2. Hazel

2 settembre 2010

Dovevo ammettere che quella profezia mi spaventava molto. Avevo paura che Frank avrebbe dovuto fare la scelta tra difendere il mondo insieme a noi o distruggerlo, schierandosi dalla parte di chissà quale nuovo nemico. Non mi intimoriva la decisione in sé, ma il fatto che di sicuro l'avversario avrebbe cercato in tutti i modi di usarlo come arma letale a suo favore.

Informammo anche Reyna della profezia e quella mattina passammo ore a studiare i versi fatali, ma non concludemmo tanto più di ciò che avevano già ipotizzato gli amici del Campo Mezzosangue.
A pranzo, io, Frank, Percy, Reyna e Dakota sedemmo allo stesso tavolo ma fu un pasto silenzioso, a parte alcuni commenti dell'ultimo su quanto fosse buona la sua bibita super-energizzante.
Alle due, il figlio di Poseidone annunciò che avrebbe fatto una passeggiata, così io andai alla Quinta Coorte per schiacciare un pisolino ma, appena chiusi le palpebre, Frank mi prese per le spalle e mi scosse leggermente, facendomi sobbalzare per lo spavento.
"Scusami" sussurrò lui timidamente "ma...ti devo parlare, è importante."
Mi misi a sedere e lo fissai con gli occhi leggermente sbarrati. "Che succede?"
Fece un respiro profondo e poi mi raccontò un sogno che aveva fatto quella notte; quando disse che avrebbe dovuto compiere il viaggio da solo, un brivido mi percorse la schiena: non mi piaceva l'idea di una voce misteriosa che gli diceva di andarsene da un continente all'altro in solitario senza una meta ben precisa.
"Senti, secondo me la cosa migliore da fare è dirlo a Percy. Lo so che magari il pensiero ti intimorisce un po', ma potrebbe aiutarci." Cercai di rincuorarlo, ma distolse lo sguardo da me e lo puntò sui suoi piedi, trovandoli particolarmente interessanti e riflettendo per parecchi minuti.
Alla fine parlò: "Va bene. Ma dove sarà adesso? Il Campo è enorme, potrebbe essere ovunque."
"Io forse so dove trovarlo." Sorrisi incoraggiante.

E infatti era proprio dove pensavo: sulle colline dei templi, vicino a quello di suo padre. Aveva uno sguardo assente, immerso in mille pensieri che probabilmente gli stavano facendo girare le poche rotelle del suo cervello - senza offesa, chiaramente -.
"Percy?" lo chiamai.
Mi avvicinai a lui, quasi in punta di piedi, e si accorse di me solo quando fui a un metro di distanza.
"Oh, ciao" disse. "Come mai siete qui? Non dovevate riposare?"
"Infatti, ma Frank mi ha rivelato una cosa...importante." Lanciai un'occhiata eloquente al figlio di Marte, che fece qualche timido passo avanti e iniziò a raccontare il sogno: aveva la voce tremante, il che era comprensibile dato che era la seconda volta che ne parlava e presumibilmente ci pensava da tutta la mattina.
Il figlio del dio del mare lo ascoltò senza dire una parola, rimanendo accigliato durante tutto il racconto, e, quando ebbe finito, commentò pensieroso: "Una cosa è certa: devi partire e scoprire cosa sono tutti questi misteriosi indizi. Mi documenterò sulla Città Proibita."

Dopo l'incontro con Percy ai templi degli dei, ero rimasta piuttosto scossa, perciò decisi di farmi una galoppata con Arion, per scacciare tutti i pensieri negativi.
Scalai con un po' di fatica una delle colline Berkeley e emisi un lungo fischio acuto: dopo tre secondi - doveva essere abbastanza lontano per averci impiegato 'tutto quel tempo' -, il mio cavallo arrivò di corsa e strusciò il muso contro il mio braccio.
"Ciao, bello. Ti va di fare un giretto?" sussurrai.
Lui batté lo zoccolo per terra e nitrì piano.
"Lo prendo come un sì!" esclamai, sorridendo.
Salii in groppa, afferrai la criniera e lo feci partire al galoppo: il vento mi sferzava le guance e faceva ondeggiare i miei capelli; mi sentivo libera, rigenerata, come se tutti i problemi fossero volati via.

Percorsi tutta la California in circa un quarto d'ora e mi fermai sulla costa Sud, al confine col Messico. Mi sdraiai sulla sabbia e, cullata dall'infrangersi delle onde, mi addormentai dolcemente.

Fui svegliata da un improvviso nitrito di Arion; spalancai gli occhi spaventata.
"Cosa c'è, bello?" domandai, sconcertata.
Era terrorizzato, portava le orecchie all'indietro. Mi accorsi che stava fissando un punto dell'oceano; sobbalzai per la sorpresa: era un messaggio-Iride da parte di Frank.
"Hazel! Dove sei? E' almeno un'ora e mezza che ti cerchiamo!" Avevo dormito così tanto?
"Ehmm...a San Diego..." Mi grattai la nuca nervosamente.
"Cosa? Come diavolo ci sei finita lì?! Beh, non importa. Vieni subito qua, è urgente." E con un gesto della mano interruppe la comunicazione.
Saltai su Arion e gli sussurrai all'orecchio: "San Francisco. Più veloce che puoi. Ti darò dell'oro."
Devo essere stata abbastanza convincente perché partì come un razzo, ché a stento riuscii a non cadere strada facendo.

Arrivammo al Campo in cinque minuti scarsi e lo ricompensai con un grosso pezzo di metallo luccicante che avevo trovato nell'armeria. Corsi alla Quinta Coorte e trovai Frank e Percy chini su una mappa.
"Che succede?" domandai.
"Oh, eccoti qua finalmente!" esclamò Frank, prendendomi per un braccio e trascinandomi davanti alla cartina che stavano osservando.
"Ho mandato un messaggio-Iride ad Annabeth" iniziò il figlio di Poseidone "e lei ha fatto delle ricerche su 'la Città Proibita' in Asia, per saperne di più. Ebbene, era l'antica residenza dell'imperatore a Pechino, e all'interno sono presenti dei leoni di bronzo! Secondo Annabeth, forse i mortali li vedono così per via della Foschia, ma in realtà sono veri o qualcosa di simile... Beh, questo lo scoprirai tu, amico, perché devi partire subito, non perdere altro tempo!"
"Subito?!" esclamai io, con voce strozzata.
Ed ecco che gli occhi mi bruciavano e cominciavano a scendere lacrime salate sulle mie guance: avevo paura per Frank, che non ce la facesse da solo, che...che non potesse più tornare da me.

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