Parte XI. Inizio della fine
Per tutto quel tempo da quando erano iniziate le superiori non avevi mai percepito la fine in fondo al tunnel, avevi appena il tempo di elaborare le tue emozioni e le circostanze esterne erano sempre pronte a distruggere ogni tuo tipo di speranza ma quando la maturità iniziò a farsi vicina e iniziasti a capire che dopo di essa tutto sarebbe finito, i tuoi punti di vista cambiarono. Nell'aria si sentiva, non c'era nessuno che non parlasse dell'orale e, anche se sono sicura che non fosse vero, ti sembrava di essere l'unica spaventata al riguardo, ti vennero due attacchi di panico poche settimane prima di esso, essere la penultima della classe, che l'avrebbe conseguito, non aiutava per niente ma sapere che avresti lasciato quel posto ti dava la forza di non impazzire.
Il giorno dell'esame fu forse la mattinata più terribile di tutti quei cinque anni perché nonostante varcassi la soglia di quell'aula piena di confidenza e orgoglio, una volta che ti sedetti davanti ai prof e all'immagine più improbabile con cui fare collegamenti tra le materie dimenticasti veramente ogni cosa che avevi ripassato e il panico iniziò a farsi sentire di nuovo. Lacrime iniziarono a rigarti il viso, non volevi essere arrabbiata, non volevi che tutto quanto fosse andato in quel modo, non volevi risentirne... ma ne risentivi, ti aspettavi che almeno per una volta ti fossero venuti in contro e questa ennesima delusione si unì al fatto che in quegli anni non ti eri nemmeno mai sfogata. Cosa pensi che possa succedere quando una persona tiene tutto dentro per così tanto tempo? Per la tua testa era diventato troppo da sopportare, il tuo corpo non reggeva più e così tutto ciò che loro videro fu un ragazza come tante rovinarsi l'esame per quella che secondo loro poteva essere un po' d'ansia. Quel pianto fu qualcosa che ti concedetti, fu come accettare il dolore provato senza vergogna o senza pensare di meritarlo, lo accettasti e niente importò più: esporre bene gli argomenti, cercare di non mangiarsi le parole, cercare di controllare l'ansia, il voto finale, la bella figura, niente, niente di tutto questo importava più e ti rendeva triste ma iniziava a farti sentire potente per ciò che sarebbe venuto dopo. Ti facevano domande a cui un bambino di tre anni avrebbe potuto rispondere e ti guardavano come se fossi un cane bastonato, anche se apprezzasti comunque il tatto, volevi solo uscire, allontanarti e non tornare mai più.
L'idea che quella parte della tua vita potesse concludersi ti dava una sensazione ambigua e dato che ormai era già andata nel modo peggiore che potessi immaginare, ti lasciasti scappare qualche lacrima anche alla fine. È buffo come mentre la tua prof di inglese si stupisse del fatto che piangessi nonostante l'esame fosse finito, intanto dentro di te stessi tirando quel sospiro di sollievo che dopo cinque anni ti diede finalmente quella vera sensazione di sollievo, che era l'unica cosa di cui avevi sempre avuto bisogno.
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