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Alla fine, Keith era stato di parola e, una settimana dopo avere intrapreso la carriera da serafino, Claud era stato assunto a tempo indeterminato.

Era facile essere un bravo angioletto. Da quando si era deciso a chiudere il cuore a Keith, aveva riscoperto quanto fosse semplice fingere con altri uomini, porsi a loro come la creatura meravigliosa e inarrivabile da desiderare. Durante il periodo a New York era riuscito a comprendere le dinamiche necessarie per porsi ai clienti in veste di merce, un po' come se fosse una bella borsa che istigava qualcuno a comprarla. Si sentiva proprio così, anche se il Seraphim brillava nella legalità e a nessuno degli avventori era permesso mettere le mani addosso ai ragazzi che vi lavoravano.

Nel giro di poco tempo, Claud aveva finito per trovarsi allo stesso livello di Ryan che, all'interno del locale, era stato, fino al suo arrivo, il ragazzo più richiesto dai clienti e ciò aveva creato tra i due una certa competizione. Come se gli affari non andassero già molto bene, quelle diatribe tra i ragazzi più richiesti, gli escamotage che avevano messo in piedi per battere l'altro alla conquista di più consensi, avevano dato un'ulteriore scossa alle entrate del Seraphim.

Tuttavia, se da una parte il lavoro si stava rivelando qualcosa di intrigante, non lo era altrettanto condividere gomito a gomito le serate con Ryan, e non solo perché era diventato il serafino a lui rivale. Non c'era occasione in cui il giovane risparmiasse frecciatine ai danni di Claud, né riusciva a tenere a freno la lingua davanti le gentilezze dei loro colleghi nei confronti del "nuovo arrivato", soprattutto quando quelle erano frutto dei gesti di Keith o Amber. Senza contare le incursioni di Evan che, a differenza del compagno, non era stato altrettanto diplomatico con Claud, quando lo aveva rivisto.

E Jeffrey.

Claud stava cercando con ogni mezzo a propria disposizione di evitarlo e non era facile. Per ignoralo non bastava spegnere il telefono – cosa che aveva deciso di fare con il cellulare che aveva utilizzato a New York, nella speranza che la smettessero di tempestarlo di chiamate alle quali non voleva rispondere.

Aveva di nuovo cambiato idea e deciso di lasciarsi alle spalle quanto accaduto nella Grande Mela, ma con Jeffrey non poteva fare lo stesso.
Erano tanti i motivi per cui fuggiva da lui. Si nascondeva quando l'uomo arrivava in visita al Seraphim; faceva finta di non accorgersi della sua presenza quando lo incontrava per strada, affrettandosi a modificare il proprio itinerario. Si teneva alla larga dall'agenzia di modelli, ma sembrava che tutto quello non fosse sufficiente e stava esaurendo le scuse da interporre tra sé e quell'incontro.

Temeva che Jeffrey potesse insistere affinché gli rivelasse come era riuscito a neutralizzare Octavia, così come immaginava che l'uomo avesse in serbo per lui una ramanzina per avere accettato la proposta di Keith. Sapeva di avere giocato troppo con i sentimenti delle persone che lo circondavano, ma, a differenza di Ryan, Claud non si era rassegnato all'idea di essere dipinto come il cattivo della storia. Anche quella volta, aveva un piano per ribaltare la situazione. Non gli importava di chi sarebbe rimasto agonizzante sul cammino che stava per intraprendere. Aveva deciso che avrebbe chiuso per sempre il cuore all'amore, perciò, pur di riabilitare la propria immagine, era pronto a qualsiasi sacrificio.

Tuttavia non aveva idea di come neutralizzare Jeffrey che, di tutti, era l'unico a possedere una certa influenza su di lui. Nell'attesa di trovare una soluzione, aveva deciso di temporeggiare.

Quella sera, come ogni giovedì, il Seraphim non era molto affollato. Pareva che tutti i losangelini si prendessero una pausa, per quel giorno, per prepararsi in vista del weekend, nonostante il mercoledì il locale fosse chiuso e Claud credeva che fosse sufficiente un giorno di stop per ricaricare le pile, ma era evidente che non tutti fossero all'altezza dei suoi stessi ritmi.

Tra i suoi colleghi c'era chi si annoiava occupando gli sgabelli a ridosso del bar; in pochi erano impegnati con dei clienti, tra cui proprio lui. Quando l'uomo a cui aveva tenuto compagnia pose fine alla serata, salutandolo prima della mezzanotte, neanche fosse stato un adolescente con il coprifuoco, Claud si recò al bar, con un largo sorriso stampato in volto, occupando l'unico sgabello libero di fianco a Ryan.

