19. Hazel
11 settembre 2010
Al mio risveglio mio padre non c'era più e, al posto di Darkmoon, un cavallo-scheletro era in piedi a una decina di metri di distanza da me; mi alzai dalla coperta da pic-nic e mi avvicinai con cautela.
L'animale sbuffò una nuvola di fumo grigio: era inquietante ma al tempo stesso aveva un fascino tutto suo.
"Ehi" sussurrai. "Ciao, bello."
Con mia grande sorpresa, l'equino trotterellò allegramente verso di me e mi si piazzò davanti. Forse sentiva che ero figlia del suo padrone? In ogni caso, gli accarezzai il muso e dopo qualche minuto gli montai in groppa: non era tanto scomodo quanto credevo, ma di certo le vertebre della sua spina dorsale non erano molto confortevoli.
"Portami a San Francisco" bisbigliai nel punto in cui avrebbe dovuto esserci il suo orecchio.
In qualche modo, lui mi sentì e partì subito al galoppo, attraversando l'arida terra dell'Oklahoma e accompagnandomi verso la California.
Mentre cavalcavo presi del tempo per riflettere, come facevo ogni volta che montavo su un cavallo: quegli animali mi trasmettevano fiducia e tranquillità, perciò non potevo fare a meno di approfittarne per risolvere i miei quesiti mentali.
Mio fratello e i Tre Pezzi Grossi mi stavano lasciando affrontare una missione tutta da sola. Certo, avevo ricevuto un piccolo aiuto da parte degli dei, ma era davvero la cosa giusta da fare? Okay, avrei rivisto Frank, avrei anche dimostrato il mio reale valore di eroina, tuttavia il Peng mi aveva dimostrato che esso era solo uno dei tanti e pericolosi ostacoli che di certo avrei incontrato. A proposito, la ferita sul braccio non bruciava più, ma il segno c'era, non ancora cicatrizzato, e pulsava un po'.
Pensai alla possibile reazione dei miei amici quando si sarebbero accorti della mia assenza, e a Nico, se fosse riuscito a dare una spiegazione rivelando la verità o inventandosi una scusa per non farli preoccupare. A quel punto mi sentii in colpa: avevo cacciato mio fratello in quella situazione scomoda ed imbarazzante e, nonostante fosse stato lui a mandarmi in viaggio verso la Cina, io avevo accettato solo per poter riabbracciare Frank, avevo pensato a ciò che volevo io e a nient'altro.
'Egoista' pensai cercando di cacciare le lacrime strizzando gli occhi, ma esse, inevitabili, scesero solcando il mio viso.
Mi aggrappai al collo privo di criniera dell'equino, mentre i miei singhiozzi colmavano il silenzio mattutino che invadeva la steppa.
'Sono un'egoista' ripetei tra me e me. 'Stupida, incosciente del rischio che sto correndo.'
Ma ormai ero quasi a metà del tragitto, non potevo arrendermi così facilmente. 'Vai sempre avanti' era il motto di Leo, ed io ero pronta a mettere in pratica il suo insegnamento. Mi asciugai le guance con il dorso della mano e presi un lungo respiro prima di recuperare la calma. Non sarebbe servito a niente agitarsi, avrei semplicemente peggiorato la situazione che si trovava già sul filo del rasoio.
Il viaggio proseguì tranquillo. 'Troppo tranquillo' commentò il mio subconscio e, ahimè, aveva proprio ragione.
Il cavallo-scheletro, che avevo chiamato Jack in onore del protagonista di 'Nightmare before Christmas', si impennò all'improvviso e per un pelo non mi disarcionò .
"Che succede?" chiesi con voce tremante e guardandomi attorno in cerca di un eventuale pericolo.
Jack sbuffò nervoso e lo sentii agitarsi sotto di me. Spostai lo sguardo oltre il suo cranio e compresi subito il suo stato di inquietudine.
"Oh oh" mormorai.
A circa 200 metri da noi notai una figura per niente rassicurante che avanzava con passo lento e minaccioso. A quella distanza non riuscii a distinguerne i dettagli, ma riconobbi che si trattava di un mostro, forse una Chimera.
