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Dopo la disastrosa visita a sorpresa di Jeffrey, Claud si assicurò che il suo ex amico fosse davvero in viaggio, impegnato con la Settimana della Moda a Londra, prima di rimettere piede in uno qualsiasi dei luoghi che frequentava di solito. Aveva chiesto informazioni in giro a dei conoscenti, scoprendo che l'uomo aveva deciso di partecipare soltanto alla tappa londinese dell'evento, perciò si diede malato al Seraphim, incominciando a ricevere telefonate minatorie da parte di Amber che non credeva affatto che lui stesse male, in attesa che Jeffrey lasciasse Los Angeles.

Decise di spegnere anche il cellulare che usava di solito, abbandonandolo al fianco dell'altro.

Buio, silenzio, solitudine.

Aveva bisogno di riordinare le idee: si sentiva davvero male, seppure non aveva nulla di fisico, ma la sua mente pareva perdere colpi. I suoi sentimenti si stavano facendo sempre più ballerini.
La visita a sorpresa di Jeffrey lo aveva destabilizzato, portandolo ad affrontare una situazione per cui non si era ancora sentito pronto e non lo era nemmeno in quel momento. Perciò aveva deciso che, finché la sua mente non avesse smesso di tirargli tiri mancini di vario tipo, avrebbe continuato a nascondersi.

"Come mi è venuto in mente di lasciare intendere a Jeffrey che non sempre ho fatto sesso per il piacere di farlo? E se scoprisse il mio passato da puttana?" si domandò, abbandonandosi seminudo sul divano, con le braccia larghe, aperte sullo schienale e la testa reclinata sullo stesso.

Chiuse gli occhi e, dopo giorni che stava segregato nel proprio appartamento, in vista del weekend, programmò di andare in visita alla madre, magari passando la notte tra il sabato e la domenica in uno dei confortevoli alberghi di Palm Springs.

Era vero che le sue finanze attuali non potevano rivaleggiare neanche alla lontana con quelle di cui aveva potuto vantarsi fino a sei mesi prima, ma si stava lentamente riprendendo – almeno poteva tornare a saldare la retta mensile della casa di cura in cui viveva sua madre.

Si alzò dal divano, si vestì velocemente e recuperò la borsa che usava di solito per "sparire": poteva contenere al massimo un paio di cambi e ciò lo rincuorava, perché era come se gli assicurasse un ritorno a casa. Dopotutto, non sarebbe potuto restare via a lungo senza vestiti puliti e lui amava troppo Los Angeles per pensare di non metterci più piede, nonostante tutto.

Aveva anche iniziato a prendere in considerazione l'ipotesi di trasferirsi in un'altra zona, lasciarsi alle spalle Beverly Hills, magari anche accontentandosi di qualcosa di meno "ricco", ma più sicuro, lontano da tutti quelli che conosceva.

"Potrei rintanarmi a Malibù... il mare mi piace. Magari finisco per diventare l'amante mantenuto di qualche attore famoso" pensò mentre chiudeva la zip del borsone, indossava gli occhiali da sole e usciva dal suo appartamento.

Anche quella volta prese un'auto a noleggio e si assicurò di evitare ogni anfratto di Hollywood West e le strade principali che attraversavano Beverly Hills, luoghi in cui avrebbe potuto incontrare qualcuno di conoscente, compiendo giri assurdi per allontanarsi dal proprio isolato e imboccare la Highway 111.

"Sì, dovrei lasciare Beverly e trovarmi un posto dove non mi debba muovere tra le strade con l'ansia di incontrare Jeffrey o qualcuno dei suoi stupidi amichetti".

Si lasciò assorbire totalmente dalla guida, i finestrini dell'auto aperti, con il vento che gli sferzava il viso e gli riempiva le orecchie, del tutto estraneo al pensiero dello smog che gli entrava nei polmoni; lo stereo a palla, a un volume tanto alto che a stento riusciva a udire i rumori proventi dall'esterno. Non era saggio guidare in quelle condizioni: "Sarebbe splendidamente melodrammatico se morissi adesso" pensò e si lasciò sfuggire una risatina amara, "Mia madre mi ha dimenticato e quelli che mi ricordano sarebbero così felici nel vedermi sparire per sempre".

Deglutì con forza, percependo la gola fargli male, mentre ricacciava indietro il nodo che gliela aveva serrata.

"Meglio evitare di morire provocando un incidente in auto. Non voglio fare crepare qualcun altro per sbaglio" si disse e abbassò il volume dello stereo, chiuse i finestrini, impedendo al rumore del vento di contribuire alla sua distrazione. Accese l'aria condizionata e si ostinò a restare concentrato, finché non giunse a Palm Springs.

Subito percepì i muscoli del collo rilassarsi un po'. Nessuno poteva trovarlo lì, neanche a Jeffrey aveva mai rivelato quel particolare della sua vita privata, anzi, il suo ex amico, ex amante, ex innamorato, ... ex tutto, credeva che Claud fosse un ragazzino viziato, i cui capricci venivano mantenuti dai ricchi genitori. I Blake non erano mai stati ricchi, ma questo Jeffrey non lo sapeva, così come non aveva idea che Claud fosse orfano di padre già da diverso tempo.

