8. Frank
3 settembre 2010
Facciamo un passo indietro.
Innanzitutto, l'incantesimo della comunicazione cinese era svanito appena erano arrivati i ragazzi-uccello: questo significava, secondo il sogno, che eravamo giunti a destinazione.
Bene. Però, quando il primo ragazzo mi parlò e io risposi in inglese, andai nel panico; con mia grande sorpresa, lui mi capì e...beh, vi dico direttamente la conversazione.
Il primo ragazzo-uccello parlò in cinese e ribattei "Scusa, non ti capisco, sono americano." Scrollai le spalle.
Lui rifletté un attimo, poi disse nella mia lingua: "Che cosa ci fate qua? Perché siete venuti?"
"Ehmm...ho avuto dei sogni e delle visioni che mi hanno portato fin qui, dicendo che avrei dovuto addestrare mio cugino" indicai Li "come un eroe. È inoltre c'è...una profezia, che riguarda l'Oriente e vorremmo chiedere a qualcuno che ne sappia di più."
"Come vi chiamate?" domandò l'altro.
"Frank Zhang" mi inchinai quanto potevo con un paio di grosse ali sulla schiena "e Li Zhang."
"La famiglia Zhang... L'ultimo discendente!" esclamò stupefatto il primo.
"Ehi, aspetta, tu hai avuto delle visioni come la mia?" chiesi sorpreso.
Lui aggrottò le sopracciglia. "No, la famiglia Zhang è molto famosa in Cina, e gli antenati hanno riferito che sta arrivando 'l'ultimo discendente', il quale sarà decisivo in una guerra prossima."
Oh, no. Un terribile presentimento mi pervase la mente. Non era per caso che la profezia... Nah, impossibile! Li era indifeso, non sapeva combattere, come avrebbe potuto decidere il destino del mondo? Beh, in effetti anch'io ero così fino a qualche tempo prima... Comunque, torniamo a noi.
Il ragazzo che identificai come 'capo del gruppo' non mi disse più niente, ordinò qualcosa agli altri tre, che ci presero per le ali -e per la coda, nel caso di mio cugino- e ci portarono giù -Li vi ha già descritto la sensazione-, in quello che riconobbi come un campo d'addestramento: lo capii subito dall'arena, che di certo non si trovava in tutti i posti del mondo.
Quando i ragazzi-uccello separarono me e Li, non potevo non essere preoccupato, soprattutto per il mio strillante cugino, ma non ebbi neanche il tempo di pensarci ancora che due asiatici mi spinsero verso il gruppo di templi al centro del Campo: saranno stati circa una cinquantina ed erano tutti di colori diversi.
Entrammo in uno blu scuro, con un bassorilievo di un drago azzurro sopra lo stipite della porta; dentro c'era una ragazza che ci dava le spalle ed era seduta sui talloni e chinata sul pavimento, come se stesse pregando. Uno dei due che mi avevano portato lì si avvicinò a lei e cominciò a bisbigliare al suo orecchio.
La ragazza si alzò e si voltò: era alta e snella, aveva i capelli lisci come spaghetti, neri come la pece e lunghi fino ai fianchi, con un ciuffo che le copriva l'occhio destro; indossava delle scarpe da ginnastica, dei jeans attillati, una cintura con appesa un'arma che a prima vista mi sembrava un nunchaku, e una maglietta bianca con la scritta dorata 盤古 in verticale - che naturalmente non compresi -.
Mi scrutò per un attimo, poi disse in perfetto inglese britannico: "Vieni con me. Devo chiederti alcune cose."
Mi superò con passo svelto e mi condusse sulla collina, vicino al salice piangente.
Non resistetti all'impulso di domandare: "Che posto è questo? Prima ho sentito Campo Ben Du, Pan Tu...?"
"Pan Gu!" sbottò lei. "Ogni cosa a suo tempo. Prima devo chiederti di spiegarmi bene i tuoi sogni e le tue visioni."
Arrivati all'ombra del salice, ci sedemmo sul prato e io le raccontai tutto. Era strano che fossi così aperto a dire dei miei sogni ad una perfetta sconosciuta, ma non so perché mi fidai di lei.
Quando finii, annuì pensierosa.
"'Un'altra stirpe', 'la madre della terra che tu chiami casa'...potrebbe essere una divinità che conosco, ma non sono certa che sia lei...e poi perché sarebbe entrata proprio nella tua mente?" mormorò tra sé la ragazza. "Oh, scusa, sono stata troppo frettolosa" disse poi. "Io sono Sun Mei, figlia di Tam Kung, dio del mare."
Mi porse la mano, che strinsi, per niente sorpreso che fosse una mezzosangue.
"Io sono Fai Frank Zhang, figlio di Marte, dio della guerra."
- - - - -
"Bene. Confucio e Lao Tse avranno finito di 'ispezionare' Li" affermò Mei.