-Oh, che peccato. Oggi stai con le mani in mano. Che disdetta... immagino che tu ti stia annoiando parecchio- disse con voce melliflua, per poi chiedere ad Amber che gli servisse qualcosa da bere. La ragazza aveva udito le sue parole e gli rivolse uno sguardo che sapeva di ammonimento, ma Claud non era tipo da farsi intimorire da una occhiataccia.
-Mi godo la calma- ribatté Ryan, fissando con ostinazione l'ingresso del locale, per evitare di ricambiare il suo sguardo, mentre era intento a sorseggiare del vino rosso, rigirandosi il bicchiere tra le dita, con espressione assente.

-Sei così pigro da non annoiarti? Ci credo che i clienti preferiscano me a te- insinuò il biondo.
-I clienti del Seraphim, così come qualsiasi altro essere vivente, sono volubili. Sono accecati dalla moda del momento e attirati da ciò che viene considerato... sconveniente. Questo è un locale di accompagnatori ed è naturale che puntino tutti sull'unico serafino che lascia loro intendere di essere disposto a dare il culo a chiunque-

Claud si irrigidì, ma si impose di non fare comprendere all'altro quanto quelle parole lo avessero ferito, andando a toccare un nervo scoperto, di cui nessuno era a conoscenza. Allungò una mano verso di lui, poggiandola su un suo ginocchio, che strinse appena. Ryan spalancò gli occhi e bevve un altro sorso di vino.

-Se continua così, chiuderemo prima del solito. Abbiamo pochi serafini impegnati...-
-Sarai contento di avere del tempo a disposizione per soddisfare fuori dall'orario lavorativo le richieste extra dei tuoi affezionati clienti- ribatté Ryan e Claud accostò le labbra a un suo orecchio.
-Magari potremmo creare un diversivo. Qualcosa che attiri l'attenzione-

Ryan percepì la pelle del collo e di un orecchio scaldarsi, mentre il fiato caldo di Claud lo solleticava, facendolo rabbrividire. Moriva dalla voglia di girarsi e scoprire la sua espressione in quel momento, ma intuiva che fosse troppo vicino e non voleva trovarsi a un palmo dal suo viso. Poggiò il bicchiere sopra il bancone del bar, sporgendosi un po' per allontanarsi da lui, senza che il suo gesto potesse essere inteso come un tentativo di fuga. Non aveva motivo di scappare da Claud Blake, non voleva dargli a intendere che avesse paura di lui, che si sentisse lusingato o intimorito dai suoi tentativi di seduzione. Innanzitutto, perché non era affatto così e, in secondo luogo, non gli piaceva l'idea che qualcun altro potesse fraintendere quel loro scambio di moine.

Alzando gli occhi si trovò lo sguardo severo di Amber puntato addosso e Ryan percepì una malinconia, ormai familiare, riempirgli il petto. Tutto quello che faceva, che tentava di fare, da mesi, finiva per diventare motivo di rimprovero da parte di quella che era stata la sua migliore amica. Amber non gli aveva perdonato di essersi messo in mezzo tra Keith ed Evan, e Ryan soffriva di quella situazione, tuttavia, sembrava che non fosse in grado di ribaltarla in alcun modo.

"Però... Claud l'ha perdonato. A lui, che è un perfetto stronzo e manipolatore, ha concesso una seconda possibilità... una millesima possibilità! E a me no" pensò con rabbia e si girò di scatto verso l'altro, trovandosi, così come aveva immaginato, tanto vicino al suo viso da percepire sulla propria pelle il calore di quella di Claud.

-Che intenzioni hai?- sussurrò, soffiando quelle parole direttamente sulle sue labbra. Claud se le leccò e reclinò il capo, finendo per nascondersi nell'incavo del suo collo, prestando attenzione a non toccarlo, rimanendo vicino abbastanza da percepire con chiarezza la tensione del suo corpo.
-Abbiamo la musica, che ne diresti di attirare l'attenzione con un bel balletto?-
-Mai sei pazzo!- borbottò Ryan, scostandosi da lui con evidente imbarazzo.

Claud ridacchiò e tornò a stringergli un ginocchio, quella volta con maggiore forza. Diede uno sguardo veloce alla sala, notando di avere puntati addosso gli occhi di quasi tutti gli avventori presenti, mentre i loro colleghi lo fissavano con un certo astio.

-È solo per il business. Uno spettacolino per i nostri affezionati clienti!-
-Non se ne parla. C'è gente che sta lavorando... non possiamo rubare loro attenzioni. Non sarebbe giusto-
-Non volevi essere il serafino numero uno?- lo punzecchiò Claud.
-Lo sono già- ribatté l'altro, alzandosi dallo sgabello con l'intenzione di interrompere quella discussione.

Claud lo seguì subito, afferrandogli un gomito.

