3. Frank

2 settembre 2010

Subito? Partire subito? Così, di punto in bianco?! Okay, mi convinsi pensando che se non fossi partito all'istante, il mondo sarebbe stato distrutto - lo so, è piuttosto lugubre come motivazione, però funzionò -.
Preparai uno zaino con alcuni vestiti di ricambio, nettare e ambrosia per le emergenze, arco e frecce, dei panini, delle dracme per poter inviare dei messaggi-Iride e qualche yuan cinese.
Quando fui pronto, Percy, Reyna e Hazel mi accompagnarono al Campo Marzio per il decollo: avrei viaggiato sottoforma di drago. Percy mi abbracciò e mi diede una pacca sulla spalla augurandomi buona fortuna, mentre Reyna mi salutò con una stretta di mano e un 'in bocca a Lupa'. Infine, Hazel mi cinse le braccia al collo e, con le lacrime agli occhi, mi baciò, per quasi un minuto, senza riprendere fiato.
Quando si staccò, mormorò singhiozzando: "Mi raccomando, torna da me."
"Lo giuro sullo Stige" promisi.
Le diedi un ultimo bacio sulla fronte e mi allontanai per trasformarmi: diventai un grosso drago e iniziai a battere le ali. In pochi minuti mi ero già allontanato da San Francisco e mi trovavo sopra l'Oceano Pacifico.

Stranamente, il viaggio fu cortissimo: durò circa otto ore, senza sosta, ma quello era un tragitto che avrebbe dovuto prendere almeno tre giorni, a velocità drago. Era come se una forza invisibile mi avesse spinto - e non sto parlando di venti -, oppure l'Asia aveva deciso di avvicinarsi all'America.

Raggiunsi Pechino a circa mezzanotte, ma c'era un sacco di gente in giro: persone ai bar e ai ristoranti, bambini che si rincorrevano, ragazzi che mangiavano il gelato e si scattavano selfie. Poi mi ricordai un dettaglio ASSOLUTAMENTE IRRILEVANTE: il fuso orario. E se i miei calcoli erano esatti, anche se non sono mai stato un genio in matematica, sarebbero dovute essere le sette di sera.

Ero stanco morto, ma non mi sembrava il caso di cercare un hotel o un ristorante, quindi mi sedetti su una delle poche panchine libere e addentai un panino che mi ero portato dietro.
Ebbi così il tempo di osservare meglio la città intorno a me: le strade erano illuminate da molte insegne con ideogrammi rossi, blu, bianchi e gialli...oh, ecco un altro MINUSCOLO DETTAGLIO a cui non avevo pensato: la lingua. Nonostante sia cino-canadese, all'epoca non sapevo una cippa di cinese, e naturalmente avevo deciso di andarmene in un Paese orientale senza nemmeno un dizionario tascabile - abbiate pazienza, sono dovuto partire in fretta -. Oh, beh! Mi sarei espresso a gesti.

Ma in quel momento mi interessava solo trovare 'l'ultimo discendente della famiglia Zhang', e tra l'altro si sarebbe trattato di 'un leone'. Ero piuttosto confuso, ma tranquillo; forse perché nelle mie vene scorreva sangue locale?
Quella notte dormii sulla panchina su cui avevo cenato, ma, almeno finché non ero completamente sprofondato tra le braccia di Morfeo, nessuno sembrò accorgersi di me. Feci un altro sogno con quella voce misteriosa.

Sapevo di essere a Pechino, ma non riconoscevo il luogo esatto: ero in una grande piazza scura e davanti a me si estendeva una scalinata che giungeva a un edificio grigio, simile ad una pagoda.
"Salve, Fai." La voce rimbombò in tutta l'area circostante.
"Ehmm...ciao..." Mi tremavano le ginocchia.
"Molto bene. Sei arrivato in Oriente e hai decifrato il messaggio 'la Città Proibita' e 'il leone'. Ora ti darò la capacità di comprendere la gente del posto e di parlare con loro ma, una volta raggiunta la meta a sud-est, dovrai arrangiarti da solo."
"Oh, fantastico!" esclamai sarcastico. "E dove la trovo questa 'Città Proibita'?"
"Chiedi ai cittadini e ti daranno loro le giuste indicazioni."
"Ma tu chi sei?" Posi la domanda che mi tormentava da parecchie ore.
"Sono...come dire? La madre della terra che tu chiami casa."
"G-Gea?!" Avevo la voce strozzata e avevo iniziato a sudare freddo.
Non poteva essere lei, non di nuovo! Insomma, l'avevamo sconfitta...vero?
"Oh, no" ridacchiò la voce. "Gea ormai è scomparsa e rimarrà tale per chissà quanti secoli. No, io faccio parte di un'altra stirpe di divinità, più potenti per un certo verso. Ma io voglio aiutarti, Fai."
Il sogno iniziò a sfocarsi ed ebbi ancora una volta la sensazione di cadere in un baratro.

Mi svegliai di soprassalto: era l'alba. I cinesi andavano in giro a quell'ora? L'avrei scoperto presto.