100 metri. La creatura si stava avvicinando sempre di più, e rimasi scioccata dal suo aspetto: aveva la testa e il corpo di drago ricoperti da squame azzurro-argentee, e poggiava su grandi zoccoli caprini; le corna, simili a quelle delle alci, si ergevano in tutta la loro maestosità; gli occhi stretti e iniettati di sangue mi fissavano in modo assassino; la coda, il collo, il petto, parte delle zampe e parte del dorso erano coperti da una folta pelliccia infuocata - avete letto bene, INFUOCATA - e lunghi baffi bianchi le conferivano un'aria antica.
50 metri. Mostrò ringhiando le enormi fauci dotate di zanne lunghe una ventina di centimetri.
Oddei. Scappare o combattere? Combattere o scappare? Scappare era naturalmente l'opzione più invitante, ma la bestia avrebbe di sicuro corso molto più veloce di me. Combattere sarebbe stata comunque una brutta decisione da prendere, visti i suoi attributi affilati e la pelliccia infuocata. Scelsi la seconda non appena il mostro si fiondò su di me: meglio morire da guerriera che da codarda, no?
Balzò in avanti, gli zoccoli diretti verso la mia faccia. Lo schivai per pochissimo lanciandomi di lato e rotolando su un fianco, dopo essermi assicurata che il mio equino da viaggio se la sarebbe cavata. La belva, non trovando una preda su cui cadere, inciampò, ma si riprese presto e puntò il suo sguardo maligno sulla mia esile figura.
Ero a terra, disarmata, mezza ferita e senza cavallo a portata di mano - giustamente Jack si era tenuto a debita distanza -: ero spacciata. Proprio quando stavo per arrendermi, il mio sguardo cadde su uno stagno poco lontano ed ebbi un'illuminazione. Probabilmente era un'idea folle, soprattutto senza l'aiuto di Percy - dov'era lui quando serviva?! - ma era la mia unica possibilità di sopravvivere.
Capii che la creatura stava per caricare un attacco dal denso fumo che uscì dalle sue narici. Mi preparai anch'io...
3...
2...
1...
Un forte getto di rame prese in pieno il mio avversario e lo seppellì sotto un piccolo cumulo, ma sarebbe stata questione di alcuni secondi prima che si fosse liberato.
Corsi più veloce che potei e riuscii a raggiungere il laghetto poco prima che la creatura potesse disfarsi della trappola momentanea e vedermi. Mandando al Tartaro l'igiene, mi tuffai nell'acqua stagnante, sperando che abboccasse. E così fu: il mostro si fiondò incoscientemente verso di me, ma cadde in acqua; ciò causò lo spegnimento delle fiamme che lo ricoprivano e lo rese più vulnerabile. Dato che non sapeva neanche nuotare, approfittai del suo stato di confusione per mollargli un pugno ben assestato sul muso e un calcio sul costato. Okay, o il fatto di essere bagnato lo aveva indebolito molto o io non controllavo più la mia forza.
Il mio avversario ululò di dolore e si contorse nel fango; purtroppo, non so come, trascinò pure me sottoterra.
Buio, umidità, sensazione di soffocamento. Il limo mi scorreva sulla pelle mentre i miei polmoni iniziavano a necessitare di ossigeno. Ebbi un dejà-vu.
A un certo punto ripresi a respirare normalmente e non sentii più la pressione schiacciarmi il corpo: un'enorme bolla scura si era formata attorno a me, ma non ero stata io a crearla.
Una risata riecheggiò nel fondale ed io rabbrividii.
"Non ti arrendi, eh? Chi ti credi di essere per sfidare ME??" tuonò la stessa voce dello scontro con il Peng.
"Un'audace figlia di Plutone" azzardai.
"Pff! Se se così 'audace' perché continui ad avere mille sensi di colpa?" ribattè.
"C-come fai a saperlo? Tu leggi nella mente?" Tremai.
"Ovviamente, cara. Devo saper indurre il mio nemico ad arrendersi!" esclamò.
'E meno male che lo afferma lei stessa' pensai.
"Cosa sai di me, dunque?" domandai.
"Tutto. Passato, presente...e futuro." Ricalcò l'ultima parola.
"Conosci il mio futuro?" Aveva evidentemente ottenuto la mia attenzione.
"Esatto, ma tutto ha un prezzo. Vuoi che ti riveli il tuo destino? Allora arrenditi, inchinati a me ed unisciti al mio esercito!"
"Esercito?"
"Sì, certo, per distruggere il mondo!"
Nonostante trovassi strano che mi stesse facendo una proposta del genere, ammetto che ero tentata dal conoscere il mio futuro, ma non mi sarei mai sognata di combattere contro i miei amici.
