le lacrime.
-Non sei arrabbiata perché vi ho mentito?- domandò Ryan e Keith trattenne a stento un'imprecazione. Si protese verso di lui e lo afferrò per una spalla, poi lo abbracciò con forza e il giovane rimase interdetto, non aspettandosi quella reazione.
-Roan, Ryan, non importa. Te l'ho detto: per te ci sarò sempre- sussurrò in un suo orecchio e Ryan si trovò a sorridere, mentre Amber si univa al loro abbraccio.
Anche Jeffrey si fece avanti e si affiancò a Claud, ma rimase con le braccia conserte e appoggiò la schiena contro la parete di fianco la porta d'ingresso.
-Non ti aspettare che anch'io mi metta ad abbracciarti o cose simili- disse con voce dura e l'altro gli rivolse un sorrisino triste. -Sappi che te la farò pagare, favoloso Claud Blake- lo canzonò e l'altro comprese che lo stava prendendo in giro. Jeffrey gli diede uno scappellotto e lo afferrò per un orecchio. -La prossima volta sii meno favoloso e ascoltami subito, dannazione!- lo rimproverò.
-Okay...- mormorò Claud. -Scusami- disse e i loro ospiti parvero trattenere il fiato all'unisono, mentre Jade e Ryan si scambiavano uno sguardo complice.
-Bentornato a casa- aggiunse Jeffrey; gli lasciò andare l'orecchio e gli afferrò la nuca con una mano, avvicinandosi a lui per baciargli la fronte. Claud si commosse e si trovò di colpo travolto da un abbraccio di gruppo, stretto tra Ryan, Amber, Keith e Jeffrey.
Jade rimase a fissarli da lontano, rincuorato dall'esito di quell'incontro, e recuperò il proprio cellulare da una tasca dei jeans. Scrisse un messaggio che conteneva poche parole e lo spedì che le sue labbra erano ancora piegate in un sorriso di pura gioia.
•
È andato tutto bene. Adesso sì, possiamo dire che sono tornati a casa.
Sue lesse il messaggio e tirò un sospiro di sollievo e ripose il cellulare. Fece saettare lo sguardo intorno a sé, per poi fermarsi sul marciapiede di fronte a quello che occupava lei, sull'altro lato della strada, dove si trovava un gruppo di diversi individui, in apparente attesa. Li conosceva tutti; alcuni erano soltanto nomi e volti che le erano passati tra le mani sotto forma di fotografie, con cui non aveva mai scambiato neanche una parola, ma avevano in comune una cosa: aveva sorvegliato le loro vite, facendosi per loro promesse che, alla fine, non era stata in grado di mantenere.
Si abbracciò il busto e abbassò lo sguardo un istante dopo averli visti sparire, uno dopo l'altro, dietro il portone del palazzo in cui si trovava l'appartamento di Doyle. Incominciò a camminare senza una meta precisa.
La settimana successiva avrebbe ripreso a lavorare. Era riuscita a ottenere il trasferimento a Los Angeles, anzi, si era rivelato quasi semplice convincere il suo ex capo a lasciarla andare. Dopo tutto il casino che l'aveva accompagnata a conclusione della sua indagine, il Direttore Hayes le era sembrato persino felice di potersi sbarazzare di lei.
Aveva fallito, era vero, non era riuscita a catturare Dervinshi.
Però Ryan e Claud erano ancora vivi.
Jade era ancora vivo.
"E non permetterò mai più a nessuno di fare loro del male" si disse, del tutto intenzionata a impedire a chiunque di farle spezzare anche quella promessa.
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