34
Era una mattina calda e soleggiata. Evan spense il motore dell'auto, posteggiando la jeep di fianco il pick-up di Keith. Non lo aveva avvisato del proprio arrivo e credeva di potere trovare il fidanzato addormentato, dato che fino alla sera prima non aveva fatto altro che lamentarsi della mancanza di sonno, della stanchezza che si portava dietro dalla festa dell'anniversario del Seraphim.
Scosse la testa e si trattenne un paio di secondi a fissare la villetta dall'esterno. A passi lenti si avvicinò all'ingresso, salendo i tre gradini che introducevano al patio. Nonostante non convivessero, passavano molto tempo insieme ed Evan possedeva una copia delle chiavi di casa di Keith.
Tentò di produrre meno rumore possibile: Rocky non aveva abbaiato nell'udire il rumore prodotto dall'auto, forse Evan poteva sperare di intrufolarsi in casa senza che il cane finisse per svegliare il suo padrone. Entrò dentro l'abitazione e si trovò a sollevare un sopracciglio con aria stupita, nel sorprendere il fidanzato non solo già sveglio, ma intento a canticchiare una canzone a mezza voce, con le cuffie alle orecchie, mentre era concentrato nel preparare la colazione. Rocky si riscosse dal proprio dormiveglia e balzò giù dal divano, andandogli incontro, e guardandosi intorno, subito dopo.
-Mi dispiace, piccolo. Adriana la porto più tardi, promesso. Sono passato prima di andare a lavoro...-
-Evan!- esclamò Keith, notando finalmente l'altro. Si abbassò le cuffie sul collo e corse ad abbracciarlo.
-Ciao, amore. Come siamo pimpanti oggi- gli disse sulle labbra e l'altro si fece molle tra le sue braccia, abbandonandosi alle sue coccole.
-Perché, per fortuna, ieri era giorno di chiusura. Ho dormito tanto e recuperato la notte in bianco dell'altro ieri- gli rispose Keith, tra un bacio e l'altro. Evan sorrise e scosse la testa, stringendolo in vita.
-Sono solo passato per un saluto veloce, tesoro. Non provocarmi- gli disse il veterinario, notando come le carezze del compagno si andavano facendo sempre più maliziose. Keith ridacchiò e annuì.
-Tranquillo. Ci rifaremo più tardi- ribatté con fare provocatorio, mordendosi la punta della lingua, ed Evan gli pizzicò le labbra con due dita, mentre l'altro rideva e si faceva di nuovo vicino al piano da lavoro della cucina, per riprendere da dove si era interrotto.
-Sei un piccolo diavolo tentatore- disse Evan raggiungendolo, baciandogli un lato del collo, mentre il compagno raccoglieva con un dito un po' della marmellata con cui stava farcendo un toast, portandosi il polpastrello in bocca. -Lo fai apposta- mormorò ancora l'uomo, mordendogli il lobo di un orecchio.
-Io, amore? Sono innocente!- esclamò Keith, ma poi scosse la testa, decidendo di porre fine al loro giochetto, mentre Rocky tentava di richiamare la sua attenzione muovendo una zampa verso di lui; il giovane rispose alla richiesta di coccole del cane e la tensione si sciolse definitivamente.
Evan rimase a fissare l'altro che giocava con Rocky e sulle sue labbra si aprì un sorriso carico di dolcezza.
-Hai più sentito Ryan?- gli chiese dopo qualche secondo, finendo di farcire il toast lasciato in asso da Keith, e iniziando a condirne un altro per sé.
-Uhm... no. Però ho sentito tuo fratello. Abbiamo parlato un po' di Ryan e... beh, di Claud. Li hai visti l'altra sera, al Seraphim, no? Sembravano tranquilli-
-Non avrai intenzione di aprire di nuovo "l'agenzia matrimoniale Coleman"?- lo punzecchiò Evan, guardandolo in tralice, e l'altro sbuffò imbarazzato.
-Non so se vorrei che Ryan...- iniziò col dire, ma poi decise di non portare a termine quella frase, guadagnandosi una risatina canzonatoria da parte del compagno. -Mah. Comunque... com'è che stiamo a parlare di Claud e tu sei tanto tranquillo?- gli chiese per provocarlo, ma l'altro non abboccò.
-Scherzi? Se si mette in fissa con Ryan posso stare più che tranquillo!- ribatté e Keith gli rivolse un'occhiataccia. -Che c'è? A me sembrava di avere capito che a Ryan piace-
Keith si strinse nelle spalle.
-È una mia idea. Visto che, quando è stato male, alla fine è venuto fuori che non era arrabbiato con lui. Cioè, da come ha reagito quando l'ha visto qui, mi ha fatto pensare che Claud un po' gli piace-
-Tu e Amber lo pensavate anche prima-
Keith gli rispose con una smorfia e prese dalle sue mani il toast che l'uomo gli porse, mentre con l'altra continuava a elargire carezze a Rocky, che però aveva puntato la colazione del suo padrone.