-Hai paura del confronto diretto? Immagino che ne usciresti a pezzi, oscurato dalla mia sensualità- lo provocò e Ryan tremò, percependo la pelle ricoprirsi di brividi spinosi.
L'uomo ne approfittò e gli cinse la vita con un braccio, stringendogli una mano, e iniziando a muoversi piano, senza allontanarsi dal punto in cui si trovavano, anche se la sua intenzione era quella di condurlo al centro della stanza e di calamitare l'attenzione di tutti su di loro.

Sapeva che quella scena avrebbe potuto innestare dubbi sulla relazione che li legava e sperava che tutti, proprio tutti, vi assistessero. Keith aveva un cuore buono e Amber era troppo gentile. Entrambi erano arrabbiati con Ryan, ma Claud temeva che il senso di colpa prima o poi avrebbe potuto avere la meglio su di loro, ponendo in secondo piano tutti i dissapori, facendo sì che si riavvicinassero.

Ma un Ryan circondato da amici e felice non sarebbe stato utile ai suoi scopi. Ryan, da solo, con la possibilità di contare soltanto su di lui... era già più utile.

-Smettila- sibilò il giovane, tanto imbarazzato da non riuscire a tramutare i pensieri che gli si accavallano nella mente in azioni.
-Perché? Sembra che gli altri si stiano divertendo- disse Claud, facendolo piroettare per poi stringerlo di nuovo a sé, trovandosi, finalmente, esattamente al centro del locale. I tentativi impacciati di dare il via a quel momento si tramutarono presto in veri e propri passi di danza e Claud si impegnò tanto affinché ogni più piccolo gesto assumesse una carica sensuale sempre maggiore.

Erano tanto stretti che a stento si sarebbe potuta intrufolare una mano tra di loro; le gambe si muovevano sfiorandosi di continuo, la mano che teneva su un suo fianco sembrava possedere vita propria e più di una volta scivolò sinuosa sulla schiena dell'altro, si insinuò sotto l'orlo della giacca, sfiorando con le dita il tessuto impalpabile della maglietta. Claud gli sfiorò una guancia con la punta del naso, arrivando a leccargli il lobo di un orecchio, per poi carezzargli il viso con il proprio, come se fosse un gatto intento a fare le fusa.

Ryan si sentì avvampare, non abituato a essere oggetto di tante impalpabili gesti sensuali. Di solito, era lui quello che cercava di sedurre gli altri, per lavoro. Da Max, il suo ex, al massimo aveva ricevuto del sesso rude e qualche ceffone di troppo.

Il fatto che avesse risposto al bacio di Claud, qualche giorno prima, con violenza, lo metteva a disagio, impedendogli di rifiutare le avances dell'altro, percependo dentro di sé il desiderio di farsi "perdonare" da lui. Non perché si trattava di Claud, ma proprio perché aveva reagito dandogli uno schiaffo, anche se si era immediatamente pentito di quel suo gesto.

Le labbra di Claud scesero sul suo collo, catturando una piccola porzione di pelle scoperta e Ryan si lasciò sfuggire un gemito. Sgranò gli occhi mentre si apriva in lui la consapevolezza di stare dando spettacolo. Quel ballo poco innocente avrebbe potuto dare conferma ai suoi amici che tra lui e Claud ci fosse qualcosa, anche se il giovane aveva sempre negato con ostinazione ogni sorta di legame con l'ex modello, offendendosi davanti le insinuazioni che gli erano state mosse contro.

"Non mi credevano prima, adesso non avrò più la possibilità di fare cambiare loro idea" pensò e si irrigidì, finendo per fermarsi di colpo. Claud sorrise e accostò le labbra alle sue. Da lontano poteva sembrare che si stessero baciando, anche se, in realtà, si stavano appena sfiorando. Ryan si sentì impallidire, ma prima che riuscisse a scuotersi da quel suo torpore, Claud gli strinse la vita con entrambe le braccia, impedendogli di muoversi.

-Non credi che dovresti baciarmi?- gli domandò e Ryan reclinò il capo all'indietro, per poi scuotere la testa. -Preferisci farmi compagnia questa notte?- gli chiese.
-Dannazione! No! Mai!- tuonò il giovane, rifiutando la sua proposta. Finalmente fu in grado di richiamare a sé la propria forza di volontà e respinse Claud, liberandosi dal suo abbraccio bollente. -Non osare mai più mettermi le mani addosso!- sibilò sotto gli sguardi basiti dei presenti, che non avevano chiaro il perché di quella reazione spropositata, quando, fino a un istante prima, i due avevano manifestato una complicità intima fuori dal comune.

Ryan corse in direzione degli spogliatoi, sparendo presto alla vista, e Claud si trovò a fissare la cima della scala che conduceva nell'ufficio di Keith. Non si stupì di vedere il suo capo lì, intento a fissarlo, con un'espressione che oscillava tra la delusione e la rabbia. Claud gli fece l'occhiolino e gli soffiò un bacio sulla punta di due dita, soddisfatto dall'esito di quella serata.

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