"Aspetta, chi? Confucio e Lao Tse?! Ma non sono morti tipo migliaia di anni fa?" chiesi perplesso.
"Beh, le leggende narrano che siano morti, ma in realtà sono più o meno andati in pensione e sono venuti al Campo Pan Gu per dirigerlo. Sai, questo posto è molto antico. Si allenavano i 'grandi' qui. I migliori combattenti, i più famosi maestri di arti marziali, diversi monaci eremiti..." spiegò in tono un po' sognante.
"Wow" commentai.
"Vabbè, ora andiamo, così mostro il Campo a te e a Li."
Ci dirigemmo verso il tempio dove avevano portato mio cugino ed ebbi modo di osservare meglio Mei. Il ciuffo di capelli le copriva ancora l'occhio destro, quindi riuscii a guardare solo il sinistro: era ovviamente a mandorla, né troppo grande né troppo piccolo, e di un intenso color castagna; aveva il naso all'insù e le labbra sottili, ed era alta quasi quanto me, ma sicuramente era più piccola d'età.
"Quanti anni hai?" le chiesi senza preavviso, facendole aggrottare le sopracciglia per la domanda impertinente.
"Tredici" rispose semplicemente. "Tu?"
"Sedici." Il mio sguardo si spostò sulla sua maglietta. "Cosa vuol dire la scritta dorata?" domandai.
Sbuffò. "Va bene che è in tradizionale, ma tu non sai proprio niente di cinese?" Alzò gli occhi al cielo. "Significa 'Pan Gu', il nome del Campo, dedicato al dio creatore. Noi iniziamo sempre a studiare il tradizionale e ovviamente il semplificato da piccoli, poi impariamo tutte le lingue ufficiali del mondo."
"Ecco perché tu e il ragazzo-uccello parlate e capite l'inglese" constatai, alzando le sopracciglia.
"Ragazzo-uccello? Oh, tu stai parlando di Peng!" Sorrise per la prima da quando ci eravamo incontrati. "È quasi il più esperto qui."
"E chi sarebbe il più esperto?" Inclinai la testa di lato.
"Io, naturalmente."
"Poco modesta."
Mi ignorò e continuò a parlare. "Mia madre mi portò qua praticamente quando nacqui e ricevetti un'educazione da Confucio e Lao Tse in persona. In segno dei miei 13 anni al campo, possiedo 13 cash, le antiche monete cinesi."
Tirò fuori dalla tasca una cordicella che teneva insieme tredici tondini di metallo con un foro quadrato al centro.
In effetti, era una buona idea: magari anche al Campo Giove potevamo possedere dei denarii anziché disegnarci un doloroso tatuaggio a fuoco.
Arrivammo al tempio e scorsi in lontananza Li che sorrideva a due anziani. Quando si accorse di me, mi venne incontro ed esclamò qualcosa in cinese - un saluto, credo - come se niente fosse. Poi iniziò una conversazione in lingua asiatica tra Mei e mio cugino che allora non capii, ma che ora vi traduco.
"Li, vi devo mostrare il Campo" disse la ragazza.
"E tu chi saresti?" chiese mio cugino, alzando un sopracciglio e squadrandola da capo a piedi.
"Sun Mei, figlia di Tam Kung, semidea."
"Oh, fantastico! Sono circondato dai semidei!" esclamò, scocciato.
"Esatto. Tutti noi qui siamo mezzosangue, perfino tu."
"Io?!" - e a quel punto io avrei esclamato 'Lui?!' dato che la cosa mi avrebbe sconvolto, ma ahimè non capivo il cinese! -
"Certo. Ma dobbiamo ancora scoprire chi è il tuo genitore divino. Non è difficile capirlo: in qualsiasi momento ti può comparire sul petto uno dei simboli generali, cioè fenice per il fuoco, drago azzurro per l'acqua, tartaruga nera per la terra, tigre bianca per il cielo, drago giallo per la sapienza, la giustizia, il perdono eccetera, una ciotola per il dio della cucina, un pennino per il dio degli esami e una spada infuocata per il combattimento e gli Inferi. Successivamente, compare l'ideogramma che corrisponde al nome antico del genitore divino. L'unico svantaggio è che per l'ideogramma possono passare minuti, ore, giorni, mesi...anni. Ad alcune persone compare poco prima di morire. Ma se si viene qui al Campo si viene riconosciuti dopo al massimo pochi giorni."
Poi si fermò di colpo, fissando Li. Spostai gli occhi nel punto in cui stava guardando: sul petto di mio cugino erano comparsi un mini-ologramma di una tigre bianca e l'ideogramma 嫦娥 che brillavano di una forte luce bianca.
Anche Li posò gli occhi su se stesso e per poco non svenne dallo stupore. Mei si inchinò e cantilenò qualcosa in cinese antico; poi si alzò e disse prima in cinese e poi in inglese:"Benvenuto al Campo Pan Gu, Zhang Li, figlio di Ch'ang Ô, dea della luna."
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