-Prima... era diverso- disse Keith, dando un morso al toast. -Prima non era come l'altro giorno. Quello che ho visto l'altro giorno... è stato diverso-
Evan tornò a stringersi nelle spalle.
-È la vita di Ryan. Se e quando si rivelerà tutta una nuvola di fumo, ci troverà qui, pronti a consolarlo-
Keith annuì, ma venne interrotto dallo squillo del proprio cellulare.
Passò il toast a Evan e andò a recuperare l'apparecchio, mentre il compagno ne approfittava per allungare, di nascosto, un pezzettino di pancarré a Rocky. Keith, tuttavia, si girò proprio in quel momento e gli rivolse uno sguardo intimidatorio.
-Quando lo porto a visita, poi non voglio sentire dire al suo veterinario che dovrei metterlo a dieta!- gli rinfacciò e rispose alla telefonata, impedendo a Evan – il veterinario di Rocky – di controbattere alle sue parole.
-Amber!- rispose il giovane con entusiasmo.
-Ciao, tesoro! Scusami, stavi dormendo? Non volevo svegliarti. Sto in ansia! Avevo appuntamento con Ryan questa mattina per... beh. Per qualcosa che riguarda il tuo matrimonio, okay? Ma non mi risponde ai messaggi. Ho provato a chiamarlo, ma ha il telefono staccato. Tu l'hai sentito? Io non lo vedo da martedì- disse la giovane, parlando tanto velocemente da mangiarsi le parole.
-Amber, calmati, altrimenti non riesco a starti dietro. Neanch'io sento Ryan dall'altro ieri, ma è stata una notte lunga. Lui poi è andato via con Claud...-
-Con Claud?- lo interruppe l'altra, urlando e Keith dovette allontanare il cellulare dall'orecchio.
Evan sollevò un sopracciglio con scetticismo e incrociò le braccia sul petto. Tentò di richiamare l'attenzione del compagno per avvisarlo che stava andando via per recarsi al lavoro, ma l'espressione di Keith mutò e l'uomo decise di restare ancora un po' con lui.
-Ha il telefono staccato- ribadì Amber, quella volta con più calma, di modo che il suo interlocutore potesse comprendere quanto stava dicendo.
-Come staccato? Sei andata da lui?- le domandò Keith e subito la preoccupazione lo portò a serrare la mascella. Evan se ne accorse e comprese che c'era qualcosa che non andava; gli si fece vicino, poggiandogli le mani sulle spalle, nel tentativo di confortarlo.
-No. Non ancora...- rispose Amber.
-Le chiavi- si sentì dire in sottofondo dalla voce di un uomo e Keith aggrottò la fronte.
-Sei con qualcuno?- le domandò e dall'altro capo del telefono la giovane si trovò ad arrossire e si pose un dito davanti alle labbra, intimando a Greg di tacere.
-Sì... ehm. Storia lunga e fuori luogo- rispose con voce concitata, mentre l'uomo le passava un braccio intorno alla vita e accostava le labbra a un suo orecchio.
-Calmati- le disse, scostandole con gentilezza una cioccia di capelli dal viso. -Digli che stiamo andando da Ryan- le suggerì e l'altra sgranò i suoi grandi occhi castani, sentendosi stringere la gola a causa della tensione.
-Ryan è stato male, nell'ultimo periodo. Sono molto preoccupata- disse con un filo di voce e nemmeno lei, se le fosse stato chiesto, avrebbe saputo dire a chi dei due uomini aveva rivolto quelle parole. Greg annuì e le baciò la fronte con dolcezza. Amber fissò i lineamenti del viso dell'uomo, osservando come la luce proveniente dall'esterno sembrasse venire assorbita in modo totale dalla sua pelle nera. Si sentì rassicurata nel percepire le dolci carezze che le stava riservando alla schiena, mentre la fissava con uno sguardo sicuro.
Amber annuì e trasse un sospiro di sollievo.
-Sono con un... amico. Mi sta accompagnando da Ryan- disse, tornando a rivolgersi a Keith. Amber accarezzò distrattamente una guancia di Greg, cercando di mantenere il contatto visivo con i suoi occhi scuri. Le metteva un po' paura pensare a come sembrava che lo sguardo calmo di Greg fosse diventato, nel giro di poco tempo, un balsamo in grado di porre freno a tutte le sue insicurezze. Si frequentavano da poche settimane, ma Amber sentiva già che con lui non sarebbe stato qualcosa di passeggero e, forse per una forma insensata di gelosia, forse per paura, si era decisa a non parlare con nessuno di lui. L'unica che era a conoscenza di quella loro frequentazione era Titty, che li aveva presentati.
-Okay. Allora io chiamo Jeffrey e in caso lo raggiungo e andiamo da Claud- le rispose l'amico. Si salutarono, mettendosi d'accordo di aggiornarsi spesso, finché uno dei due non fosse riuscito a ottenere notizie su Ryan.
Keith chiuse con Amber e subito alzò un dito in direzione di Evan, mettendolo a tacere e componendo a memoria il numero di Jeffrey.