"È vero... è più facile seguire il flusso. Lui ha dedotto e io non ho mai smentito. Perché avrei dovuto? Sicuro non mi avrebbe creduto... magari avrebbe persino pensato che stessi mettendo su una storia strappalacrime per chissà quale piano maledetto".

Parcheggiò nei pressi della casa di cura, spense il motore dell'auto e rimase immobile per qualche secondo, con lo sguardo perso nel vuoto. Alla fine batté le mani sul volante, imprecò e scese dal mezzo, dirigendosi di buon passo in direzione della struttura.

Dopo un paio di ore trascorse con la madre, Claud uscì dal centro per anziani sentendosi rinvigorito. Stephany gli aveva sorriso, gli aveva persino offerto del tè, presentandolo alle sue amiche come: -"Il bel giovanotto che l'andava a trovare spesso"-.
Non che avesse ricordato qual era il legame che li univa, però aveva rammentato che non era la prima volta che riceveva visite da lui, e tanto era bastato a Claud per percepire un peso abbandonare il proprio cuore, lasciandolo libero di respirare a pieni polmoni.

Non aveva idea di quanto sarebbe durata quella sensazione di beatitudine, ma aveva intenzione di sfruttarla a proprio vantaggio.

Dopo avere preso una camera in affitto nell'albergo che aveva trovato il più vicino possibile alla struttura che ospitava sua madre, si ricordò di avere saltato il pranzo e il sole era già tramontato da un po' quando si decise a mettere qualcosa sotto i denti, per assorbire anche il tè che aveva bevuto e che lo minacciava di nausea, prima di concedersi una serata di baldoria. L'obiettivo era quello di gustarsi un succulento hamburger – magari accompagnato da una porzione abbondante di patatine fritte – e poi trovare qualcuno con cui desiderasse davvero fare sesso.

Si prospettava una serata strabiliante.

Claud, lo stomaco pieno, l'umore finalmente limpido, da un po' era intento a guardarsi intorno, all'interno della grande sala della discoteca in cui si trovava. Aveva occupato un tavolino nel piano soppalcato, da dove poteva tenere sotto controllo l'intero ambiente senza essere notato troppo, a eccezione di coloro che, come lui, avevano scelto di rintanarsi lì. Come un avvoltoio scrutò tra la folla che ballava, riempiendo la pista di braccia e corpi in movimento, mentre la luce stroboscopica li avvolgeva in tanti fasci colorati, rendendoli tutti una massa informe e priva d'identità.

Claud sorseggiò dal calice, percependo il liquido trasparente, che gli entrò in bocca, infiammargli la lingua.

"Sempre la solita solfa" pensò irritato, infastidito dal fatto che non avesse ancora trovato nessuno in grado di accendere in lui un minimo di interesse. Non aveva voglia di terminare quella giornata accontentandosi del primo che gli avrebbe detto di sì.

Bevve ciò che restava della sua consumazione in un unico sorso, sbuffò, abbandonò il bicchiere sul tavolo e decise di andarsene.

Scese la scala, quasi del tutto al buio, che conduceva al piano inferiore, trovandosi davanti due giovani intenti a baciarsi; sorrise e distolse gli occhi da loro, procedendo verso l'uscita.

L'aria fresca della sera gli accarezzò la pelle, ma non lo infastidì, nonostante indossasse abiti abbastanza leggeri. Rimase immobile davanti il locale, sollevò il volto verso il cielo notturno, carico di stelle, e chiuse gli occhi per qualche secondo, mentre alle orecchie gli arrivavano la musica attutita proveniente dalla discoteca, risatine in lontananza, e i passi di qualcuno.

Claud aprì gli occhi, decidendo di tornare in albergo. Una volta giunto a destinazione notò vagamente che il personale di turno era cambiato, a incominciare dal portiere che gli spalancò l'ingresso. Si recò alla reception e, prima ancora di fermarsi davanti al bancone di lucido marmo bianco, rallentò il passo, reclinò il capo da un lato, tornando a sorridere.

Il giovane, che aveva preso il posto della donna che aveva curato il suo check-in quel pomeriggio, era davvero carino.

"Mi ricorda qualcuno" pensò, aggrottando appena la fronte, mentre si avvicinava alla sua preda. Negli approcci di quel tipo si incorreva sempre nel rischio di beccare un due di picche, ma era intrigante provocare un altro uomo, senza conoscere i suoi gusti sessuali; incontrare uno sconosciuto e punzecchiarlo fino a portare alla luce i suoi limiti. Erano state diverse le occasioni in cui, così facendo, Claud aveva finito per diventare il capriccio, la curiosità che si soddisfaceva di uomini anche eterosessuali.

"Non esistono uomini o donne a letto. Soltanto due corpi che si uniscono" era la sua massima preferita, che sfoggiava soprattutto quando incontrava qualcuno fin troppo restio nel lasciarsi andare con lui.