Mi misi a sedere, mi stiracchiai un po' e mi stropicciai gli occhi. Intorno a me non c'era nessuno. Solo dopo mi accorsi di una signora sulla cinquantina dall'altra parte della strada, che stava aprendo un negozio di tè e spezie. Raccolsi la mia roba e mi diressi verso di lei, cercando di apparire tranquillo.
Mi schiarii la voce e dissi: "Buongiorno, signora."
Le parole mi uscirono in uno squittio, però non stavo parlando in inglese: era cinese! Allora il sogno era vero, potevo davvero comunicare con gli asiatici.
Lei si voltò e mi sorrise. "Buongiorno! Prego, entra ragazzo, ti offro una tazza di tè."
Riuscii a capirla perfettamente. Entrai nel negozio e rimasi molto sorpreso: il locale non era molto grande, ma conteneva alti scaffali che arrivavano fino al soffitto e che erano pieni di barattoli e sacchetti con le etichette scritte in ideogrammi, che lessi facilmente.
La donna aprì una porta in fondo alla stanza e mi fece entrare in una piccola palestra col parquet e con un basso tavolino al centro; ai lati di quest'ultimo erano posizionate due stuoie e sopra di esso era preparato un servizio da tè in ceramica, come se la proprietaria del negozio sapesse già del mio arrivo. Lei si inginocchiò su una stuoia e io la imitai, mi versò una tazza di tè verde amaro e rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Fu la donna ad aprir bocca per prima.
"Allora, cosa ci faceva un ragazzo giovane come te in giro all'alba?" mi chiese.
"Sono un turista, più o meno" improvvisai. "Sto cercando una certa 'Città Proibita'. Lei sa dirmi dove si trova?"
Fissò per un attimo il pavimento, pensierosa, poi affermò: "Non è distante da qui. Devi proseguire lungo questa via principale per poi girare a sinistra. Ti troverai di fronte a un ingresso fatto ad arcate, la Porta della Pace Celeste; seguono due edifici, una piazza, un altro edificio e poi la vera e propria residenza imperiale, circondata dalle sue mura. Nel frattempo, noterai che su due lati si estendono i giardini reali e che si trovano tre piccoli laghi e i palazzi."
"Grazie. Ma c'è un modo per non perdersi? Dalla sua descrizione sembra un labirinto!"
"Dipende da cosa vuoi raggiungere."
Mi ricordai del sogno, di quella piazza scura e dell'edificio grigio. "La piazza principale, credo."
"Allora devi sempre andare dritto, non ti puoi sbagliare." Mi sorrise e per un momento mi parve che i suoi occhi baluginassero di una bizzarra luce violetta, ma non ci badai molto.
'Sarà un'allucinazione dovuta al fuso orario' pensai.
Si alzò, portò via il set da tè e uscì dalla palestrina, lasciandomi solo, a riflettere. Sembrava come se sapesse quello che stavo cercando: era vagamente misteriosa... Beh, era finalmente arrivato il momento: sarei andato alla Città Proibita a caccia di leoni!
Uscii anch'io dalla stanza, ma non vidi più la signora. Si sarà teletrasportata? All'improvviso sentii delle voci femminili bisbigliare in un ripostiglio con la porta semichiusa e, senza trattenermi, mi avvicinai per ascoltare.
"Molto bene, mia servitrice, hai compiuto il tuo dovere in modo eccellente" si complimentò una voce familiare.
"Grazie, mia signora" sussurrò la seconda voce, che sembrava quella della donna che mi aveva accolto. "Riceverò la mia ricompensa?"
"Non troppa fretta. Il piano è appena iniziato, abbi pazienza."
"Sì, mia signora."
Mi allontanai silenziosamente e leggermente spaventato. Di cosa diavolo stavano parlando? Decisi che non dovevo impicciarmi, avevo già altri problemi di cui preoccuparmi. Andai fuori dalla locanda e, seguendo le indicazioni, mi trovai davanti a grandi mura rosse divise in tre porte aperte. Sopra le mura, si stagliava un edificio a doppio tetto simile a quello dell'ultimo sogno con le tegole in ceramica giallo-oro.
Entrai titubante nella Città, proseguii dritto, attraverso due grandi piazze e altri due edifici uguali al primo, che si rivelarono essere musei. Dopo aver superato un alto portone rosso a doppio battente ricoperto da tante mezze sfere dorate decorative, giunsi finalmente alla piazza principale: era proprio quella della visione, solo che il grigio e il nero erano rimpiazzati da rosso, bianco e oro.
Coincidenze? Io non credo, nella vita dei semidei non esistono coincidenze. Ebbene, mi avvicinai a quello che pareva essere un altro di quei musei che avevo attraversato prima, ma mi fermai quando, davanti all'ingresso, in cima alla scalinata, trovai dei VERI leoni che dormivano o si pulivano pigramente sui piedistalli di pietra. Nessuno di essi mi notò, ma cercai lo stesso di attirare la loro attenzione per capire quale fosse il felino che stavo cercando.
"Salve, leoni della Città Proibita!" gridai - eh già, stavo parlando con dei leoni, e mi sentivo molto stupido a farlo -. "Io sono Fai Frank Zhang e sto cerc..."
"Hai detto 'Zhang'?"
Okay, un leone mi aveva risposto...tutto nella norma.
"Ehm sì?" Alzai un sopracciglio.
Con mia grande sorpresa, il felino si trasformò in un ragazzo piuttosto magro, dai capelli neri lunghi circa dieci centimetri e dagli occhi a mandorla vivaci ma furtivi, e un po' più giovane di me, con uno zainetto in spalla.
"Io mi chiamo Li Zhang."

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