-Jeff. Ciao. Hai notizie di Claud? Ryan? Non li vediamo né sentiamo dalla festa al Seraphim. Amber aveva appuntamento con Ryan, stamattina, ma lui sembra sparito. Ti prego... dimmi che si tratta di una fuga romantica- mormorò il giovane, mentre la sua voce si incrinava ed Evan lo stringeva tra le braccia e gli baciava una tempia.
-Resto con te. Mando un messaggio in clinica- sussurrò l'uomo in un orecchio del compagno e Keith gli rivolse uno sguardo colmo di riconoscenza, muovendo le labbra a formare la parola "grazie".
Jeffrey scosse la testa e si ripeté mentalmente le parole dell'altro un paio di volte. Si alzò a sedere sul letto e percepì con chiarezza un movimento al suo fianco, mentre le lenzuola di seta frusciavano leggere accompagnando il risveglio del suo amante. Daniel lo guardò dal basso e si alzò a sedere anche lui, avvolgendogli la vita con le braccia e poggiando il mento su una sua spalla.
-Stavo dormendo- borbottò Jeffrey, passandosi due dita sugli occhi, mentre Daniel gli baciava una spalla. -Scusami, ma non ho capito nulla, Keith. Puoi ripetere?- gli chiese e Keith, dal canto suo, ebbe il tempo di una frazione di secondo per stupirsi delle parole dell'amico, ma subito tornò alla sua preoccupazione principale e gli domandò, di nuovo, se avesse avuto notizie di Claud e Ryan.
Jeffrey, ormai completamente sveglio, strinse una mano di Daniel sul proprio petto e si irrigidì nel comprendere che i due erano spariti – o quantomeno, che nessuno aveva più avuto loro notizie dall'alba del giorno prima. Era l'unico a sapere quello che quei due nascondevano e subito la sua paura si fece soffocante. Si alzò dal letto e lanciò il cellulare sul letto, iniziando a rivestirsi con gesti veloci, senza badare a cosa stava indossando. Daniel sgranò gli occhi e comprese che il suo amante era molto più che preoccupato. Recuperò il cellulare, si fece coraggio, e rispose a Keith che continuava a urlare il nome di Jeffrey attraverso il microfono dell'apparecchio.
-Sono... Daniel- balbettò il giovane e Keith trasse un profondo respiro di sollievo.
-Dani, che succede? Che fine ha fatto Jeffrey?- gli domandò mentre l'altro era intento a fissare il compagno che sembrava rimbalzare come una furia da una parte all'altra della stanza. Jeffrey allungò una mano nella sua direzione, chiedendogli indietro il cellulare.
-Vestiti, amore- gli disse e Daniel sussultò: era la prima volta che lo chiamava "amore", ma ricacciò indietro la gioia e fece come gli aveva detto.
-Keith. Non andare da Claud: qualsiasi cosa, chiama mio fratello, resta con lui, ma non andare da Claud- disse, cercando di mantenere un tono di voce calmo, anche se era difficile, dato che la mente non faceva altro che rifilargli tutta una serie di possibilità agghiaccianti sul perché Claud e Ryan sembravano essere spariti dalla circolazione.
-Sono con tuo fratello, tranquillo- disse Keith. -Stiamo venendo da...- ma il giovane non concluse la frase e Jeffrey percepì il sangue ribollirgli nelle vene, travolto da un brutto presentimento.
-Keith?- chiamò e nel frattempo indicò a Daniel di recuperare le chiavi della sua auto, mentre si avviavano verso l'ingresso.
-Jeffrey- disse Keith con voce tesa. -Ci stanno due tizi, qui, che sembrano appena usciti da Men in Black- sussurrò e Jeffrey strabuzzò gli occhi, preso in contropiede da quella battuta. Premette il pulsante di chiamata dell'ascensore, ma le porte si aprirono nello stesso istante e l'uomo si trovò davanti due donne: la prima era minuta, bassina, dai lineamenti asiatici e i capelli neri, che le incorniciavano il volto rotondo con un rigido taglio stile anni Venti; l'altra era il suo esatto opposto, infatti era alta, bionda, il volto dai lineamenti severi e i lunghi capelli legati in una strettissima coda alta. Entrambe sfoggivano dei completi giacca e pantalone di ottima fattura, ma austeri.
-Keith... non credo che siano attori sfuggiti dal set di Sonnenfeld e Gray- disse mentre i suoi occhi venivano catturati dal distintivo che la bionda gli sventolò sotto al naso.
-Può farmi il favore di chiudere la telefonata, signor Major? Sono l'agente speciale Turner e lei è la mia collega, l'agente speciale Wong- disse la donna, entrando nel suo appartamento con ostentata sicurezza. I suoi glaciali occhi celesti si posarono su Daniel e gli sorrise in modo freddo e professionale. -Signor Clark- lo salutò con un cenno del capo. -Non si preoccupi per il signor Coleman, signor Major. Ci penseranno i miei colleghi a spiegargli ogni cosa-
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