Perciò, quella sera, Claud non aveva dubbi su come si sarebbe concluso lo scambio di battute con quel giovane receptionist dai capelli scuri, gli occhi castani e uno sguardo sensuale. Doveva solo trovare le parole giuste per far vibrare le corde dei suoi ormoni e spingerlo a dirgli di sì, indipendentemente da quelli che erano i suoi gusti dal punto di vista sessuale. 

"Ma in questo... sono ancora il numero uno" si disse compiaciuto, mentre il suo sorriso si allargava un po' di più.

-Aspetta...- mormorò il giovane, scostandosi appena da lui. Alla fine, aveva vinto Claud: anche quella volta era riuscito a portare a termine i suoi tentativi di seduzione. Si trovavano nella sua camera d'albergo, con il ragazzo della reception nudo, nel suo letto, e Claud soddisfatto della propria conquista. La sua preda aveva ceduto con abbastanza facilità, mollando tutto per seguirlo.

-Non dirmi che ti stanno venendo i sensi di colpa per esserti allontanato dal tuo posto di lavoro, proprio adesso!- soffiò sulle sue labbra e l'altro girò il viso, per evitare che quelle carezze si trasformassero in un bacio.

-No... è che pensavo... non conosci neanche il mio nome- disse il giovane e Claud ridacchiò.
-Ha importanza?- gli domandò con fare retorico e non attese una sua risposta. Gli afferrò il viso con una mano, obbligandolo a ricambiare il suo sguardo.
-Niente baci- si affrettò a dire l'altro, reclinando il capo all'indietro e puntellandosi con le mani contro il suo petto nudo.

-Se non te la senti, smettiamo subito- disse Claud con un sospiro di frustrazione. Nonostante gli fosse inconcepibile l'idea che qualcuno potesse rifiutare il suo corpo – anche se era una cosa che era avvenuta fin troppo spesso, negli ultimi anni – non aveva alcuna intenzione di obbligarlo a fare sesso con lui.
-Non è questo...- mormorò il giovane in preda dall'imbarazzo. Trovava assurdo affrontare un discorso di quel tipo dopo che entrambi si erano già spogliati. Tuttavia, quella discussione rischiava di smontare tutta la sua eccitazione, ma era un tipo "tradizionalista" e lo metteva a disagio fare sesso con un uomo di cui non sapeva assolutamente nulla, anche se il suo corpo sembrava essere di tutt'altro avviso.

-Sono Jade- disse e Claud si lasciò sfuggire un risolino, per poi baciargli il collo, l'incavo di una spalla, scendendo sul suo petto, prendendo tra i denti un capezzolo. Leccò e succhiò facendolo tremare sotto di sé e poi soffiò un rivolo di fiato sulla sua pelle umida.
-Tu puoi chiamarmi come preferisci- gli disse, anche se sapeva che all'altro sarebbe bastato controllare nel computer della reception il nominativo dell'ospite della camera centodue, per scoprire il suo nome.

Jade sbuffò un po' insofferente e un po' divertito da quella situazione. Non gli era mai capitato di trovarsi a letto con un perfetto sconosciuto, ma pensava fosse inebriante essere l'oggetto del desiderio di un uomo tanto bello. Per quel motivo decise di mettere da parte ogni reticenza, lasciandosi andare alle sue sapienti attenzioni.

Claud notò l'espressione del giovane mutare, mentre si rilassava e apriva le gambe. Si sollevò sulle ginocchia e allungò una mano verso il comodino che si trovava sul fianco destro del letto, recuperando il proprio portafogli e tirandone fuori un preservativo. Si massaggiò il sesso davanti gli occhi avidi del suo amante e indossò il profilattico, per poi protendersi verso di lui, riprendendo a depositare tanti morbidi baci sul suo viso.

-Le labbra no- ribatté Jade, fuggendo dalla sua bocca ancora una volta.
-Sei un tipo all'antica- lo canzonò Claud, mordendogli il mento e l'altro deglutì sonoramente.
-I baci sono per gli innamorati- rispose prontamente Jade, per poi puntellarsi sui gomiti e invitare l'altro a invertire le loro posizioni. Claud ridacchiò, ma lo lasciò fare, prendendo posto sotto di lui, godendosi le attenzioni prive di inibizioni che il giovane riservò al suo corpo. Si lasciò sfuggire un mugolio di apprezzamento quando lo vide sistemarsi ponendo le ginocchia ai lati dei suoi fianchi e con una mano aiutarsi a indirizzare il suo sesso dentro il proprio corpo.

Jade era caldo e stretto, ma iniziò a muoversi fin da subito con un certo ritmo sostenuto, lasciandosi sfuggire dei gemiti deliziosi. Claud si tirò a sedere e tornò a provocarlo, ad avvicinarsi troppo alla sua bocca, facendolo sussultare, ma poi gli strinse il sedere con forza, aumentando l'intensità degli affondi, mordendogli contemporaneamente una spalla. Il giovane reclinò la schiena e afferrò il lenzuolo sotto di loro con violenza, mentre Claud lo spingeva sul letto e tornava a sovrastarlo, godendosi lo spettacolo del suo corpo che si contorceva di piacere sotto di lui.

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