"NO. SCORDATELO" urlai.
"Se è questo ciò che desideri, morirai miseramente" sussurrò la voce.
La bolla d'aria iniziò a forarsi e la fanghiglia dello stagno mi inondò velocemente. Stavo quasi per essere nuovamente soffocata, quando notai che Jack stava protendendo uno zoccolo nel tentativo di salvarmi: lo afferrai con le ultime forze rimaste e venni trascinata fuori dal limo appiccicoso.
Caddi su un fianco e mormorai un debole "Grazie, Jack. Grazie davvero" prima di perdere i sensi.
- - - - -
Riaprii gli occhi non so quanto tempo dopo, destata da una voce familiare: "Hazel? Hazel, sei sveglia?"
Lentamente misi a fuoco il viso preoccupato che si stagliava su di me.
"Reyna?" sussurrai, ancora intontita. "Sono veramente arrivata al Campo Giove?"
Ero coricata su un letto dell'infermeria e Reyna era su una sedia affianco a me; il mio braccio sinistro era fasciato e avevo un gran mal di testa. Provai a mettermi seduta ma mi sentii mancare l'aria nei polmoni; la figlia di Bellona, con veloci riflessi, mi prese delicatamente le spalle e mi rimise sdraiata.
"Non troppa fretta, devi riposarti!" esclamò, premurosa. "Poche ore fa ho visto un cavallo-scheletro giungere di corsa con te svenuta sulla groppa e mi sono un tantino preoccupata. L'equino si è fermato proprio sulle rive del Piccolo Tevere, ti ha poggiata a terra con cura e poi si è sgretolato in cenere nera."
"Jack" mormorai. "Jack mi ha salvata." Sorrisi e ringraziai mentalmente mio padre per avermi mandato quel magnifico cavallo.
Dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, il pretore disse:"Più tardi ti va di andare alle terme? Scommetto che hai voglia di isolarti un po' dall'arduo mondo semidivino." Mi fece l'occhiolino, prima di alzarsi e andare via, probabilmente per prendere accappatoi, ciabatte e costumi da bagno.
Le terme erano il luogo del Campo che preferivo di più.
Io e la mia amica portoricana entrammo nelle diverse vasche di acqua fredda e acqua calda, facemmo delle maschere di argilla e foglie di alloro, e ci rilassammo con fantastici massaggi.
Durante queste due o tre ore di relax parlammo di cosa c'era successo negli ultimi dieci giorni che non ci eravamo viste. Io le raccontai tutte le mie esperienze, a partire dall'incontro con i tre dei e Darkmoon.
"Wow. Quindi tu hai attraversato l'intero continente da sola e sconfiggendo ben due mostri sconosciuti? Ammirevole" sintetizzò Reyna, ancora esterrefatta.
"Beh, con il supporto di qualche divinità e di qualche equino." Feci un mezzo sorriso.
Continuammo a chiacchierare anche fuori dalle terme ma, una volta arrivate al giardino di Bacco, mi bloccai.
"Che succede?" chiese la figlia di Bellona, accigliata.
"Devo partire di nuovo" mormorai, puntando lo sguardo sul tramonto che dipingeva di rosso Nuova Roma. "Devo andare da Frank il prima possibile." Cominciai a discendere rapidamente la collina, con il pretore a rincorrermi.
"Ma sei appena arrivata, e sei pure ferita!"
Feci un verso di scherno. "Questo non mi fermerà di certo."
"Almeno lascia che ti dia una mano."
La ragazza mi superò a grandi passi e scomparve in lontananza, diretta agli alloggi militari. Quando raggiunsi la Porta Praetoria, la trovai che reggeva tra le braccia un'armatura e un elmo della mia taglia, una spatha e uno zaino di pronto soccorso.
"Sicura che non vuoi che venga?" domandò.
Annuii decisa. "Devo farlo da sola. E poi tu devi occuparti del Campo."
Presi le cose che mi aveva portato, ringraziandola, e ci incamminammo verso il Coldecott Tunnel.
Giungemmo alla spiaggia e trovammo un ippocampo multicolore che mi aspettava a riva: dai racconti di Percy, lo riconobbi come Arcobaleno.
Salutai Reyna, che mi raccomandò di stare attenta, e montai sul nuovo equino. Partì all'istante, sfrecciando sul pelo dell'acqua: mi mancava solo l'oceano da superare e finalmente avrei raggiunto la Cina.
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